venerdì 30 giugno 2017

Davide Rondoni: Di chi è figlio Charlie?

D. Rondoni, Il Resto del Carlino, 30 giugno 2017



Davide Rondoni: questo è totalitarismo!

30/6/2017 Il Resto del Carlino
DI FRONTE alla vicenda del piccolo Charlie – che in queste ore morirà per decreto della Corte europea dei diritti umani – salgono alcune domande e una certezza. Com’è noto i genitori non volevano staccare ìla spina ma è stato impedito di provare una cura sperimentale in una clinica Usa. Prima domanda: c’è una autorità più forte della sperimentazione scientifica in campo medico? Se una sperimentazione si p...uò fare per provare a tenere in vita un piccolo lo decide la Corte europea ? E poi: di chi è figlio Charlie? Delle istituzioni o di un uomo e una donna? Un poeta ragazzo veggente ironizzava amaramente sulla cosa 150 anni fa, Arthur Rimbaud. Diceva di dovere tutto alla Dichiarazione dei diritti dell’uomo, di cui la Corte è espressione. La vita dunque dipende dalle istituzioni e non più da una comunità o una relazione amorosa? Qui non c’entra l’eutanasia, qui è totalitarismo. Ovvero l’individuo, specie il più piccolo e indifeso, è in balia delle Istituzioni. Altra domanda: di quel che veramente prova Charlie la scienza non ha certezza. Allora hanno deciso in nome di cosa? Del dolore o di una certa idea per cui la vita di Charlie non vale più? Tutti coloro che si commuovono quando papa Francesco parla di ‘scarti’ della società dove sono ora che questo piccolo è considerato uno scarto dal supremo organo di
giustizia europea? Ultima qui di mille domande: in certi casi un figlio viene per cautela sottratto a genitori pericolosi o insani mentalmente. Quelli di Charlie non lo sono. D’ora in poi si sottrarranno figli ai genitori per vari motivi, ma decisi da chi ? La certezza: Charlie non è solo dolore, ma un bambino.
Come tutti. E su quel che facciamo ai bambini si disegna il nostro destino.
 

mercoledì 28 giugno 2017

Discorso di Papa Francesco alla Cisl: il lavoro e la persona

DISCORSO DEL SANTO PADRE FRANCESCO
AI DELEGATI DELLA
CONFEDERAZIONE ITALIANA SINDACATI LAVORATORI (CISL)
Aula Paolo VI
Mercoledì, 28 giugno 2017


Cari fratelli e sorelle,
vi do il benvenuto in occasione del vostro Congresso, e ringrazio la Segretaria Generale per la sua presentazione.
Avete scelto un motto molto bello per questo Congresso: “Per la persona, per il lavoro”. Persona e lavoro sono due parole che possono e devono stare insieme. Perché se pensiamo e diciamo il lavoro senza la persona, il lavoro finisce per diventare qualcosa di disumano, che dimenticando le persone dimentica e smarrisce sé stesso. Ma se pensiamo la persona senza lavoro, diciamo qualcosa di parziale, di incompleto, perché la persona si realizza in pienezza quando diventa lavoratore, lavoratrice; perché l’individuo si fa persona quando si apre agli altri, alla vita sociale, quando fiorisce nel lavoro. La persona fiorisce nel lavoro. Il lavoro è la forma più comune di cooperazione che l’umanità abbia generato nella sua storia. Ogni giorno milioni di persone cooperano semplicemente lavorando: educando i nostri bambini, azionando apparecchi meccanici, sbrigando pratiche in un ufficio... Il lavoro è una forma di amore civile: non è un amore romantico né sempre intenzionale, ma è un amore vero, autentico, che ci fa vivere e porta avanti il mondo.

sabato 24 giugno 2017

Libri per l'estate - L'introduzione di don Giussani a "I promessi sposi"(www.comunioneliberazione.org)

Il movimento consiglia sei libri da leggere nel periodo estivo. Il primo è il romanzo di Manzoni. Come aiuto alla lettura, ecco il dialogo con Davide Rondoni pubblicato nella collana "Biblioteca dello spirito cristiano"
Davide Rondoni Vorrei iniziare ponendo un problema di metodo. Il nostro Péguy, tra le altre cose, dice che il lettore ha una grande responsabilità di fronte all’opera che legge, perché in realtà è lui che, in un certo senso, ne compie il significato, la completa.
Su I promessi sposi c’è sempre stato un dibattito viziato dalla definizione schematica: «è un romanzo cattolico», e anche per questo c’è polemica sul fatto di toglierlo dalle letture scolastiche.
A me sembra - però te lo volevo chiedere come punto di metodo - che il problema sia sempre lo sguardo di chi legge, non tanto un’etichetta data previamente.

