lunedì 19 luglio 2021

Riforma giustizia Cartabia (Adnkronos)

 

Riforma giustizia, cosa prevede

08 luglio 2021 | 22.34
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Tutte le misure dopo il via libera del Cdm

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(Fotogramma)

Il Consiglio dei ministri ha approvato all'unanimità la riforma Cartabia sul processo penale. Vediamo tutti i cambiamenti che ci saranno e le differenti misure.

Tempi delle indagini

Nella riforma del processo penale elaborata dalla ministra della Giustizia Marta Cartabia e approvata dal Consiglio dei ministri, sono rimodulati i termini di durata massima delle indagini rispetto alla gravità del reato. Inoltre, alla scadenza del termine di durata massima delle indagini, fatte salve le esigenze specifiche di tutela del segreto investigativo, si prevede un meccanismo di discovery degli atti, a garanzia dell’indagato e della vittima, anche per evitare la prescrizione del reato associato a un intervento del giudice per le indagini per le indagini preliminari che in caso di stasi del procedimento.

Confermata l’attuale disciplina, che prevede lo stop alla prescrizione dopo la sentenza di primo grado (sia in caso di condanna sia in caso di assoluzione). Inoltre, si stabilisce una durata massima di due anni per i processi d’appello e di un anno per quelli di Cassazione. E' in sintesi l'emendamento al disegno di legge sul processo penale, proposto dalla ministra della Giustizia Marta Cartabia sul nodo della prescrizione, e approvato dal Cdm. È prevista la possibilità di un'ulteriore proroga di un anno in appello e di sei mesi in Cassazione per processi complessi relativi a reati gravi, come esempio associazione a delinquere semplice, di tipo mafioso, traffico di stupefacenti, violenza sessuale, corruzione, concussione). Decorsi tali termini, interviene l’improcedibilità. Sono esclusi i reati imprescrittibili quelli puniti con ergastolo.

Delega giustizia riparativa

Delega al Governo a disciplinare in modo organico la giustizia riparativa, nel rispetto di una direttiva europea (2012/29/UE) e nell’interesse sia della vittima che dell’autore del reato. Lo prevede uno degli emendamenti al ddl di riforma del processo penale presentati dalla ministra della Giustizia, Marta Cartabia, e approvati dal Cdm. Si prevede l’accesso ai programmi di giustizia riparativa in ogni fase del procedimento, su base volontaria e con il consenso libero e informato della vittima e dell’autore e della positiva valutazione del giudice sull’utilità del programma in ambito penale. Previste inoltre la ritrattabilità del consenso, la confidenzialità delle dichiarazioni rese nel corso del programma di giustizia riparativa e la loro inutilizzabilità nel procedimento penale.

La richiesta di rinvio a giudizio

Il pubblico ministero può chiedere il rinvio a giudizio dell’indagato solo quando gli elementi acquisiti consentono una “ragionevole previsione di condanna”. Lo prevede uno degli emendamenti al disegno di legge di riforma del processo penale presentati dalla ministra della Giustizia, Marta Cartabia, e approvati dal Consiglio dei ministri.

Ricorsi in appello

Confermata in via generale la possibilità, tanto del pubblico ministero, quanto dell’imputato, di presentare appello contro le sentenze di condanna e proscioglimento. E' quanto prevedono gli emendamenti al ddl di riforma del processo penale presentati dalla ministra della Giustizia, Marta Cartabia, e approvati dal Consiglio dei ministri. Il testo recepisce il principio giurisprudenziale dell’inammissibilità dell’appello per aspecificità dei motivi. Si prevedono limitate ipotesi di inappellabilità delle sentenze di primo grado, per esempio in caso di proscioglimento per reati puniti con pena pecuniaria e di condanna al lavoro di pubblica utilità.

Criteri di priorità

Gli uffici del pubblico ministero, per garantire l’efficace e uniforme esercizio dell’azione penale, nell’ambito di criteri generali indicati con legge dal Parlamento, dovranno individuare priorità trasparenti e predeterminate, da indicare nei progetti organizzativi delle Procure e da sottoporre all’approvazione del Consiglio Superiore della Magistratura. E' quanto prevedono gli emendamenti al ddl di riforma del processo penale presentati dalla ministra della Giustizia Marta Cartabia e approvati stasera dal Consiglio dei ministri.

