martedì 27 febbraio 2007

VAN GOGH: parole, colore, stupore

Giovedì 1 marzo alle ore 18.30 presso l’Aula Magna della Facoltà di Giurisprudenza di Foggia ci sarà il 4° incontro del ciclo “SOLO LO STUPORE CONOSCE” per gli studenti delle scuole superiori, universitari e appassionati del sapere.
Il viaggio intrapreso all’inizio per contemplare la Bellezza, continua. Dopo gli incontri con la letteratura europea, Dante e la storia dei ragazzi della Rosa Bianca, l’appuntamento è con l’arte. Attraverso i colori di Van Gogh e le parole del prof. Filippetti, ci soprenderemo a stupirci ancora.
Un altro appuntamento con la Bellezza. Perchè se non si è sorpresi dalla Bellezza, la realtà - quella vera - spaventa e rende disperati.

Roberto Filippetti, studioso d’arte e letteratura, ha pubblicato una ventina di volumi; si è occupato di Ungaretti, di Leopardi, Manzoni, Pascoli, Montale, Pirandello. E’ fra gli estensori dei commenti alla Divina Commedia di Dante Alighieri, Rizzoli BUR, 2001. E’ stato chiamato a tenere conferenze di arte e letteratura nelle università di Bologna, Venezia, Padova, Firenze, Bergamo, Milano (Cattolica, Statale e Bocconi, Politecnico Bicocca, San Raffaele), Palermo, Bari, Trieste, Sassari, Torino, Verona, Modena.
Ha tenuto cicli di conversazioni in Austria (Innsbruck), Svizzera (Lugano e Bellinzona), Paraguay (Asunciòn, Encarnaciòn, Ciudad de l’Este); a Lima, in Perù, ha tenuto lezioni magistrali presso la Universidad Peruana de Ciencias Aplicadas, presso l’Università Cattolica Sedes Sapientiae e presso il “Museo del Arte Italiano”.
E’ stato cooptato quale relatore per corsi di aggiornamento da IRRE Sicilia e Lombardia.
Tra febbraio e aprile 2006 ha collaborato con la redazione culturale del TG2 della Rai ed è stato intervistato in una serie di servizi di TG2 Mizar, rispettivamente su Pietro da Rimini, Caravaggio, Giotto.

giovedì 22 febbraio 2007

DURANTE ALIGHIERI detto DANTE. CHI ERA COSTUI?

Sala gremita. Silenzio attento. Applauso fragoroso.
Questo è successo nell’aula magna dell’Università di Foggia, in occasione del secondo appuntamento del ciclo “Solo lo stupore conosce”, organizzato dall’Ufficio Scuola e Università della Arcidiocesi di Foggia in collaborazione con il Centro Culturale Archè. Relatore: Prof. Franco Nembrini, docente di letteratura italiana a Bergamo e autore di tre volumi di commento alla Divina Commedia.
Si è resa necessaria anche una videoconferenza nell’aula accanto per permettere alla folla di studenti, professori e adulti appassionati, accorsi da tutta la provincia.
Per chi? Per cosa?
Per DANTE ALIGHIERI!!!… "Chi era costui?” A lui, certo, non si addice tal quesito! Anzi, tutti sanno: è il Poeta, è l’autore della Divina Commedia, uno di Firenze vissuto nel Medioevo, amava una certa Beatrice, aveva un naso 'importante’.
Ma che tipo di uomo era? Cosa pensava? Di cosa conversava coi suoi amici?
“Lo immagino, ragazzo sedicenne, passeggiare per le vie di Firenze” ci suggerisce il prof. Nembrini “e un pomeriggio, per caso, PUFF!!... incontra Beatrice. Tutto ciò che di bello, di positivo c’è nella vita, lo intravede nel sorriso di Lei. E’ il sorriso stesso dell’Essere. Se ne innamora. E’ talmente felice, che, appena tornato a casa, scrive all’amico Guido (Cavalcanti) per comunicargli tutta la gioia del suo cuore. E in un’epoca in cui le parole avevano un peso specifico notevole, la parola Amore acquista un significato profondissimo. Beatrice: colei che porta beatitudine. La luce. D’un tratto, però, l’evento inatteso: Beatrice muore. Il buio. Uno schianto nel cuore. Dante si trova al bivio con la vita, soffre e si interroga. Dov’è quella bellezza intravista nella donna amata? Possibile che sia svanita? Perché la vita deve tradire questa promessa di bene che aveva dentro e che gli aveva fatto sperimentare?”
Posto di fronte agli eventi, Dante vuole capire. Rilegge le lettere che ha scritto, le riordina e nasce “La Vita Nuova”. Da qui, Durante capisce che la conoscenza vera è il modo di stare di fronte alle cose. Lo SGUARDO. Costruisce tutta la dinamica della Divina Commedia sul vedere ed instaura un dialogo col lettore con la ‘pretesa’ di insegnargli a guardare la realtà con verità, Io e Tu, plurale e singolare, “Nel mezzo del cammin di nostra vita, mi ritrovai per una selva oscura…” e così “ho scoperto che Dante parla di Me, di Te” afferma il professore e continua: “Ci sono alcune terzine in cui mi sento descritto”, perché l’Alighieri è talmente dentro le cose che può parlare all’umanità tutta e scrivere un capolavoro di universale bellezza come la DIVINA COMMEDIA.
Condensare in un articolo la ricchezza e il contenuto di questo incontro è veramente arduo. Abbiamo avvertito una consonanza umana con quest’uomo medievale, “ho conversato con lui per due ore, senza annoiarmi”, commenta una studentessa, e questo è stato senz’altro merito della passione (senza pretese accademiche) che Nembrini nutre per Dante e che ci ha comunicata tutta.
Il prossimo appuntamento è con l’arte, giovedì 1 marzo alle ore 18.30. Protagonista della scena: VAN GOGH. Parole, stupore, colore.

