domenica 31 agosto 2014

La rivoluzione della tenerezza

http://www.ilsussidiario.net/News/Esteri/2014/8/31/UCRAINA-Dalla-periferia-al-centro-la-rivoluzione-della-tenerezza/522804/

Lo Stato Islamico spiegato a mio figlio

L’Islam, la violenza, la guerra santa e il califfato: una conversazione a tre voci per rispondere alle domande più frequenti che la cronaca degli ultimi mesi suscita in modo incalzante. Dialogo con Martino Diez e Michele Brignone, a cura di Maria Laura Conte.

Marialaura Conte, Martino Diez, Michele Brignone | martedì 26 agosto 2014
Che cosa sta succedendo in Iraq?

MD: In Iraq è in atto un genocidio, da parte delle milizie sunnite dello Stato islamico, ai danni delle minoranze religiose e di chiunque non si riconosca nella loro versione di Islam. La causa immediata di questo genocidio è la guerra in Siria che è cominciata nel 2011 per rovesciare Asad. Nelle file dell’opposizione siriana infatti hanno prevalso i gruppi più fondamentalisti, appoggiati anche da molti combattenti stranieri. Ma la guerra è potuta transitare dalla Siria all’Iraq con grande facilità perché questo Paese non si è mai veramente stabilizzato dopo il rovesciamento di Saddam Hussein da parte degli americani. Più in profondità, esiste nella regione una secolare rivalità tra sunniti e sciiti, due tipi diversi di Islam, che in Iraq sono numericamente quasi alla pari. E qui entrano in gioco anche gli interessi dei Paesi vicini, in particolare dell’Iran sciita e dei sunniti wahhabiti dell’Arabia Saudita, che cercano di sfruttare questa rivalità per fini politici. L’ideologia wahhabita-saudita, dal XVIII secolo in avanti, è un grave fattore di destabilizzazione, perché insegna un Islam duro e puro che si proclama come l’unico autentico.

All’inizio si definiva sui media Isil (Stato Islamico dell’Iraq e del Levante), poi Isis (Stato Islamico dell’Iraq e Siria), ora IS cioè Stato Islamico: cos’è questo califfato?

MB: Il califfato è un’istituzione classica dell’Islam. Letteralmente il termine califfo (khalîfa) indica colui che succede a Maometto nella guida della comunità islamica per “salvaguardare la religione e gestire gli affari terreni”. Dopo i primi califfi, definiti i “ben guidati”, il califfato ha assunto - prima con la dinastia omayyade (661-750), e soprattutto con quella abbaside (750- 1258) - i caratteri di un impero multietnico e multi-religioso a vocazione universale. In epoca moderna, dopo l’abolizione del califfato ottomano nel 1924, califfato è diventato sinonimo di “Stato islamico”. L’organizzazione dello Stato islamico incarna nel modo più radicale il mito della costruzione di un’entità politica fondata su un’interpretazione rigorista della Legge islamica, un’entità che probabilmente non è mai esistita nei termini in cui è proposta oggi.

sabato 30 agosto 2014

Come vivere la fede nel mondo contemporaneo?Attualità della vita di Don ...

C'è vita e pensiero in quel di Rimini


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Altro che integralismo ciellino, c'è vita e pensiero in quel di Rimini

