CRISTIANI
PERSEGUITATI/ Jihad o Charlie Hebdo, all’intolleranza si aggiunge la congiura
del silenzio
L’ultimo episodio è nel Burkina Faso, con 150 persone
uccise. Ma la persecuzione dei cristiani non è solo in Africa. Ed è anche
culturale
Andrea Mobiglia Pubblicato 2 Settembre 2024
Il 24 agosto il Burkina Faso è stato teatro dell’ultimo
episodio di violenza a sfondo religioso, in cui hanno perso la vita anche
numerosi cristiani. L’attacco ha fatto più di 150 vittime, tra cui appunto 22
cristiani ed è uno dei più sanguinosi nella storia del Paese, che ha iniziato a
conoscere tali scontri a partire dal 2015, quando si è manifestata nel
territorio la presenza jihadista. Tale attacco è stato il terzo subìto in circa
20 giorni, dopo quelli compiuti nella provincia di Nayala (4 agosto), con il
rapimento di più di 100 uomini, non ancora ritrovati, e attacchi nei villaggi
di Mogwentenga e Gnipiru (20 agosto), che hanno fatto scappare la popolazione.
Il fenomeno dell’attacco alla libertà religiosa è purtroppo
dilagante nel continente africano e non solo, con numerosi scontri e
spargimenti di sangue. Come è possibile constatare dai report redatti da Aiuto
alla Chiesa che Soffre (ACS), la persecuzione ai danni dei cristiani ha
raggiunto ormai da anni dimensioni globali. Il caso più famoso dell’ultimo
anno, anche per le implicazioni diplomatiche e la vicinanza agli Stati Uniti,
riguarda il Nicaragua, ma non vanno dimenticate altre situazioni, come Afghanistan,
Corea del Nord, Iraq, Iran, Nigeria ecc.
La libertà religiosa, definita come diritto fondamentale
dalla recente Dignitas infinita (n. 31) pubblicata dal Dicastero per la
dottrina della fede, è stata dichiarata dal Concilio Vaticano II come un
diritto che “non si fonda quindi su una disposizione soggettiva della persona,
ma sulla sua stessa natura” (Dignitatis Humanae, n. 2), un diritto cioè
inalienabile e intrinseco dell’uomo. Purtroppo, la libertà religiosa rimane a
rischio in varie parti del mondo, basti pensare che attualmente sono circa 365
milioni i cristiani perseguitati nel mondo, facendo così del cristianesimo la
religione più perseguitata (“ci sono più martiri oggi che nei primi secoli”,
Papa Francesco). Un dato non certo nuovo ed in costante crescita.
Non si tratta solamente di attacchi terroristici in zone
lontane dal mondo occidentale, quasi che l’argomento riguardasse, a un occhio
superficiale, esclusivamente realtà del Terzo Mondo o Paesi oppressi da
dittature (come i già citati Nicaragua, Afghanistan e Corea del Nord, anche se
l’elenco non è purtroppo esaustivo). Al contrario l’intolleranza religiosa ha
varie applicazioni, a volte più violente, altre più fini e travestite di
cultura, che il Santo Padre ha più volte definito come “colonizzazioni ideologiche
e culturali” (Francesco, 21 novembre 2017), una specie di persecuzione
“educata, travestita di cultura, modernità e progresso che finisce per togliere
all’uomo la libertà, anche all’obiezione di coscienza” (Francesco, 12 aprile
2016). Queste ultime tipologie in particolare avvengono in Occidente, basti
pensare a tutta la questione dell’ideologia woke o alla grande questione
antropologica di questi anni.