mercoledì 30 giugno 2021

Santoro ha festeggiato i suoi 25 anni di episcopato (pubblicato da Avvenire)

 MESSA A TARANTO

Santoro ha festeggiato i suoi 25 anni di episcopato

Taranto

«Andresti volentieri in Brasile? Quello che mi ha conquistato è stato quel 'volentieri'. Non una scelta imposta. D’impeto gli dissi di sì perché in passato, quando don Giussani mi aveva chiesto una cosa era stato per la mia crescita e mi era andata bene. Noi non cresciamo per conquista - diceva - ma rispondendo alle domande della Chiesa». Spiega così, l’arcivescovo Filippo Santoro, il suo sì nel sì, nato all’interno del percorso in Comunione e Liberazione. Il 15 ottobre del 1984, a 36 anni, sacerdote dal 1972, partì alla volta del Brasile come missionario fidei donum. Lì il 29 giugno del 1996 venne ordinato vescovo e divenne prima ausiliare di Rio de Janeiro e poi pastore della diocesi brasiliana di Petropolis.

Ieri i 25 anni da quel giorno li ha festeggiati a Taranto, in cui si è insediato solennemente come arcivescovo il 5 gennaio del 2012.

La sua storia è racchiusa in un libro intervista, ' Consumare la suola delle scarpe', editrice San Paolo, scritto a quattro mani con il vaticanista Fabio Zavattaro. Da sacerdote giovane per i giovani, a cui insegnava il senso della vita con il Vangelo e le canzoni di Gaber, alle notti nelle favelas, ai progetti con le ragazze madri, l’incontro con i popoli indigeni, fino alle Conferenze dell’episcopato latinoamericano con gli incontri a Santo Domingo, nell’ottobre 1992, presente Giovanni Paolo II e Aparecida, maggio 2007.

I lavori furono aperti da papa Benedetto XVI e segretario della Commissione di redazione era l’allora arcivescovo di Buenos Aires Jorge Mario Bergoglio, che nel marzo 2013 viene eletto Papa, con il nome di Francesco.

E poi Taranto, con le sue grandi contraddizioni, tra diritto alla salute e diritto al lavoro. Ultima parte del lungo colloquio è dedicata proprio alla città, alle prospettive che le si pongono davanti e all’appuntamento, dal 21 al 24 ottobre, con la Settimana Sociale dei cattolici italiani. Ieri la città ha festeggiato i 25 anni di episcopato dell’arcivescovo Santoro con una celebrazione solenne nella Cattedrale e con un concerto di musica classica, eseguito dall’Orchestra della Magna Grecia.

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Santoro / Siciliani


L’arcivescovo Santoro nel laboratorio sociale della Laudato si’ ( pubblicato da Interris)

 L’arcivescovo Santoro nel laboratorio sociale della Laudato si’

Diocesi di Taranto, monsignor Santoro vescovo da 25 anni si racconta nel libro-intervista “Consumare la suola delle scarpe”


da Paola Anderlucci -ULTIMO AGGIORNAMENTO 0:05Giugno 30, 2021

Santoro

Nominato vescovo ausiliario di Rio de Janeiro. Ordinato il 29 giugno del 1996. Monsignor Filippo Santoro dal 2004 ha retto come pastore la diocesi brasiliana di Petropolis. Per poi tornare in Italia come vescovo dell’arcidiocesi di Taranto, il 21 novembre 2011. Con ingresso solenne il 5 gennaio 2012. “Consumare la suola delle scarpe” è il titolo del libro-intervista di Fabio Zavattaro pubblicato nel 25° anniversario di ordinazione episcopale di monsignor Santoro.Santoro


La testimonianza di Santoro

Dal Brasile a Taranto. Simbolo italiano delle contraddizioni di una società che privilegia il profitto sulla vita. Con la lotta tra diritto alla salute e diritto al lavoro. Nel volume  l’incontro con gli operai dell’Ilva. Con i malati di cancro. Con i detenuti del carcere di Taranto. Il più popoloso d’Italia. Un altro triste primato. Il libro affronta anche la Settimana Sociale dei cattolici italiani. Che si svolgerà proprio a Taranto dal 21 al 24 ottobre. Sul tema “Il pianeta che speriamo. Ambiente, lavoro, futuro”.Santoro