Delega a governo su misure alternative

Delega al governo a effettuare una riforma organica della legge 689 del 1981, prevedendo l’applicazione, a titolo di pene sostitutive, del lavoro di pubblica utilità e di alcune misure alternative alla detenzione, attualmente di competenza del Tribunale di sorveglianza. E' quanto stabiliscono gli emendamenti al disegno di legge di riforma del processo penale della ministra della Giustizia, Marta Cartabia, approvati dal Consiglio dei ministra. Le nuove pene sostitutive, detenzione domiciliare, semilibertà, lavoro di pubblica utilità e pena pecuniaria, saranno direttamente irrogabili dal giudice della cognizione, entro il limite di quattro anni di pena inflitta. E’ esclusa la sospensione condizionale. In questo modo, si garantisce maggiore effettività all’esecuzione della pena.

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martedì 6 luglio 2021

FEDE E POLITICA/ Cattolici, attenti al rischio dell’autoliquidazione (D.Zardin, 6-7-2021)

FEDE E POLITICA/ Cattolici, attenti al rischio dell’autoliquidazione

 La storia non è solo archeologia. Presa sul serio, aiuta a rendere più acuto lo sguardo sul nostro presente. Mette in guardia contro il rischio dello schematismo, e soprattutto ci educa a riconoscere le sfumature infinite della diversità, a far emergere le linee di forza dei grandi processi di trasformazione sotto il mantello delle continuità che ci legano al passato da cui deriviamo.

Di queste trasformazioni è poi decisivo cogliere il senso di marcia, insieme agli effetti che producono, sia come perdita e distruzione, sia come guadagno di nuovi orizzonti: una cosa e l’altra insieme, senza scissioni, se non si vuole rinchiudersi in una prospettiva unilaterale.

Partendo da questa premessa, mi sembra utile tornare a riflettere su una questione affrontata sulle pagine del Sussidiario in questi ultimi giorni: l’ipotesi di un’analogia tra la situazione verso cui si trova spinta la coscienza cristiana nella cornice dell’Occidente secolarizzato della più avanzata modernità e le circostanze storiche del suo primo affacciarsi sulla scena del mondo antico, egemonizzato dal pluralismo politeistico dell’imperialismo romano e dalle pretese di totalità del suo ordine politico-legislativo. Mi sembra che si tratti di due condizioni di marginalità radicalmente differenziate, che non è giusto sovrapporre tra loro.

(Continua sul sito de ilsussidiario.net)

Zerocultura: Pasolini corsaro

 Pasolini corsaro

Il tempo di Trasumanar
di Enzo Manes

fotografie di Elio Ciol

LEGGI #ZEROCULTURA

Interessante contributo in un momento in cui la cultura dominante tende a scindere il sesso biologico dalla percezione di sè: il transumanesimo

venerdì 2 luglio 2021

Massimo Faggioli: recensione del libro di M.Borghesi su Papa Francesco (pubblicato sulla rivista Il Regno)

 Il Regno – attualità 12 (2021), p. 378, Recensione di M. Borghesi, FRANCESCO. La Chiesa tra ideologia teocon e «ospedale da campo», Jaca Book, Milano 2021, pp. 272, € 20,00 (Massimo Faggioli) 

Dopo l’importante volume Jorge Mario Bergoglio. Una biografia intellettuale. Dialettica e mistica (Jaca Book, 2017; cf. Regno-att. 6,2018,159), che rimane a oggi la più completa biografia intellettuale di papa Francesco, il nuovo libro di Massimo Borghesi contribuisce a comprendere il ruolo del pontificato attuale tra le diverse anime del cattolicesimo in Occidente.