Paola Lepore

martedì 13 febbraio 2007

VII GIORNATA NAZIONALE DI RACCOLTA DEL FARMACO

300.000 farmaci donati in un giorno

Si chiude con una raccolta di 300.000 farmaci (e un aumento del 14 per cento) la VII Giornata nazionale di raccolta del farmaco, l’iniziativa organizzata dall’Associazione Banco farmaceutico onlus in collaborazione con la Federazione impresa sociale Compagnia delle Opere e i farmacisti di Federfarma.
“Dona un farmaco a chi ne ha bisogno” è la proposta a cui ha aderito una persona su due dei clienti delle 2.600 farmacie italiane coinvolte nell’iniziativa di sabato 3 febbraio, donando un farmaco per il Banco farmaceutico e permettendo di raggiungere la significativa cifra di 300.000 farmaci donati. I medicinali raccolti saranno donati agli oltre 1.000 enti convenzionati che danno assistenza a circa 260.000 persone indigenti. Il Banco farmaceutico è riuscito in pochi anni di attività a coinvolgere attorno al gesto semplice della raccolta un numero sempre maggiore di persone e di associazioni, con la consapevolezza che si possa costruire una mentalità nuova partendo da atti concreti e da opere che educano alla carità cristiana.
«Un grazie di cuore va alle persone che hanno donato i medicinali, ai farmacisti che hanno sostenuto l’iniziativa con la propria professionalità e che hanno devoluto al Banco farmaceutico il guadagno realizzato sui farmaci donati, ai volontari della Compagnia delle Opere che con grande impegno hanno presidiato per tutto il giorno le farmacie e infine alle aziende farmaceutiche che da sempre integrano con ulteriori donazioni in farmaci il risultato della Giornata. Il successo confermato anche in questa settima edizione della Giornata di raccolta è la dimostrazione che la costruzione del bene comune può e deve cominciare da ciascuno di noi» ha dichiarato Paolo Gradnik presidente del Banco farmaceutico.
«Un gesto come la Raccolta del farmaco interpella la libertà di ognuno, e chiede di essere vissuto non come generica beneficenza ma come coinvolgimento e immedesimazione totale con l'umanità dell'altro. Il punto non è “di che cosa hai bisogno” ma “chi sei”. Questo lo spirito con cui i nostri volontari da sempre sostengono il Banco farmaceutico» commenta Antonio Mandelli, presidente Federazione impresa sociale - Compagnia delle Opere.Anche Angelo Zanibelli, presidente di Anifa (Associazione nazionale Industrie farmaceutiche dell’automedicazione), esprime la sua piena soddisfazione per il successo dell’edizione 2007 del Banco farmaceutico. «È un risultato che conferma una volta di più lo spirito solidaristico e l’attenzione alle difficoltà dei più bisognosi di tanti italiani - spiega Zanibelli - e ci spinge a rinnovare con forza il nostro supporto fattivo all’iniziativa».
da CorrieredelleOpere.it

