venerdì 30 settembre 2016

Papa Francesco in Caucaso (Avvenire)

Il viaggio di Papa Francesco in Caucaso: le tappe
Gianni Cardinale

​Papa Francesco in Armenia nel giugno 2016

​​Come la prima in Armenia, anche la seconda tappa del periplo di Papa Francesco nel Caucaso si svolge nel segno della pace, del dialogo ecumenico e di quello inter-religioso. Venerdì il vescovo di Roma parte per la Georgia dove rimarrà anche sabato. Domenica sarà tutta la giornata in Azerbaigian per rientrare a Roma in tarda serata.
Oggi il consueto briefing del direttore della Sala Stampa vaticana, il primo di questo genere di Greg Burke, che dal primo agosto è subentrato a padre Federico Lombardi.
Il 16° viaggio internazionale di Papa Francesco, ha spiegato Burke, «chiaramente è un viaggio di pace: il Papa porta un messaggio di riconciliazione per tutte la regione». E ha sottolineato come sarà « la prima volta che una delegazione lì in Georgia parteciperà alla Messa del Santo Padre», quella che verrà celebrata sabato mattina nello stadio Meskhi. Non ne farà parte il patriarca Ilia II che comunque «sarà all’aeroporto quando il Papa arriverà».
La presenza della delegazione è molto importante, perché quella georgiana è tra le chiese ortodosse più intransigenti ad ogni presunto cedimento di carattere ecumenico soprattutto se intrapreso nei confronti della Chiesa di Roma. Basti pensare che, anche per questo motivo, non ha partecipato al Grande Concilio panortodosso di Creta.
A Tbilisi c’è molta attesa anche per le parole che Papa Francesco pronuncerà sulla pace e sulla riconciliazione tra i popoli che abitano il Caucaso.

lunedì 26 settembre 2016

L'ultimo dono di Paolo VI: l'Angelus che non potè pronunciare (Avvenire)

il 6 agosto 1978 la morte
L'ultimo dono di Paolo VI: l'Angelus che non potè pronunciare
Marco Roncalli

Ha raccontato chi gli stava vicino che desiderava morire senza agonia. Voleva che la sua vita si spegnesse senza riflettori, lontano dalle veglie di popolo che si erano viste con papa Giovanni. Aveva pregato Dio di consentirgli un addio in solitudine. Fu esaudito. Paolo VI, che il prossimo 19 ottobre sarà beatificato, salì alla casa del Padre, quasi all’improvviso, ma preparato al distacco. Era il 6 agosto 1978, papa Montini si trovava a Castel Gandolfo, la sveglia segnava le 21.40. La vicinissima via Appia era gremita di auto di vacanzieri ignari, ancora per poche ore, come il mondo intero, di quanto era accaduto. Ed era un giorno particolare, di grande significato simbolico, quello della Trasfigurazione, festa prediletta da Montini che sotto quella data aveva pubblicato la sua prima enciclica, l’ Ecclesiam Suam.

domenica 25 settembre 2016

Lugano: La bellezza disarmata

LUGANO

Il «contagio buono» della fede

di Michele Fazioli
22/09/2016 - A presentare il libro di Julián Carrón in Svizzera martedì sera, c'erano il vescovo Valerio Lazzeri e il direttore della Rsi, Maurizio Canetta. Un dialogo a partire da una provocazione dell'autore: «Il cristianesimo si diffonde per un'invidia "buona"»
«Il cristianesimo si diffonde per invidia», ricorda in modo provocatorio don Julián Carrón a Lugano, nell’Aula Magna dell’Università, in una sala affollatissima di persone (oltre seicento). Il Presidente della Fraternità di Comunione e Liberazione è in Svizzera a presentare il suo libro La bellezza disarmata. Ne discutono con lui il vescovo di Lugano, monsignor Valerio Lazzeri, e il direttore della Radiotelevisione Svizzera di lingua italiana, Maurizio Canetta, giornalista di lungo corso, non credente, ma aperto con sguardo libero e con rispetto alle testimonianze serie di fede e di vita.

Un Vescovo, dunque, un giornalista e dirigente radiotelevisivo, di sinistra e lontano dal mondo cattolico, il capo di un movimento ecclesiale, convocati dal Centro Culturale della Svizzera Italiana nel piccolo “orto concluso” del Ticino e moderati dal giornalista Claudio Mésoniat, amico di tutti e tre.

venerdì 23 settembre 2016

Brasile: il "carcere senza carceri"