Taranto-simbolo

Taranto, quindi, come laboratorio privilegiato di lettura dell’enciclica “Laudato si'”. Secondo monsignor Santoro, la vera emergenza dei nostri tempi è quella educativa. E “il malessere che accompagna i giovani sembra assomigliarsi molto. Sia a Milano. Sia a Seul“. Alla conferenza dell’episcopato latinoamericano ad Aparecida. Maggio 2007. Con i lavori aperti da Benedetto XVI. E’ stato segretario della commissione di redazione l’allora arcivescovo di Buenos Aires, Jorge Mario Bergoglio, poi divenuto pontefice.

giovedì 24 giugno 2021

DDL Zan: Francesca Izzo: L'identità di genere annulla la donna (pubblicato da Avvenire il 24-6-2021)

 

Ddl Zan. Ma con l'identità di genere si vuole annullare la donna


 giovedì 24 giugno 2021
Negare il fatto che l’umanità sia composta da due sessi, anziché tutelare la diversità, rischia di eliminare le differenze. Un’idea di libertà che si rivela misogina
Ma con l'identità di genere si vuole annullare la donna

Ansa

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Fin dagli inizi si è rivelato molto difficile aprire sul ddl Zan una discussione che coinvolgesse la più ampia opinione pubblica. Sono mancate le sedi per un confronto serio, pacato, che consentisse di mettere in luce le implicazioni di alcune formule presenti nel testo. Poiché si tratta di questioni all’apparenza molto semplici ma in realtà estremamente complesse e 'di frontiera'. Sarebbe stato opportuno, per raggiungere l’obiettivo che il ddl si propone, seguire una prassi che ha dato buoni frutti: in campi eticamente e culturalmente sensibili, è bene cercare il più largo consenso senza trasformare queste istanze di civilizzazione della vita associata e di rispetto delle persone in una contrapposizione di schieramento politico, schiacciando, come purtroppo è accaduto, ogni voce critica su una secca alternativa 'sì o no', prendere o lasciare.

Ma veniamo al merito. Al contrasto dell’omotransfobia sono stati aggiunti, in maniera impropria, altri temi e soggetti che sarebbe invece opportuno non inserire per evitare confusioni e imprecisioni. Si è poi compiuta la scelta di adottare la dicitura 'identità di genere', invece che 'identità transessuale', per riferirsi alle persone transessuali. Questa formulazione è il cuore del ddl Zan e da essa discendono altre criticità rilevate da più parti riguardo agli articoli 4 (libertà di espressione) e 7 (la scuola).

Ed è sull’identità di genere che mi soffermerò, cercando di chiarire la portata effettiva di questa scelta 'lessicale'.

Innanzitutto tale dicitura non serve affatto a definire meglio i crimini che questa legge vuole perseguire e combattere. Basterebbe 'identità transessuale' e tutto il quadro delle discriminazioni e violenze che colpiscono le persone trans verrebbe completamente coperto. L’espressione 'identità di genere' introduce e legittima nel nostro ordinamento costituzionale e legislativo un profilo non previsto, ovvero l’identità sessuale sulla base dell’autopercezione e della sola manifestazione della volontà soggettiva. L’identità transessuale e l’identità di genere sono due formulazioni che significano cose diverse. La prima indica la condizione, a volte dolorosa e drammatica, delle persone trans, la seconda veicola una visione o un progetto politico-culturale: quello di negare il fatto che l’umanità sia composta di due sessi affermando invece che l’identità si fonda solo sul 'genere' (meglio, sui generi tanti e vari), un puro costrutto storico-sociale.

La dicitura 'identità di genere' è così definita all’art.1 del ddl Zan: 'Identificazione percepita e manifestata di sé in relazione al genere, anche se non corrispondente al sesso, indipendentemente dall’aver concluso un percorso di transizione'. Si tratta di una definizione che intende rendere autonomo il genere dai sessi.