sabato 10 febbraio 2007

LA ROSA BIANCA. Volti di un'amicizia


SOLO LO STUPORE CONOSCE

3° INCONTRO: STORIA CONTEMPORANEA
INCONTRO DI PRESENTAZIONE DELLA MOSTRA-EVENTO

Intervengono:
prof. Stefan Nienhaus, docente di Lingua e letteratura tedesca Università Foggia
Annette Schoningh, curatrice della mostra
dott.ssa Stefania Menduno, resp. Progetto-scuola La Rosa Bianca


martedì 13 febbraio 2007, ore 18.30
AUDITORIUM SANTA CHIARA Via Arpi, Foggia
La mostra rimarrà esposta dal 12 al 17 febbraio 2007
(ore 9-13; 16-20)
La visita guidata partirà ogni ora e sarà curata dal CCA su prenotazione (347.7356439)


Continua il ciclo di incontri che durerà fino a maggio, per gli studenti delle scuole superiori, universitari e appassionati del sapere.

Questa mostra presenta l'esperienza di un gruppo di giovani studenti tedeschi che nell'estate del 1942 e nel febbraio del 1943 distribuirono volantini firmati Rosa bianca che incitavano alla resistenza contro Hitler e chiedevano libertà per il popolo tedesco.
Perché rischiano la vita? Che cosa li unisce? Da dove nasce in loro il coraggio e il giudizio?
La Rosa Bianca non è innanzitutto un gruppo di resistenza, quanto piuttosto un gruppo di persone unite da una profonda amicizia. Dal racconto della mostra emergono ritratti di persone che vissero la realtà intensamente, fecero incontri incisivi e insieme crebbero nella certezza e nella speranza. Il racconto della loro esperienza emerge dalle comuni letture, dalla reciproca amicizia, dalla passione per la bellezza e per la verità, fino al coraggio di una decisione. Vengono infatti condannati a morte dal regime nazista per aver osato diffondere tramite volantini il loro giudizio politico.
Le lettere d'addio, che concludono la mostra, rendono evidente la possibilità di vivere in libertà anche una condizione di estrema oppressione.
La mostra è proposta a tutti gli studenti e alla città, come occasione per conoscere l'esperienza della Rosa Bianca e per trovare in quei giovani le sollecitazioni ideali a vivere con maggior impegno l'oggi.

Il ciclo è organizzato dal CENTRO CULTURALE ARCHE' con il patrocinio dell'Ufficio Scuola e Università della Diocesi e dell'Assessorato alla Pubblica Istruzione e dell'Assessorato alla Cultura per la mostra-evento "La Rosa Bianca".

Centro Culturale ARCHE',
Via A. Gramsci, 39 sc. A 71100 Foggia
email: centroculturalearche@tiscali.it - tel. 347/7356439

venerdì 9 febbraio 2007

Ma alla fine ha vinto il '77

L’okkupazione delle scuole ormai è prassi e in Italia la religione della «struttura» ha generato un’irresponsabilità diffusa. Con gli ideologi e gli assassini di ieri tornati con tutti gli onori al potere: nelle università, nei giornali, perfino in Parlamento