BRASILE

«Libero per uno che mi ha abbracciato»

di Alessandra Stoppa
23/09/2016 - Daniel Luiz da Silva era a capo di una banda criminale e aveva tutto. Poi l'arresto. Dopo anni di celle comuni e tentativi di fuga, finisce all'Apac, il "carcere senza carceri" di Mário Ottoboni. La storia di uno dei protagonisti della mostra al Meeting
Quando esce dal carcere la prima volta, a sedici anni, dopo quarantacinque giorni di detenzione, promette a sua mamma di cambiare vita. Aveva iniziato rubando le bici a scuola, poi nei supermercati, e alla prima rapina a mano armata era finito dentro. Ma lui giura di non rifarlo più, davanti al dolore di quella madre che aveva già tanto sofferto per l’abbandono del marito. Era rimasta da sola con cinque figli e il sesto in grembo. Lui aveva sei mesi, quando lei per la disperazione è finita in manicomio per sette anni.
Ma quella promessa che le fa, Daniel da solo non riesce a mantenerla. In quel tempo senza padre né madre ha covato troppo rancore. Solo tre anni dopo il primo arresto, dovrà rispondere a ventisette processi e, di lì a poco, sarà condannato a trentasei anni di carcere.

giovedì 22 settembre 2016

Aldo Moro, l'uomo delle grandi battaglie

MORO l’uomo delle grandi battaglie (Avvenire)
AGOSTINO GIOVAGNOLI

​Cento anni fa, il 23 settembre 1916, nasceva a Maglie Aldo Moro. Di lui sono noti i lunghi discorsi e le argomentazioni complesse. Non bucava lo schermo con battute a effetto, anche se capiva l’importanza della comunicazione televisiva (fu lui a volere, con Fanfani, l’introduzione delle 'tribune politiche' nella TV di Ettore Bernabei). Dietro le sue parole si nascondevano però grandi battaglie, quelle che Moro combatteva anzitutto con se stesso e poi con le sfide storiche del suo tempo, cercando la verità. Lo mostrano le molteplici stesure dei tanti interventi pubblici, segnate da correzioni, ripensamenti, integrazioni. Una ricerca ispirata anzitutto dalla fede, che ha influito profondamente non solo sulla sua vita privata ma anche sull’attività pubblica. La fede infatti ha rappresentato per lui una luce essenziale che gli ha permesso di sviluppare l’«intelligenza degli avvenimenti», attraverso uno scavo lungo e faticoso, in grado di andare al di là delle apparenze, e un ascolto paziente, capace di oltrepassare le contrapposizioni ideologiche. 

mercoledì 21 settembre 2016

Niccolò Cusano, la pace che nasce dalla fede

ECUMENISMO

Non tolleranza, ma conoscenza dell'amato

di Giovanni Paccosi
21/09/2016 - «La pace che nasce dalla fede». Ovvero, da un «incontro» pieno di interesse e amore per l'altro proprio perché "altro". Un percorso nel pensiero di Nicola Cusano che, sei secoli fa, parlava del dialogo (e dell’islam) aprendo una prospettiva diversa
È l’anno 1453: gli eserciti ottomani mettono a ferro e fuoco Costantinopoli, con una violenza inaudita verso le persone e i tesori culturali del passato e minacciano di invadere la penisola italiana fino a conquistare Roma.

Tutta Europa è scossa e da più parti si invoca la crociata contro i turchi di Mehmet II. Il futuro papa Enea, Silvio Piccolomini, scrive al filosofo e cardinale tedesco Nicola di Cusa, e lo invoca di esortare l'Europa alla crociata contro l’Impero Ottomano con queste parole, in cui mostra la sua finezza di umanista: «Sarà dunque ora una seconda morte per Omero, per Pindaro, per Menandro e per tutti i più famosi poeti; ora avverrà l’ultima distruzione dei filosofi greci».

Il Cusano era una delle grandi personalità d’Europa, profondamente partecipe di tutte le vicende culturali, religiose e politiche del continente. La sua straordinaria visione filosofica, come quella di altri precursori in quell’inizio del Rinascimento (basti pensare a Marsilio Ficino o Pico della Mirandola) avvertiva l’urgenza di mostrare la verità dell’esperienza cristiana come risposta alle nuove istanze, che mettevano al centro il soggetto umano, in un mondo i cui confini erano sempre meno coincidenti con la «cristianità» dei secoli precedenti. Per questo la sua risposta ha un’altra prospettiva: invece dell’invito alla Crociata scrive De pace fidei (La pace della fede).

Calabresi e Carron presentano a torino "La bellezza disarmata"

TORINO

L'arma di una verità vissuta (www.tracce.it)

di Adriano Moraglio
20/09/2016 - Lunedì sera, a presentare "La bellezza disarmata", con l'autore, Julián Carrón, c'era anche il direttore di Repubblica, Mario Calabresi. Davanti a quello che il nostro tempo vive, serve «il coraggio della domanda e di mettersi in gioco. Come mia nonna...»
«Ho molto apprezzato che Carrón nel suo libro non perda troppo tempo a parlare della crisi economica. Questa, infatti, si inserisce in qualcosa di più profondo che è in atto in Europa e nella società occidentale». Mario Calabresi, direttore de la Repubblica, ieri sera a Torino con don Julián Carrón per presentare La bellezza disarmata, anche lui non ha perso tempo ed è andato subito al centro della questione: «Se anche la crisi economica finisse domattina, le domande a cui non diamo risposte resterebbero tali, intoccate. La febbre dei consumi le metterebbe solo un po’ a tacere».

