BERGOGLIO
La sfida dell’educazione
Anticipazione
Per Francesco «educare è una delle arti più appassionanti
dell’esistenza, e richiede incessantemente che si amplino gli orizzonti»
Su “La Civiltà Cattolica” padre Spadaro esamina sette “colonne” del
pensiero educativo del Papa maturato prima di diventare pontefice
La sfida educativa è al centro dello sguardo dell’attuale Pontefice
da sempre. Come egli stesso ha rivelato in una nostra intervista del
2016, da parroco a San Miguel si occupava di pastorale giovanile e di
educazione. Quotidianamente ospitava i ragazzini negli spazi molto
grandi del Collegio annesso: «Io dicevo sempre la Messa dei bambini e
il sabato insegnavo il catechismo». E lo faceva anche organizzando
spettacoli e giochi, che in quella intervista descrive nel dettaglio.
Da qui viene la sua capacità spontanea di stare con i bambini. Ma già
da studente gesuita in formazione Bergoglio ebbe un’esperienza
scolastica che ha lasciato il segno. Fu inviato dai suoi superiori a
insegnare letteratura in due licei dei gesuiti. Egli tuttavia non si
fermava alle lezioni in cattedra: al contrario, spingeva i suoi
ragazzi alla composizione creativa - fino a coinvolgere il grande Jorge
Luis Borges nelle sue attività -, ma anche al teatro e alla musica.
L’azione educativa allora era legata all’esperienza artistica e
creativa, e proprio da questa Bergoglio riusciva a far emergere la
dimensione più ampiamente umana e spirituale. Un esempio inedito per
comprendere meglio: José Hernàn Cibils, oggi musicista in Germania e
allora alunno del ventottenne Bergoglio, conserva ancora oggi il
commento del professore di allora a una sua esercitazione sulla Hora undécima
della scrittrice Marja Esther de Miguel. L’alunno riteneva che il
messaggio finale dell’opera fosse che la negazione di sé e la
mortificazione portino a Dio. Bergoglio commentava elogiando il lavoro
fatto dallo studente, ma proponeva un cambiamento nella formulazione del
messaggio finale che gli sembrava troppo negativo; e annotava: «La
dedizione è frutto dell’amore», non della mortificazione.