venerdì 28 dicembre 2018

Adua, l'ospedale di suor Laura

REPORTAGE
Suor Laura, una speranza per Adua
Adua
«Li vedevo morire sotto i miei occhi, tra le mie braccia. Non potevo continuare a commuovermi per la sorte di quei bambini e rimanere inattiva, dovevo fare qualcosa per loro. Io sono fatta così». È fatta così Laura Girotto, suora salesiana, donna infaticabile, un vulcano di idee, una fucina di opere. L’ultima in ordine di tempo verrà inaugurata tra poche settimane, il 31 gennaio, in occasione della festa di San Giovanni Bosco: un ospedale ad Adua – nella regione del Tigrè, Etiopia – che si va ad aggiungere ad altre attività nate in questi anni nella missione salesiana di Kidane Mehret, da lei fondata nel 1994 con l’aiuto dell’Associazione Amici di Adwa-Onlus. Si comincerà con pronto soccorso, sala parto, ambulatori e un reparto di degenza con 27 posti letto. È opera quanto mai necessaria un ospedale da quelle parti, dove la mortalità infantile miete 50 vittime ogni mille nati, e dove le strutture sanitarie statali sono gravemente deficitarie. L’ospedale nasce nello spirito che anima tutte le attività della missione: formare personale che nel tempo diventi capace di far crescere la struttura in maniera autonoma. «Devono imparare a farcela da soli, gestendo con strutture e metodi adeguati quello che in questi anni abbiamo costruito insieme. Il nostro obiettivo è renderci superflui. Il futuro dell’Etiopia devono costruirlo gli etiopi, altrimenti si rischia un neocolonialismo mascherato dalle buone intenzioni», osserva suor Laura, che ha alle spalle un “curriculum missionario” comprendente India, Siria, Egitto, Zaire e Libano. 

giovedì 13 dicembre 2018

Inediti: Robert Spaemann

Spaemann: «O Dio è, o l’uomo è illusione»
Fissione nucleare, così iniziò l’era atomica / 24 Klimt e De Chirico: filosofia a colori / 25 La musica di Diodato contro le mafie / 26 Sport invernali, un test per l’Italia / 27
INEDITI
Signori e signore, cari amici: o Dio c’è oppure l’autocomprensione dell’uomo in quanto essere di ragione, vale a dire in quanto persona, è un’illusione. Il razionalismo dell’Illuminismo da lungo tempo si è abbandonato alla fede nella impotenza della ragione umana, alla fede nel fatto che noi non siamo ciò che pensiamo di essere: esseri liberi, autodeterminati. La fede cristiana non ha mai considerato l’uomo tanto libero come ha fatto l’idealismo, ma nemmeno lo considera così privo di libertà come fa oggi invece lo scientismo. Ragione, ratio, significa tanto ragione quanto fondamento.
La visione scientista del mondo considera il mondo e dunque anche se stessa come priva di un fondamento. La fede in Dio è la fede in un fondamento del mondo, che lui stesso non è senza fondamento, dunque irrazionale, ma 'luce', trasparente a se stessa e così suo proprio fondamento. La prima domanda che vorrei discutere è: che cosa crede colui che crede in Dio? Egli crede in una fondamentale razionalità della realtà. Egli crede che il bene sia più fondamentale del male. Egli crede che ciò che è inferiore debba essere compreso a partire da ciò che è superiore e non viceversa. Egli crede che il non senso presupponga il senso e che il senso non sia una variante dell’assurdo. Questo però significa che, contrariamente a quanto afferma David Hume, secondo il quale ' we never really advance a step beyond ourselves', colui che crede in Dio crede che nell’incontro con gli altri noi abbiamo a che fare con la realtà. Non possiamo amare un uomo senza credere che l’altro è reale. Nel concetto di 'Dio' noi pensiamo l’unità di due predicati, che nel nostro mondo esperienziale solo qualche volta e mai in modo necessario risultano connessi l’uno all’altro: l’unità dei predicati 'potente' e 'buono', l’identità del potere assoluto e del bene assoluto, l’unità di essere e senso. Questa unità non è per noi una verità analitica. Essa non si comprende da se stessa [...].

mercoledì 12 dicembre 2018

J. Vanier, L'aldilà

ANTICIPAZIONE
L’aldilà? È la libertà dell’amore
Che cosa succede quando moriamo? Credo che ci addormentiamo, e che poi c’è un risveglio nella luce. Questa luce è così pacifica e piena di gloria che, quando ci svegliamo, è un momento di giubilo incredibile. Questa luce è Dio? Non ne siamo certi. Forse è un riflesso di Dio. Dopo tutto, non siamo ancora pronti per un incontro faccia-a-faccia o cuore-a-cuore. Tuttavia, è chiaro che qui siamo benvenuti e che non siamo soli. Abbiamo la sensazione di essere avvolti da qualcosa di meravigliosamente intimo. È una profonda esperienza di pace interiore.
In mezzo a questa bellezza, a questo sollievo e benessere, sorge una domanda: che cosa succederà adesso? Forse per il nostro desiderio di sapere e di cercare, abbiamo la sensazione che in questa luce vi sia una presenza. Intravvediamo un volto. C’è un incontro. Non è un’unione, ma una relazione. Dio non è soltanto questa luce, ma una presenza, una persona. D’un tratto scopro che sono amato da questa persona.
Mi sembra che sapere di essere amati così profondamente e così semplicemente potrebbe portare ad una profonda tristezza e senso di colpa. Come è possibile che io sia amato? Ho rifiutato così spesso la vita, ho omesso di essere aperto alla vita, ho cercato in tutti i modi di tenere il controllo di me stesso. Spesso ho ferito gli altri, non sono stato capace di riconoscere la loro bellezza, ho omesso di portare loro la stessa sensazione di pace e appartenenza che sento ora. Non posso meritare questo amore! Si tratta di un momento di pena interiore, quasi di strazio. La Chiesa lo ha chiamato purgatorio, che è una sorta di purificazione. Tutti quei momenti in cui abbiamo calpestato la vita omettendo di testimoniare in favore della verità, mancando di accettarci l’un l’altro, ritornano. E siamo pieni di sensi di colpa e di vergogna nel trovarci davanti a questa presenza di Dio, essendo stati così miserabili.