di Davide Rondoni

Entrarono in un gruppetto di otto, nove. Io ero matricola, o forse al secondo anno. Era il 1987. Dieci anni dopo gli scontri bolognesi tra il cosiddetto movimento studentesco e polizia. Io facevo parte di un movimento cattolico. Volantinavo con un mio compagno. Invitavamo ad una iniziativa culturale, una cosa letteraria. L'atrio era quello di via Zamboni 38, facoltà di Lettere e Filosofia, appunto. Dove arrivarono dieci anni prima i carri armati. Faccio appena in tempo a vedere il mio amico Paolo che con una mano alzata mi fa il segno di «telare», tagliar la corda. E mi ritrovo spinto addosso al muro da quel gruppetto che mi circonda. Iniziarono a menare, riuscii a divincolarmi, presi un pugno in faccia, due in pancia, però via, via, me ne scappai fuori dal portone.
Il Settantasette mi arrivò in faccia e in pancia dieci anni dopo. Sapevo dagli amici più grandi che cosa era successo a Bologna dieci anni prima, proprio quando un'assemblea di giovani cattolici divenne il pretesto per lo scatenarsi di quelle violenze in cui rimase ucciso il povero Lorusso. Noi, venuti dieci anni dopo, vedevamo per così dire gli zombie aggirarsi ancora in zona universitaria. Vecchi protagonisti delle «lotte» di allora. Con il loro linguaggio sorpassato, gli slogan sempre quelli. Ma zombie, appunto.
Pochi anni fa, chiesi a un protagonista di quegli anni, uno che poi ha scelto la lotta armata, coerente con l'ubriacatura rivoluzionaria e ideologica di allora, cosa salvava di quegli anni. Che so l'entusiasmo, le aspirazioni politiche… Ma lui mi disse: niente. Lui, che aveva finito per sparare e uccidere, che finì per diventare con tutta la sua vita una pura «funzione» della parte giusta che lottava e colpiva altre persone viste solo come «funzioni» della parte sbagliata, mi disse così: non salvo niente. Perché non c'è niente da salvare, come già aveva intuito Pasolini, nell'impeto con cui una generazione spinta da certi leader culturali e politici si buttò a ricattare la realtà con l'utopia, riducendo tutto a «funzione», a pedine di un gioco, a schema. E affidandosi solo al potere dell'organizzazione. Niente da salvare in una analisi che diventò violenza. Niente da salvare in quella fede cieca e totalitaria nell'organizzazione, nella realizzazione del paradiso di giustizia attraverso l'imposizione di una analisi, di una prassi e di un linguaggio. Qui sta il nodo culturale di un fallimento: la fede nell'organizzazione. Come se una buona ridistribuzione, come se un buon controllo, come se una buona regola bastasse a rendere giusta la vita e la convivenza. Come se l'uomo si realizzasse in una organizzazione fatta a sua misura. Ma fatta da chi, e a che misura?
Erano, sono balle. Dimostrate dalla esperienza personale e collettiva. In ogni campo. Ma allora, il retaggio che si era nutrito delle illusioni sessantottarde e poi delle indignazioni anche giuste degli anni Settanta, e forse ancor prima si era nutrito di una frustrazione di generazioni precedenti che nel dopoguerra avevano lavorato e sodo per poter arrivare con la bandiera rossa al potere, finì per creare questa chiesa eretica allo stesso marxismo dei partiti, questa chiesa violenta del dio organizzazione.
Come in un supremo paradosso, le azioni di disturbo, illegali quando non violente miravano a volere più organizzazione. Si distruggeva ciò che era organizzato per sostituirlo con altra organizzazione. Da allora molti sfasciavetrine invocano più diritti garantiti dalla legge, molti violenti okkupatori dicono di farlo per volere leggi più giuste. Quando molti ragazzi si accorsero del paradosso venne per molti un bianco di disperazione, un vuoto. Lo racconta bene Luigi Amicone in un libretto uscito da Rizzoli e che sarebbe da ristampare, Nel nome del niente.
Dalla fede nell'utopia viene solo l'ansia dell'organizzazione. E più l'utopia è formidabile, alta, nobile (la giustizia, ora, ovunque) tanto più è ansiosa, febbrile, violenta la fede nell'organizzazione. A costo di spacciar per progresso ciò che è solo sfascio, a costo di non vedere di che poderosa e «capitalista» macchina della cultura si dotò il Pci e la sinistra proprio in quegli anni. Oppure, per stare ai termini di un dibattito sul Corsera del settembre '77 tra Fortini e Testori, persino a costo di veder mutare l'aspirazione giovanile alla felicità in rapida angoscia…
Noi, dieci anni dopo, vedevamo quegli zombie. Noi ci incontravamo (e incontriamo) non per la presunzione di realizzare il paradiso a nostra immagine e somiglianza, ma per accompagnare noi stessi e i compagni di università ad affrontare i problemi e le scoperte dello studio e della vita studentesca. Come avviene in ogni dinamica non «utopista», a muoverci è una presenza positiva, e capace di costruzione. È il modello benedettino, opposto al modello gramsciano. È l'incontro con persone positive e attente, rese tali dalla fede cristiana, non da un'idea infallibile. Un pezzo per quanto piccolo di realtà già cambiata movimenta di più di un programma perfetto. Un fatto è più forte di qualsiasi idea, diceva Pavese. E questa presenza che non pretendeva nessuna egemonia ma solo di esistere ed esprimersi, diveniva da parte dei figliocci degli zombie ancora un bersaglio.
I rituali a cui abbiamo assistito di «pantere» e via via mode di okkupazione sempre più light o addirittura, come si arriva a fare ora nei licei, istituzionalizzate hanno mantenuto tratti simili. La violenza è diminuita, o si è spostata, giustificandosi spesso in termini simili ad allora, come abbiamo visto di recente, dopo la morte di un poliziotto alla partita di Catania. Ma il modo di pensare si è perpetuato e diffuso. Loro, i settantasettini, dicono che hanno perso. Non è vero. Hanno vinto, non solo perché molti di loro hanno raggiunto posti di potere, e non solo perché molti che da lì hanno abbracciato la lotta armata, come Oreste Scalzone, si trovano - in punta di diritto ma in spregio alla pena delle vittime - a poter tornare da esili, e da carceri salire in cattedra, o in Parlamento.
La vittoria è soprattutto perché la religione dell'organizzazione ha pervaso la cultura e la società. Producendo il suo mostruoso e furbesco figlio: un vasto senso di irresponsabilità. Loro hanno perso perché stiamo perdendo tutti. Proprio nel '77 Umberto Eco mandò in stampa un libro di cassetta dal titolo Come si fa una tesi di laurea. Elencando le tipologie di studente a cui si rivolge il suo manuale, al secondo posto tra le categorie presenti nell'«università di massa» indica: «Studenti che, delusi dalla università, hanno scelto l'attività politica e perseguono un altro tipo di formazione» ma che, bontà loro e dell'autore, prima o poi dovranno far la tesi. La figura dello studente «politico» era dunque ben prevista. L'università invece di essere luogo dove studiare i fenomeni, era il luogo prescelto per una formazione politica, di stampo utopista e organizzativista. Coi risultati di irresponsabilità che vediamo.
da Avvenire
7/2/2007

