sabato 29 giugno 2024
venerdì 28 giugno 2024
Convergence 2024 : "L'unico modo per essere perfetti è cambiare spesso" (Card. Newmann)
OXFORD. LA LIBERTÀ DI CAMBIARE LA STORIA
Le sfide più urgenti del nostro tempo al centro della due giorni culturale Convergence 2024 nella cittadina inglese. Un’occasione per riscoprire che «ognuno di noi ha una responsabilità da assumersi»Giuseppe Pezzini e Maria UbialiLa storia non è giunta a un punto d’arrivo, nonostante quello che si diceva anni fa. La guerra è tornata in Europa e nel mondo, con vecchi e nuovi imperialismi che accendono la loro retorica giorno dopo giorno. La globalizzazione non è più percepita come un ineluttabile lieto fine. Anche l’etica del capitalismo non è più attraente per le giovani generazioni. Le vecchie ideologie sono tornate, accompagnate da un’esacerbazione delle guerre culturali. La coesione sociale sembra sul punto di crollare, con un aggravamento del divario economico e una radicalizzazione del conflitto tra fazioni, culture e generazioni diverse. La tecnologia e i social media spesso non aiutano, e molti sono intrappolati in bolle piene di rabbia e solitudine, senza più capirsi. La salute mentale si è deteriorata fino a raggiungere un punto critico, soprattutto tra i giovani. La maggior parte delle certezze sulla natura degli esseri umani e della società umana sono messe in discussione, o al contrario sono sostenute con un risentimento che spesso tradisce paure e dubbi interiori, o una ostinata mancanza di realismo.
sabato 8 giugno 2024
venerdì 7 giugno 2024
Fraternità Sacerdotale di S.Carlo a Bonn (Germania): Confronto con il Cammino sinodale della Chiesa tedesca
BONN. RIPROPORRE LA FEDE OGGI, OLTRE LE DIVISIONI
Ascolto e dialogo senza rinunciare all'annuncio della verità. Così una comunità di sacerdoti della Fraternità San Carlo sta rianimando la vita della parrocchia di Bad Godesberg. Confrontandosi anche con il Cammino sinodale della Chiesa tedescaStefano Filippilunedì 3 giugno 2024
Imparare a stare insieme , Elezioni europee: intervista a Marta Cartabia
https://www.laciviltacattolica.it/articolo/imparare-di-nuovo-a-stare-insieme-intervista-a-marta-cartabia/
sabato 1 giugno 2024
Gorizia. Marco Cappelli:
altro che barbari! Nel III secolo salvarono Roma
Lucia Bellaspiga sabato 25
maggio 2024
A "èStoria" il
saggista e divulgatore parla della crisi scoppiata due secoli prima del celebre
476 d.C. «Peste e turbolenze economico-politiche furono superate grazie a
imperatori di origine illirica»
Grazie a un pugno di rozzi barbari l’impero romano si salvò, tornando all’antico vigore dopo 50 anni di caduta libera verso la dissoluzione. Avveniva a metà del III secolo dopo Cristo, quando decenni di anarchia militare avevano prodotto una serie di “imperatori” durati pochi mesi, invariabilmente assassinati dai loro stessi soldati. Incursioni, pestilenze, inflazione e imperatori deboli sul trono fecero il resto, sprofondando l’impero verso l’abisso. «Non stiamo parlando del 476, l’anno della caduta definitiva di Roma, ma di duecento anni prima: questa volta poi Roma se la cavò, appunto per un pugno di barbari geniali», spiega Marco Cappelli, divulgatore storico e autore di “Storia d’Italia”, seguitissimo podcast che racconta secoli di vicende tra colpi di scena e verve narrativa, come ha fatto ieri al Festival èStoria di Gorizia, riassumendo le 474 pagine del suo saggio intitolato appunto “Per un pugno di barbari” (ed. Solferino).
Cos’è la “crisi del III
secolo” e perché è poco ricordata?
È il confine tra chi ama
l'antichità e chi non ama quello che viene dopo. La discontinuità con il
periodo precedente infatti è tale da rendere irriconoscibili i romani del
"tardo impero". In sostanza Roma è colpita da una crisi talmente
esistenziale che cambia tutto, dal modo di vestire a ogni aspetto della vita
quotidiana. Basti dire che i romani del tardo impero portano i pantaloni,
infatti noi non li rappresentiamo mai così perché non ci sembrano romani.