Quattro giorni a Rimini al Meeting di Comunione e Liberazione. Lo faccio da anni, mi stanno simpatici, imparo sempre qualcosa. In più mi cruccio da sempre che i più influenti media italiani ossessionati - un po' comprensibilmente e un po' anche no - dalle presenze-valenze politiche italiote a questa autentica festa popolare di massa, non si accorgano della peculiare originalità culturale e geopolitica che vi ho sempre reperito.
Ho detto festa popolare: mica ha l'esclusiva del lavoro militante e gratuito il meeting. Tanti incontri di questi anni con gli inventori del genere, i generosi ragazzi/pensionati delle Feste dell'Unità, me ne hanno dato prova. Qui a Rimini però (genius loci romagnolo, forse) c'è un di più di vivacità e attenzione ai diversi target, come si dice oggi, che mette buonumore. I bambini hanno spazi bellissimi dolcemente sponsorizzati, gli adolescenti hanno libertà di canto & casino a qualsiasi ora, la famiglia con passeggino/i ha piena cittadinanza, le carrozzine invalidi ed handicappati una cura tutta speciale, gli anziani con bastone si aggirano circondati da rispetto e attenzione. Se poi ti capita di far da ospite, la macchina della cortesia, specie con gli "infedeli" e i distanti, è particolarmente avvolgente. Volontari e volontarie che sembrano cresciute alla scuola della business Emirates o Singapore scopri invece che non sono nemmeno riminesi ma di tutta Italia, e che trattasi di studenti/studentesse in pausa esami, cordiali e disponibili a raccontare tutto di sé oppure silenziosi e discreti come ombre. Puoi pure sospettare oscuri interessi di cui sono inconsapevoli ostaggi, ma intanto hanno l'aria contagiosa (e particolarmente dissonante nel "divertimentificio" romagnolo) della gratuità che riempie la vita.

giovedì 21 agosto 2014

Come sopravvive un Papa

 

Come sopravvive un papa

Sull’ultimo numero Lo Straniero, che vi invitiamo a leggere, c’è questo interessante pezzo del vaticanista Iacopo Scaramuzzi sul pontificato di Bergoglio. Valutare il papa argentino sulla base dei nemici che è riuscito a farsi in neanche un anno e mezzo di pontificato, potrebbe essere un buon sistema per capire qualcosa (al di là dei pregiudizi) di ciò che sta accadendo in Vaticano. Ringraziamo “Lo Straniero” per averci consentito di riproporre il pezzo.
di Iacopo Scaramuzzi
Giovanni Paolo I ha regnato per soli 33 giorni ed è morto in circostanze mai del tutto chiarite. Giovanni Paolo II è stato papa per oltre 26 anni ma è scampato per un pelo alla morte a cui lo volevano condannare tre pallottole sparata da Ali Agca il 13 maggio 1981 in piazza San Pietro. Anche Paolo VI aveva rischiato grosso, quando all’aeroporto di Manila, nel novembre del 1970, uno squilibrato tentò di accoltellarlo, subito bloccato dal monsignore che organizzava i viaggi papali, un robusto giovanottone statunitense di origine lituane che avrebbe fatto strada, Paul Casimir Marcinkus. Benedetto XVI si è dimesso. Fare il papa è un lavoro pericoloso. E Jorge Mario Bergoglio, serenamente, lo sa.

martedì 19 agosto 2014

Meeting 2014: intervista a vittadini

Il cuore del Meeting? Quel che accade nel mondo.

Il testo dell'intervista a Giorgio Vittadini pubblicata oggi sul quotidiano "La Repubblica"
ROMA. «Renzi non viene al nostro raduno? Noi facciamo il tifo per il suo governo», giura il presidente della Fondazione per la Sussidiarietà Giorgio Vittadini. Ecco il Meeting che non ti aspetti. O forse sì, visto l’irrinunciabile afflato governativo di Cl. Anche se il premier diserterà ostentatamente l’evento.

Vittadini, Renzi vi ha dato buca.
«L’abbiamo invitato volentieri, era doveroso. Capiamo che in una situazione così difficile non venga, ma non leva niente alle testimonianze del Meeting».

Magari diserta a causa dei recenti scandali di alcuni ciellini. Penso a Formigoni, ad esempio.
«Questo bisogna chiederlo a Renzi, non a noi. Non ci sembra proprio, comunque, e non ci interessa. Mi sembra gossip».

sabato 16 agosto 2014

Cuba: dopo 55 anni dalla rivoluzione castrista la costruzione di una nuova chiesa

QUANTA LIBERTA’ RELIGIOSA C’E’ A CUBA? La costruzione di una nuova chiesa dopo 55 anni dalla rivoluzione ripropone la domanda. Un film offre la risposta