domenica 25 novembre 2018

giovedì 22 novembre 2018

Colletta Alimentare 2018

Raccogliere 16 milioni di pasti in un solo giorno è una grande impresa e per realizzarla Fondazione Banco Alimentare Onlus ha deciso di moltiplicare gli sforzi introducendo una novità dopo 22 anni di Colletta Alimentare: da quest’anno infatti sarà possibile aderire all’iniziativa anche facendo la spesa online sulle piattaforme di alcune grandi catene di distribuzione. Sui siti di Auchan, Carrefour e Esselunga dal 22 al 26 novembre sarà possibile accedere ad una sezione dedicata  e scegliere tramite un semplice click gli alimenti a lunga conservazione da donare: alimenti per l’infanzia, olio, sughi e pelati, tonno e carne in scatola. Lo spirito di questa nuova iniziativa è spiegato da Andrea Giussani, Presidente Fondazione Banco Alimentare Onlus: “La Colletta Alimentare è innanzitutto un incontro, in cui ognuno diventa protagonista e sperimenta la gioia della condivisione. Per questo il nostro primo invito rimane quello di recarsi sabato 24 novembre in uno dei 13.000 supermercati che aderiscono all’iniziativa, ma vorremmo anche coinvolgere tutti coloro che, per i motivi più diversi, scelgono oggigiorno di fare la spesa online. Vogliamo offrire a tutti la possibilità di dare il proprio contributo”. 
Le donazioni di alimenti ricevute grazie alla spesa online e nella giornata di raccolta di sabato 24 novembre andranno a integrare quanto il Banco Alimentare recupera quotidianamente, combattendo lo spreco di cibo. Nel 2017, grazie all’efficiente rete logistica dei 21 magazzini locali di cui si compone la Rete Banco Alimentare, sono state distribuite oltre 91.000 tonnellate di cibo a 8.042 strutture caritative (mense per i poveri, comunità per minori, banchi di solidarietà, centri d’accoglienza, ecc.) che aiutano più di 1.580.000 persone bisognose in Italia, di cui quasi 140.000 bambini.
Per sostenere i costi di trasporto e stoccaggio degli alimenti donati il giorno della Colletta Alimentare dall’11 novembre al 3 dicembre sarà attivo l’sms solidale al numero 45582 (Il valore della donazione sarà di 2 euro per ciascun SMS inviato da cellulari Wind Tre, TIM, Vodafone, PosteMobile, Iliad, Coop Voce, Tiscali. Sarà di 5 euro per le chiamate da rete fissa TWT, Convergenze, PosteMobile, e di 5 e 10 euro da rete fissa TIM, Wind Tre, Fastweb, Vodafone e Tiscali).
La Colletta Alimentare è il gesto con il quale la Fondazione Banco Alimentare aderisce alla Giornata Mondiale dei Poveri 2018, indetta da Papa Francesco. Questo evento, che gode dell’Alto Patronato della Presidenza della Repubblica, é reso possibile grazie alla collaborazione dell’Esercito Italiano e alla partecipazione di decine di migliaia di volontari aderenti all’Associazione Nazionale Alpini, alla Società San Vincenzo De Paoli, alla Compagnia delle Opere Sociali, a centinaia di altre associazioni e da quest’anno all’Associazione Nazionale Bersaglieri.
 
 

martedì 13 novembre 2018

M.Azurmendi, El Abrazo

Questa settimana a Madrid verrà presentato “El Abrazo”, l’ultimo libro di Mikel Azurmendi, un’inchiesta sui cristiani di CL

13.11.2018 - Fernando De Haro
Mikel Azurmendi
Questa settimana a Madrid verrà presentato El Abrazo, l’ultimo libro di Mikel Azurmendi. Il sociologo, il professore di filosofia, uno dei grandi artefici della resistenza intellettuale all’Eta, lo studioso dell’immigrazione, un riferimento come pochi in Spagna su tanti temi si è addentrato in un’inchiesta sulla vita dei cristiani di Comunione e liberazione. “La mia ricerca su questi cristiani così speciali non è stato altro che indagare sul significato della vita”, dice.
Azurmendi inizia il suo lavoro da una serie di incontri fortuiti. In un momento della vita in cui ha percepito “che gli altri mi stavano chiamando”, il sociologo intraprende un viaggio sorprendente. Un itinerario segnato da decine di relazioni personali che osserva con un capacità sorprendente di andare a fondo. Buona parte delle grandi questioni della filosofia e della sociologia moderna sono presenti in quegli occhi che arrivano con quella genialità che solo alcuni artisti hanno, con un orecchio assoluto, al “mondo della vita” che si fa giudizio, possibilità. La cosa affascinante è che tutto l’apparato critico di Azurmendi non è fonte di scetticismo davanti a storie umane piene di limiti, non alimenta obiezioni ragionevoli in un 90% delle loro motivazioni.

