giovedì 27 novembre 2014

Rémi Brague: «Una nonna stanca. Manca di ambizione»
Daniele Zappalà

​Fra gli intellettuali europei che più attentamente hanno seguito la visita di Papa Francesco a Strasburgo, figura di certo pure il grande filosofo francese Rémi Brague, che all’identità continentale ha dedicato opere memorabili, a cominciare da "Il futuro dell’Occidente. Nel modello romano la salvezza dell’Europa" (Bompiani). Docente alla Sorbona e già titolare a Monaco di Baviera della cattedra dedicata a Romano Guardini, professore invitato in numerose università statunitensi e vincitore nel 2012 del Premio Ratzinger per gli studi in teologia, Brague si dice impressionato, oltre che dalle parole pronunciate dal Papa, anche dall’intero contesto d’attenzione concentrata, in particolare durante il primo discorso all’Europarlamento.

Professore, cosa l’ha colpita di più nei due discorsi a Strasburgo?
Prima di tutto, la reazione del pubblico. Certo, alcuni stupidi hanno lasciato l’aula, rifiutando a priori di ascoltare. Ma Francesco ha saputo farsi applaudire pur dicendo cose ben poco gradevoli da ascoltare. Torno dalla Spagna, e i giornali parlavano di questo deputato d’estrema sinistra, un tantino "mangiapreti", che ha cinguettato su Twitter la sua soddisfazione.

Ancona: proprio lì, nella terra di Leopardi

ANCONA

Proprio lì, nella terra di Leopardi

di Stefano Sacchettoni
26/11/2014 - La presentazione di "Vita di don Giussani" di Alberto Savorana nella città marchigiana. Dal rapporto con il poeta di Recanati all'amicizia con i giovani. Ecco perché, dopo un incontro del genere non si può più rimanere tranquilli
«Il comune denominatore degli interventi ascoltati fino ad ora è stata la figura di Giacomo Leopardi. Certo siamo a pochi chilometri da Recanati, ma quanto è emerso va oltre la collocazione geografica. Il poeta è la figura che ha accompagnato don Giussani nel suo percorso». Così Alberto Savorana ha esordito nel suo intervento in occasione della presentazione della biografia di don Giussani ad Ancona.

mercoledì 26 novembre 2014

Monte S.Angelo: Vita di Don Giussani


Ieri sera si è svolto a Monte S. Angelo, nell’auditorium delle Clarisse la presentazione della biografia di Don Giussani il fondatore di Comunione e Liberazione.
Grande partecipazione di pubblico che in religioso silenzio ha ascoltato i due filosofi presenti tra i relatori, il Prof. Costantino Esposito dell’università di Bari ed il Prof. Antonio Nasuto di Monte S. Angelo oltre che sua Eccellenza l’arcivescovo Michele Castoro che con il carisma che lo contraddistingue riesce a trascinare chiunque lo ascolti, il tutto moderato da Mario Palena.
 Grande l’afflusso e attenda partecipazione del pubblico montanaro, che ha voluto onorare con la propria presenza la memoria di questo grande uomo della chiesa italiana.
Non è stato il solito elogio ad un fondatore di una delle più grandi associazione come lo è quella di CL, ma i due filosofi e l’arcivescovo hanno delineato il profilo di questo prete in confronto ed in contraddittorio con i tempi in cui lo stesso ha vissuto.
Conoscere la vita di questo personaggio ha entusiasmato tutti, sia coloro che   già ne aveva sentito parlare o lo aveva  studiato, ma anche coloro che si sono avvicinati all’incontro con la solita curiosità di capire di cosa si trattava, gli stessi sono stati carpiti da ciò che di questo  grande uomo  è stato detto.
L’invito a leggere il libro scritto da Alberto Savorana, è stato ripetuto più volte, non è un invito commerciale bensì un momento di crescita nella conoscenza di uomini del nostro tempo che davvero hanno scritto le pagine più belle dell’Italia.
“L'unica condizione per essere sempre e veramente religiosi è vivere sempre intensamente il reale” – dice don Giussani, un uomo di chiesa che affronta la vita con i piedi per terra e senza essere il soggetto noioso da ascoltare passivamente, ma una persona che vive il reale in mezzo alla gente.
La storia di don Giussani diventa importante, perché ha vissuto  come ognuno di noi, e ha dovuto affrontare le  sfide  che ognuno di noi vive quotidianamente, ecco il segreto che fa diventare protagonista quest’uomo.

domenica 23 novembre 2014

Il fondamentalismo è foraggiato con armi e soldi dall'Occidente

«Il fondamentalismo è foraggiato con armi e i soldi dell'Occidente»