Il genere – e con questo termine si indicano ruoli, comportamenti, attività e attributi socialmente costruiti che una determinata società considera appropriati per donne e uomini – viene ad assumere una propria, indipendente consistenza, sino a configurare un’identità. È bene precisare che quando affermo che i sessi sono due non metto minimamente in discussione il fatto che singoli individui non si ritrovino a corrispondere al sesso con cui sono venuti al mondo o che non accettino l’orientamento sessuale che a quel sesso di norma si associa, ovvero siano trans o omosessuali. Intendo solo dire che sempre alla sessuazione umana si fa riferimento. Invece con 'identità di genere' si vuole emancipare il genere dal sesso, affermare che il sesso è una pura esperienza interiore, personale, che prescinde dal vincolo della corporeità (e la corporeità umana è fenomeno inestricabilmente psicofisico e relazionale non riducibile alla sola biologia, benché la biologia non sia il male assoluto, come si tende troppo spesso a sostenere, tutt’altro: basta che non la si usi in senso deterministico), anzi, questa viene condizionata, performata dalla libera autonoma percezione, dal sentimento di sé.

Ma come si esprime questa intima, puramente soggettiva percezione, risultato di un confronto tra il sé e un qualche criterio esterno? Attraverso i segni del genere, in questo caso abbigliamento, eloquio, linguaggi del corpo. Il 'genere', che in origine indicava ruoli e funzioni sociali condizionanti, qui si riduce alle sole manifestazioni esteriori, ovvero alla parata degli stereotipi: proprio quelli che le donne hanno combattuto e continuano a combattere. Bel paradosso!

È stato il movimento di liberazione delle donne a mettere in campo il concetto di 'genere' per criticare e cambiare l’ordine tradizionale che si spacciava per naturale e quindi immutabile perché sosteneva che gli uomini e le donne hanno, per natura, una funzione sociale definita dal loro sesso. Il termine 'genere' è stato usato per indicare quella serie di comportamenti, ruoli, stereotipi, che nei secoli sono stati attribuiti al sesso femminile e al sesso maschile. Le donne erano destinate a certi ruoli e funzioni perché erano legate alla natura invece che alla cultura, al sentimento invece che alla ragione e, poiché detenevano la potenza della procreazione, erano obbligate alla maternità e alla cura, mentre agli uomini, detentori della razionalità e della cultura, spettava occuparsi della vita economica e della politica. Per liberare le donne da questa vincolante identificazione con tali ruoli e funzioni si è iniziato a distinguere il sesso femminile dal genere femminile.

Quindi 'l’identità di genere', in origine, significa tutto ciò che la cultura e la storia hanno costruito addosso alle donne (e anche agli uomini) elaborando precise norme di vita. Oggi tali norme vengono definite 'stereotipi di genere' e sono contrastati per consentire alle donne di essere libere di scegliere la vita che desiderano.

Ora, il termine 'genere', soprattutto nel mondo anglosassone, ha cominciato quasi insensibilmente a slittare di senso. Nello sforzo di liberarsi da una storia di oppressione e di dipendenza si è arrivate, da parte di alcune correnti femministe, a voler cancellare la 'donna', identificata totalmente con quella storia, come se il sesso femminile fosse la parte 'negativa' dell’umanità. Così in area anglofona il termine 'gender' ha occupato sempre più spazio fin quasi a sovrapporsi al sesso, e infine a soppiantarlo. Questo è avvenuto in concomitanza con l’imporsi, nel dibattito culturale e accademico, di una linea di pensiero che ha visto protagonista indiscussa la filosofa americana Judith Butler, che ha spinto il potere trasformativo della storia e della cultura – cioè dei codici linguistici, sociali, culturali – sino al punto di rendere il sesso biologico (potremmo dire la corporeità sessuata) effetto di un ordine discorsivo, di una pratica linguistica performativa. La teoria butleriana, pur nata all’interno dell’universo femminista, era volta a dare piena dignità e piena uguaglianza di diritti alle minoranze gay, transgender, queer.