sabato 10 novembre 2018

Red Land: il primo film sulle foibe

Cinema.
Arriverà il 15 nelle sale la pellicola “Red Land” del regista italo-argentino Maximiliano Hernando Bruno: «Il dovere di raccontare»
ROSSO ISTRIA
Il film che rompe il silenzio sulle Foibe
Istria, Italia, settembre 1943. Badoglio, capo del governo italiano, ha firmato l’Armistizio con gli anglo-americani ed è fuggito insieme al re. L’esercito non riceve più ordini. Non sa più a chi dovrà obbedire e contro chi dovrà combattere ora che l’ex alleato tedesco è improvvisamente il nemico. Il caos regna sovrano in tutta Italia, ma sul confine adriatico diventa dramma a tinte fosche: i “liberatori” che fanno irruzione in Istria e Dalmazia non sono inglesi o americani, qui arrivano i partigiani di Tito, assetati di sangue e determinati a massacrare la popolazione inerme e confusa. Riassunta oggi nel termine generico di “Foibe”, ha inizio la pulizia etnica contro gli italiani, culminata con decine di migliaia di “desaparecidos” e l’esodo biblico di 350mila disperati... Figura simbolo di tutto ciò è Norma Cossetto, 23 anni, di Visinada (Pola), studentessa all’università di Padova: catturata per essere “interrogata”, viene stuprata per una notte intera da diciassette partigiani, seviziata, mutilata, infine gettata nella foiba di Surani...

lunedì 29 ottobre 2018

Sinodo dei Giovani, Discorso finale di Papa Francesco

Il documento finale dell’Assemblea sinodale

Il discorso di Papa Francesco in chiusura dei lavori della XV Assemblea Generale Ordinaria del Sinodo dei Vescovi sul tema “I giovani, la fede e il discernimento vocazionale” (3-28 ottobre 2018): "Anch’io devo dire grazie, a tutti. Al Cardinale Baldisseri, a Mons. Fabene, ai Presidenti delegati, al Relatore, ai Segretari speciali – ho detto che avevano “lasciato la pelle” nel documento preparatorio; adesso credo che lascino a noi le ossa, perché hanno perso tutto! –; grazie agli esperti: abbiamo visto come si passa da un testo martire a una commissione martire, quella di redazione, che ha fatto questo con tanto sforzo e tanta penitenza. Grazie. Grazie a tutti voi, agli uditori e fra gli uditori specialmente i giovani, che ci hanno portato la loro musica qui in Aula – ”musica” è la parola diplomatica per dire chiasso, ma è così… Grazie.
Due cosine che mi stanno a cuore. Primo: ribadire una volta in più che il Sinodo non è un Parlamento. E’ uno spazio protetto perché lo Spirito Santo possa agire. Per questo, le informazioni che si danno sono generali e non sono le cose più particolari, i nomi, il modo di dire le cose, con cui lo Spirito Santo lavora in noi. E questo è stato uno spazio protetto. Non dimentichiamolo, questo: è stato lo Spirito a lavorare, qui. Seconda cosa, che il risultato del Sinodo non è un documento, l’ho detto all’inizio. Siamo pieni di documenti. Io non so se questo documento al di fuori avrà qualche effetto, non lo so. Ma so di certo che deve averlo in noi, deve lavorare in noi. Noi abbiamo fatto il documento, la commissione; noi l’abbiamo studiato, l’abbiamo approvato. Adesso lo Spirito dà a noi il documento perché lavori nel nostro cuore. Siamo noi i destinatari del documento, non la gente di fuori. Che questo documento lavori; e bisogna fare preghiera con il documento, studiarlo, chiedere luce… È per noi, il documento, principalmente. Sì, aiuterà tanti altri, ma i primi destinatari siamo noi: è lo Spirito che ha fatto tutto questo, e torna a noi. Non bisogna dimenticarlo, per favore.
E una terza cosa: penso a nostra Madre, la Santa Madre Chiesa. Gli ultimi tre numeri sulla santità [nel documento] fanno vedere cosa è la Chiesa: la nostra Madre è Santa, ma noi figli siamo peccatori. Siamo peccatori tutti. Non dimentichiamo quell’espressione dei Padri, la “casta meretrix”, la Chiesa santa, la Madre santa con figli peccatori. E a causa dei nostri peccati, sempre il Grande Accusatore ne approfitta, come dice il primo capitolo di Giobbe: gira, gira per la Terra cercando chi accusare. In questo momento ci sta accusando fortemente, e questa accusa diventa anche persecuzione; può dirlo il Presidente di oggi [il Patriarca Sako]: il suo popolo [la Chiesa in Iraq] è perseguitato e così tanti altri dell’Oriente o di altre parti. E diventa anche un altro tipo di persecuzione: accuse continue per sporcare la Chiesa. Ma la Chiesa non va sporcata; i figli sì, siamo sporchi tutti, ma la Madre no. E per questo è il momento di difendere la Madre; e la Madre la si difende dal Grande Accusatore con la preghiera e la penitenza. Per questo ho chiesto, in questo mese che finisce tra pochi giorni, di pregare il Rosario, pregare San Michele Arcangelo, pregare la Madonna perché copra sempre la Madre Chiesa. Continuiamo a farlo. È un momento difficile, perché l’Accusatore attaccando noi attacca la Madre, ma la Madre non si tocca. Questo volevo dirlo di cuore alla fine del Sinodo. E adesso, lo Spirito Santo regala questo documento a tutti noi, anche a me, per riflettere su ciò che vuole dire a noi. Grazie tante a tutti, grazie a tutti!
"