Il patriarca maronita Bechara Rai
Il patriarca maronita Bechara Rai

Il patriarca maronita Béchara Boutros Raї: «In Medio Oriente in 1400 anni abbiamo costruito una convivenza con l'islam. L'Europa si assuma le proprie responsabilità e non si lasci trascinare alla cieca nelle guerre»

andrea tornielli milano «Mi aspettavo un altro ruolo dall'Europa, che è stata trascinata alla cieca prima nella guerra in Irak e poi ora in Siria. È triste constatare che il fondamentalismo è foraggiato con le armi e i soldi occidentali, e che i nemici di oggi erano gli alleati di ieri». Il cardinale Béchara Boutros Raї, Patriarca di Antiochia e di tutto l’Oriente dei Maroniti, è a Milano per inaugurare la missione per i fedeli di rito maronita: l'arcivescovo Angelo Scola ha infatti affidato la parrocchia di S. Maria della Sanità per questo scopo. L'intervista con Vatican Insider è l'occasione per un'analisi a tutto campo sulla situazione mediorientale da parte di uno dei più lucidi protagonisti della vita delle Chiese di quella martoriata regione.

L'Isis con il suo auto-proclamato Califfato vuole la guerra di religione: siamo allo scontro finale tra islam e cristianesimo?

«Non bisogna cadere nelle semplificazioni. I fondamentalisti dell'Isis combattono contro tutti quelli che non sono come loro: a Mosul e Ninive hanno perseguitato anche musulmani sunniti e sciiti, e la minoranza degli yazidi. La loro è un'ideologia o chissà che cosa. Sono un movimento ultrafondamentalista, quelli che vengono chiamati "takfiri" cioè quei musulmani che accusano altri musulmani di infedeltà. Ma il Gran mufti libanese mi ha detto: "Non possiamo chiamarli takfiri, perché non hanno fede e combattono tutti!". È vero che anche i cristiani sono stati vittime, ma il numero maggiore di morti è stato tra i musulmani sunniti e sciiti, e tra gli yazidi».

venerdì 21 novembre 2014

Povertà: tira e molla degli aiuti

VERSO LA COLLETTA/2

Povertà: ecco chi (e come) fronteggia l'emergenza

di Maria Luisa Minelli
21/11/2014 - La legge di stabilità non ne fa accenno, eppure il numero di italiani "poveri assoluti" ha raggiunto i 6 milioni. Tra burocrazia, indifferenza e qualche spiraglio, qualcuno continua a «investire per un popolo»
La bozza della legge di stabilità è arrivata in Parlamento. Ma tra i 47 articoli che la compongono, una sorpresa inaspettata: nessun accenno ad uno dei più grandi problemi dell’Italia di oggi: la povertà. Nelle 123 pagine della manovra finanziaria per il 2015 non si trova traccia di un finanziamento del Fondo nazionale di aiuto agli indigenti. Eppure, il numero di persone che non possono “permettersi” di fare la spesa è aumentato del 20% in un solo anno, tra il 2012 e il 2013: l’ultimo rapporto Istat fa rabbrividire, con 6 milioni di italiani annoverati tra i "poveri assoluti". Ovvero, al di sotto di uno standard di vita minimo accettabile.

Il problema dei finanziamenti alle 8900 strutture caritatevoli presenti nel territorio non è certo una novità. Alcuni enti come la Fondazione Banco Alimentare, Caritas, Sant'Egidio e Croce Rossa si sono fatti sentire e si sono coinvolti in un lavoro che va avanti da più di tre anni. Ma che, purtroppo, continua a subire rallentamenti di ogni genere. «La situazione più difficile è stata affrontata proprio quest’anno», spiega Marco Lucchini, direttore della Fondazione Banco Alimentare Onlus. L’Italia, infatti, ha ricevuto i finanziamenti dal Fondo europeo di aiuto agli indigenti (Fead), previsto per il 2014-2020. Ma i soldi, di fatto, arriveranno nelle casse dello Stato solo a dicembre 2014. «È come ricevere lo stipendio alla fine del mese», spiega: «Abbiamo fatto di tutto per sbloccare quei fondi. Ma problemi burocratici non lo hanno permesso. Grazie ad un emendamento approvato dal Parlamento, l’aiuto è arrivato dal nostro Ministero dell’Agricoltura». A settembre, le opere caritatevoli hanno ricevuto 10 milioni di euro in pasta e farina per sfamare i bisognosi.

