Monsignor Catta. «Solo merito della Grazia»
Cosa spiega il boom di Battesimi in Francia? Il vicario
generale dell’Arcidiocesi di Parigi, non ha dubbi: «Non possiamo attribuire il
fenomeno al successo di qualche nostra strategia o delle nostre forze»
01.12.2025
Maria Acqua Simi
11 | Dicembre 2025
Negli ultimi anni la Francia, Paese simbolo della
secolarizzazione europea, sta vivendo un fenomeno inatteso: l’aumento
esponenziale del numero di adulti e adolescenti che chiedono il Battesimo.
Secondo i dati della Conferenza episcopale francese, nel 2025 sono stati
battezzati 17.788 adulti e giovani, il doppio rispetto a due anni fa. E un
altro raddoppio è atteso per il prossimo anno. Una crescita che interroga e
sorprende. Il percorso di conversione – che dura in media due anni – è stato
documentato anche dal cinema. L’attore e comico Gad Elmaleh, ebreo marocchino
naturalizzato francese, lo ha messo in scena nel film autobiografico Reste un
peu (2022), dove racconta il suo incontro con il cristianesimo e la scelta di
farsi battezzare. Anche il successo nelle sale del docu-film Sacré Coeur (2025)
sulla devozione al Sacro Cuore della mistica francese santa Margherita Maria
Alacoque conferma che questo risveglio della fede è ormai conclamato. Ma dietro
i numeri e le immagini restano alcune domande. Come si trasmette la fede oggi?
Chi sono questi catecumeni? Ne abbiamo parlato con monsignor Dominique Catta,
vicario generale dell’Arcidiocesi di Parigi.
Chi sono i nuovi battezzati?
Quello che colpisce è la loro grande diversità. Molti sono
adulti provenienti da altre culture e religioni, oppure che hanno riscoperto la
fede cristiana dei loro nonni. Poi ci sono i giovani. Per loro oggi è più
facile parlare pubblicamente della propria fede, anche grazie ai social che, da
un lato, in qualche modo ti obbligano a dire chi sei e, dall’altro, permettono
di informarsi e cercare in modo discreto. C’è una sete di senso che si
manifesta in contesti quotidiani – a scuola, al lavoro, tra amici – e che trova
terreno fertile in un dialogo più libero rispetto a vent’anni fa. Alla base,
direi, c’è una grande prova esistenziale: la società francese si interroga su
se stessa, sulle sue istituzioni politiche, sul significato del vivere insieme.
C’è una grande solitudine nell’uomo di oggi. E in questo contesto, la ricerca
di Dio torna a emergere con forza.
I social network stanno giocando un ruolo importante,
quindi…
Sì. I social costringono a una certa chiarezza di identità:
spingono i giovani a dire chi sono, manifestando la propria fede pubblicamente.
Allo stesso tempo, cresce anche il bisogno di discrezione. Molti vivono il loro
cammino in silenzio, per custodire una libertà interiore e un silenzio
indispensabili per un dialogo vero con Cristo. Credo che i giovani cattolici
francesi stiano imparando a distinguere tra ciò che si può condividere
pubblicamente e ciò che appartiene al mistero del rapporto personale con Dio. È
una maturità nuova: testimoniare sì, ma senza esibizionismo.
La Chiesa francese come sta di fronte a tutto questo?
Il primo aspetto, e forse il più importante, è l’umiltà che
la Chiesa cattolica di Francia conserva di fronte a quello che sta accadendo.
Siamo stati molto provati dallo scandalo degli abusi, la pressione mediatica e
istituzionale è stata molto forte, ma abbiamo scelto di starci di fronte con
lealtà, attraverso l’ascolto e il dialogo. Questo cammino di verità è stato una
testimonianza per la società. Oggi ci troviamo davanti a un fenomeno – il
raddoppio dei Battesimi – che non possiamo attribuire al successo di qualche
nostra strategia o delle nostre forze. È qualcosa che ci supera, che va oltre
noi. Siamo stati sovrastati dal Covid, dallo scandalo degli abusi, e ora siamo
superati da un imprevisto che non possiamo che spiegarci se non con la Grazia:
il risveglio della fede.