lunedì 5 febbraio 2007

Nel mezzo del cammino umano di ciascuno di noi. Il viaggio comincia.

Giovedì 8 febbraio 2007 ci sarà il secondo incontro di “SOLO LO STUPORE CONOSCE”, il ciclo di appuntamenti per gli studenti superiori, universitari e amanti del sapere che l’Ufficio Scuola e Università della Arcidiocesi di Foggia-Bovino, in collaborazione con il Centro Culturale Archè e con il patrocinio dell’Assessorato alla Pubblica Istruzione e dell’Assessorato alla Cultura del Comune di Foggia, propone come occasione per affrontare “un viaggio che induce a contemplare la Bellezza in questo nostro tempo così drammatico”. Gli incontri ci strapperanno dalla distrazione, ci ricorderanno che la natura umana consiste in un cuore affamato e assetato. “Di un’arte così abbiamo bisogno come del pane quotidiano. Assolutamente.” scriveva Hans Scholl della Rosa Bianca. Ogni incontro sarà un appuntamento con la Bellezza, nelle sue varie forme. Perchè se non si è sorpresi dalla Bellezza, la realtà - quella vera - spaventa e rende disperati.

Il relatore sarà il prof. Franco NEMBRINI, docente di Letteratura italiana - Bergamo e si soffermerà su “Nel mezzo del cammino umano di ciascuno di noi. Il viaggio comincia.” AULA MAGNA - Facoltà di Giurisprudenza – Largo Giovanni Paolo II, Foggia

L’intuizione, da cui ha origine questo incontro, è che Dante non è semplicemente oggetto di studio per gli accademici o gli “addetti ai lavori” ma, come nessun altro poeta nella storia della letteratura, è capace di parlare al cuore e alla mente di ogni uomo, nel medioevo così come nel XXI secolo. Per approfondire le ragioni della bellezza della Commedia ed aiutarne la comprensione il Centro Culturale Arché propone a tutta la città l'incontro con il prof. Franco Nembrini che ha fatto amare Dante a migliaia di persone di ogni età e cultura. L’originalità di questa proposta consiste nella capacità di questo studioso di introdurre alla lettura della Commedia lasciandosi provocare da ciò che Dante comunica con la sua opera all’uomo del XXI secolo, attraverso il paragone tra l’esperienza del poeta e la propria.

Agli studenti partecipanti sarà rilasciato un attestato di frequenza valido per il riconoscimento dei crediti formativi.

Per informazioni: Dott.ssa Stefania Menduno
Cell. 347/7356439 - email: centroculturalearche@tiscali.it

sabato 3 febbraio 2007

Al banco aderiscono due farmacie


A Manfredonia saranno i volontari dell’associazione culturale “Fontana vivace” a collaborare nella raccolta di medicinali per il Banco Farmaceutico che provvederà alla loro distribuzione attraverso gli enti convenzionati della Provincia.

Manfredonia, sabato medicine per i poveri

Due le farmacie che hanno aderito all’iniziativa "Banco farmaceutico" che si svolge il 3 febbraio in tutta Italia.


venerdì 2 febbraio 2007