Avevano scoperto i pantaloni dai Galli e li avevano trovati comodi e caldi.
Cambia anche il modo di combattere: i romani erano persone molto pratiche,
pronte ad adeguarsi alle nuove necessità quando qualcosa non funzionava più,
così passano alle “spathae” (da cui il termine spada), lance lunghe e di taglio,
al posto del gladio che era di punta, il che permette di tenere una distanza
maggiore dal nemico. Cambierà a breve anche la religione e questa sarà la
discontinuità più importante: prima della crisi del III secolo resistevano i
classici dèi pagani, ma ora l’impero si avvia a diventare cristiano (lo farà
nel giro di pochi anni con Costantino), e allora muta anche l’aspetto delle
città, con le cattedrali cristiane, costruite in periferia, il foro perde di
importanza. Insomma, la crisi del III secolo è causata da una serie di fattori
a effetto domino, che si rafforzano l’uno con l’altro.
Quali sono i fattori
devastanti?
Intanto due pandemie spaventose,
l’economia va a rotoli, le frontiere vengono soverchiate ovunque e la crisi
politica è così caotica che gli imperatori si avvicendano con una frequenza da
primo ministro italiano! Ma mi sono divertito a ridare un volto proprio a
questi imperatori, ognuno convinto di durare a lungo e riuscire ad applicare il
proprio progetto politico per sanare la situazione, spesso anche con buone
idee, ma tutti assassinati poco dopo. Trovo molto più interessante un
imperatore come il povero Gallieno, che si trova a governare nel caos più
totale e deve inventarsi un modo per non far crollare del tutto l’impero, che
non un Traiano, che dietro aveva una macchina militare perfetta. A volte noi
parliamo di ottimo o pessimo imperatore basandoci sulla durata, ma ci
dimentichiamo quali sono le difficoltà che hanno dovuto affrontare. La prima
pandemia, la cosiddetta “peste antonina” di vaiolo, è il principale innesco del
tracollo: scoppia ai tempi di Marco Aurelio, quindi alla fine dell’epoca d’oro
dei “cinque buoni imperatori” (Nerva, Traiano, Adriano, Antonino Pio e Marco
Aurelio) e uccide il 20% della popolazione. Però da sola non avrebbe affondato
l’impero, che era ancora un corpo sano, ma nel frattempo i nemici germani e
persiani sono diventati molto più formidabili che in passato e Roma non riesce
più a difendere le frontiere. Questo porta a dover spendere più soldi. Ma come
sappiamo la popolazione si è ridotta del 20%, quindi anche le entrate. Come
fare, visto che almeno la metà della spesa pubblica romana foraggia l’esercito?
L’unico modo per produrre più monete – a meno di non scoprire nuove miniere – è
ridurre la percentuale di oro e argento nelle monete stesse, che diventano di
latta e si svalutano, i prezzi esplodono. Non era mai successo, nei secoli
della pax romana l’inflazione era stata così bassa che i
romani pensavano che il prezzo delle cose fosse un valore intrinseco
immutabile, quando questo non avviene più non capiscono cosa stia accadendo. Il
denario di Gallieno (253-268 d.C.) ha il 2% di argento, è il peggiore mai
prodotto! Così si torna allo scambio in natura, meglio essere pagati con due
pesci, anche lo Stato rifiuta le sue stesse monete “fasulle” e pretende che le
tasse si paghino in anfore e grano, persino l’esercito è stipendiato con armi,
vestiti e vino... A questo si aggiunge una crisi politica senza precedenti: da
un sistema in cui gli imperatori erano eletti dal Senato insieme ad altri
attori politici e all’esercito, all’improvviso contano solo i soldati, ogni
esercito elegge il suo imperatore, le rivolte militari si susseguono. Come
vede, l’impero ora non è più il corpo sano della prima pandemia, e proprio
adesso arriva la seconda.