Così, entrambi - il Direttore di un grande giornale, e il Presidente della Fraternità di CL - si sono subito trovati d’accordo sulla necessità di capire che cosa è accaduto nel mondo occidentale, se un giovane arriva a dire - è un esempio citato nel libro -: «Non metterò mai al mondo un figlio, con che coraggio condanno un altro poveretto all’infelicità?». Oppure, se una giovane donna - è un esempio da ambiente familiare citato da Calabresi - giunge ad affermare: «Prima di avere figli attendo che migliori il lavoro, così potrò procurarmi una casa più grande per accoglierli». «Ora che la rincorsa dei consumi che riempivano la vita si è interrotta», ha aggiunto Calabresi, «ci si è resi conto che da parecchio tempo non ci si faceva certe domande. Tuttavia, c’è paura di interrogarsi; occorre, invece, avere il coraggio di stare nella tensione della domanda. Il problema è, quindi, mettersi in gioco, scommettere, rischiare».

lunedì 19 settembre 2016

Brasile: presentazione di "A beleza desarmada"

BRASILE

L'abbraccio che genera un abbraccio

di Isabella Alberto
19/09/2016 - La presentazione di "A beleza desarmada", a San Paolo. Tra le note di Bach e la testimonianza di un giudice dell'associazione Apac, il dialogo con Julián Carrón: «Il punto è un fascino in grado di cambiare la realtà quotidiana»
Domenica 11 settembre, tardo pomeriggio. Nella Libreria Cultura del Centro Commerciale Iguatemi, a San Paolo, Julián Carrón ha presentato, insieme al giudice penale Paulo Antonio de Carvalho, il suo libro A beleza desarmada, pubblicato da poco in portoghese dall’editore Companhia Ilimitada.

Davanti a trecento persone, in un ambiente bello e moderno, l'evento si è aperto con la musica. Marialbi Trisolio, dell’Orchestra Sinfonica dello Stato di San Paolo, ha eseguito la Suite per violoncello n. 2 di J.S. Bach. Una sorpresa che tutti hanno accolto in silenzio. Poi è iniziato un dialogo fatto di domande e risposte, dove, a poco a poco, il fascino della bellezza disarmata si è presentato agli occhi del pubblico.

sabato 17 settembre 2016

Festa alla comunità "l'Imprevisto"

PESARO

«Che storia ci è toccata»

di Alessandro Giuntini
15/09/2016 - Domenica scorsa è stata inaugurata la nuova sede della comunità femminile dell'Imprevisto, realtà che dal 1990 recupera giovani dalla tossicodipendenza. Alla festa, davanti ad autorità e amici, alcune donne ex "ospiti" hanno raccontato la loro esperienza
«Che storia ci è toccata!». Sono le parole di Silvio Cattarina, trentino trapiantato nelle Marche, presidente e fondatore della cooperativa pesarese "L’Imprevisto", all’inaugurazione della nuova sede della comunità femminile "Il Tingolo”, sulla strada panoramica dell'Ardizio, che da Pesaro porta a Fano, domenica scorsa, 11 settembre. Più di un evento istituzionale, è stata una festa, con tantissimi amici presenti al battesimo dell'ultima nata tra le strutture di quest'opera che dal 1990 recupera giovani dalla tossicodipendenza. «Sono stati ventisei anni di incontri, di vita, amore e misericordia», ha detto ancora Cattarina, dopo i saluti del sindaco Matteo Ricci, del governatore della Regione Luca Ceriscioli e del vescovo Piero Coccia e con le battute del comico Paolo Cevoli, da anni amico della comunità pesarese. E proprio perché l'opera è una storia, sono state chiamate a raccontare di sé e della loro vita alcune delle ragazze passate in questi anni dal Tingolo.
Erika, per esempio, che oggi ha 37 anni e due figli, e che ha terminato il percorso nella cooperativa nel ’98. Oppure, Paola e sua figlia Susanna, entrate in una comunità nello stesso momento: la prima alla Pars (altra cooperativa marchigiana che opera nel settore della tossicodipendenza), la seconda all'Imprevisto. E ancora Katia, 36 anni, arrivata al “Tingolo” nel 1997, e che oggi fa la decoratrice. Di seguito, alcuni stralci dai loro racconti.

mercoledì 14 settembre 2016

Valtournenche: Equipe degli universitari

EQUIPE CLU

Un incontro che «continua a reggere»

di Francesca Capitelli
14/09/2016 - Erano 450 da 15 Paesi. Tutti universitari, arrivati in Valtournenche per quattro giornate fitte di dialoghi e momenti comuni. I temi? Testimonianza, misericordia e verifica della fede: «Ciò che che permette di costruire ponti»
«La cosa più bella di questi giorni è stata vedere Carrón proporci una strada, ma ancora di più scoprire come lui sia il primo a percorrerla». È quello che risponde Luca, studente di Economia alla Cattolica di Milano, quando gli si chiede cosa porta a casa dall’Equipe del Clu che si è appena conclusa.