giovedì 20 novembre 2014

L'Avvento e il cuore corrotto

RECENSIONE

L’Avvento e il cuore corrotto

di Alessandra Stoppa
17/11/2014 - Una riflessione dell'allora cardinale Bergoglio di fronte ai fatti accaduti dopo l'omicidio di una studentessa in Argentina nel 1991. Oltre i luoghi comuni, un cammino, un metodo, per capire cosa sia davvero «il male del nostro tempo»
Questo testo è stato scritto da Jorge Mario Bergoglio quando ancora non era Papa, nel 1991, per il “Caso Catamarca”: l’omicidio di una studentessa, Maria Soledad Morales, avvenuto mesi prima nella provincia argentina. Maria fu uccisa da los hijos del poder, figli di politici locali, che cercarono di insabbiare le prove senza riuscirci. Questo fatto ha segnato la storia del Paese, che all’epoca fu attraversato da proteste popolari ovunque. Di fronte al dolore e all’«impotenza nel generare soluzioni ai problemi», Bergoglio scrive questa riflessione che è stata ripubblicata nel dicembre 2005, quando l’allora Arcivescovo di Buenos Aires volle offrirla di nuovo a tutta la Diocesi per il tempo di Avvento. «È un tempo favorevole», annota, «per essere vigili e attenti a ciò che ci impedisce di aprire il cuore al desiderio di incontrare Gesù Cristo che viene».

mercoledì 19 novembre 2014

Il PCI e l'OVRA: la sporca alleanza

Il Pci e l’Ovra: la sporca alleanza
Roberto Festorazzi


Il gruppo dirigente del Partito comunista, a cominciare dalla fine degli anni Venti del Novecento, organizzò una vera e propria «macchina del terrore» per eliminare la propria minoranza interna, ricorrendo anche al braccio armato dell’Ovra, il tentacolare apparato repressivo e poliziesco del regime di Mussolini.

Una pagina della storia del partito rimasta finora inesplorata e che non si può definire collusione, per il solo fatto che non vi fu alcun patto formalizzato, ma solo una collaborazione di «intelligence» tra le due entità: la polizia fascista da un lato, il Pci dall’altro. In quegli anni dire «gruppo dirigente» del Pci significa alludere direttamente a Palmiro Togliatti, perché, dopo la cosiddetta «svolta» del 1930, il partito fondato a Livorno nel 1921 aderì in toto alla linea staliniana, tanto da divenire – nelle tesi ideologiche, nel corpus e nella prassi – una forza politica bolscevizzata e saldamente guidata dal compagno "Ercoli", fedelissimo e implacabile interprete delle direttive di Mosca.

martedì 18 novembre 2014

L'analista Loretta Napoleoni: Occidente e Islam, è proprio guerra 'a puntate'

Intervista
L’analista Loretta Napoleoni: Occidente e islam,
stavolta è proprio guerra «a puntate»
Nello Scavo
«L’unico leader ad aver capito fino in fondo cosa sia veramente il Califfato e quali rischi, su scala mondiale, possano venire dalle crisi in Medio Oriente è Francesco. La "terza guerra mondiale a pezzi" di cui parla il Papa è un fatto, non una suggestione. Ora le cancellerie devono decidere: fermare l’escalation militare o peggiorare la situazione, con ripercussioni ad amplissimo raggio». Loretta Napoleoni non è mai stata quel tipo di analista disposto a cedere al "diplomaticamente corretto".

E non lo fa neanche in questa intervista ad Avvenire, a un giorno dall’uscita in Italia del suo Isis. Lo Stato del terrore (Feltrinelli, pagine 144, euro 13), un saggio già divenuto di riferimento nel Regno Unito e negli Usa con il titolo The islamist Phoenix.

Cos’è la "fenice islamica" che chiamiamo Isis?
«Questo movimento è la genesi dello "Stato Islamico". Ho capito che qualcosa di serio stava succedendo alla fine del 2013, quando c’è stata una trasformazione che molti non hanno voluto (o saputo) notare. Quella in Siria e in Iraq non era più una "guerra per procura", nella quale uno sponsor esterno, come il Qatar, prendeva un gruppetto, lo finanziava, gli spediva le armi, sotto il naso della comunità internazionale. Gli americani sapevano, ma consideravano la questione come un problema locale. Anche gli Usa hanno avuto un ruolo: i soldi ai ribelli sono stati forniti anche da loro. Ma questi, intanto, avevano conquistato posizioni chiave, erano in grado di autofinanziarsi, in una sorta di privatizzazione del terrorismo. Da allora quello che alcuni si ostinano a chiamare Isis non esiste più».