In questa visione, infatti, il sesso, la dualità sessuale, il binarismo e l’eterosessualità non solo scompaiono ma sono circondati da un alone di negatività perché rappresenterebbero un ordine binario ed eterosessuale che relega chi non vi rientra in uno stato di permanente marginalità. La portata dell’operazione culturale è evidente: se vogliamo l’uguaglianza bisogna eliminare alla radice quella norma che rende anomali e marginali alcuni: i gay, i transessuali, i transgender, gli intersex... Il gender è la via: se non diamo alcuna consistenza o senso alla differenza sessuale sfuma anche la differenza tra una donna di sesso femminile o uomo di sesso maschile e una/un transgender, vale a dire un uomo non operato e non in transizione che si dichiara donna, o una donna che si dichiara uomo. Sono equivalenti, possibili varianti di identità che non hanno più alcun referente corporeo sessuato. Il 'discorso' del gender mira a eliminare i presupposti antropologici alla base delle varie forme storiche di identità sessuali, sostituendoli con l’indefinita pluralità delle singole esistenze. Nasce da qui lo sconcertante allungarsi delle sigle Lgbtqi...

L'uso del termine 'identità di genere' nel testo del ddl è carico di questa densa storia teorico-politica, e presenta perciò un deciso risvolto programmatico di progetto politico-culturale. Finché si resta nel campo del libero confronto delle opinioni, ogni teoria deve essere esposta e discussa senza limitazioni di sorta, anzi, investendo più ampiamente l’opinione pubblica che, come stiamo verificando, è in grande misura ignara di queste tematiche e delle loro implicazioni. Ciò che invece non risulta accettabile è l’inserimento in una legge di rango penale di una formula che è il condensato di teorie controverse, discusse e discutibili, teorie che per questa via ottengono uno statuto di indiscussa 'verità'. Qui si annida il rischio, sottolineato da tanti, di compromettere la libertà di espressione e di trasformare la giusta esigenza di promuovere nelle scuole il rispetto delle diversità in esercizio di indottrinamento.

Nei Paesi in cui si è accolta sul piano normativo la dicitura 'identità di genere' si sono verificati fenomeni piuttosto spiacevoli in vari ambiti, dalla limitazione della libertà di espressione agli attacchi ai diritti delle donne. La mia domanda è: perché per porre fine alle discriminazioni si deve annullare la differenza sessuale? E perché la 'donna' deve scomparire affinché ci sia libertà? Trovo che c’è qualcosa di profondamente misogino in questa volontà di negare e cancellare il sesso femminile e in questa idea di libertà. Bisogna operare su tutti i piani, culturale, sociale e anche penale perché le identità transessuale e omosessuale siano riconosciute e rispettate, nella loro diversità. Non siamo tutti uguali. Uomini e donne sono uguali ma differenti. E questo dovrebbe valere anche per gli orientamenti sessuali e per i vari modi di esistenza sessuale. Affermare che l’umanità è costitutivamente duale è un modo per riconoscere tutte le altre differenze. Non per cancellarle.

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DDL ZAN, Il testo della nota della Segreteria di Stato del vaticano (pubblicato da Avvenire 24-6-2021)

 

Documento. Ddl Zan, ecco il testo della nota della segreteria di Stato del Vaticano


mercoledì 23 giugno 2021
I punti relativi alla libertà di espressione della Chiesa e l'invito a una diversa modulazione del testo normativo in discussione
Ddl Zan, ecco il testo della nota della segreteria di Stato del Vaticano

Ansa

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«La Segreteria di Stato, sezione per i Rapporti con gli Stati, porge distinti ossequi all'Ecc.ma Ambasciata d'Italia e ha l'onore di fare riferimento al disegno di legge N.2005, recante 'misure di prevenzione e contrasto della discriminazione e della violenza per motivi fondati sul sesso, sul genere, sull'orientamento sessuale, sull'identità di genere e sulla disabilità', il cui testo è stato già approvato dalla Camera dei Deputati il 4 novembre 2020 ed è attualmente all'esame del Senato della Repubblica».

È quanto si legge nella nota verbale inviata il 17 giugno 2021 dalla segreteria di Stato del Vaticano all'ambasciata italiana presso la Santa Sede, diffusa dall'agenzia Ansa.

