I due Santi Pontefici uniti nella missione alle genti
di Piero Gheddo
Già nella messa di inizio del pontificato Papa Giovanni, che da giovane voleva entrare nel Pime, affermava che la qualità più importante del Papa è lo zelo apostolico verso le pecorelle che non sono nell'ovile di Cristo. E Giovanni Paolo II scriveva "I miei viaggi in America Latina, in Asia ed in Africa hanno una finalità eminentemente missionaria".

Milano (AsiaNews) - Ho provato grande gioia per i due nuovi Santi della Chiesa, Giovanni XXIII e Giovanni Paolo II. Come Vicari di Cristo nella Chiesa universale la loro azione era a tutto campo, in tutti i settori della vita cristiana e del rapporto con il mondo. Come missionario li vedo uniti in una linea di continuità nell'aver promosso la missione fino agli estremi confini della terra; e non solo per proclamare il primo annunzio di Cristo ai popoli, ma perché la spinta ad uscire dall'ovile di Cristo per evangelizzare i non cristiani e i non credenti riporta la Chiesa d'oggi allo spirito delle prime comunità cristiane che erano animate dal fuoco dello Spirito Santo, il protagonista della missione.
Il Cardinal Roncalli e il Pime
Ho conosciuto bene e da vicino i due nuovi Santi. Il 3 marzo 1958, il Patriarca di Venezia card. Angelo Roncalli venne a Milano per portare al Pime le spoglie del nostro Fondatore (nel 1850), il Servo di Dio mons. Angelo Ramazzotti, suo predecessore a Venezia, oggi tumulate nella chiesa di San Francesco Saverio. Roncalli diceva che avendo studiato la vita dei Patriarchi veneziani: "Si è fatta profonda e schietta in me la convinzione che davvero a mons. Ramazzoti il titolo di Santo gli convenga e di Santo da Altare". Ed esortava il Pime ad introdurre la sua Causa di beatificazione, cosa che il nostro istituto, essendo non religioso ma di clero secolare fondato dalle diocesi lombarde, non aveva mai pensato di fare. In quei giorni del card. Roncalli a Milano c'è un episodio curioso. Era venuto a Milano il 2 marzo per mezzogiorno. Nel pomeriggio, visita al Pime e al seminario teologico, poi chiama me e padre Mauro Mezzadonna nel suo ufficio (accanto alla camera da letto) e ci dice: "Voi siete preti giovani e giornalisti, vi leggo su "Le Missioni cattoliche" e "L'Italia". Vi leggo il discorso che farò domani quando saranno presenti tutti i vescovi lombardi, ditemi cosa vi pare". E ci legge il discorso, gli dico di "scrivere frasi più brevi come si usa oggi". Poi chiedeva notizie della rivista e sul Pime, la sua semplicità era commovente. Il giorno dopo, prima di ripartire per Venezia, mi consegna una lettera in busta chiusa, nella quale lodava la rivista del Pime "che leggevo da giovane e ancor oggi leggo con piacere".
Il 18 marzo 1963, tre mesi prima di morire (3 giugno 1963), dona la sua casa natale di Sotto il Monte al Pime e benedice, in Vaticano, la prima pietra del seminario (l'avevo portata a Roma in una Topolino d'anteguerra, non c'era ancora l'Autostrada del Sole, l'auto andava al massimo a 70 km l'ora!), che è stato poi costruito accanto alla casa natale, oggi conservata come era in passato e meta di tanti pellegrinaggi. Una cerimonia intima fra il Papa e una ventina di missionari del Pime. Giovanni XXIII parlava in bergamasco e diceva: "Se fate in fretta a costruire, vengo io a inaugurare il seminario". E poi aggiungeva che nel seminario di Bergamo si leggevano le riviste missionarie, diversi chierici erano entrati nel Pime e venivano a parlarci delle missioni. "Io stesso - aggiungeva - ero innamorato delle missioni e ho chiesto al mio vescovo di poter entrare nel vostro istituto. Lui mi rispose di continuare gli studi teologici in seminario per essere ordinato sacerdote diocesano, poi potevo andare con i missionari. Però, quando mi ordinò sacerdote, mi nominò suo segretario particolare e ho seguito la santa obbedienza della volontà di Dio".
E poi, negli anni venti, come direttore delle Pontificie Opere missionarie, aveva avuto stretti rapporti col Beato Padre Paolo Manna, da lui definito "il Cristoforo Colombo dell'animazione missionaria". Un segno di questa sua vicinanza alle missioni e al Pime è quando, nel settembre 1962, mi nominò uno dei "periti" del Concilio per il Decreto Ad Gentes e il direttore dell'Osservatore Romano, Raimondo Manzini, mi chiamò come redattore delle pagine dedicate al "Concilio", col compito di seguire il tema missionario e intervistare i vescovi delle missioni.