Luigi Giussani Un’opera è riconosciuta nella sua cattolicità o meno dal contenuto di coscienza che ne ha il lettore.

Rondoni Quindi, in un certo senso, anche un’opera non cristiana può essere considerata "un'opera cristiana".

Giussani Sì! Quando noi, ad esempio, leggiamo Vita e destino di V. Grossmann…

Rondoni Come metodo questo è importante per una corretta esperienza della lettura, che è sempre un incontro, non una semplice presa d’atto, e anche per non scandalizzarsi.

Giussani Certo.

Rondoni Per esempio, tu sai tutta la polemica e il disagio suscitati dai racconti di Flannery O’Connor che abbiamo pubblicato in questa stessa collana...

Giussani Ah sì?!

Rondoni …Perché sono racconti in cui spesso non c’è il lieto fine. Lei racconta certe cose che non sono storielle edificanti. Gli stessi Promessi sposi non è che finiscono benissimo: c’è la peste che contribuisce, e solo in parte, ad "accomodare" tutto. E allora la domanda che a molti viene fuori di fronte alla O’Connor come di fronte al Manzoni è: «Ma allora la Provvidenza - di cui il Manzoni parla molte volte - che cosa vuol dire?».
«Anderò, anderò!» - Massimo Popolizio legge l'Innominato (5:05)
Giussani Vuol dire che ciò che accade, tutto ciò che accade all’uomo è parte di un disegno del Padre, di cui è fatta la creazione. La creazione, tutto il suo destino, diventa coscienza, anzi, diventa autocoscienza nell’uomo.

Rondoni Quindi non è per forza un disegno che si vede.

Giussani No, perché «I miei pensieri non sono i vostri pensieri», come dice il Salmo. O come dice l’Abate nella grande scena finale del Miguel Mañara di O.V. Milosz: «Tutto va dove deve andare, secondo una sapienza che - il cielo sia lodato - non è la nostra».

Rondoni Ma tu I promessi sposi lo senti come un tuo libro, come un libro che per te è stato importante?

Giussani Per me è stato importante, molto importante, e capisco una certa diffrazione, un senso di distanza che provoca nella gente di oggi.
È come se la fede così bene espressa e messa in atto nel Manzoni, in tutte le sue pagine, avesse un bisogno urgente di spiegarsi e di comunicarsi con una immediata evidenza. Insomma, è una fede che si poneva in una realtà dove la storia era cristiana, il substrato era tutto cristiano, e che però doveva trovare la via d’uscita, crearsi con fatica, aprirsi il varco in una cultura che era diventata abolizione, eversione dei principi cristiani. Una cultura che non nascondeva il proprio gusto di eclissare e di rendere impossibile il vivere la fede cristiana.

venerdì 16 giugno 2017

Papa Francesco: ipocrisia umana e potenza di Dio

Santa Marta del 16 giugno. Il Papa: la potenza di Dio salva da debolezze e peccati


Giada Aquilino - Radio Vaticana venerdì 16 giugno 2017 
 
Prendiamo “coscienza” di essere deboli, vulnerabili e peccatori: solo la potenza di Dio salva e guarisce. Così si è espresso papa Francesco nell'omelia della Messa in Santa Marta
Il Papa: la potenza di Dio salva da debolezze e peccati
Prendiamo “coscienza” di essere deboli, vulnerabili e peccatori: solo la potenza di Dio salva e guarisce. Questa l’esortazione di papa Francesco nell’omelia della Messa mattutina a Casa Santa Marta. Lo riferisce Radio Vaticana.
Nessuno di noi “può salvare se stesso”: abbiamo bisogno “della potenza di Dio” per essere salvati. Papa Francesco riflette sulla Seconda lettera di San Paolo ai Corinzi - in cui l’apostolo parla del mistero di Cristo, dicendo “abbiamo un tesoro in vasi di creta” - ed esorta tutti a prendere “coscienza” di essere appunto “creta, deboli, peccatori”: senza la potenza di Dio, ricorda, non possiamo “andare avanti”. Questo tesoro di Cristo - spiega il Pontefice - lo abbiamo “nella nostra fragilità: noi siamo creta”. Perché è “la potenza di Dio, la forza di Dio che salva, che guarisce, che mette in piedi”. Ciò in fondo è “la realtà della nostra vulnerabilità”: “Tutti noi siamo vulnerabili, fragili, deboli, e abbiamo bisogno di essere guariti. E lui lo dice: siamo tribolati, siamo sconvolti, siamo perseguitati, colpiti come manifestazione della nostra debolezza, della debolezza di Paolo, manifestazione della creta.

