martedì 31 gennaio 2017

Carron: conversamos sobre politica,, razòn y ciencia

Julián Carrón (Navaconcejo, 1950) realizó sus estudios teológicos en el Seminario de Madrid y fue alumno titular de L`École Biblique et Archéologique Française de Jerusalén. Es ordenado sacerdote en 1975 y al año siguiente se licencia en Teología por la Universidad Pontificia de Comillas, con la especialidad en Sagrada Escritura. En 1984 obtiene el doctorado en Teología en la Facultad de Teología del Norte de España, en Burgos. Es profesor en el Instituto de Teología, Ciencias Religiosas y Catequéticas San Dámaso y profesor ordinario de Nuevo Testamento en la Facultad de Teología San Dámaso de Madrid. Desde 2005 es el presidente de la fraternidad Comunión y Liberación, el movimiento católico más importante de Italia.
Quedamos con Julián en la cafetería del Hotel de las Letras en Madrid aprovechando uno de sus viajes relámpago a España. Conversamos sobre política, razón y ciencia y nos explica las raíces del cambio que se está produciendo en la sociedad occidental con la Ilustración como elemento clave. También nos cuenta cómo se vive el cristianismo en Comunión y Liberación y de qué forma puede ser clave en nuestro futuro. Julián es cercano, amable y claro y tiene un gran poder de convicción, incluso ante un ateo recalcitrante como quien lo entrevista.( jot down)
¿En qué sentido la sociedad occidental está ante una crisis antropológica?
Lo estamos viendo suceder ante nuestros ojos, cómo se derrumban ciertos pilares que creíamos inamovibles. Pensemos en los inmigrantes, en la reacción de muchas personas respecto al fenómeno de los refugiados. Quién iba a imaginar, solo hace algún decenio, que podríamos levantar muros en Europa después de haber deseado durante tantos años abatir el Muro de Berlín. Pensemos en el vacío que domina en la sociedad, que después se puede transformar, como vemos, en terrorismo, en violencia. O vemos cómo reaccionan Estados Unidos o Europa ante los grandes desafíos de nuestro tiempo. Esta situación genera inseguridad y miedo, como decía Bauman.
¿Se han derrumbado valores? ¿Es malo que se derrumben esos valores?
¿Qué son los valores? Son las cualidades que nos hacen mejores personas. La libertad, la generosidad o la solidaridad son cosas muy queridas y fundamentales en nuestra civilización. Los valores nos permiten abrazar la diversidad del otro, nos facilitan relacionarnos con los que son diferentes, nos permiten salir de nuestros esquemas predefinidos, en definitiva: hacen la vida más humana, menos dura.

lunedì 23 gennaio 2017

Lettera dall'Abruzzo

ABRUZZO

Quegli elicotteri e il bisogno che siamo (www.tracce,it)


23/01/2017 - La tragedia ai piedi del Gran Sasso, i giorni e le ore tra l'attesa, il dolore e le speranze. E lo sguardo che si alza in cielo al rumore dei rotori: «Chi o che cosa può dare speranza?»
Sono grata a Dio che dentro tutte le circostanze, spesso dolorosamente misteriose, non ci lascia mai soli e rilancia sul nostro umano! Sono preside a Pescara. Una mia collega dirigente scolastica mi ha segnalato un brano di Ennio Flaiano che ho letto stamane al Collegio dei docenti della mia scuola, praticamente chiusa dal 5 gennaio. Quelle parole rilanciano una domanda, innanzitutto a me: chi o che cosa ci può dare speranza e, quindi, chi o cosa indicare ai ragazzi lunedì al rientro a scuola? Serve qualcosa che sia all'altezza delle domande (una su tutte: “Perché tutto questo dolore?”) di cui davanti a quello che è accaduto e sta accadendo, sono pieni. Al Collegio i professori presenti hanno raccontato ciò che hanno visto accadere quando siamo andati a Pescara del Tronto, distrutta dal terremoto, a fare il Presepe vivente coi ragazzi: intorno a quella capanna, fatta dai nostri studenti e quindi da nessuna “istituzione o potere costituito”, l'intera Regione si era mossa per abbracciare quei “fratelli”: senza distinguo, barriere, polemiche... Ed era un urlo di cui avevano e hanno bisogno ora, e di cui abbiamo bisogno noi: ricostruire l'umano che c’è in ognuno di noi! Com'è vero che abbiamo bisogno non solo del Suo aiuto, ma che Lui accada sempre. In questi giorni, dopo il miracolo della vita che continua a "resistere" e a chiedere aiuto per “essere”, sono più certa e più tesa verso gli altri! Certa che nulla è più prezioso del dono della vita stessa, e tesa a domandare, sperare, pregare per la salvezza di quella di tutti! Questo è evidente nelle facce di tutti noi, nei discorsi al lavoro o al mercato, per strada, al bar o dal macellaio... Una tensione ridestata ogni volta dal rumore degli elicotteri che sorvolano la città verso l’ospedale: ovunque siamo, tutti alziamo lo sguardo e ci ritroviamo a mendicare la speranza, a supplicare la salvezza di una vita. Della vita!
Antonella, Pescara