Ai piedi del Cervino, al confine tra Svizzera e Italia, quattrocentocinquanta universitari di quindici Paesi diversi si sono ritrovati per condividere con don Julián Carrón tre giorni di dialogo serrato, lo stesso metodo che accompagna i ragazzi durante tutto l’anno, ogni settimana, alla Diaconia, l’incontro dei responsabili, ma aperto a tutti: il guardare insieme i fatti piccoli o grandi che accadono, le domande incalzanti per entrare nell’esperienza, una sfida continua a giudicare quello che vivono. Quelli di Cervinia sono stati giorni particolari, perché arrivati a cavallo tra agosto e settembre, tra la fine del Meeting a Rimini e l’inizio della sessione autunnale di esami. A tema la misericordia, la testimonianza e soprattutto la verifica della fede.

Cervinia: Equipe di Gioventù Studentesca

GIOVENTÙ STUDENTESCA

Serve solo vivere (www.tracce.it)

di Paolo Perego
14/09/2016 - Ai primi di settembre, a Cervinia, cinquecento ragazzi e professori di Gs si sono trovati per l'annuale Equipe. Tre giorni di lavoro, dialogo e camminate. Con una sorpresa: un botta e risposta di due ore con Julián Carrón, «da uomo a uomo»
«Il Cervino non è mai stato così bello». Occhiali da sole, bermuda e scarponcino da trekking. La felpa in vita, mentre in piedi su una roccia lo sguardo corre sulle cime in una mattina di fine estate. Punta Cristina, Matterhorn, Cime Bianche, Testa Grigia… Sono lì da millenni. Eppure passare vicino a quel ragazzo di quindici, sedici anni e sentire quelle parole è una luce che si accende. Sono lì da millenni. Ma «non sono mai state così belle».

Che sia un pensiero diffuso lo leggi anche sulle facce dei cinquecento tra ragazzi delle superiori e qualche professore che se ne stanno seduti nell’erba a cantare, guidati da un piccolo coro. Belle rose, Il testamento del capitano, Ai preat… Occhi e voci che mostrano quanto il cuore sia «pieno», come ha detto qualcuno di loro uscendo solo due ore prima dal salone dell’hotel Cristallo di Cervinia.

martedì 13 settembre 2016

Carron: la forma della testimonianza

DOCUMENTI (www.tracce.it)

La forma della testimonianza

 

di Julián Carrón
13/09/2016 - La Pagina Uno di "Tracce" di settembre con gli appunti dalla sintesi di Julián Carrón all'Assemblea internazionale responsabili di Comunione e Liberazione. Cervinia, 29 agosto 2016
1. Il definirsi della testimonianza

«Le circostanze per cui Dio ci fa passare sono fattore essenziale e non secondario della nostra vocazione, della missione a cui ci chiama. Se il cristianesimo è annuncio del fatto che il Mistero si è incarnato in un uomo, la circostanza in cui uno prende posizione su questo, di fronte a tutto il mondo, è importante per il definirsi stesso della testimonianza» (L. Giussani, L’uomo e il suo destino, Marietti, Milano 1999, p. 63).

Ciascuno di noi può giudicare se la modalità con cui ci siamo testimoniati il nostro tentativo di vivere e comunicare il cristianesimo, nella circostanza storica in cui ci troviamo, è stata adeguata o meno. La prima verifica della forma della nostra testimonianza la facciamo noi, per noi stessi. Se non compiamo questa verifica, anche se poi ripetiamo le parole che ci siamo detti, sarà tutto astratto. Infatti, se quello di cui parliamo e che riceviamo non prende e non coinvolge innanzitutto noi, sarà inutile anche per gli altri: se non passa attraverso di noi, se non si incarna in noi, se non ci penetra fino alle viscere, che cosa comunichiamo? Parole, parole, parole. Per questo non c’è un’altra modalità per tirare le fila di tutto quanto abbiamo detto, se non l’esperienza presente.