«Al riguardo la Segreteria di Stato rileva che alcuni contenuti dell'iniziativa legislativa - particolarmente nella parte in cui si stabilisce la criminalizzazione delle condotte discriminatorie per motivi 'fondati sul sesso, sul genere, sull'orientamento sessuale, sull'identità di genere' - avrebbero l'effetto di incidere negativamente sulle libertà assicurate alla Chiesa cattolica e ai suoi fedeli dal vigente regime concordatario. Ci sono espressioni della Sacra Scrittura e delle tradizioni ecclesiastiche del magistero autentico del Papa e dei vescovi, che considerano la differenza sessuale, secondo una prospettiva antropologica che la Chiesa cattolica non ritiene disponibile perché derivata dalla stessa Rivelazione divina.Tale prospettiva è infatti garantita dall'Accordo tra la Santa Sede e la Repubblica italiana di Revisione del concordato lateranense, sottoscritto il 18 febbraio 1984. Nello specifico, all'articolo 2, comma 1, si afferma che 'la Repubblica italiana riconosce alla Chiesa cattolica la piena libertà di svolgere la sua missione pastorale, educativa e caritativa, di evangelizzazione e di santificazione. In particolare è assicurata alla Chiesa la libertà di organizzazione, di pubblico esercizio del culto, di esercizio del magistero e del ministero spirituale, nonché della giurisdizione in materia ecclesiasticà. All'articolo 2, comma 3, si afferma ancora che 'è garantita ai cattolici e alle loro associazioni e organizzazioni la piena libertà di riunione e di manifestazione del pensiero, con la parola, lo scritto e ogni altro mezzo di diffusione'.
La Segreteria di Stato auspica pertanto che la Parte italiana possa tenere in debita considerazione le suddette argomentazioni e trovare una diversa modulazione del testo normativo in base agli accordi che regolano i rapporti tra Stato e Chiesa e ai quali la stessa Costituzione Repubblicana riserva una speciale menzione.
La Segreteria di Stato, Sezione per i Rapporti con gli Stati, si avvale della circostanza per rinnovare all'Ecc.ma Ambasciata d'Italia i sensi della sua alta considerazione».

Ansa

Ansa

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Mimmo Muolo

pubblicato da Avvenire, 24-6-2021)

lunedì 21 giugno 2021

Bergoglio tra Erasmo e S.Francesco (articolo da InTerris)

 

La lezione ignaziana di Bergoglio. Tra Erasmo e San Francesco

ULTIMO AGGIORNAMENTO 0:05
Misericordia

La Chiesa di Francesco non si confonde con l’etica mondana. Ma si colloca al suo interno per influenzarla da dentro. La linea ecclesiologica di Jorge Mario Bergoglio è la stessa applicata sempre e ovunque dai Gesuiti. In Sud America, Cina, India. Francesco è coerentemente un gesuita, nella sua accezione più nobile. Il Pontefice comprende la situazione etica del mondo contemporaneo ma si mette dentro. Non la combatte come avversario dall’esterno. È sempre stato l’approccio dei Gesuiti, in ogni epoca e nazione. Senza cedimento né resa al mondo moderno. Il modello di Francesco è la comprensione ignaziana della contemporaneità. Non è tatticismo politico. Ma  la lezione della grande mistica umanistica. Sant’Ignazio si rapportava alla lezione di Erasmo da Rotterdam. E venerava san Francesco.

domenica 20 giugno 2021

Il Giugno nero della Chiesa (A.Melloni) da La Repubblica

 Che nel papato di Francesco ci sia un'autenticità cristiana ineguagliata, lo si vede a occhio nudo. Più difficile è vedere se c'è un filo che lega fatti che si inanellano in questo giugno nero per la dimensione istituzionale della Chiesa. In principio c'è il cardinale Marx. Dimettendosi per denunciare l'inerzia della Chiesa, ha di fatto chiesto le dimissioni del Papa. Insegnando a Francesco come si "assume la colpa", gli ha imputato impotenza in quei metodi spicci che, diventati l'unica cura dell'omertà sui crimini pedofili, non possono più discernere fra calunnie e denunce. La risposta del Papa è stata pubblicare la missiva "personale" di Marx il 3 giugno e il 10 respingere le dimissioni. Mescolando Lc 5 e Gv 21, ha ricordato a Marx che nella Chiesa pasce chi ama e non chi mena.