lunedì 16 gennaio 2017

New York Incounter

NEW YORK ENCOUNTER (www.tracce.it)

Manhattan e la crepa da cui entra la luce

di Davide Perillo
16/01/2017 - È calato il sipario da poche ore. Ma sembra tutt'altro che una pratica chiusa. La nona edizione del meeting della Grande Mela ha aperto una strada fatta di amicizia e di speranza. Ecco cosa è successo
«Un incontro fatto di incontri». I volontari sgombrano le sedie del Manhattan Pavillon, si prepara l'auditorium alla festa finale, e Angelo Sala, uno degli organizzatori del New York Encounter, racconta in cinque parole due giorni e mezzo fitti come pochi. Venticinque eventi sul palco, quattro mostre, quarantuno ospiti, 313 volontari. E un filo conduttore: la realtà. Quella che abbiamo davanti tutti i giorni, che bussa alla porta come e quando vuole, tante volte con il volto di una fatica o di un dolore, ma che ha dentro sempre una promessa di bene senza fine. "Reality Has Never Betrayed Me", la realtà non mi ha mai tradito, recita il titolo dell'edizione di quest'anno (la numero nove, nella storia della manifestazione newyorkese). È una frase - famosa - di don Giussani, ma è anche una sfida per tutti. Soprattutto oggi. «Ecco, a cose fatte possiamo dire che chi è venuto, questa sfida l'ha accettata», dice Sala: «Si sono messi in gioco, tutti. E abbiamo potuto incontrarli per davvero». Proprio come aveva augurato il Papa, che nel suo messaggio (arrivato con la firma del cardinale Pietro Parolin, Segretario di Stato) aveva chiesto di «dare un contributo alla cultura dell'incontro, essenziale per il futuro della nostra famiglia umana».

giovedì 12 gennaio 2017

Film: Silence

Silence

Silence Scorsese
XVII secolo: due giovani gesuiti portoghesi vanno a cercare il loro padre spirituale che ha abbandonato la fede, in un Giappone che perseguita ferocemente i cristiani
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La storia prende le mosse nel 1633, con le crude immagini delle torture di alcuni uomini che non vogliono rinnegare la propria fede e di un sacerdote cattolico (Liam Neeson) che assiste attonito. Pochi anni dopo, due gesuiti portoghesi, padre Sebastian Rodrigues e padre Francisco Garupe, ottengono il permesso di un loro superiore per andare in Giappone a cercare padre Ferreira («dobbiamo salvare la sua anima»), loro mentore e guida spirituale che ha abiurato il cristianesimo e si è sposato, vivendo ormai come un giapponese.

martedì 10 gennaio 2017

Morto Bauman, filosofo della"società liquida"

Morto Zygmunt Bauman,
filosofo della «società liquida»