martedì 13 giugno 2017

la testimonianza di don Pigi Bernareggi



Un dito puntato al cuore. La testimonianza di Pigi Bernareggi (www.comunioneliberazione.it)

È uno dei primissimi giessini del Berchet di don Giussani. Da cinquant'anni è missionario in Brasile. Al Centro culturale di Milano ha raccontato come tutto è iniziato, e come continua oggi. In ogni istante
Luca Fiore
Un dito che ti punta e una voce che ti dice: «Tu!». È questa l’immagine che don Pigi Bernareggi, dal 1964 missionario a Belo Horizonte in Brasile, usa per descrivere «l’uragano» che don Giussani è stato per la sua vita e quella dei suoi compagni della Prima "E" del Liceo Berchet di Milano. «Nessuno mai ti diceva “tu”, lui invece ci prendeva sul serio come persone. Ed esigeva che, come persone, prendessimo sul serio quella chiamata alla nostra umanità».

Oggi, a 78 anni, si sente ancora addosso quel dito puntato. Non come un ricordo, ma come qualcosa che sta accadendo ora. Anche tra i senza tetto di Belo Horizonte con i quali sta lavorando negli ultimi anni. Si è capito bene, ieri sera, durante l’incontro organizzato dal Centro culturale di Milano, in un dialogo con Davide Perillo, direttore di Tracce. In platea ci sono gli amici della GS degli anni Cinquanta e Sessanta. Ma anche i ciellini di oggi, che spesso don Giussani non l’hanno neanche mai sentito parlare. Nel 1954 don Pigi era un rampollo della borghesia milanese, oggi uno di quei preti di periferia tanto amati da papa Francesco.
Don Pigi BernareggiDon Pigi Bernareggi

venerdì 2 giugno 2017

Messaggio di Carron per il 39° Pellegrinaggio Macerata - Loreto

Messaggio di don Julián Carrón per il 39° Pellegrinaggio Macerata - Loreto

Cari amici, siete arrivati al Pellegrinaggio – consapevolmente oppure no – per un bisogno, che vi ha messi in movimento prima ancora di cominciare la strada verso Loreto. Prendere coscienza di questo bisogno è il primo lavoro che vi attende questa notte, perché solo così potrete camminare in un modo non meccanico e non scontato.
Ma come aiutarci a riconoscere il nostro vero bisogno? Basterebbe semplicemente ammettere le nostre paure, le nostre sofferenze, le nostre tristezze o solitudini, senza censurare niente, per riconoscere quanto siamo bisognosi.



Discorso di Papa francesco ai ragazzi del gruppo "Cavalieri"

DISCORSO DEL SANTO PADRE FRANCESCO
AI RAGAZZI DEL GRUPPO "CAVALIERI"
Aula Paolo VI
Venerdì, 2 giugno 2017


Marta:
Caro Papa Francesco, mi chiamo Marta. In questo periodo mi turba molto il fatto che, essendo in terza media, l’anno prossimo non vedrò la maggior parte dei miei migliori amici e ho paura del salto tra le medie e il liceo. Io sto bene come sto ora, con i miei amici di adesso. Perché devo cambiare tutto? Perché mi fa così paura crescere? Non riesco e non voglio immaginare la mia vita e tutto quello che mi succederà senza quegli amici che amo. Come faccio? Come farò, poi?
Papa Francesco:
Grazie, Marta. Io ti dirò questo. La vita è un continuo “buongiorno” e “arrivederci”. Tante volte sono cose piccole, ma tante volte è un “arrivederci” per anni o per sempre. Si cresce incontrandosi e congedandosi. Se tu non impari a congedarti bene, mai imparerai a incontrare nuova gente. Quello che tu dici qui, è una sfida, è la sfida della vita. E’ vero, i tuoi compagni non saranno gli stessi – forse li vedrai, parlerai…, ma ci sono nuovi compagni che tu devi incontrare, e quella è la sfida. E noi nella vita dobbiamo abituarci a questo cammino: lasciare qualcosa e incontrare le cose nuove. E questo è anche un rischio. C’è gente che ha tanta paura – tu hai usato la parola “ho paura” – di fare un passo, che rimane sempre ferma, troppo quieta e non cresce. Quando un ragazzo, una ragazza, un uomo, una donna dice “basta” e – come ha ricordato il parroco – si “accomoda sul divano”, non cresce. Chiude l’orizzonte della vita. E qui uso un’altra parola… Vedi, guarda quel muro: cosa c’è dietro al muro? Ma non vedi cosa c’è dietro il muro? Dimmi, dimmi… mettiti al microfono…

2017.06.02 Audience with children from the "Cavalieri" group