Nel capitolo 1°, intitolato «La caduta del comunismo e l’egemonia dell’americanismo cattolico», Borghesi traccia un quadro delle deviazioni di tipo ideologico nella Chiesa cattolica a partire dagli anni Ottanta. L’obbiettivo polemico del libro è un tipo ben preciso di cattolicesimo negli Stati Uniti: borghese nei costumi e liberista in economia. L’autore analizza il movimento dei teoconservatori a partire dai suoi protagonisti: Michael Novak (intellettuale con un passato a sinistra negli anni Sessanta), George Weigel (biografo e amico intimo di Giovanni Paolo II) e Richard John Neuhaus (pastore luterano convertitosi al cattolicesimo a fine anni Ottanta dopo l’incontro con il papa polacco, fondatore nel 1990 della rivista First Things, tuttora organo della destra religiosa negli Stati Uniti).

Borghesi ricostruisce minuziosamente il loro tentativo (in parte riuscito) d’impadronirsi del pontificato di Giovanni Paolo II prima, e di quello di Benedetto XVI poi: un tentativo che li proiettò ai vertici dell’intellighenzia cattolica americana, e che ancora vede Weigel in quella posizione all’interno dell’establishment cattolico negli USA. Borghesi descrive efficacemente questa corrente che «a partire dagli anni Novanta, diverrà egemone nel mondo cattolico statunitense, al punto da definire i due pilastri di una nuova Weltanschauung: piena conciliazione tra cattolicesimo e capitalismo e cultural wars sul terreno etico. Sorge il cattocapitalismo, nuova forma dell’americanismo cattolico, dominato dall’esigenza di una piena compenetrazione tra la fede e l’ethos americano. L’orientamento politico viene a condizionare quello religioso» (22).

Quella di Borghesi non è una critica da sinistra, ma da quella cultura cattolica che rifiuta tanto il progressismo quanto il tradizionalismo – si veda la ripresa della critica di Rémi Brague al «cristianismo» made in USA.

Il libro non è tenero verso il pontificato di Giovanni Paolo II: «Un grande disegno (…) ma, nei fatti, la Chiesa, dalla fine degli anni Ottanta, mostra di chiudersi in se stessa e di disinteressarsi tanto della missione quanto del bene comune sociale e politico» (46).

Ancora meno tenero con i cattolici liberisti e americanisti di casa nostra, sul piano intellettuale accademico (Flavio Felice), politico (Marcello Pera), ed ecclesiale (il cardinale Camillo Ruini da presidente della CEI).

Rende giustizia alla storia di quegli anni il riportare alla memoria da parte di Borghesi l’avallo del cardinale Ratzinger verso l’allora presidente del Senato, Pera; un giudizio duro sul «progetto culturale» della CEI di Ruini e sul tentativo dei primi anni Duemila d’impiantare teo-liberismo in Italia, in una «subalternità ideologica alla destra liberal-capitalistica» (123).

L’eredità di Giovanni Paolo II emerge in modo problematico, tanto che Borghesi avanza l’ipotesi che il pontificato del papa polacco sia stato, più che un’epoca di cambiamento epocale, invece «una parentesi» (113) – in modo simile a quanto Andrea Riccardi ammette nel suo ultimo libro, La Chiesa brucia. Crisi e futuro del cristianesimo (Laterza, Roma – Bari 2021).

Nel 2° capitolo, «Il pontificato di Francesco nella crisi della globalizzazione», Borghesi analizza il contributo di papa Bergoglio nell’affrontare «l’introversione ecclesiale (…) una patologia grave, l’eredità che il papa si trova al momento del suo insediamento» (136). Francesco interpreta il cattolicesimo fuori dalla dialettica ideologica tipica tra progressisti e reazionari, si pone al di là dei blocchi ideologico-politici destra contro sinistra.

Borghesi aiuta ad analizzare l’attacco di Francesco contro la forma ideologica del cristianesimo borghese-americano e la risposta proveniente dagli USA: «L’ideologia neocon, l’“americanismo cattolico”, costituisce un blocco ideologico che impedisce di riconoscere la forma “cattolica” del magistero di Francesco» (143). Qui Borghesi ricostruisce il quadro degli intellettuali liberisti e americanisti di casa nostra fortemente critici col pontificato di Francesco: ancora Pera, ma anche Ernesto Galli della Loggia, lo storico Loris Zanatta, e il banchiere Ettore Gotti Tedeschi. La galassia anti-Bergoglio trova però il suo centro primigenio negli Stati Uniti e nel dominio della dottrina anarco-capitalistica negli ambienti cattolici che contano (come Samuel Gregg, think tank Acton Institute).