Di formazione marxista, ha studiato il rapporto tra modernità e totalitarismo,
soprattutto la Shoah e il passaggio dalla cultura moderna a quella postmoderna
- La civiltà nasce dalle paure che oggi il potere trasforma in merce di Zygmunt Bauman
- Nella Shoah vide lucidamente il nesso tra orrore e modernità di Donatella Di Cesare
- Fede nei giovani e nella possibilità di una «terza via» di Maurizio Ferrera
- «Le risposte ai demoni che ci perseguitano» di Davide Casati
- «Che errore sovrapporre il terrorismo all’immigrazione» di Maria Serena Natale

 Zygmunt Bauman (Effigie/Leemage) Zygmunt Bauman (Effigie/Leemage)

Sono assai rare le star della cultura. Ma Zygmunt Bauman, scomparso lunedì 9 gennaio all’età di 91 anni, ha goduto di un’immensa popolarità, grazie alla sua capacità di parlare alla gente con un linguaggio semplice e comprensibile, mai riduttivo. Lascia un vuoto incolmabile: aumenterà la «solitudine del cittadino globale», privo della sua voce indignata e rassicurante. Sempre defilato dalle sfere istituzionali, il suo pubblico non erano i sociologi, né gli addetti ai lavori, ma le persone comuni che si affollavano attorno a lui per ascoltare le parole di un vecchio saggio che sapeva «vedere» i fenomeni generazionali. Fuori dalla sua età, ma con la saggezza della sua età. 

Gran Bretagna: vita di CL

GRAN BRETAGNA

Una luce nella tempesta(www.tracce.it)

di Giuseppe Pezzini
10/01/2017 - Il dramma per una separazione, vivere la fede in città secolarizzate, i rapporti lavorativi. Cinquecento persone per l'annuale appuntamento delle comunità di CL del Nord Europa con Julián Carrón. A tema, la quotidianità. E che cosa la illumina
Alessandra, giovane sposa dall'Italia, viaggia immersa nell'indifferenza, sua e dei suoi colleghi, pendolari con lei sul treno diretto verso Telford, grigio villaggio nel Nord dell'Inghilterra, dove lavora da alcuni mesi. Davide, manager con esperienza decennale nel Regno Unito, inizia un nuovo lavoro a dopo mesi di disoccupazione, deve obbedire a un giovane capo con molta meno esperienza. Michiel è parroco universitario a Utrecht, in una terra ormai totalmente scristianizzata. Martina, che vive a Londra con suo marito James, è tormentata dai dubbi su un'esperienza di un movimento, CL, che fa scelte che lei non condivide. E poi Massimo, Ettore, Francesca… Uomini e donne con responsabilità, misurati ogni giorni nella loro performance, spesso senza i risultati sperati.

Zygmunt Bauman: l'ultima intervista a Tracce

ZYGMUNT BAUMAN

Il tunnel e la luce (www.tracce.it)

di Davide Perillo
09/01/2017 - Il sociologo è morto a 91 anni. Tracce lo aveva intervistato a ottobre. La solitudine. La paura degli «stranieri alle porte». La rinuncia alla libertà. L'intellettuale andava alla radice della «insicurezza esistenziale» del nostro tempo
«È una luce. L’unica, in fondo al tunnel misteriosamente lungo e buio che stiamo attraversando. Ma è una luce misteriosamente brillante». Uncanny, ovvero “misterioso, sorprendente”, declinato nella forma di avverbio. Lo dice due volte in due frasi, quando parla di papa Francesco e del loro incontro ad Assisi, il mese scorso. Al meeting tra le religioni mondiali voluto dal Papa e organizzato dalla Comunità di Sant’Egidio, c’era anche lui: Zygmunt Bauman. «Cosa gli ho detto? Sarebbe molto presuntuoso, da parte mia, pensare di avere qualcosa da aggiungere a ciò che lui sa già sulla situazione difficile dell’uomo di oggi, o su cosa significhi la sofferenza per chi ne fa esperienza in prima persona... Gli ho solo confessato di guardare a lui come una luce, appunto».
Novantuno anni il mese prossimo, ebreo di origini, polacco di nascita e cosmopolita di vocazione (ha vissuto tra Varsavia, Londra e Tel Aviv, prima di mettere radici a Leeds, Gran Bretagna), Bauman è uno degli intellettuali più famosi - e prolifici - del mondo. Sociologo e filosofo, inventore di formule capaci di definire in due parole interi cambiamenti d’epoca (una su tutte: la «società liquida», ovvero sempre più povera di legami, sfrangiata e indefinibile), Bauman è soprattutto un grande osservatore. Un uomo in grado di fotografare il mondo e chi lo abita nel dettaglio, fino in fondo, con uno sguardo acuto e insieme carico di empatia.
Come quello che sta rivolgendo, da tempo, al fenomeno dell’immigrazione. Meglio, ai migranti, gli Stranieri alle porte (è il titolo del suo ultimo libro) che minano le nostre certezze e diventano un bersaglio facile su cui scaricare un’insicurezza sorda, profonda, impossibile da arginare con le soluzioni proposte da una politica fatta di muri e uomini forti. «Una volta che a chi chiede asilo da guerre e distruzioni questa misura sarà rifiutata, e che più migranti verranno rimpatriati, diventerà evidente come tutto questo sia irrilevante per risolvere le cause reali dell’incertezza», diceva in una recente intervista al Corriere della Sera: «I demoni che ci perseguitano - la paura di perdere il nostro posto nella società, la fragilità dei traguardi che abbiamo raggiunto - non evaporeranno, né scompariranno». Perché la radice di quell’incertezza è più profonda. È esistenziale.