Marina Corradi: in un giorno come gli altri

In un giorno come gli altri A cura di M. Corradi

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  Il male di vivere e la Croce che redime
 
 Milano, novembre. Da una vecchia scatola nello sgabuzzino è saltato fuori il mio diario di scuola di quinta ginnasio. Sulla seconda pagina avevo trascritto una poesia di Montale, Il male di vivere. La ho riletta nella mia calligrafia tondeggiante e ancora infantile di quegli anni: «Spesso il male di vivere ho incontrato:/ era il rivo strozzato che gorgoglia/ era l'incartocciarsi della foglia riarsa, / era il cavallo stramazzato./ Bene non seppi, fuori del prodigio/ che schiude la divina Indifferenza:/ era la statua nella sonnolenza/ del meriggio, e la nuvola, e il falco alto levato».
Da bambina in casa avevo visto passare la morte, e a quindici anni ne riconoscevo le tracce dappertutto. L'accartocciarsi della foglia riarsa, il cavallo stramazzato, erano segni che comprendevo bene. Nessuno mi aveva parlato credibilmente di Cristo. E dunque io immaginavo che la salvezza dal dolore potesse essere nella indifferenza descritta da Montale: nella siderale lontananza di certe statue nelle piazze delle città di provincia, nell'ora più calda dell'estate, quando tutto attorno nell'afa è immoto.
Questa mattina però ho aperto gli occhi e ho incontrato il crocifisso di legno appeso sul muro davanti al letto. L'ho comprato anni fa da un robivecchi a Colonia, era confuso in una cassa di cose polverose – sgomberate, credo, dalla casa di un vecchio defunto. Ho pensato che, forse, quel crocifisso stava sulla parete di una stanza di Colonia sotto alle bombe, mentre tutto attorno crollava.
Adesso è la prima cosa su cui poso gli occhi quando mi sveglio. E mi ricordo allora della croce su cui Cristo ci ha salvato dalla morte. A dire la verità, a me pare che di dolore e di morte ce ne siano ancora così smisuratamente tanti, in giro. Però io credo che davvero in quella croce tutta questa immensa mole di sofferenza sia stata salvata; strappata al nulla, abbracciata e sanata.
Ognuno di noi, certo, deve prendersi il pezzo di croce che è suo, e portarlo. Dentro a questo sguardo, comincio a capire, hanno un senso anche le giornate amare. Non è, come credevo da ragazza, l'indifferenza delle nuvole ciò che ti permette di stare davanti al dolore; ma è la croce di Cristo, e l'accettare di mettersene ogni mattina sulle spalle un frammento. Come lo faresti per aiutare, curvo sotto a quel peso, un fratello, o tuo figlio.

RECENSIONI

Un fiore che vale una vittoria

Flora Crescini
18/11/2014 - Il racconto degli ultimi giorni di Charles Péguy. Anche nell'orrore di una guerra assurda, esiste una salvezza per tutti? E cosa salva il mondo? «Perché il problema è non perdere un attimo di stupore»
È uscito in coincidenza col Meeting di Rimini L'ultima marcia del tenente Péguy, di Roberto Gabellini, un'opera poetica in quartine che fa rivivere le ultime giornate dello scrittore francese, precisa nei dettagli storici ed esatta nella conoscenza della sua sensibilità. Da leggere anche l'introduzione di Alessandro Rivali e la postfazione di Pigi Colognesi.

Le storie del video: Manila

LE STORIE DEL VIDEO

Manila e le sorprese dietro l'angolo

di Alessandra Stoppa
14/11/2014 - Prima di arrivare nelle Filippine hanno vissuto a Rio de Janeiro, Shanghai, Seul, Kuala Lumpur. Ne "La strada bella" appaiono mentre vanno a fare caritativa in una bidonville della città. Ecco la vita che c'è dietro quei pochi secondi di filmato
Manila, fine ottobre. Le orchidee sono tutte in fiore ed è Natale inoltrato. Il primo ricordo di Antonietta, quando è arrivata, è che era settembre e vicino alla casa dove avrebbero abitato c’era un gigantesco albero decorato. «Qui le feste natalizie durano per tutti i mesi che finiscono in -bre, con addobbi, party, regali». Le Filippine sono l’ultima meta (per ora) della famiglia Berardi. Da quindici anni, Antonietta si sposta per seguire suo marito Francesco nel lavoro: hanno vissuto a Rio de Janeiro, Shanghai, Seul, Kuala Lumpur e dal 2011 a Manila, e man mano la famiglia cresceva. Oggi hanno sei figli.

Nel video per i 60 anni, si vedono in auto che se ne vanno tutti insieme di domenica in un quartiere poverissimo. Abitano dalla parte opposta della metropoli, la attraversano tutta da sud a nord, per andare in caritativa in una bidonville di Navotas City, vicino alla Smokey Mountain, la montagna fumante di rifiuti. È impossibile sapere quanta gente la abiti. I bambini, anche i più piccoli, aiutano le loro famiglie passando la giornata a smistare rifiuti, per meno di 50 pesos (90 centesimi di euro), a piedi nudi e con ferite che non si rimarginano per la sporcizia attaccata alla pelle.