domenica 14 ottobre 2018

Santa Messa di canonizzazione di Paolo VI, Mons. Romero e altri...

OMELIA DEL SANTO PADRE FRANCESCO
Piazza San Pietro
Domenica, 14 ottobre 2018



La seconda Lettura ci ha detto che «la parola di Dio è viva, efficace e tagliente» (Eb 4,12). È proprio così: la Parola di Dio non è solo un insieme di verità o un edificante racconto spirituale, no, è Parola viva, che tocca la vita, che la trasforma. Lì Gesù in persona, Lui che è la Parola vivente di Dio, parla ai nostri cuori.
Il Vangelo, in particolare, ci invita all’incontro con il Signore, sull’esempio di quel «tale» che «gli corse incontro» (cfr Mc 10,17). Possiamo immedesimarci in quell’uomo, di cui il testo non dice il nome, quasi a suggerire che possa rappresentare ciascuno di noi. Egli domanda a Gesù come «avere in eredità la vita eterna» (v. 17). Chiede la vita per sempre, la vita in pienezza: chi di noi non la vorrebbe? Ma, notiamo, la chiede come un’eredità da avere, come un bene da ottenere, da conquistare con le sue forze. Infatti, per possedere questo bene ha osservato i comandamenti fin dall’infanzia e per raggiungere lo scopo è disposto a osservarne altri; per questo chiede: «Che cosa devo fare per avere?».
La risposta di Gesù lo spiazza. Il Signore fissa lo sguardo su di lui e lo ama (cfr v. 21). Gesù cambia prospettiva: dai precetti osservati per ottenere ricompense all’amore gratuito e totale. Quel tale parlava nei termini di domanda e offerta, Gesù gli propone una storia di amore. Gli chiede di passare dall’osservanza delle leggi al dono di sé, dal fare per sé all’essere con Lui. E gli fa una proposta di vita “tagliente”: «Vendi quello che hai e dallo ai poveri […] e vieni! Seguimi!» (v. 21). Anche a te Gesù dice: “vieni, seguimi!”. Vieni: non stare fermo, perché non basta non fare nulla di male per essere di Gesù. Seguimi: non andare dietro a Gesù solo quando ti va, ma cercalo ogni giorno; non accontentarti di osservare dei precetti, di fare un po’ di elemosina e dire qualche preghiera: trova in Lui il Dio che ti ama sempre, il senso della tua vita, la forza di donarti.

venerdì 12 ottobre 2018

 
 
  

Diario dal Sinodo/3. Lo specchio, la libertà e una Chiesa al lavoro

Dagli auguri e la foto con papa Francesco agli incontri con Vescovi e Cardinali: «Vedo uomini che si domandano sinceramente come si possa riguadagnare la fiducia dei cuori». Continua il racconto di Matteo, direttore di una scuola ugandese
Matteo Severgnini
Il 4 ottobre ho compiuto 37 anni e mi sono concesso un regalo: sono andato a fare gli auguri di buon onomastico, di persona, a papa Francesco. Anche lui mi ha fatto un regalo: ha permesso che ci facessimo un selfie insieme. Lo so: non sono il primo e non sarò l’ultimo. Ma l’ho mandato subito ai ragazzi di Kampala, perché in fondo sono anche qui per loro.

Ma a parte le note di colore: il Sinodo è una bella faticaccia. Si lavora sodo. Ho perso il conto di quanti interventi ho ascoltato. Finora, nell’assemblea plenaria, abbiamo lavorato sul primo punto dell’Instrumentum Laboris: “Riconoscere”. Poi ci siamo divisi in circoli minori. Io partecipo al gruppo “Inglese A”. Siamo in 30 da cinque Continenti. Oltre a me e altri cinque uditori ci sono, tra i vescovi, il cardinale Nichols di Londra, il cardinale Njue di Nairobi, il cardinale Gracias di Bombay e il cardinale Turkson, Prefetto del Dicastero per il Servizio dello sviluppo umano integrale.