Veramente una somma di disgrazie…
La peste di Cipriano infuria
dal 249 d.C., 80 anni dopo la peste antonina, e adesso i guai si
assommano. I generali romani arrivano a saccheggiare le loro stesse città
perché non sanno come pagare i soldati, e a un certo punto accade una cosa
inaudita: l’imperatore, Valeriano, viene catturato dai persiani di Shapur I sul
campo di battaglia e portato via prigioniero, non era mai successo prima! Chi
comanda adesso? In Persia c’è un bellissimo bassorilievo in cui Shapur I è sul
cavallo e Valeriano si inginocchia davanti a lui. Lattanzio racconta che il re
persiano usò Valeriano come sgabello per montare a cavallo e poi, dopo la morte,
lo fece impagliare come trofeo, un’umiliazione senza precedenti. Tra l’altro
tutto il suo esercito era stato catturato con lui, le altre regioni dell’impero
erano sguarnite, la Gallia si elegge un suo imperatore, il povero Gallieno,
figlio di Valeriano, si ritrova solo l’Italia, l’Oriente allo sbando si mette
nelle mani del re di Palmira. Il giocattolo è spezzato in tre, non sarà facile
rimetterlo insieme.
Diceva prima che Gallieno è un
imperatore interessante…
Prima di morire assassinato dai
suoi soldati fa riforme importanti. Rendendosi conto di poter difendere al
massimo l’Italia, si trasferisce da Roma a Milano, vicino alle Alpi, e lì forma
un corpo di cavalleria mobile di decine di migliaia di uomini, per intervenire
con rapidità su qualunque frontiera. È una mossa emergenziale ma intelligente.
Poi si inventa la meritocrazia: da sempre i romani davano le cariche apicali
solo ai senatori, magari incapaci ma ricchi, se eri un soldato molto abile al
massimo potevi aspirare a diventare centurione; Gallieno invece eleva i
migliori soldati a comandanti delle legioni perché ha bisogno di persone
bravissime a combattere, e da questa novità a breve deriverà proprio la classe
dirigente che salverà l’impero, prima militarmente poi politicamente, cioè gli
Illiri: il pugno di rozzi barbari del titolo.
È veramente tutto sovvertito.
Chi sono gli Illiri?
Gli abitanti dell’Illyricum, gli
odierni Balcani, uomini di estrazione bassissima, contadini che si sono
arruolati per sbarcare il lunario, i cui genitori non erano nemmeno cittadini
romani. Questi soldati formano la classe nuova dirigente che sostituisce quella
italica: quasi tutti gli imperatori dopo Gallieno vengono dall’Illyricum,
Costantino è illirico, e pure Diocleziano, nomi giganteschi! Tra di loro c’è
quello che ritengo l’imperatore più grande della storia romana, Aureliano.
Qual è il miracolo del barbaro
Aureliano?
In soli cinque anni (poi verrà
assassinato dai suoi pretoriani nel 275) riunifica i pezzi e li fa sentire di
nuovo parte dell’impero, riforma la moneta, sconfigge il regno di Palmira,
batte le invasioni barbariche dei Goti, a Roma costruisce le Mura aureliane e
doterà le città di fortificazioni possenti. Dobbiamo ad Aureliano anche il 25
dicembre come festa del Sol Invictus al quale in futuro il Cristianesimo
sovrapporrà il Natale di Gesù: in nuce ci sono già gli elementi che porteranno
a Costantino. È tanto amato che il senato gli dà il titolo di Restitutor Orbis,
il Restauratore dell’ordine mondiale. Se non fosse stato ucciso, avrebbe messo
fine alla crisi del III secolo, invece lo farà Diocleziano. (…….)
https://www.avvenire.it/agora/pagine/gorizia-storia-marco-cappelli-roma-salvata-dai-barbari?mnuid=522g115c4g713db0ae01b3d25cd1881fb61fb511ce012891d0&mnref=s386%2Co3c1f&utm_term=15391+-+https%3A//www.avvenire.it/agora/pagine/gorizia-storia-marco-cappelli-roma-salvata-dai-barbari&utm_campaign=L%27Avvenire+della+settimana&utm_medium=email&utm_source=MagNews&utm_content=Il+meglio+della+settimana+1+giugno+2024+%282024-06-01%29#:~:text=Gorizia.%20Marco,%C2%A9%20RIPRODUZIONE%20RISERVATA