Papa Francesco: la famiglia ha una forza in sè

MAGISTERO

Niente ideologia, la famiglia ha una forza in sé

sabato 15 novembre 2014

Alain Finkielkraut e l'avvenimento

CMC/ L'INTERVISTA

Noialtri, gli antieredi

di Marie Waller e Silvio Guerra
14/11/2014 - Il dialogo con Alain Finkielkraut, che anticipa l'incontro di lunedì 17 novembre. L'occasione per riprendere in mano le radici, la cultura e l'appartenenza europea. Attraverso lo sguardo di un uomo inquieto e appassionato (da Traces, edizione francese)
Lunedì 17 novembre, il Centro culturale di Milano accoglierà nella sala di via Sant’Antonio 5, alle 21.00, Alain Finkielkraut. Pigi Colognesi e Flora Crescini dialogheranno col filosofo francese su “Ogni cosa è “avvenimento”. Si può pensare e vivere così? Ripartiamo da Péguy”. A sette mesi dalla sua nomina a membro dell’Académie Française, Finkielkraut ha rilasciato un’intervista a Traces, edizione francese di Tracce. La riproponiamo ai nostri lettori.

Alain Finkielkraut, intellettuale e filosofo dell'Ecole Polytechnique di Parigi, grazie alla sua posizione defilata rispetto alle ideologie precostituite, ci permette di avvicinarci a un livello di verità sulle questioni della cultura, dell’appartenenza, dell’Europa, della libertà umana. Pensatore alle prese con la complessità del mondo, offre un chiarimento, con la sua lucidità inquieta e appassionata, sulle sfide della nostra epoca.

Nel suo ultimo libro L'identité malheureuse (Editions Stock), lei ha scritto: «La critica odierna… non vuol sentir parlare di appartenenza. Appartenere, sostiene, equivale a selezionare. L’affiliazione conduce all’esclusione». Come può vivere l’uomo senza appartenere?
Occorre andare alla storia del XX secolo, alla devastazione del nazismo. Questo enorme trauma ha inibito il pensiero. L’Europa ha ormai paura di se stessa. È preoccupata di veder risorgere inesorabilmente i suoi demoni, e fugge l’appartenenza rifugiandosi nell’indeterminazione. Quanti incarnano l’idea di Europa a Bruxelles o altrove si vantano di non riconoscere che dei valori universali e degli individui. Viviamo il trionfo di una ontologia nominalista. Se il nazismo assorbiva gli individui dentro la loro comunità d’origine, l’Europa post-hitleriana, per espiare la propria colpa e purificarsi dei propri antichi e mortiferi errori, non riconosce che l’esistenza di individui isolati. L’antirazzismo ci impedisce di parlare di Islam, ci chiede di riconoscere solo dei soggetti singoli. In queste condizioni è molto difficile anche solo stare di fronte a quello che viviamo.

giovedì 13 novembre 2014

La differenza tra essere "fortino" o "scintilla"

MILANO

La differenza tra l'essere «fortino» o «scintilla»

di Giorgio Paolucci
10/11/2014 - Al Liceo Carducci, la presentazione di "Vita di don Giussani". Un dialogo tra l'autore, Alberto Savorana, il preside Michele Monopoli, l'astrofisico Marco Bersanelli e il salesiano don Erino Leoni. Partendo da una sfida: l'educazione
Aula magna gremita al Carducci di Milano, liceo classico "storico", e uno dei più prestigiosi della città. Studenti e insegnanti di oggi e di ieri, e anche dell'altroieri, a giudicare dai capelli bianchi. Molti amarcord, strette di mano e abbracci tra gente che non si vedeva da anni e che è tornata nella "sua" scuola per partecipare alla presentazione della biografia di don Giussani, alla presenza dell'autore, Alberto Savorana, e di tre persone che a vario titolo incrociano il tema dell'educazione: il preside del Carducci, Michele Monopoli, il presidente della Fondazione Sacro Cuore, Marco Bersanelli, e don Erino Leoni, direttore del seminario salesiano di Nave in provincia di Brescia.

Due di loro hanno frequentato molto da vicino il fondatore di CL, gli altri due lo hanno conosciuto leggendo il libro. Ma tutti e quattro ne parlano come di una persona viva, che ha da dire qualcosa di decisivo sulla frontiera più instabile della nostra società, l'educazione appunto.