Il 3 giugno Francesco aveva fissato per decreto generale il limite di 10 anni consecutivi al mandato dei capi e degli organi dei movimenti ecclesiali, salvo deroghe: una norma che comprime i diritti dei fedeli, fissa la liquidazione dei capi in carica (Carrón, Impagliazzo, Martinez, ecc.), mette sub iudice i fondatori viventi (Amirante, Kiko, ecc.): in nome di un bene definito ideologicamente.
Il 7 giugno Enzo Bianchi partiva per l'esilio dalla sua comunità: il Papa aveva cercato di spiritualizzare il (suo) decreto che lo disponeva; ma ora che gli psicologismi che lo avevano ispirato si sono rivelati invincibili, resta un danno alla credibilità ecumenica della Chiesa e un monastero in frantumi.
Lo stesso giorno Francesco ha chiesto a monsignor Egidio Miragoli di "ispezionare" la congregazione del clero: gesto inedito e inutile, giacché quattro giorni dopo è stato nominato prefetto monsignor You Heung-sik che una recognitio poteva farsela da sé; ma che dice della ruvidità con cui viene trattato anche chi - ad esempio il prefetto uscente cardinale Stella - ha servito il Papa lealmente.

È coevo l'audit del vicariato di Roma affidato dal Papa a Alessandro Cassinis Righini - ex Deloitte e ora revisore della Santa Sede. Anche qui un atto che rincara la sfiducia palesatasi il 25 aprile in San Pietro, quando il Papa aveva puntato il dito contro il segretario generale del vicariato monsignor Pedretti e gli aveva imputato la morte per crepacuore di un collaboratore, e dato credito ad altre chiacchiere.
Intanto il 9 giugno un'altra puntata dell'affaire del cardinale Becciu, contro cui si sta preparando un rinvio a giudizio che si dice voluminoso. Per trovare documentazione "indispensabile per la dimostrazione della sussistenza delle ipotesi di distrazione di fondi pubblici" (così la pm Gerace) la polizia giudiziaria italiana e vaticana ha perquisito la diocesi di Ozieri.
Figlia di una rogatoria diplomaticamente suicida, perché impedirà d'ora in poi alla Chiesa di invocare le proprie immunità, la perquisizione potrebbe voler dire che l'impianto accusatorio è ancora fragilissimo ed evitare che una difesa puntuta mandi in mondovisione un processo al governo centrale; oppure potrebbe essere un modo per mettere pressione al porporato, sottovalutando l'antropologia sarda.
Infine il 6 giugno il Papa ha fatto cenno all'Angelus all'eucarestia come «pane dei peccatori». Una frase indirizzata alla conferenza episcopale americana che deve votare su se o chi possa negare a Joe Biden la comunione per la sua posizione pro choice, in materia di aborto. Forse la segreteria di Stato ha già disinnescato la bomba: ma se il Papa non lo avesse ordinato o permesso il rischio che il secondo presidente cattolico sia bersaglio della sua Chiesa c'è.
C'è un filo fra questi atti? Alcuni vi vedono l'influsso eccessivo di consiglieri grossolani; altri il piglio autoritario già rimproverato al giovane papa Bergoglio nella compagnia. Non cambia. Fossero anche eventi slegati, il loro accumularsi è un fatto che (per stare a Lc 5) prepara una tempesta.

Card. Jean Hollerich: L'aborto non è un diritto umano

  Lo spettro dell’aborto come diritto umano. La necessità di parlare chiaro ai politici quando si distanziano dalla Dottrina Sociale della Chiesa. La volontà di ricostruire la credibilità della Chiesa. Il problema della libertà religiosa. Il tema dell’aborto, che non può essere un diritto umano. Il Cardinale Jean Claude Hollerich dipana questo ragionamento in una intervista concessa ad ACI Stampa. Arcivescovo di Lussemburgo, Roma per l’incontro con il Papa della presidenza della Commissione delle Conferenze Episcopali in Unione Europea (COMECE), che presiede, il Cardinale Hollerich traccia anche la direzione dell’Europa del futuro. (...)