lunedì 12 settembre 2016

Papa Francesco: Angelus 11 settembre 2016

MAGISTERO

Dio non smette mai di volere il nostro bene

Angelus di papa Francesco (Piazza San Pietro, domenica 11 settembre 2016)
12/09/2016
Cari fratelli e sorelle, buongiorno! La liturgia odierna ci propone il capitolo 15 del Vangelo di Luca, considerato il capitolo della misericordia, che raccoglie tre parabole con le quali Gesù risponde alle mormorazioni degli scribi e dei farisei. Essi criticano il suo comportamento e dicono: «Costui accoglie i peccatori e mangia con loro» (v. 2). Con questi tre racconti, Gesù vuol far capire che Dio Padre è il primo ad avere verso i peccatori un atteggiamento accogliente e misericordioso. Dio ha questo atteggiamento. Nella prima parabola Dio è presentato come un pastore che lascia le novantanove pecore per andare in cerca di quella perduta. Nella seconda è paragonato a una donna che ha perso una moneta e la cerca finché non la trova. Nella terza parabola Dio è immaginato come un padre che accoglie il figlio che si era allontanato; la figura del padre svela il cuore di Dio, di Dio misericordioso, manifestato in Gesù.
Un elemento comune a queste tre parabole è quello espresso dai verbi che significano gioire insieme, fare festa. Non si parla di fare lutto. Si gioisce, si fa festa. Il pastore chiama amici e vicini e dice loro: «Rallegratevi con me, perché ho trovato la mia pecora, quella che si era perduta» (v. 6); la donna chiama le amiche e le vicine dicendo: «Rallegratevi con me, perché ho trovato la moneta che avevo perduto» (v. 9); il padre dice all’altro figlio: «Bisognava far festa e rallegrarsi, perché questo tuo fratello era morto ed è tornato in vita, era perduto ed è stato ritrovato» (v. 32). Nelle prime due parabole l’accento è posto sulla gioia così incontenibile da doverla condividere con «amici e vicini». Nella terza parabola è posto sulla festa che parte dal cuore del padre misericordioso e si espande a tutta la sua casa. Questa festa di Dio per coloro che ritornano a Lui pentiti è quanto mai intonata all’Anno giubilare che stiamo vivendo, come dice lo stesso termine “giubileo”, cioè giubilo (continua a leggere sul sito della Santa Sede)

venerdì 9 settembre 2016

Costantino Esposito: la coscienza del bisogno

La coscienza del bisogno (www.tracce.it)

di Costantino Esposito
09/09/2016 - Dall'udienza del 7 marzo 2015 con papa Francesco all'ultimo Meeting. Un percorso tra i passi e le scoperte della vita del movimento in un intervento del filosofo Costantino Esposito all'Assemblea internazionale responsabili di CL
Vi sono due premesse che vorrei fare all'inizio di questo percorso: ma non si tratta di presupposti già saputi, bensì di scoperte compiute nell'esperienza di molti tra noi e nella vita delle nostre comunità. La prima è che, a partire dall'udienza concessa da papa Francesco al movimento il 7 marzo 2015, si è avviato un nuovo percorso di conoscenza e di verifica della natura del carisma dato a don Giussani e consegnato a ciascuno di noi, attraverso la paternità e la guida di Carrón. Questo percorso è stato una sfida continua, spesso drammatica, postaci dalle circostanze che abbiamo dovuto attraversare, in cui la posta in gioco era più una "vocazione" che un'"applicazione". Non innanzi tutto: cosa dobbiamo fare? ma: a cosa ci chiama il Mistero oggi? come si delinea e come ci attrae la sua Presenza nel nostro presente?

Questo introduce la seconda premessa-scoperta, e cioè che la coscienza di ciò che rende davvero originale la presenza del nostro carisma nella Chiesa e nel mondo coincide con la coscienza del bisogno ultimo della nostra vita, di fronte a Chi lo suscita e lo abbraccia. Il segno verificabile della Presenza di Cristo – ci ha sempre richiamato don Giussani – è la sua corrispondenza al cuore dell'uomo. Perciò non potremmo capire il dramma, ma anche la bellezza del nostro tempo, senza percepirli – e patirli anche – come una questione "personale", che riguarda, tocca e perturba il nostro io.

Mostra: Beleza, gli asili di Rosetta Brambilla in Brasile

MOSTRA

La Beleza riporta Rosetta a Bernareggio

di Alessandro Giuntini
09/09/2016 - È volata cinquant'anni fa dalla Brianza in Brasile, per aiutare i bambini poveri nelle favelas di Belo Horizonte. Un'esposizione fotografica, in bianco e nero, racconta la vita oggi negli asili e nelle case dei piccoli che ha aiutato
Ombre e luci, bianco e nero. È la scelta stilistica di Francesco Girardi e Piero Tampellini per la mostra fotografica Beleza, che descrive per immagine la realtà quotidiana, drammatica ma al tempo stesso portatrice di bellezza, dell’opera di Rosetta Brambilla in Brasile. Giessina della “prima ora”, nel 1967 è volata da un piccolo paese della Brianza, Bernareggio, alla metropoli di Belo Horizonte, per stare con i più poveri abitanti delle favelas, i bambini. Aveva iniziato con la piccola struttura di accoglienza di Primeiro de Maio, oggi ha otto asili in giro per tutta la città e alle spalle più 1200 bambini e ragazzi assistito e aiutati dall’associazione “Obras educativas Padre Giussani”, da lei fondata.