"Abbiamo un destino, ed è fatto di bellezza"

LE STORIE DEL VIDEO

«Abbiamo un destino, ed è fatto di bellezza»

di Alessandra Stoppa
12/11/2014 - È uno dei volti de "La strada bella". Siamo andati a conoscere Alessandra, in Cile da 28 anni. Che ricorda di quando don Giussani le disse: «Chiedi alla Madonna di poter servire la Chiesa con la stessa umiltà e letizia con cui stai pulendo questo bagno»
Alessandra, per tutti Iaia, ha conosciuto il cristianesimo nei suoi genitori, giorno dopo giorno, nella loro casa di Bolzano. Dalla madre, maestra elementare, ha imparato che ogni uomo ha un destino. Le bastava guardarla correggere i quaderni fino a tardi o sentire come parlava dei suoi alunni: «Aveva la certezza che ciascuno di loro era nato per qualcosa di positivo». Da suo padre ha imparato a vedere la bellezza. «Innanzitutto quella di mia madre, perché è un uomo innamorato, e poi della vita, della natura, soprattutto della montagna, e del cucinare. Così, insieme, mi hanno insegnato questi due aspetti del cristianesimo: abbiamo un destino e questo destino è fatto di bellezza».

La strada bella: chi era quell'uomo che ha suscitato tutta questa storia?

LA STRADA BELLA / LETTERA

Ma chi era quest'uomo?

di Luca Doninelli
13/11/2014 - Un amico scrittore (e firma di Tracce) racconta che cosa lo ha colpito del film sui 60 anni di CL. Spiegando perché ci ha trovato dentro «lo spettacolo immenso e terribile» di una domanda che interpellava gli apostoli. E che sfida noi ora
Caro Direttore,
ho parlato con diversi amici del film La strada bella sui sessant’anni del nostro movimento. Il bello di un’operazione come questa sta anche nella sua capacità di sollevare discussioni.

Ho ascoltato e letto molti elogi e anche alcune critiche, e in un paio di occasioni mi sono trovato nella situazione comica di essere il solo, in mezzo a tutti ciellini, a difendere questo film. Il giudizio espresso da Davide Rondoni (che è mio amico), per esempio, è stato sostenuto pressappoco con gli stessi argomenti da altri miei amici carissimi. Si parla di “look buonista”, di ambientazioni un po’ “da santino”, di troppo spazio dedicato a certe realtà e troppo poco ad altre, e via dicendo. Qualcuno sottolinea pure che dei seicento filmati arrivati ne saranno stati usati sì e no una cinquantina.

mercoledì 12 novembre 2014

Dialogo tra M.von Trotta, Camillo Fornasieri e Monica Sholz

Eventi

Milano: La persona tra potere e libertà

Incontro con Margarethe von Trotta

Leggi l'articolo di Aldo Brandirali su Il Sussidiario.net come resoconto della serata

Il Centro Culturale di Milano ha organizzato l'incontro dal titolo "La persona tra potere e libertà. Una crisi ci costringe a tornare alle domande" (H. Arendt).
Margarethe von Trotta, regista cinematografica Autrice del film H. Arendt (Germania, 2012) ha dialogato con Camillo Fornasieri e Monica Sholz.
Sembrano cedere le evidenze stesse dei fondamenti della convivenza, del valore della persona, dentro una crisi che è antropologica economica: emergono anche nuove domande e riprese del valore della persona come rapporto con il suo destino e come bisogno dell’altro, sentiti come parte viva della propria esperienza. Sono segni e semi di reale speranza, di un pensiero che nasce dall’esperienza e non da teorie e ideologie e che si riferiscono ad esempi della storia passata e presente.

martedì 11 novembre 2014

Sinead O'Connor & the Chieftains- The Foggy Dew

La strada bella: come ti (cine)racconto CL

Una vita con don Giussani Come ti (cine)racconto Cl

La strada bella, montando più di seicento video, mette in scena il variegato mondo di Comunione e Liberazione. Con semplicità


C'è una ragazza orientale che fa l'insegnante ripresa davanti a una scalinata che dice: facendo questo lavoro non posso non pensare che anche don Giussani, molti anni fa, ha salito dei gradini entrando in una scuola.
Molti anni fa, sessanta per la precisione. Era l'ottobre 1964 e don Luigi Giussani, giovane prete brianzolo con sicure prospettive da teologo, iniziava ad insegnare al Liceo Berchet di Milano. Dalle lezioni che terrà a quegli studenti nascerà il movimento di Comunione e Liberazione, oggi diffuso in tutto il mondo. Per raccontare questi sessant'anni, a quasi dieci dalla morte del fondatore di cui è in corso la causa di beatificazione e canonizzazione, Roberto Fontolan, responsabile del Centro internazionale di CL, e Monica Maggioni, direttore di Rainews 24, hanno realizzato La strada bella , un documentario montato da 603 video arrivati da 43 Paesi.