Nel capitolo 3°, «Chiesa in uscita e “ospedale da campo”: il volto missionario della fede», Borghesi mette a fuoco il legame tra missione e il concetto di periferia, «un punto nevralgico del pontificato di Francesco, un punto che lo porta molto lontano dalla prospettiva centralistica e occidentalistica dei neocon» (217). Qui diventa evidente la distanza di Francesco dalla cultura neo-conservatrice anche sul ruolo di Paolo VI, il papa di Evangelii nuntiandi, come anche di Populorum progressio. Importante, per capire la tensione tra questo pontificato e l’anima religiosa conservatrice nordamericana, la parte su misericordia, pathos e dimensione affettiva nella visione di Chiesa e di cristianesimo in Francesco.

Nella Conclusione, «La crisi del teopopulismo, l’America, il futuro della Chiesa», Borghesi ipotizza la crisi dell’onda neo-conservatrice, rivelatasi nel suo estremismo con l’abbraccio al progetto trumpiano dal 2015 in poi. Se dal punto di vista intellettuale e teologico non si può non essere d’accordo, dal punto di vista sociale e politico la questione appare ancora aperta specialmente negli Stati Uniti del secondo presidente cattolico, Joe Biden, alle prese con quella cultura antiprogressista (ma libertaria in economia) espressa da alcuni dei più importanti esponenti dell’episcopato statunitense.

Borghesi è l’anima storico-filosofica dell’inner circle formatosi attorno a Francesco (si veda la dedica) e questo è un libro di difesa del pontificato senza mezzi termini. È un libro importante anche come contributo alla storicizzazione del pontificato perché parte, nell’Introduzione, come risposta a una serie di analisi, apparse a partire dal 2020, sulla stasi di Francesco tra il periodo successivo al Sinodo per l’Amazzonia e l’emergenza COVID. Borghesi non fa una storia del pontificato, ma una genealogia dei suoi nemici storici sull’asse Roma-Washington.

Il libro interpreta Francesco come compimento della profezia di Romano Guardini (su cui Borghesi ha pubblicato molti studi; cf. Regno-att. 6,2020,160), del «risorgimento cattolico latinoamericano» di Methol Ferrè e del cattolicesimo sociale che legge, alla luce dell’esperienza latinoamericana, la crisi del capitalismo globale a guida nordamericana. Un punto notevole del libro è la critica, rispettosa ma indubbia, ai due predecessori di Francesco per aver creato le condizioni per un certo sviluppo del «cristianismo» in USA negli ultimi 40 anni: la parabola dall’ideologia neo-conservatrice degli anni OttantaNovanta fino al neo-tradizionalismo attuale, come si vede dalla sovrapposizione tra rigetto di Francesco e del Vaticano II. Uno dei meriti storici del pontificato è quello di aver fatto emergere il vuoto nominalismo conciliare del cattolicesimo «America first», liberista e neoconservatore.

Massimo Faggioli

Un podcast del Meeting di Rimini su «Francesco» con Giorgio Vittadini e Maria Teresa Tosetto (dal blog di Massimo Borghesi)

 

Un podcast del Meeting di Rimini su «Francesco» con Giorgio Vittadini e Maria Teresa Tosetto

Nell’ambito del suo BookCorner, la rassegna di recensioni audio su podcast del Meeting di Rimini promossa dall’Associazione italiana Centri culturali, Il 30 giugno è uscito un podcast dedicato al mio volume Francesco. La Chiesa tra ideologia teocon e «ospedale da campo». Oltre al sottoscritto erano presenti Giorgio Vittadini, presidente della Fondazione per la Sussidiarietà e Maria Teresa Tosetto Banfi (entrambi nella foto), insegnante di filosofia al Liceo Virgilio di Roma.

Vi propongo l’audio. (vai all'articolo o al sito del Meeting)