Chala e Carmela in una sequenza di “Conducta”, del regista cubano Ernesto Darana
Chala e Carmela in una sequenza di “Conducta”, del regista cubano Ernesto Darana
La notizia è di qualche settimana fa. A Cuba è stata autorizzata la costruzione di nuova chiesa, la prima a cinquantacinque anni di distanza dalla vittoria castrista del 1959, e per giunta sarà finanziata con i soldi dei fuoriusciti cubani che vivono a Tampa. Sorgerà nella cittadina di Sandino uno dei cosiddetti pueblos cautivos creati dal regime di Fidel Castro per allontanare in maniera forzata migliaia di famiglie dai loro luoghi di origine perché accusate di aver preso parte o collaborato alla rivolta dei contadini all’inizio degli anni sessanta nel massiccio montuoso di Escambray. Il permesso del governo alla costruzione della chiesa, la prima – ripetiamo – ad essere edificata ex-novo nel corso della rivoluzione socialista più longeva al mondo si somma ad una attenzione altrettanto inedita della stampa di regime al pontificato di papa Francesco, con seguito di manifestazioni religiose trasmesse sulla televisione statale o omelie di qualche prelato nelle radio di partito, le uniche ancora legittimate a trasmettere sul territorio nazionale. Tutto con il contagocce, s’intende, ma sino a poco tempo fa tanto la televisione come la radio erano impermeabili a notizie ed eventi riconducibili al cattolicesimo che pure, a Cuba, è la confessione maggioritaria, anzi in deciso aumento quanto a conversioni, battesimi e altri indicatori religiosi. Solo due giorni fa il veterano cardinale di l’Avana Ortega ha celebrato cinquant’anni di sacerdozio in una cattedrale stipata di fedeli, alla presenza di un buon numero di funzionari comunisti.

mercoledì 13 agosto 2014

Corea: il Papa nella terra dei martiri

Corea, il Papa nella terra dei martiri
 

Papa Francesco è partito alle 16.10 dall'aeroporto di Fiumicino con destinazione Seul. A bordo dell'aereo ha portato solo la consueta valigetta di pelle nera. Bergoglio, sorridente, è stato accolto dal presidente del Consiglio Matteo Renzi, con il quale si è intrattenuto cordialmente per un paio di minuti. Nel suo viaggio il Pontefice è accompagnato dal segretario di Stato Vaticano, cardinale Pietro Parolin. L'arrivo all'aeroporto militare di Seul è previsto domani, giovedì, alle 10.30 ora locale.

Il programma
I santuari coreani hanno nomi evocativi. Solmoe, 'la collina dei pini', a motivo della vegetazione. Mirinae, 'via lattea', perché di notte le luci delle case che vi sorgevano accanto sembravano tante stelle. Ma al di là delle belle parole, la storia che raccontano fa venire i brividi. Torture efferate, decapitazioni, annegamenti, a volte persino la sepoltura di persone vive. Una storia di persecuzione e di martirio dei cristiani, che trova un fulgido esempio in Paul Yun Ji-Chung e nei suoi 123 compagni (la loro beatificazione è in programma sabato a Seul) e che il Pontefice ripercorrerà, toccando molti luoghi simbolo della estrema testimonianza di fede dei coreani.

martedì 12 agosto 2014

Carron: la nostra fede risvegliata dalla loro testimonianza

La nostra fede risvegliata dalla loro testimonianza
di Juliàn Carròn*
I
L’urgenza di mostrare vicinanza ai cristiani perseguitati
Caro direttore, «Se un membro soffre, tutte le membra soffrono con lui» (I Cor 12,26). Come non sentire tutto lo straziante dolore dei nostri fratelli cristiani perseguitati? È un clamore che aumenta sempre di più davanti alle immani ingiustizie  sofferte dai cristiani in tante parti del mondo, costretti a lasciare tutto e a fuggire dalla loro terra per un unico motivo: il fatto di essere cristiani. Sembra incredibile che nel XXI secolo possa capitare ancora una cosa del genere.
 