mercoledì 10 ottobre 2018

Sigov: la Chiesa e l'Ucraina

UCRAINA
Libertà per la Chiesa
La Chiesa ortodossa ucraina chiede l’indipendenza totale, o autocefalia, dal Patriarcato di Mosca, crede che sia una necessità reale per il suo paese?
«L’autocefalia viene richiesta già da molto tempo. Si è cominciato a chiederla molto prima di Porošenko, molto prima del Majdan e anche della Rivoluzione arancione del 2004. Parliamo del momento in cui l’Ucraina ha acquistato l’indipendenza nel 1991, dopo il crollo dell’Unione Sovietica. Se alla Chiesa ortodossa Ucraina l’autocefalia fosse stata data in quel momento non ci sarebbero stati scismi. E invece, milioni di persone, uomini, donne e bambini si sono sposati, battezzati, hanno celebrato le esequie ai propri morti in Chiese non canoniche, ricevendo dei sacramenti che, secondo il parere del Patriarcato di Mosca, sono inefficaci. L’esperienza degli ultimi 25 anni ha mostrato che Mosca non cerca possibilità di dialogo in Ucraina, ormai è chiaro che non c’è speranza di ottenere nulla in questo senso. Eppure parliamo di milioni di persone, non di decine di migliaia, ma di milioni considerati scismatici, anche se tra noi e loro non ci sono differenze dogmatiche, di rito, di fede, i santi sono gli stessi... L’unico punto sul quale non c’è unità sono i rapporti con Mosca. Tutta l’Ucraina è rimasta scioccata quando una madre ha chiesto il funerale per il suo bambino e il prete si è rifiutato perché il piccolo era stato battezzato nel patriarcato di Kiev scismatico. È una questione politica? No, è una questione spirituale. Come si fa a mancare di misericordia in questo modo verso le persone solo perché non sono, tra virgolette, “canoniche”? Vuol dire che il “canone” diventa strumento di segregazione, di isolazionismo, viene usato per rinchiudere in un “ghetto” milioni di persone solo perché non vogliono sottomettersi al Cremlino. È una questione spirituale, morale, etica, una questione della Chiesa in fin dei conti. Se oggi si offre la possibilità che questa situazione venga sanata - e la cosa riguarda noi tutti uomini di fede - questa situazione deve essere sanata. Certo, bisogna ancora capire “come”. È una questione difficile che non può essere risolta in modo leggero, perché qualsiasi semplificazione può fare solo del male, ma d’altra parte non dobbiamo nemmeno lasciarci prendere dal panico e temere di muoverci per non provocare mali peggiori. Non sarebbe una posizione cristiana, sarebbe una posizione fatalista. Invece tutto dipende da come lo Spirito opererà, dalla nostra apertura e da quanto riusciremo ad agire insieme, tramite il dialogo, usando la conciliarità. Del resto, c’è sempre il grosso rischio di interferenze. Le autorità della Chiesa ortodossa russa non sono libere di esporre il loro punto di vista personale rispetto alle questioni ecclesiastiche. È assolutamente chiaro che la Chiesa ortodossa russa subisce la fortissima influenza del Cremlino; il quale esercita una forte pressione sulle varie strutture sociali, e sulla Chiesa in modo particolare, perché è la maggiore istituzione esistente che non appartenga allo Stato».

domenica 7 ottobre 2018

Lettera aperta del card. Ouellet a Carlo M.Viganò

Lettera aperta del Prefetto della Congregazione per i vescovi, Cardinale Marc Ouellet, sulle recenti accuse alla Santa Sede

Caro confratello Carlo Maria Viganò,

Nel tuo ultimo messaggio ai media, in cui denunci Papa Francesco e la Curia romana, mi esorti a dire la verità su dei fatti che tu interpreti come un’endemica corruzione che ha invaso la gerarchia della Chiesa fino al suo più alto livello. Con il dovuto permesso pontificio, offro qui la mia personale testimonianza, come Prefetto della Congregazione per i Vescovi, sulle vicende riguardanti l’Arcivescovo emerito di Washington Theodore McCarrick e sui suoi presunti legami con Papa Francesco, che costituiscono l’oggetto della tua clamorosa pubblica denuncia così come della tua pretesa che il Santo Padre si dimetta. Scrivo questa mia testimonianza in base ai miei contatti personali e ai documenti degli archivi della suddetta Congregazione, che sono attualmente oggetto di uno studio per far luce su questo triste caso.

Consentimi di dirti innanzitutto, in piena sincerità, in forza del buon rapporto di collaborazione esistito tra noi quando eri Nunzio a Washington, che la tua attuale posizione mi appare incomprensibile ed estremamente riprovevole, non solo a motivo della confusione che semina nel popolo di Dio, ma perché le tue accuse pubbliche ledono gravemente la fama dei Successori degli Apostoli. Ricordo di aver goduto un tempo della tua stima e della tua confidenza, ma constato che avrei perso ai tuoi occhi la dignità che mi riconoscevi, per il solo fatto di essere rimasto fedele agli orientamenti del Santo Padre nel servizio che mi ha affidato nella Chiesa. La comunione con il Successore di Pietro non è forse l’espressione della nostra obbedienza a Cristo che l’ha scelto e lo sostiene con la Sua grazia? La mia interpretazione di Amoris Laetitia che tu lamenti, si inscrive in questa fedeltà alla tradizione vivente, di cui Francesco ci ha dato un esempio con la recente modifica del Catechismo della Chiesa Cattolica sulla questione della pena di morte.