Partiamo da lì, allora. Che cosa è questa «insicurezza esistenziale»? Da dove nasce? Dalla «rottura dei legami» a cui accennava in quell’intervista, o c’è qualcosa d’altro?
Kant, l’esploratore più infaticabile dei misteri del modo unicamente umano di stare al mondo - alla cui sapienza noi tutti, in qualche modo, siamo debitori, eredi entusiasti o disperati -, nella Critica della ragion pratica ha scritto una frase celebre: «Due cose riempiono l’animo di ammirazione e venerazione sempre nuova e crescente, quanto più spesso e più a lungo la riflessione si occupa di esse: il cielo stellato sopra di me, e la legge morale in me». Il “cielo stellato” indica ciò che è oltre la portata umana, la nostra capacità di affronto; e la “legge morale” indica i dilemmi tra cui gli umani sono condannati a scegliere. Ma più di un secolo prima di queste parole, Blaise Pascal aveva approfondito proprio quella straziante e terrorizzante inadeguatezza: «Quando considero la breve durata della mia vita, assorbita dall’eternità che la precede e da quella che la segue, il piccolo spazio che occupo e che vedo, inabissato nell’infinita immensità di spazi che ignoro e che mi ignorano, mi spavento e mi stupisco di vedermi qui piuttosto che là, ora piuttosto che allora. Chi mi ci ha messo? Per volontà di chi questo luogo e questo tempo sono stati destinati a me?». Per arrivare a concludere: «Essendo incapaci di eliminare la morte, la miseria e l’ignoranza, gli uomini hanno deciso, per essere felici, di non pensare a tali cose...». Ecco, il problema è che, per quanto tentiamo con accanimento di seguire questa decisione, riflessione e pensiero restano ostinatamente parti ineliminabili della nostra condizione. Per questo l’“insicurezza esistenziale” è scolpita indelebilmente nel modo di essere al mondo dell’uomo. È lì il luogo da dove vieni e da dove non puoi scappare.

lunedì 9 gennaio 2017

Papa Francesco: la vita cristiana è semplice

“Ai cristiani non servono cose strane o difficili, ma la semplicità”(www.lastampa.it)

Il Papa a S. Marta: basta porre Dio al centro delle scelte e «cacciare via» ciò che impedisce di seguirLo. Il Gloria «tante volte la diciamo come pappagalli. Ma è adorazione!»
LAPRESSE
Un selfie con papa Francesco

Pubblicato il 09/01/2017
Ultima modifica il 09/01/2017 alle ore 11:04
città del vaticano
Stranezze, superficialità, superfluo o azioni difficili non c’entrano con la vita cristiana, che è profondamente semplice: basta porre Gesù Cristo al centro delle scelte quotidiane. Parola di papa Francesco, che questa mattina, 9 gennaio 2016, riprende le Messe nella Cappella di Casa Santa Marta dopo le festività natalizie.

