martedì 30 aprile 2019

Padre Pernet: Il Vangelo "guancia a guancia"

La prefazione del Papa al libro su padre Pernet

Il commento di Francesco al libro "Il Vangelo guancia a guancia. Vita di padre Pernet" di Paola Bergamini. La storia del fondatore delle Piccole Suore dell'Assunzione, da domani in libreria con Piemme
Papa Francesco
Ero nato da meno di un giorno, quando una giovane novizia delle Piccole Suore dell’Assunzione fondate da padre Stefano Pernet, Antonia, venne a casa nostra, nel quartiere Flores di Buenos Aires, e mi tenne tra le sue braccia. Sono rimasto in contatto con quella suora durante tutta la sua vita, fino a quando è andata in Cielo alcuni anni fa. Ho tanti ricordi legati a queste religiose che come angeli silenziosi entrano nelle case di chi ha bisogno, lavorano con pazienza, accudiscono, aiutano, e poi silenziosamente se ne tornano in convento. Seguono la loro regola, pregano e poi escono per raggiungere le abitazioni di chi è in difficoltà facendo le infermiere e le governanti, accompagnando i bambini a scuola e preparando loro da mangiare.
Padre Stefano Pernet (1824-1889)Padre Stefano Pernet (1824-1889)

Lisa Ginzburg: I gulag di Salomov

EPISTOLARIO
I gulag di Šalamov Cronaca e denuncia col rigore del poeta
Si impara molto leggendo l’epistolario di Šalamov ora tradotto in Francia ( Correspondance avec Alexandre Soljenitsyne et Nadejda Mandelstam, Verdier, pagine 217, euro 10,60). Si impara circa una rete di relazioni della Russia del dopo gulag, le cui maglie sono intreccio di dialoghi a cavallo tra solidarietà e dissensi, conversazioni segnate a ogni virgola dal dramma storico appena conclusosi, terra bruciata che ancora esala morte. La durissima stagione del totalitarismo è finita, si tratta ora di raccontare, testimoniare. Già, ma farlo come?
È il 1962 quando i due grandi scrittori russi anti staliniani Varlam Šalamov e Aleksandr Solženicyn si incontrano per la prima volta a Mosca, nella redazione della celebre rivista letteraria 'Novyi Mir'. Parlano di un racconto di Solženicyn allora appena pubblicato col titolo Una giornata di Ivan Denisovic. Pochi mesi dopo, Šalamov scrive a Solženicyn riprendendo la discussione. Certo, Šalamov gli dice, le sue pagine svolgeranno da quel momento funzione di «rompighiaccio » e di «faro», nonostante «la verità si scontri con una forte resistenza, perché le persone di norma vogliono acqua corrente, quella che non ha bisogno di alcun rompi-ghiaccio». E tuttavia, qualcosa dal punto di vista della forma lo lascia perplesso: il modo in cui la violenza del sistema totalitario di Stalin è stata trasfigurata da Solženicyn non lo convince del tutto.

domenica 28 aprile 2019

Simone Weil, Le Christ

FILOSOFIA
Simone Weil, la mia fede è tutta ai piedi della Croce
«Quando leggo il Nuovo Testamento, i mistici, la liturgia, quando vedo celebrare la messa, avverto quasi la certezza che questa fede è la mia, o più esattamente sarebbe mia senza la distanza che la mia imperfezione ha posto tra me e lei»: così scriveva Simone Weil a padre Marie-Alain Couturier nella ben nota Lettera a un religioso.
I due si erano conosciuti a New York, dove la famiglia Weil si era trasferita nel luglio 1942 per sfuggire al nazismo. A Couturier l’aveva presentata un confratello domenicano, Joseph-Marie Perrin, che Simone aveva frequentato a Marsiglia a partire dal 1941. Con quest’ultimo, impegnato nella Resistenza, era diventato amico e a lungo avevano discusso del cristianesimo, anche animatamente. Ma la filosofa aveva preferito sempre restare sulla soglia: pur manifestando la sua adesione alla figura di Cristo, rimanevano in lei numerose perplessità sulla Chiesa cattolica. Che emergono in tutta evidenza nel volume Attesa di Dio, pubblicato postumo nel 1949 proprio su iniziativa di padre Perrin. Non sopportava la Chiesa cattolica come organizzazione e collettività, e poi l’incapacità che riscontrava a quel tempo di valorizzare le altre culture e religioni e il mondo dei non credenti (non c’era ancora stato il Concilio!), manifestatasi con la violenza più volte nel corso della storia. Infine, pesava il suo sentirsi inadeguata ad essere accolta dalla Chiesa. Per questo partecipava alla Messa ma non voleva ricevere l’ostia. Così come non cedette mai sul battesimo.

giovedì 4 aprile 2019

Medjugorie, una chiesa viva


 
 

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Parla Hoser: Medjugorje segno di una Chiesa viva
L’arcivescovo polacco: colpito dalle molte conversioni e dalle tante confessioni
«Medjugorje è il segno di una Chiesa viva». L’arcivescovo Henryk Hoser, polacco, una vita passata con incarichi in Africa, Francia, Olanda, Belgio, Polonia, da quindici mesi è inviato di papa Francesco nella parrocchia balcanica conosciuta in tutto il mondo per le presunte apparizioni mariane cominciate il 26 giugno 1981 e - secondo alcuni dei sei presunti veggenti coinvolti - ancora in atto. Ha appena terminato un’affollata catechesi ai pellegrini italiani, nella grande 'sala gialla' utilizzata anche per seguire le liturgie in videoconferenza, perché la pur grande chiesa é diventata insufficiente.
Una 'Cattedrale' sorta inspiegabilmente in una campagna disabitata, ben prima delle apparizioni...
È stato un segno profetico. Oggi arrivano pellegrini da tutto il mondo, da 80 Paesi. Ogni anno ospitiamo quasi tre milioni di persone.