«Ci sono più martiri oggi che nei primi secoli della Chiesa; più martiri!
Fratelli e sorelle nostri. Soffrono! Loro portano la fede fino al martirio» (18 maggio 2013). Come possiamo rimanere indifferenti davanti a queste parole di papa Francesco? Evidentemente siamo di fronte a una nuova sfida, come ci ricorda la Evangelii Gaudium: «A volte queste [sfide] si manifestano in autentici attacchi alla libertà religiosa o in nuove situazioni di persecuzione dei cristiani, le quali, in alcuni Paesi, hanno raggiunto livelli allarmanti di odio e di violenza» (61).
 
Ma pur in mezzo a queste sofferenze, riceviamo la testimonianza della loro fede, come ha detto l’arcivescovo di Mosul in una recente intervista: «Sono loro che hanno iniziato a dirmi di avere bisogno di essere più attaccati alla nostra fede. Erano loro a dirmi che erano tornati  a vivere  dentro le tante difficoltà. Loro me lo dicevano a parole e io, dai loro occhi, capivo che era vero. Lo capivo dal modo in cui me lo dicevano», perché «quando sono arrivato era un’altra cosa. Erano altre persone. Ma dopo sei mesi, un anno, il cambiamento in loro era palpabile» (Tracce,  luglio/agosto 2014). Mi auguro che noi riusciamo a far tesoro della loro testimonianza, così che essi risveglino la nostra fede per poterla vivere e testimoniare come loro nelle circostanze in cui ciascuno è chiamato a viverla.
 
«Se un membro soffre, tutte le membra soffrono con lui. […] Ora voi siete corpo di Cristo e sue membra, ciascuno per la sua parte» (I Cor 12,26-27). Proprio per questa comune appartenenza al corpo ecclesiale vorremmo portare noi un poco del peso di intolleranza, incomprensione e violenza che il mondo che rifiuta Cristo carica sulle spalle dei nostri fratelli.
 
Come non sentire l’urgenza di mostrare tutta la nostra vicinanza ai cristiani perseguitati? Lo facciamo non solo unendoci al clamore di tutti coloro che avvertono questa ferita come inferta a se stessi, affinché questi fatti non passino sotto silenzio, ma soprattutto partecipando con tutte le nostre comunità di Comunione e Liberazione sparse in Italia alla preghiera per loro indetta dalla Cei il 15 agosto, uniti a tutta la Chiesa italiana. Grazie dell’ospitalità.
*Presidente della Fraternità di Comunione e Liberazione

lunedì 11 agosto 2014

Filoni: i cristiani hanno diritto di restare in Iraq

Filoni: «È la loro terra: i cristiani devono restarci»





Luca Geronico



«Sono convinto che, in questo momento, non ci sia luogo della Terra dove i nostri fedeli non abbiano a cuore la difficile situazione di questi fratelli e sorelle sradicati ed espulsi dalle loro case, dalle loro terre, dai luoghi dove vivevano da secoli». Tra pochi giorni il cardinale Fernando Filoni, nominato “inviato personale” di papa Bergoglio per l’Iraq, sarà in Kurdistan. Per il prefetto di Propaganda Fide un ritorno nel Paese dove, dal 2001 al 2006, è stato nunzio apostolico.

Cardinale Filoni, un viaggio per scongiurare il «rischio di genocidio» dei cristiani iracheni denunciato dal patriarca di Baghdad Louis Sako. Quali gli obiettivi di questa importante missione diplomatica?
Parto come «inviato personale » del Santo Padre, che non può recarsi personalmente in quei luoghi, per manifestare la solidarietà del Papa e di tutta la Chiesa universale. Poi, per quanto sarà possibile, bisogna dire una parola di incoraggiamento e di apprezzamento per l’accoglienza che le autorità curde locali danno a questi cristiani. Sono convinto che non mancherà, su questo punto, la solidarietà internazionale o per lo meno di tutte le nostre Chiese.

domenica 10 agosto 2014

La guerra in Irak e il giudizio della Chiesa locale

«Una nuova guerra significa nuova distruzione. Bombarderanno case, strade, infrastrutture. L’Isis non si farà trovare tanto facilmente». Così dichiara ad Aiuto alla Chiesa che Soffre una fonte irachena che per motivi di sicurezza preferisce mantenere l’anonimato.