sabato 8 novembre 2014

Chi sono i protagonisti del video dei 60 anni di CL

LE STORIE DEL VIDEO

«Ho inventato una storia per tirarti fuori dal niente»

di Alessandra Stoppa
07/11/2014 - È uno dei volti che compare nel filmato per i 60 anni del movimento. Siamo andati a scoprire chi è Nicola, tecnico delle caldaie a Rimini. E di come l'incontro con CL gli ha cambiato la vita: «Volevo vedere quello che vedevano loro»
Nicola ha preso la vita un po' alla rovescia. «Da piccolo stavo con i più grandi e da grande ho iniziato a fare il ragazzino». Era sicuro di avere tutto, ma quando è nata sua figlia ha realizzato che non aveva niente. Rovesciato. Essere felice era spendere mille euro di vestiti in una botta o fare vacanze di livello, «che poi non me le godevo, perché in fondo ero sempre incazzato». Gli amici lo avevano soprannominato "il drastico". Lui, per non pensare, si buttava un po' via.

venerdì 7 novembre 2014

Borgna: il video per i 60 anni di Comunione e Liberazione

LA STRADA BELLA

Un'ora e un quarto di «stupefazione»

di Paola Bergamini
07/11/2014 - Lo psichiatra Eugenio Borgna alle prese con il video per i sessant'anni del movimento, visto non appena è uscito. La gratitudine per la storia e per i volti che don Giussani ha generato, insieme a quel «filo invisibile» che si chiama comunione
«È stata un'ora e un quarto trascorsa in una condizione umana di partecipazione emozionale e di pensiero. Nella stupefazione di che cosa don Giussani ha generato. Oggi, in tutto il mondo». Così Eugenio Borgna, primario emerito di Psichiatria all'ospedale Maggiore di Novara, racconta del video per i sessant'anni del movimento, «visto immediatamente, appena mi è arrivata copia di Tracce». Quel primo incontro con don Giussani, avvenuto a fine anni Ottanta, rivive oggi guardando lo scorrere delle immagini di questa storia che negli anni si è intrecciata in vario modo con la sua.

Che cosa l'ha colpita del video?
La continuità delle esperienze, cioè l'accoglienza degli altri, del mistero dell'altro. C'è un filo che unisce tutte le situazioni: una comune speranza, una capacità di vivere l'istante in cui emerge il destino di ogni incontro. Direi la capacità di testimoniare, sempre, anche nel dolore e nella sofferenza, quel desiderio di infinito che oltrepassa il dolore, le angosce la disperazione. Nei volti delle persone - donne uomini, bambini - ho ritrovato lo specchio della semplicità, della profondità, della capacità di intendere i significati che si nascondono nell'infinita fisionomia della realtà che contraddistingueva don Giussani.

Dialogo con Margareth von Trotta

Venerdì 7 novembre ore 21,00
Sala Sant’Antonio 5
Interviene
Margarethe von Trotta, regista cinematografica Autrice del film H. Arendt
Dialogo con Camillo Fornasieri e Monica Scholz
Sembrano cedere le evidenze stesse dei fondamenti della convivenza, del valore della persona, dentro una crisi che è antropologica economica: Emergono anche nuove domande e riprese del valore della persona come rapporto con il suo destino e come bisogno dell’altro, sentiti come parte viva della propria esperienza. Sono segni e semi di reale speranza, di un pensiero che nasce dall’esperienza e non da teorie e ideologie e che si riferiscono ad esempi della storia passata e presente.
Margarethe von Trotta, donna di grande cultura europea e regista di fama internazionale di un cinema indipendente e non commerciale, ha raccontato sempre con originalità i percorsi di queste libertà in azione, accompagnandoli con interrogativi interessanti e mostrando il fascino, la ragionevolezza e la battaglia umana e culturale di questi esempi di persone.
I suoi recenti film come Vision su Ildegarda di Bingen, monaca Badessa e genio del XII secolo e Hannah Arendt, filosofa del novecento (il cui film a Milano ha avuto 6mila spettatori).

giovedì 6 novembre 2014

Lucetta Scaraffia: il dibattito sull'eutanasia

"La morte per scelta di Brittany Maynard ha riproposto il problema su tutti i media, pronti a gettare sul campo le solite ragioni a favore dell’eutanasia, sen- za l’avvertenza di segnalare che la questione si sta velocemente allar- gando: dai casi di vita considerata come vegetativa, si è passati a so- stenere apertamente la scelta euta- nasica di persone che ancora sono in possesso di tutte le loro facoltà, ma hanno avuto una diagnosi in- fausta. La maggior parte dei com- menti sembrano infatti favorevoli alla scelta della giovane americana, la leggono come una prova di co- raggio e soprattutto la interpretano come un allargamento della sfera dei diritti umani. Scegliere quando e come morire sarebbe infatti un nuovo diritto conquistato, un’altra acquisizione ai fini del riconosci- mento della dignità umana.