martedì 2 ottobre 2018

Alce Nero, capo Sioux, sciamano e cristiano, verso la santità

Il personaggio
 
Spirituale e profetica, la «visione» di Alce Nero tradita dal biografo, che omise la conversione
«Questo dunque non è il racconto di un grande cacciatore, né di un grande guerriero, sebbene ai miei tempi io abbia cacciato molta carne e lottato per la mia gente(…) Lo stesso hanno fatto molti altri, e meglio di me». Il vecchio sciamano Alce Nero lo ricorda nel suo racconto, «ma ora che posso vedere tutto dall’alto, so che era la storia di una potente visione»… un albero sacro, apparizioni, un popolo che morì nella neve insanguinata… «Ma se la visione era vera e potente, come io so, essa è vera e potente ancora, perché simili cose sono dello spirito, ed è nell’oscurità dei loro occhi che gli uomini si perdono».
La vera visione è quella dello spirito, la vista degli occhi è ingannevole. Una concezione presente in tutti mistici e visionari in ogni tempo e cultura. Che Alce Nero vive in quanto sciamano, guaritore della tribù Lakota Sioux. Lo stregone è leggendario nel mondo degli indiani: lui era cugino di Cavallo Pazzo, amico del grande capo Sioux Nuvola Rossa, passato di grande guerriero nella lotta di resistenza contro i bianchi invasori Giovanissimo, a 12 anni Alce Nero aveva partecipato alla battaglia di Little Big Horn (1876), in cui i Sioux, guidati da Toro Seduto, avevano trionfalmente sgominato un corpo dell’esercito degli Stati Uniti comandato dal generale Custer. Nel 1887, a 24 anni, aveva seguito in Inghilterra Buffalo Bill, col suo spettacolo circense. Un’esperienza deludente, per lui, come scrisse nell’autobiografia a cui facciamo riferimento. Finita la tournée ritornò negli Stati Uniti. Nel 1890 era presente a Wounded Knee, dove rimase ferito nell’eccidio compiuto dall’esercito degli Stati Uniti.
Alce Nero era vecchio e semicieco quando lo scrittore John G. Neihard andò a trovarlo sulle montagne del Big Horn. Lo accolse come un predestinato a raccogliere la storia di un popolo, ma soprattutto un evento che precedeva e superava la storia, la sua Grande Visione.

domenica 30 settembre 2018

Guardini, la strada del cuore

GUARDINI
La strada del cuore
Sin da giovane aveva in mente un cattolicesimo non intransigente né conservatore, come negli anni successivi alla prima guerra mondiale accadeva in Germania. Pensava piuttosto a un «risveglio della Chiesa delle anime », una Chiesa nemica dell’autoritarismo e basata su un’adesione pienamente libera. Sono gli anni in cui il pensiero di Romano Guardini è già delineato, gli anni Venti del secolo scorso, in cui pubblica Il senso della Chiesa (1922) e L’opposizione polare (1925), testi che segneranno lo sviluppo del suo sforzo speculativo sino alla morte, avvenuta il 1° ottobre 1968, esattamente cinquant’anni fa. Ma sono anche gli anni in cui la cultura tedesca è ancora imbevuta di conservatorismo, soprattutto quella di segno cattolico, e Guardini viene criticato anche aspramente.
Di fronte alle sue aperture nei confronti del modernismo, di cui sottolinea gli elementi di verità nonostante la condanna di Pio X del 1907, un certo Carl Sonnenschein scrive: «Siamo in una città assediata, perciò non ci sono problemi, bensì solo parole d’ordine». Per il filosofo italotedesco è un motto assolutamente sbagliato: «Non si possono congedare i problemi - gli risponde -. Chi li avverte deve applicarvisi, specialmente se è responsabile sul piano intellettuale e spirituale». Guardini è insofferente verso chi dentro il cattolicesimo dimostra chiusura mentale: la polarità verità-libertà per lui è essenziale purché l’una non discrimini l’altra. E se a suo parere va giustamente criticato il relativismo moderno, allo stesso tempo bisogna confrontarsi apertamente con le sue sfide e rifiutare un ritorno al medievalismo. Per lui la Chiesa non può essere «una polizia spirituale» ma «la Vita nuova di Dio». Deve essere madre: «Solo allora la posso amare».