L’idea di fare una mostra fotografica, composta da quaranta foto degli asili e delle favelas, è nata l’anno scorso, quando i due fotografi hanno accolto l’invito dell’associazione Orizzonti di Cesena, l'onlus che sostiene l'opera di Rosetta, ad andare a Belo Horizonte per mostrare la bellezza generata dalla donna italiana nelle baraccopoli brasiliane.

«In dieci giorni abbiamo realizzato undicimila scatti; ma al di là di questo risultato, una delle prime cose che ci siamo detti quando abbiamo visitato i luoghi dell’opera di Rosetta è stata: “In ogni caso ci porteremo a casa una pienezza dentro”», racconta Francesco Girardi.

Gli asili di Rosetta sono immersi in quella grande contraddizione che è il Brasile: ogni mattina i bambini entrano all’asilo, passando da una casa fatiscente, in cui non sanno se si laveranno o mangeranno al ritorno, a una struttura dove sono accolti e curati, in un ambiente bello e pulito. «Spesso i fotografi scattano belle foto a colori del Paese ma per descriverne gli aspetti più negativi e tragici, come la criminalità, la sporcizia. Noi abbiamo voluto fare una scelta opposta: scattare solo in bianco e nero, non per eliminare la drammaticità che comunque rimane, ma per mostrare la bellezza portata dall’opera di Rosetta». Una bellezza che i bambini si portano a casa, educando gli stessi genitori e ricordandola per tutta la vita. È il caso di Joyce, figlia di una delle prime ragazze di Rosetta, che oggi ha due figli, anch’essi ospiti dei suoi asili: «Entrando in casa sua», continuano i fotografi, «si notano da subito la pulizia, le piastrelle e i muri tutti intonacati, una rarità nelle favelas».

La mostra, che è stata inaugurata in marzo a Cesena, sarà visitabile gratuitamente dal 9 al 25 settembre nella chiesetta di San Gervasio e Protasio di Bernareggio (Monza-Brianza).

Per informazioni: www.amicidirosetta.org

Editoriale di Tracce: una simpatia umana

UNA SIMPATIA UMANA (www.tracce.it)

Arriva settembre e ci si ritrova, quasi senza accorgersi, a un bivio. La vita normale riparte: si torna al lavoro, a scuola, in università. Ricomincia il quotidiano. E se le vacanze sono il «tempo della libertà», come richiamava don Giussani - ovvero il momento in cui, avendo di norma meno obblighi, si sceglie come impiegare le ore, e quindi si vede di più che cosa ci sta a cuore -, anche la ripresa d’autunno è, a suo modo, un test. Molto veritiero.
Ci si può sorprendere già in balìa dell’onda, affaticati all’idea di affrontare la routine (i colleghi di sempre, i soliti rapporti, le incombenze inesorabili... il famoso «quotidiano che taglia le gambe» di cui parlava Pavese) o addirittura incupiti, quando si alza lo sguardo per osservare gli scenari più ampi - e drammatici - che ci stanno attorno. Oppure accade di scoprirsi vivi, desiderosi di tornare a quella stessa routine, curiosi di vedere quello che succederà. Contenti, insomma. Accesi di speranza.
È un bivio sottile, quasi impercettibile, ma reale. E non dipende da quello che facciamo o diciamo: è un atteggiamento di fondo, qualcosa che - appunto - vediamo affiorare, al di là delle parole o dei propositi, nel modo in cui affrontiamo la realtà. Stiamo di fronte al quotidiano con la stessa posizione che abbiamo davanti ai problemi più grandi: chiusi o aperti, ripiegati su noi stessi o spalancati al nuovo. Ma cosa fa la differenza?


giovedì 8 settembre 2016

Le chiavi del Paradiso

HOMEVIDEO

Libertà: la scommessa di padre Chisholm

di Luca Marcora
05/09/2016 - Francis, un anziano prete scozzese, ha passato la vita in missione in Cina. In patria gli viene contestato il suo operato, e il vescovo Angus manda un monsignore a controllare. E leggendo il diario del missionario inizia a scoprire la sua vita...
Il cinema ha raccontato tante storie riguardanti missionari cristiani, romanzate o aderenti ai fatti. La settima arte si è lasciata affascinare da questi uomini e donne che hanno abbandonato tutto per andare in luoghi sconosciuti, mossi solo dalla propria vocazione. Molto spesso, però, questi film non riescono ad uscire dai confini del paese che li ha prodotti, ignorati dalla normale distribuzione internazionale o dal mercato dell’homevideo. Figure come quelle di padre Junípero Serra o di padre Damiano de Veuster, protagonisti della mostra American Dream. In viaggio con i Santi americani, presentata allo scorso Meeting di Rimini, sono ad esempio state raccontate in vari film (Le sette città d’oro, R. D. Webb, 1955; Molokai l’isola maledetta, L. Lucia, 1959; Molokai: The Story of Father Damien, P. Cox, 1999), ma di loro oggi nessuna traccia in Italia. Dopo la guerra poi, la bontà dell’operato dei missionari ha cominciato ad essere guardata attraverso la macchina da presa con dubbio e sospetto: portatori di una diversità che cancella l’identità dell’indigeno, questi evangelizzatori spesso diventano buoni solo quando si schierano contro la Chiesa, della quale si tende a sottolineare unicamente gli errori e l’aspetto istituzionale, ovviamente oppressivo. Colpisce favorevolmente, allora, poter rivedere in dvd un film come Le chiavi del Paradiso, tratto dal romanzo Le chiavi del Regno di A. J. Cronin, un ritratto pieno di sincera ammirazione e gratitudine per la figura del missionario.