La Corte di Giustizia Europea vuol mandare in bancarotta la Chiesa italiana

L'Europa vuole far fallire la Chiesa italiana di Massimo Introvigne06-11-2014 AA+A++
La Corte di giustizia dell’Unione Europea – da non confondersi con la Corte Europea dei Diritti dell’Uomo, quella per intenderci del caso del crocefisso, che, a differenza della prima, non è un organo dell’Unione Europea – vuole mandare in bancarotta la Chiesa italiana. Non è un modo di dire. La Corte UE ha dichiarato ammissibile nel merito un ricorso contro la Commissione europea, la quale aveva rinunciato a chiedere all’Italia di recuperare dalla Chiesa Cattolica l’importo delle esenzioni ICI e IMU di cui ha beneficiato dal 2006 al 2011, oltre a deduzioni dalle tasse sul reddito. Il conto per la Chiesa sarebbe di circa quattro miliardi: un conto, appunto, da bancarotta.
Si tratta di un ovvio attacco alla libertà religiosa: quando si vuole mettere a tacere qualcuno, i burocrati europei – e quelli di varie nazioni – usano spesso lo strumento fiscale. Si può pensare ogni male dei Testimoni di Geova sul piano teologico, ma si deve essere grati ai loro avvocati perché nel 2011 hanno fatto condannare la Francia dalla Corte Europea dei Diritti dell’Uomo perché – volendo colpire la loro organizzazione nell’ambito delle note campagne francesi contro le «sette» – ha cercato di usare in modo strumentale il fisco, di fatto violando la libertà religiosa.

martedì 4 novembre 2014

Lettere di giovani studenti

La vita è mia, irriducibilmente mia

Lettere di giovani studenti
A cura di Gianni Mereghetti
Prefazione di Julián Carrón
La vita è mia, irriducibilmente mia
Editore: Piccola Casa Editrice - Milano
Anno: 2014
Pagine: 160

«Auguro a chi leggerà le lettere e le testimonianze raccolte in questo piccolo libro di intravvedere la possibilità di una strada per sé, vivendo all’altezza dei propri desideri dentro la normalità della vita a scuola, accompagnati da quello che don Giussani scrisse nel 1946 a un giovane amico: “Ti assicuro che la giovinezza è tutta nell’infinità dei desideri, e dei sogni che ora scrollano la tua anima magnifica. Ti assicuro che Lui ci dona la possibilità di realizzarli: e che la nostra giovinezza non cessa mai”».
(Dalla prefazione di Julián Carrón)

domenica 2 novembre 2014

Elena Mazzola: l'accadere dell'esperienza culturale

La questione



L’accadere dell'esperienza cultura

Nota conclusiva del recente tour di Aleksandr Filonenko ed Elena Mazzola

Si è da poco concluso il terzo grande tour italiano di Aleksandr Filonenko che ha attraversato anche questa volta il nostro Paese in lungo e in largo. Che cosa è accaduto? Ne è valsa la pena? Che cosa rimane? O, più semplicemente, che cosa sono, di fatto, questi tour? Ci sono amici che mi han perfino detto: «Dopo Giovanotti ci siete voi, vi mancano solo gli stadi…».
A dirla in parole povere quest’ultima serie di incontri è nata perché abbiamo scritto un libro, L’oceano del Mistero (edizioni SEF) e siamo, molto banalmente, andati in diverse città a presentarlo. È un libro che ha entusiasmato noi, fin dall’inizio, per com’è nato, perché è fatto di dialoghi, di incontri tra uomini che non si conoscevano e diventano amici per una comune passione al Destino e quindi è vivo e continua a incontrare gente. Abbiamo avuto un saggio di quello che può accadere leggendo il libro a La Spezia: un giovane sacerdote ne legge un brano in classe durante l’ora di religione e una ragazzina scoppia a piangere e inizia un’avventura di amicizia con lui (e con noi); un professore di filosofia e teologia è invitato a presentarlo insieme a Filonenko e ci svela la profondità e la consistenza del pensiero filosofico dell’autore cogliendolo perfettamente tra le righe di un testo che scientifico, decisamente, non è.