Al telefono da Erbil, la fonte racconta ad ACS come è stato accolto nel capoluogo del Kurdistan iracheno il discorso di ieri notte in cui il presidente Barack Obama autorizzava raid Usa contro lo Stato Islamico dell’Iraq e del Levante (Isis). In realtà secondo la fonte «un attacco aereo da parte dell’aeronautica statunitense e turca potrebbe essere avvenuto già questa notte, dal momento che tutti i voli notturni in partenza dall’aeroporto internazionale di Erbil sono stati cancellati».
Secondo la fonte ACS, in seguito alla conquista da parte di Isis della Piana delle Ninive, decine di migliaia cristiani sono fuggiti a Duhok e ad Erbil, nel Kurdistan iracheno. «Quanti vivevano tra Alqosh e Tall Kayf si sono diretti a Duhok, mentre chi si trovava nei villaggi tra Qaraqosh e Bashiqa è venuto ad Erbil». Nel capoluogo del Kurdistan la Chiesa accoglie i rifugiati nella cattedrale caldea di San Giuseppe, nel quartiere cristiano di Ankawa, e nelle altre chiese della città. «La Chiesa fa tutto il possibile, ma le risorse non sono sufficienti ad aiutare tante persone – tra cui anche donne e bambini – che hanno dovuto lasciare tutto: le loro case, i loro averi, le loro storie».

Cattolici in Iraq: una comunità in estinzione?

Cattolici in Iran: una comunità a rischio estinzione?

Intervista al giornalista Camille Eid



ROMA, lunedì, 14 giugno 2010 (ZENIT.org).- Mentre molti cristiani fuggono dall’Iran, sia per motivi politici, che per motivi religiosi, la comunità cristiana di quel Paese è a rischio estinzione, secondo Camille Eid, giornalista e osservatore delle Chiese in Medio Oriente.

Il giornalista ha parlato con il programma televisivo “Where God Weeps”, realizzato da Catholic Radio and Television Network (CRTN), in collaborazione con Aiuto alla Chiesa che soffre, in questa intervista in cui spiega come può essere la vita di un cristiano che vive in Iran.

L’Iran è un Paese musulmano per più del 99% della sua popolazione, dove l’Islam è religione di Stato. Le radici della Chiesa in Iran sono molto antiche e risalgono al II secolo. Il Cristianesimo è effettivamente la religione più antica dell’Iran?
Eid: No, abbiamo altre due comunità che sono più antiche del Cristianesimo. La prima è la comunità zoroastriana, che risale a secoli prima dell’arrivo del Cristianesimo e dell’Islam. La seconda è la comunità ebraica.

Edith Stein

Edith Stein, un pozzo di sorprese infinite
Paola Ricci Sindoni



Cosa è che fa “grande” un filosofo? Se lo chiedeva Karl Jaspers nella sua monumentale ricerca dedicata appunto ai “Grandi Filosofi”, dove senza timore inseriva accanto a Platone, Agostino e Kant, anche Buddha, Confucio e Gesù. Certo un pensatore non è grande per la mole delle indagini che ha compiuto e neppure per le altezze speculative che ha elaborato, quanto piuttosto per la sua capacità di essere insieme legato al proprio tempo e di superarlo, mostrando il carattere sovrastorico del suo pensare, che ce lo rende nostro contemporaneo.