VIDEOAIC 2016 Ago2016 youtube

martedì 6 settembre 2016

Ucraina-Italia, esperienza di accoglienza e di amicizia: i "figli della speranza"

Rientrati a Kiev e a Kharkov i “Figli della Speranza” ospitati presso le famiglie italiane (www.famiglieperl'accoglienza.com)

Con il sostegno amicale delle comunità ortodosse di Milano e di Varese, il progetto “Figli della Speranza” è giunto al suo epilogo: rientrati a Kiev e a Kharkov i minori ospitati durante l’estate presso le famiglie italiane
Non si capiva se piangessero di più i piccoli o i grandi: è stato un momento di grande commozione, che ha coinvolto perfino alcune hostess di terra dell’aeroporto, che hanno fatto spazio nelle proprie corsie per l’ingresso dei bagagli affinché le foto di gruppo potessero prendere proprio tutti!
Con il cuore pieno come le le loro valige sono tornati alle loro abitazioni provvisorie i 48 figli di profughi e di militari delle zone orientali dell’Ucraina, dove una guerra mai dichiarata e ben poco conosciuta non cessa di uccidere infidamente e di dividere un popolo.
Con il sostegno amicale delle comunità ortodosse di Milano e di Varese, il progetto “Figli della Speranza” è giunto al suo epilogo lasciando nei cuori e nelle menti la domanda più naturale: come continuare questa bella amicizia, così inaspettatamente cresciuta tra famiglie e tra bambini e ragazzi di Kiev, di Kharkov, di Donesk, di Milano, di Bergamo, di Varese, di Como?

L'intervista di Madre Teresa di Calcutta al settimanale 'Il Sabato' nel 1979

MADRE TERESA

«Ho un messaggio, è Gesù» (tracce.it)

di Robi Ronza
06/09/2016 - L'intervista alla suora albanese durante un viaggio in India nell’autunno del 1979, pubblicata su "Il Sabato", settimanale cattolico nato due anni prima. Pochi giorni dopo, la futura Santa riceverà a Oslo il Nobel per la pace
Mentre con Carlo Meazza stavo a Calcutta per realizzare questo servizio, era in corso il Capitolo generale della Congregazione delle Missionarie della Carità, insomma delle suore di Madre Teresa. Il Capitolo si svolge a porte chiuse, e per tutta la sua durata è regola che chi vi partecipa non rivolga la parola ad alcun estraneo ai lavori. Madre Teresa ha però accettato di fare un’eccezione per Il Sabato, il primo giornale italiano che dedica un servizio sulla sua opera a Calcutta.

Che effetto le fa aver ricevuto il premio Nobel?Un mucchio di grattacapi, un mucchio di gente che viene a trovarmi da ogni parte del mondo, un gran superlavoro: questo è l’effetto finora.

Questo premio, oltre che a lei, è anche un riconoscimento per la chiesa indiana. Che cosa, a suo avviso, può dare di specifico la chiesa indiana alla Chiesa universale?

Gesù.

domenica 4 settembre 2016

Omelia di Papa Francesco alla messa di canonizzazione di Madre teresa di Calcutta

OMELIA DEL SANTO PADRE FRANCESCO
Piazza San Pietro
Domenica, 4 settembre 2016



«Chi può immaginare che cosa vuole il Signore?» (Sap 9,13). Questo interrogativo del Libro della Sapienza, che abbiamo ascoltato nella prima lettura, ci presenta la nostra vita come un mistero, la cui chiave di interpretazione non è in nostro possesso. I protagonisti della storia sono sempre due: Dio da una parte e gli uomini dall’altra. Il nostro compito è quello di percepire la chiamata di Dio e poi accogliere la sua volontà. Ma per accoglierla senza esitazione chiediamoci: quale è la volontà di Dio?
Nello stesso brano sapienziale troviamo la risposta: «Gli uomini furono istruiti in ciò che ti è gradito» (v. 18). Per verificare la chiamata di Dio, dobbiamo domandarci e capire che cosa piace a Lui. Tante volte i profeti annunciano che cosa è gradito al Signore. Il loro messaggio trova una mirabile sintesi nell’espressione: «Misericordia io voglio e non sacrifici» (Os 6,6; Mt 9,13). A Dio è gradita ogni opera di misericordia, perché nel fratello che aiutiamo riconosciamo il volto di Dio che nessuno può vedere (cfr Gv 1,18). E ogni volta che ci chiniamo sulle necessità dei fratelli, noi abbiamo dato da mangiare e da bere a Gesù; abbiamo vestito, sostenuto, e visitato il Figlio di Dio (cfr Mt 25,40). Insomma, abbiamo toccato la carne di Cristo.

