08/06/2016 - Domenica 5 giugno la giornata di fine anno nel parco
di Albiate. Canti, giochi e rapporti che nascono anche sotto il
temporale. Un ragazzo racconta di «un'esperienza vissuta che da sola
vale più di mille altre cose»
«La gente che vive si incontra». Semplice come
frase, eppure non si può dire lo stesso del suo significato ultimo, più
intimo. Cosa vuol dire? La gente che incontro per strada è viva? Mi
sembra ovvio, eppure non ne sono convinto: sono davvero incontri? Come
scoprirlo? Incontrando, ma con
uno di quegli incontri belli, che, caschi il mondo, torni a casa felice.
Ecco che quella frase, che trovo scritta sul mio tesserino e gli altri
sette che mi ritrovo in mano da dare ai miei compagni di raggio, sembra
nascondere un’enorme sorpresa e per questo devo lanciarmi con il cuore
in una mano e un cubo di legnetti nell’altra.
Ok, il cubo di
legnetti è una lunga storia, una storia che ha prodotto litigi in
famiglia, a cui molti si sono un po’ arresi. Ma sono il materiale da
costruzione per i ponti, necessari per incontrarsi. Follia? Ponti di
cubi di stecche di legno… No! Faceva tutto parte della
giornata di fine anno di Gs, anche quei dadi di stecchini, che ci ha portato fino ad
Albiate,
domenica scorsa, in uno splendido parco di querce, cedri e magnolie.
Ragazzi da tutta la Lombardia si sono incontrati davanti ad una villa in
un parco, accolti da canti e indicazioni, pronti a partecipare a un
pomeriggio di gioco intenso sotto il sole. Tempo due ore e ha cominciato
a diluviare, ma questo non ha scalfito gli animi.
Per il gioco eravamo divisi in quattro squadre, ed ognuno aveva un ruolo (guerriero, cercatore, cuoco, architetto e ballerino),
tutti con un compito diverso, ma con l'obiettivo di costruire ponti
attraverso i mitici cubi. I guerrieri dovevano conquistare le città
delle altre squadre, sfidando i difensori attraverso diverse prove:
palla prigioniera, tiro alla fune, calcio seduto, ma anche prove molto
più strane, come muovere soffiando una pallina da ping pong lungo un
circuito, o passare un pezzo di cotone da un naso all’altro solo con
l’aiuto di un po’ di crema. I cercatori andavano alla caccia dei
"bottini" dei guerrieri, le rondelle, usandole poi per comprare dei cubi
che, consegnati agli architetti, sarebbero stati "trasformati" in
ponti. Le altre due categorie di giocatori dovevano affrontare delle
gare aggiuntive che, una volta valutate, avrebbero dato punti in più.
Ed
ecco che la mia invincibile squadra di guerrieri si lancia prima nella
difesa e poi nell’assalto di altre città, senza perdere mai un colpo! Ma
le nuvole stavano tendendo un agguato più grande delle nostre forze: la
pioggia ha lasciato a metà i nostri sforzi. Ma
i ponti li avevamo già costruiti tra di noi.
Me ne accorgo solo ora, ricordando la giornata: quante persone ho
incontrato, quanti nuovi nomi ho portato a casa! Ecco, quindi, una prima
risposta alla domanda iniziale: «la gente che vive si incontra», nel
senso che tende naturalmente a cercare l’altro;
eravamo tutti lì per trascorrere un pomeriggio con gente che vuole vivere.
Anche un gioco così diventa significativo, non per quello che è in sé,
ma perché è difficile ritrovarsi a passare un pomeriggio del genere per
esempio con i miei compagni di classe, anzi non succede quasi mai. Per
un ragazzo che deve fare la maturità, pensare di passare un pomeriggio a
giocare è impensabile, sopratutto all’aperto, con il sole e la pioggia e
con centinaia di altri ragazzi. Ed essere contento.
Col
temporale siamo tutti corsi al riparo, chi sotto i porticati, chi sotto i
gazebo. Li avevamo riempiti in ogni angolo possibile, ma è stato
divertente anche così. Era acqua, una goccia in più sulla maglietta
sudata non faceva differenza.
Fradici come non mai ci
siamo diretti verso la chiesa di Albiate, dove abbiamo celebrato messa.
La chiesa non era grande e noi eravamo tanti, tutti ammassati tra le
panche e sul presbiterio, bagnati e infreddoliti.
Eppure nessuno si è lamentato.
La giornata si avviava alla conclusione e tornati davanti alla villa,
abbiamo fatto merenda con un buffet. Forse quello è stato il momento più
bello, tra il cielo rasserenato, il risotto nero e gli amici. Poco
dopo, abbiamo cantato insieme, in un’atmosfera tranquilla, serena e
insieme festosa.
Rispetto a tanti incontri e momenti che si fanno, lì c’era un
’esperienza vissuta che da sola valeva più di mille altre cose. Serve un momento del genere ogni tanto nella vita, per guardare gli altri. E per poter costruire non muri, ma ponti.
Martino, Milano