venerdì 28 settembre 2018

Trento: Convegno su Romano Guardini

Chiesa&religioni
stampa
Un convegno internazionale a Trento dal 2 al 4 ottobre

Trento rilancia Guardini

Si presenta come uno degli eventi culturali più importanti dell’anno il Convegno internazionale dedicato a Romano Guardini (1885-1968) promosso nel cinquantesimo della morte dal Dipartimento di Lettere e Filosofia dell’Università degli Studi di Trento in collaborazione con l’Istituto Superiore di Scienze Religiose “Romano Guardini” .
Parole chiave: cultura (3020)
Si presenta come uno degli eventi culturali più importanti dell’anno il Convegno internazionale dedicato a Romano Guardini (1885-1968) promosso nel cinquantesimo della morte dal Dipartimento di Lettere e Filosofia dell’Università degli Studi di Trento in collaborazione con l’Istituto Superiore di Scienze Religiose “Romano Guardini” .
Per far emergere le molte dimensioni della riflessione guardiniana, saranno a Trento i massimi esperti mondiali del pensatore, oltre venti relatori, provenienti dall’Italia e dall’estero, per la gran parte curatori dei volumi dell’Opera Omnia in corso di pubblicazione dal 2005 a cura dell’Editrice Morcelliana (sono previsti 26 volumi, più il volume degli Indici).
Il Convegno si aprirà al Polo “Vigilianum”, introdotto da Milena Mariani, martedì 2 ottobre alle 17 con la prolusione inaugurale della “Cattedra Guardini”, fortemente voluta dagli organizzatori anche per sottolineare il rapporto che lega l’autore al Trentino: dopo i saluti di mons. Lauro Tisi, Arcivescovo di Trento e Moderatore ISSR “Romano Guardini” – Trento, del prof. Paolo Collini, Rettore Università di Trento, di Ugo Rossi, Presidente della Provincia Autonoma di Trento, del prof. don Stefano Zeni, Direttore ISSR “Romano Guardini” – Trento, del prof. Marco Gozzi, Direttore del Dipartimento di Lettere e Filosofia, Università di Trento, del prof. Alessandro Palazzo, Coordinatore Corso di Laurea in Filosofia, Università di Trento h. 1745 ci sarà la prolusione istitutiva della “Cattedra Guardini” tenuta da Isabella Guanzini, docente di Teologia fondamentale presso l’Università di Graz, che si soffermerà sulla “interpretazione religiosa dell’Europa del presente e del futuro” proposta dall’autore.
Seguiranno cinque sessioni di lavori, nel corso delle quali ci si occuperà di Guardini “intellettuale europeo” (presiede Carlo Brentari), filosofo “nel cuore della filosofia europea” (Massimo Giuliani), “pungolo per la teologia” (Leonardo Paris e Francesco Ghia), attento all’estetica e alla liturgia (Lucia Rodler), originale “interprete di figure” (Silvano Zucal). Nel programma completo (www.diocesitn.it/issr/) si trovano i numerosi relatori fra i quali Ilario Tolomio, Giuseppe Tognon, Massimo Borghesi, Daniele Vinci, Michele Dossi, Michele Nicoletti, Alberto Anelli , Adalgisa Mingati.

mercoledì 26 settembre 2018

Pilar Vigil, educazione all'affettività e alla sessualità per restituire dignità alla persona

Pilar Vigil. «Perché l'uomo scopra chi è l'uomo»

Membro della Pontificia Accademia per la Vita e ospite dell'ultimo Meeting, la ginecologa cilena spiega perché «siamo in un momento meraviglioso per l'umanità». E perché «la generazione di una persona nuova è il lavoro "bello" della vita»
Alessandra Stoppa
«La vita dell’uomo – bella da incantare e fragile da morire – rimanda oltre se stessa: noi siamo infinitamente di più di quello che possiamo fare per noi stessi». Sono le parole del Papa all’ultima assemblea generale della Pontificia Accademia per la Vita, in cui ha rimesso al centro la necessità di una «ecologia umana»: «Quale riconoscimento riceve oggi la sapienza umana della vita? Il lavoro “bello” della vita è la generazione di una persona nuova, l’educazione delle sue qualità spirituali e creative...», fino alla «destinazione ultima dell’esistenza», su cui «occorre interrogarsi», ha insistito Francesco, «perché è il destino che restituisce dignità e senso al mistero degli affetti più profondi e più sacri».

Pilar Vigil, che della Pontificia Accademia è membro da quando la nominò san Giovanni Paolo II, si dedica da oltre quarant’anni a questo lavoro bello della vita. Medico cileno, esperta mondiale di fertilità e docente all’Università Cattolica di Santiago del Cile, è la guida internazionale di Teen Star (Sexuality Teaching in tre context of Adult Responsibility), il metodo di educazione all’affettività e alla sessualità nato intorno agli anni Ottanta dalla ginecologa statunitense Hanna Klaus. Fortemente sostenuto da Wojtyla, alla cui Teologia del corpo si ispira, oggi è presente in 40 Paesi.
Pilar VigilPilar Vigil
 

domenica 23 settembre 2018

Papa Francesco in Lituania, Incontro con sacerdoti e religiosi nella Cat...


Federico Cenci: A cinquant'anni dalla morte di Padre Pio

Il mistero della persecuzione di Padre Pio

Il biografo Renzo Allegri spiega il motivo dell'ostilità di alcuni membri della Chiesa nei confronti del Santo