Come vengono accompagnate le persone che chiedono il
Battesimo?
In Francia il catecumenato dura dai 18 mesi ai due o tre
anni circa. È un cammino lungo, ma sempre più pensato per inserire i neofiti
nella vita della comunità. Non si tratta solo di prepararsi ai sacramenti con
la catechesi individuale. In molte parrocchie di Parigi chi inizia il cammino
viene fin da subito coinvolto nella vita comunitaria. A qualcuno viene chiesto
di entrare nel coro, a qualcun altro di partecipare al gruppo biblico o a
qualche servizio. Così il Battesimo non è un punto d’arrivo, ma l’espressione
di una chiamata già vissuta con gli altri. I catecumeni non sono solo
“accolti”, ma diventano un dono che trasforma la parrocchia stessa. Trovo
commovente l’accoglienza che i nostri parrocchiani riservano ai nuovi arrivati:
un segno di fraternità reale.
«La Chiesa francese guarda al fenomeno con stupore e
gratitudine. Non abbiamo strumenti sociologici per spiegarlo. A noi ora il
compito di capire come custodire questo dono inatteso»
Dopo i sacramenti queste persone rimangono? O c’è il
rischio che la fiamma iniziale si affievolisca?
Alcuni – non tutti fortunatamente – faticano a mantenere nel
tempo la frequenza alla Messa domenicale. Ma non significa che la loro fede
venga meno. Quello che però mi pare interessante notare è che dopo il Concilio
Vaticano II siamo passati da una fede che si trasmetteva fin da bambini a una
pastorale catecumenale per adulti, dove la fede si nutre di preghiera, carità,
ascolto della Parola. È una pedagogia che plasma la vita cristiana nel tempo,
attraverso tappe, pellegrinaggi, momenti forti dell’anno liturgico. Un esempio?
Abbiamo visto un aumento impressionante nel numero di soldati francesi che
partecipano all’annuale pellegrinaggio a Lourdes per essere battezzati, tanto
da dover pensare a più momenti perché era diventato impossibile accogliere
tutti.
Anche le vocazioni religiose risentono di questa nuova
fase del cristianesimo francese?
Forse è presto per dare numeri, ma le vocazioni religiose
anche in età adulta sono in crescita: a Parigi un’antica chiesa dedicata a San
Germano d’Auxerre, il vescovo che consacrò la giovanissima santa Genoveffa
(patrona di Parigi che salvò la città dagli Unni, ndr), sarà dedicata proprio a
chi ha questa intuizione vocazionale.
Questo risveglio della fede ha a che fare con la
solitudine dell’uomo contemporaneo?
Sì, senza dubbio. L’individualismo e l’indebolimento della
famiglia hanno lasciato un grande vuoto. Il Covid ha rivelato quanto le persone
siano sole e assetate di legami veri, di comunità, di avere un luogo anche
fisico dove trovarsi. Recentemente ci sono stati due eventi pubblici che hanno
inciso su una certa percezione del cattolicesimo. Penso alle polemiche sulla
cerimonia d’apertura delle Olimpiadi, che molti cristiani hanno vissuto come
provocatoria e che ha diviso dal punto di vista mediatico la popolazione. Poi
però c’è stata la riapertura al pubblico di Notre-Dame a Parigi dopo il
devastante incendio: è stata trasmessa in diretta dalla tv pubblica e ha
offerto a tutta la Francia immagini splendide. Nessuna polemica, solo stupore
per un luogo che tornava a essere aperto per tutti. È come se il Paese avesse
riscoperto che è socialmente accettabile amare la bellezza della liturgia, i
simboli cristiani, la preghiera. La bellezza della riapertura di Notre-Dame ha
commosso tutti indistintamente, e questo è stato molto diverso dalle divisioni
e polemiche suscitate dalla parata inaugurale delle Olimpiadi. Non era
scontato, non in un Paese dove la conoscenza della Chiesa è spesso limitata.
(…) comunioneeliberazione.org