venerdì 2 settembre 2016

Madre teresa a CL: "Diventate testimoni dell'amore di Cristo"

IL DOCUMENTO (www.tracce.it)


Madre Teresa a CL: «Diventate testimoni dell’amore di Cristo»


01/09/2016 - La lettera che la suora di Calcutta inviò al convegno "La carità è. Le opere che cambiano la vita", che si svolse il 27 gennaio 1990 al Palalido di Milano. Il testo è stato pubblicato da Litterae Communionis nel febbraio dello stesso anno
A tutti i presenti al convegno di Comunione e Liberazione sulla carità.
Gesù è venuto per darci la buona novella che Dio è amore, e che ci ama e che vuole che noi ci amiamo gli uni gli altri come Lui ama ognuno di noi.

Per renderci (più) facile questo, Gesù ha detto: «Qualunque cosa farete al più piccolo dei miei fratelli l'avrete fatto a me. Se darete un bicchier d'acqua nel mio nome, l’avrete dato a me. Se riceverete un bimbo nel mio nome, avrete ricevuto me».

Quando moriremo e torneremo alla casa del Padre, Gesù ci dirà: «Venite, benedetti del Padre mio, ricevete il Regno preparato per voi. Perché io avevo fame e mi avete dato da mangiare, avevo sete e mi avete dato da bere, ero nudo e mi avete vestito. Ero solo e mi avete amato». Imparate a memoria queste parole: «Voi l’avete fatto a me».

Ecco perché tutti noi che serviamo i poveri, i lebbrosi, i malati di Aids, i non desiderati, i non amati, stiamo con Gesù sotto le dolorose sembianze del più Povero dei Poveri in ogni momento della giornata. Per questa ragione io dico alle Missionarie della Carità: noi siamo veramente delle contemplative nel cuore del mondo, perché stiamo con Gesù in ogni momento.

Ecco perché è importante pregare: perché la preghiera dà un cuore puro e un cuore puro fa vedere Dio.
Il frutto della preghiera è la fede.
Il frutto della fede è l'amore.
Il frutto dell'amore è il servizio.
Il frutto del servizio è la pace.

Chiediamo alla Madonna di darci il suo cuore così bello e così puro affinché possiamo amare Gesù come Lei lo ha amato e servirlo sotto le dolorose sembianze del più Povero dei Poveri.
Questo amore trasformerà ogni amore umano in Amore divino e porterà la Pace.
Io pregherò per ognuno di voi perché possiate crescere nella santità attraverso questo amore - amore in azione - e così diventare testimoni dell'amore di Dio e diffonderne la fragranza dovunque andiate. Pregate per me, per i nostri Poveri e per la nostra Società.
Dio vi benedica

Madre Teresa


Ecco il testo autografo in inglese:

Paraguay, Encuentro Asunciòn

PARAGUAY (www.tracce.it)

Un tesoro in carne ed ossa

di Javier de Haro Requena
31/08/2016 - Ai primi di agosto si è tenuta la seconda edizione di Encuentro Asunción. Dopo «la scintilla dell'anno scorso», ha preso fuoco «qualcosa di diverso dagli altri eventi». Il racconto di tre giorni di mostre, incontri e spettacoli che hanno stupito tutti
Il 4, 5 e 6 agosto si sono svolte le conferenze, le mostre, gli incontri e i concerti della seconda edizione di Encuentro Asunción, organizzato nel Centro Culturale paraguayano giapponese del Comune di Asunción, con il titolo “L’altro è un bene”, alla quale hanno partecipato fra 150 e 200 persone al giorno.

Tra gli altri, sono intervenuti il sindaco Mario Ferreiro, il Vescovo, monsignor Edmundo Valenzuela, e l’Ambasciatore del Libano Hassan Hijazi. Fra gli oratori, il Ministro del Tesoro, don Santiago Peña, il Vescovo ortodosso del Patriarcato di Antiochia con sede a Buenos Aires, monsignor Siluán Muci, il coordinatore della pastorale sociale della arcidiocesi, Ricardo González, e altre personalità in ambito educativo (Centro educativo Arambé a Luque, Casa per minori Virgen de Caacupé a Itauguá) e sociale (comunità di Sant’Anna nel quartiere periferico di Bañado Sur).