È grande, insomma, il filosofo che è in grado di tradurre le sue esperienze di pensiero in forze vive per il presente, che è capace di arrecare al mondo un contenuto comunicabile prima inesistente, che esprime non tanto l’originalità delle sue intuizioni teoretiche, quanto la sua tensione a toccare la fonte dell’origine perenne del vivere e del pensare.

sabato 9 agosto 2014

Il mistero della felicità

L’invenzione migliore

· A colloquio con il regista argentino Daniel Burman ·

Mentre tutte le ricette per raggiungere la felicità puntano oggi su un oggetto di consumo, un luogo di relax o tecniche capaci di allontanare l’impatto con la realtà, il cineasta argentino Daniel Burman vede la felicità come un territorio in cui ci si addentra e che si percorre: un cammino. Così ha fatto nel suo ultimo film – El misterio de la felicidad – e così lo descrive in modi diversi negli otto film che ha prodotto e diretto.
Daniel Burmandietro alla cinepresa
Lo sceneggiatore, regista e produttore Burman, oggi quarantenne, fa cinema da vent’anni e ha ricevuto quasi un premio all’anno per il suo lavoro. In totale ha ottenuto 22 riconoscimenti; quello che lo ha più sorpreso — essendo ebreo — è stato forse il Robert Bresson, nel 2008, il premio riservato dal Vaticano ai registi che rendono una testimonianza significativa sulla ricerca del significato della vita.
In questi giorni è in Italia per incontrare futuri soci nella produzione del suo prossimo film e ha parlato con «L’Osservatore Romano». "Mi sento una persona benedetta - ha detto Burman - perché la mia passione e il mio lavoro, l’attività con cui mantengo la mia famiglia, coincidono con un atto di puro piacere e di amore com’è raccontare una storia. Mi sveglio ogni giorno stupito, ancora non riesco a credere che questo è il mio lavoro. Della mia infanzia ricordo una strana sensazione allo stomaco quando uscivo da scuola correndo per andare a casa, aprire la porta e trovare mia madre, perché volevo raccontarle qualcosa, non importava cosa, qualcosa che era successo durante la ricreazione o un voto che avevo preso. Provo

venerdì 8 agosto 2014

Meeting di Rimini 2014:"Il potere del cuore: cercatori di libertà"

Vi segnaliamo la lettera del nostro presidente Emilia Guarnieri al direttore di Avvenire.

"Quest'anno il Meeting - ha affermato - rilancerà l'Appello nell'incontro conclusivo dal titolo "Testimoni di libertà", introdotto da Monica Maggioni, con la presenza di Paul Bhatti (Pakistan), i vescovi Kaigama (Nigeria) e Warduni (Iraq) e il giornalista Quirico. Abbiamo invitato uomini che con il racconto della loro vita e delle sofferenze dei loro popoli rendono testimonianza della irriducibile tensione alla libertà e del mistero di una libertà già possibile e sperimentata anche nella persecuzione".

Infine ha concluso: "Fin dall'incontro inaugurale di domenica 24 agosto con il Custode di Terra Santa, padre Pizzaballa - "Il potere del cuore. Ricercatori di verità" - il Meeting vuole essere il racconto di come il vero fattore che oggi può cambiare la storia sia il cuore dell'uomo, il suo inestinguibile desiderio di verità e di bene".


sabato 2 agosto 2014

Messaggio di Don Carron per il pellegrinaggio a Czestokowa



 Pellegrinaggio Czestochowa 2014
Messaggio di Julián Carrón
Cari amici, questo è il dramma dell’uomo: desiderare qualcosa che non si può dare da sé, perché il nostro bisogno è incommensurabile a tutto ciò che possiamo fare o generare con le nostre forze. Quale sia il nostro bisogno non lo decidiamo noi, ma ce lo troviamo addosso come esperienza di una «sproporzione strutturale» − dice don Giussani − che ci rende desiderio di infinito, di totalità. Possiamo avere più o meno coscienza che questa è la questione, ma è impossibile che il desiderio della totalità non sia presente in tutto quello che facciamo. Per questo diciamo con Cesare Pavese che «ciò che un uomo cerca nei piaceri è un infinito, e nessuno rinuncerebbe mai alla speranza di conseguire questa infinità» (Il mestiere di vivere).
Se con tutto quello che generiamo e facciamo non siamo in grado di rispondere, l’unica possibilità è che la risposta venga da fuori di noi. Senza aprirsi a qualcosa d’altro l’uomo non può compiersi. Ma come può