Covid in Brasile

 Il Brasile si avvicina al tragico traguardo di 500mila persone vittime del nuovo coronavirus. In questo contesto di dolore e di bisogno di speranza e conforto, la Conferenza Nazionale dei Vescovi del Brasile (CNBB) prepara preghiere, omaggi e mobilitazioni sociali per ricordare i tanti brasiliani morti e per sottolineare il messaggio che “ogni vita conta". Sabato 19 giugno è prevista una messa a Rio di Janeiro, mentre tutte le diocesi saranno invitate a suonare le campane alle 15, l'ora della Misericordia. ()

Rosa Montero: Quanti vanno a letto felici? (da El Pais)

 

OGGI, QUI, ORA

La provocazione di una nota giornalista spagnola. Vede la folla tornare per le strade di notte, il desiderio bruciante di possedere la vita. Ma quanti vanno a letto felici? Perché non impariamo da quel che succede? (da El País, 23 maggio 2021)
Rosa Montero
Dato che vivo in un quartiere centrale di Madrid, ho potuto assistere, da casa mia, ai festeggiamenti per l’uscita dallo stato di emergenza, il fragore dell’ondata di folla che si è riversata per le strade e la sua insaziabile fame di felicità. Tanto desiderio di bruciare la notte, di possedere la vita. Spaventava un po’ vedere come abbiamo di nuovo dimenticato il virus, ma l’argomento di questo articolo non è questa dimenticanza irresponsabile. Perché, d’altra parte, l’esplosione di gioia mi sembrava molto comprensibile.

Mi chiedo, però, quanti sono andati a letto felici quella mattina all’alba, da soli o in compagnia. Quanti sono rimasti delusi, ostaggi com’erano delle loro aspettative. Quanti sono ricaduti nella insoddisfazione umana che ben conosciamo e in quella fastidiosa incapacità che sembriamo avere di vivere il certo, il tangibile, la semplice realtà. «Cerchiamo la felicità ma senza sapere dove, come gli ubriachi cercano la loro casa, sapendo che ne hanno una», diceva il grande Voltaire, ed è vero: procediamo a tentoni. La pandemia avrebbe dovuto insegnarci qualcosa sulla verità vibrante e unica del presente, di questo preciso istante in cui viviamo, ma temo che non impareremo nulla. L’ho già visto molte volte, per esempio in amici a cui viene diagnosticato un cancro e che, nella travolgente chiaroveggenza dello spavento, ci assicurano che la malattia ha aperto loro gli occhi e che, se la supereranno, non perderanno mai più il loro tempo a preoccuparsi di sciocchezze né smetteranno di apprezzare i veri valori della vita. Amici che poi guariscono (menomale) e qualche anno dopo ricadono nello stesso oltraggio mentale, nella stessa confusione su cosa sono e cosa vogliono. ( continua su Tracce)

Robert Schuman futuro beato (da Aleteia)

 

Le virtù eroiche di Robert Schuman riconosciute dalla Chiesa

© Gamma-Keystone / Getty

FRANCE - JANUARY 01: Robert Schuman, The President Of The European Parliamentary Assembly In Strasbourg At His Desk Around 1960. (Photo by Keystone-France/Gamma-Keystone via Getty Images)

Hugues Lefèvre - i.Media per Aleteia - pubblicato il 19/06/21

Il 19 giugno 2021 papa Francesco ha autorizzato la Congregazione per le Cause dei Santi a promulgare il decreto contenente il riconoscimento delle virtù eroiche del francese Robert Schuman (1886-1963). Così uno dei Padri fondatori della costruzione europea diventa venerabile.

La causa di beatificazione dell’uomo all’origine della Dichiarazione del 9 maggio 1950, testo fondatore della costruzione europea, ha fatto un grande passo: riconoscendo Robert Schuman venerabile, la Chiesa cattolica considera che il politico ha perfettamente vissuto le virtù cristiane. La dichiarazione del titolo di “venerabile” è la prima tappa decisiva nel percorso di canonizzazione. 

Il processo di Robert Schuman è stato aperto nel 1990. La fase diocesana, svoltasi nella diocesi di Metz (dove morì il presidente emerito dell’Assemblea parlamentare europea), si è conclusa nel 2004. Questa lunga procedura risulta dalle precauzioni assunte da papa Giovanni Paolo II, il quale intendeva evitare un recupero politico della figura cattolica – aveva confidato ad iMedia una fonte prossima al dossier. 

Cosa che non aveva impedito al pontefice polacco di citare a più riprese l’opera di Robert Schuman, uomo «ispirato da una profonda fede cristiana». Benedetto XVI lodò anch’egli la sua azione, salutando la sua partecipazione alla costruzione europea e insistendo perché essa preservi l’eredità cristiana trasmessale dai Padri fondatori.  (continua su Aleteia)