Come riporta Radio Vaticana, il Pontefice ricorda che dopo il Natale inizia un nuovo tempo liturgico, quello ordinario: ma al centro della vita cristiana c’è sempre il Figlio di Dio, «il Signore dell’universo», il «Salvatore del mondo. Non ce n’è un altro, è l’unico», puntualizza.

Don Giussani e GS

DON GIUSSANI E GS


«Educava alla dipendenza dalla realtà» (www.tracce.it)

di Maurizio Vitali
09/01/2017 - Oggi pomeriggio, all'Università Cattolica di Milano, la presentazione del volume sulle origini di Gioventù Studentesca di Marta Busani. Tra i relatori, Roberto Pertici, storico dell'Università di Bergamo, che ha risposto alle domande di "Tracce"
Roberto Pertici, professore ordinario di Storia contemporanea all'Università di Bergamo, è tra i partecipanti all’incontro di presentazione del volume di Marta Busani, Gioventù Studentesca. Storia di un movimento cattolico dalla ricostruzione alla contestazione, Studium 2016 (lunedì 9 gennaio ore15.30, Università Cattolica di Milano, Largo Gemelli, Aula Pio XI. Gli altri partecipanti sono i professori Agostino Giovagnoli dell’Università Cattolica ed Edoardo Bressan dell’Università di Macerata, oltre all’autrice; modera Maria Bocci, storica dell’Università Cattolica).
Prima di questo incontro ha accettato di rispondere alle domande di Tracce.

Di Gioventù Studentesca si è spesso parlato e scritto ma una sua storia vera e propria non esisteva. Il lavoro di Marta Busani riesce a colmare questa mancanza nella storiografia?Non c’è dubbio. GS era già stata oggetto di ricerche ma all’interno di studi più ampi sull’associazionismo cattolico, specie degli anni Sessanta, ma un lavoro ampio e approfondito come questo della Busani mancava. La giovane studiosa ha avuto accesso, in vari archivi, a un materiale documentario di prima mano e in buona parte inedito ed ha avuto il merito di padroneggiarlo e utilizzarlo adeguatamente.

domenica 8 gennaio 2017

giovedì 5 gennaio 2017

Padre Romano Scalfi: una vita per l'unità dei cristiani

ROMANO SCALFI (1923-2016)

Novant'anni oltre cortina (www.tracce.it)

di Maurizio Vitali
26/12/2016 - Si è spento il giorno di Natale il fondatore di Russia Cristiana. L’incontro con don Giussani nel 1957, la scoperta del samizdat... Una vita spesa per l'unita dei cristiani. Qui una delle sue ultime interviste (Tracce, ottobre 2013)
Novant’anni, ma alla pensione non ci pensa proprio. Sveglia all’alba, preghiera a lungo e di buon’ora è già nel suo piccolo studio di Villa Ambiveri, a Seriate, a scrivere, studiare, tradurre, telefonare, ricevere persone. Padre Romano Scalfi: mezzo secolo e più di intelligenza e cuore, passione e lavoro per i cristiani in Russia. Negli anni della persecuzione comunista si è speso tutto per rompere il silenzio indifferente dell’Occidente. Ha ammirato e incoraggiato l’eroica vita nella verità - e l’eroica voce - del samizdat. Caduto il sistema sovietico, ha colto e valorizzato il manifestarsi di una rinascita spirituale e intensificato le amicizie con gli ortodossi per aiutare a far fiorire la comune fede.

E ora, padre Scalfi, su che cosa sono concentrate la sua attenzione e le sue energie?

(Ride). Mi preparo al Grande Ingresso. (Lunga pausa). In passato ho immaginato tante volte di fare il parroco in Russia. Ma poi ho visto che il Signore ti cambia la strada, e a dire la verità, ho visto che la cambia in meglio. Ora mi sono rassegnato ad abbandonarmi totalmente a quello che combinerà Lui. Dico sempre: «Quando vuoi e come vuoi».