FEDERICO CENCI
Padre Pio
Padre Pio
Padre Pio oggi per la Chiesa è un grande santo, confessore indefesso, straordinario liturgo dell’Eucarestia, vero e proprio magnete di devozione. Ma questo frate cappuccino dalla barba folta, dagli occhi vividi e ammonitori, per la Chiesa, almeno per alcuni esponenti dei suoi vertici, in passato è stato considerato un truffaldino, uno psicopatico, “un uomo di intelligenza limitata”, “un falso mistico”, un traditore del suo voto di povertà, castità e ubbidienza. È stato considerato una sorta di “disgraziato sacerdote” - come lo definì nella sua relazione al Papa il domenicano Paolo Philippe dopo averlo interrogato come consultore del Sant’Uffizio nel 1961 - da emarginare attraverso uno stillicidio di interventi e di sanzioni.
Ma dove va ricercato il motivo di questa avversione? Nel 50esimo anniversario della morte di Padre Pio, nonché nel giorno in cui la Chiesa ne fa memoria, In Terris ha approfondito la questione con Renzo Allegri, uno dei maggiori biografi del santo, che a questa persecuzione delle gerarchie ecclesiastiche ha dedicato uno dei suoi tanti volumi sul frate di Pietrelcina, “La passione di Padre Pio” (ed. Mondadori, 2015).
Quando arrivarono le prime lettere contro Padre Pio al Sant’Uffizio?
“Padre Pio ebbe le stimmate il 20 settembre 1918. Spaventato, trovò il coraggio di informare il suo confessore dopo un mese, con una lettera del 17 ottobre. Il confessore gli impose di raccontare tutto dettagliatamente e Padre Pio lo fece con una lunga lettera il 22 di ottobre. Ma solo dopo 8 mesi la notizia divenne di dominio pubblico. Il primo maggio 1919. Il Giornale d’Italia pubblicò una notizia con questo titolo:’Il miracolo di un santo’, e come sottotitolo: ‘Un soldato guarito istantaneamente a San Giovanni Rotondo’. Si scatenarono gli altri giornali e il 21 di giugno Il Mattino di Napoli raccontò tutta la storia con un articolo su due pagine che aveva come titolo: Padre Pio, il ‘Santo’ di San Giovanni Rotondo, opera un miracolo sulla persona del cancelliere del paese presente un inviato speciale del ‘Mattino’. San Giovanni Rotondo cominciò ad essere invasa da pellegrini. A questo punto iniziarono le lettere anonime contro Padre Pio inviate al Sant’Uffizio.

mercoledì 19 settembre 2018

Papa Francesco visto dal Brasile

Francisco Catão. La Chiesa e il «cambiamento d'epoca»

Teologo brasiliano, a luglio ha presentato la traduzione portoghese della "Vita di don Giussani" a San Paolo. Ancora dottorando ha partecipato al Vaticano II, e oggi lo rilegge guardando il pontificato di Francesco. "Passos" lo ha intervistato
Cecília Canalle e Raúl Gouveia
I primi cinque anni di pontificato di Papa Francesco non hanno fatto altro che confermare le significative novità delle sue prime azioni, che erano il simbolo della sua disponibilità a realizzare nella Chiesa i profondi cambiamenti che sognavamo e che, dopo l’elezione di Giovanni XXIII, erano stati approvati in particolare durante il Concilio Vaticano II. Francisco Catão, teologo brasiliano che nel luglio scorso ha presentato a San Paolo la traduzione portoghese della biografia di don Giussani, all'epoca era dottorando a Strasburgo, ma partecipò in prima persona ai lavori del Concilio. Temi caldi per lui, quindi, quelli che riguardano il grande cambiamento che stiamo attraversando, come Chiesa, durante l’attuale Pontificato.
Francisco CatãoFrancisco Catão
Una sessione del Concilio Vaticano II nella Basilica di San PietroUna sessione del Concilio Vaticano II nella Basilica di San Pietro

lunedì 17 settembre 2018

Discorso di Papa Francesco ai giovani di Palermo

INCONTRO CON I GIOVANI
DISCORSO DEL SANTO PADRE FRANCESCO
Piazza Politeama (Palermo)
Sabato, 15 settembre 2018


Cari amici, buonasera!
Sono contento di incontrarvi al culmine di questa giornata! Una giornata un po’ stancante, ma bella, bella bella! Grazie ai palermitani! Grazie per le tre domande. Io conoscevo le tre domande e avevo scritto qualche risposta, ma a me piace sottolineare, e se viene un’altra idea metterla al momento.
La prima, la tua, era su come ascoltare la voce del Signore e maturare una risposta. Ma io domanderei: come si ascolta il Signore? Come si ascolta? Dove parla, il Signore? Voi avete il numero del telefonino del Signore, per chiamarlo?… Come si ascolta il Signore? Vi direi questo, e questo sul serio: il Signore non si ascolta stando in poltrona. Capite? Seduto, la vita comoda, senza far nulla, e vorrei ascoltare il Signore. Ti assicuro che ascolterai qualsiasi cosa, tranne che il Signore. Il Signore, con la vita comoda, in poltrona, non lo si ascolta. Rimanere seduti, nella vita – ascoltate questo, è molto importante per la vostra vita di giovani – rimanere seduti crea interferenza con la Parola di Dio, che è dinamica. La Parola di Dio non è statica, e se tu sei statico non puoi sentirla. Dio si scopre camminando. Se tu non sei in cammino per fare qualcosa, per lavorare per gli altri, per portare una testimonianza, per fare il bene, mai ascolterai il Signore. Per ascoltare il Signore bisogna essere in cammino, non aspettando che nella vita accada magicamente qualcosa. Lo vediamo nell’affascinante storia di amore che è la Bibbia. Qui il Signore chiama continuamente gente giovane. Sempre, continuamente. E ama parlare ai giovani mentre sono in cammino – per esempio, pensate ai due discepoli di Emmaus – oppure mentre si danno da fare – pensate a Davide che pascolava il gregge, mentre i suoi fratelli se ne stavano a casa tranquilli, o in guerra. Dio detesta la pigrizia e ama l’azione. Mettetevi questo bene nel cuore e nella testa: Dio detesta la pigrizia e ama l’azione. I pigri non potranno ereditare la voce del Signore. Capito? Ma non si tratta di muoversi per tenersi in forma, di correre tutti i giorni per allenarsi. No, non si tratta di quello. Si tratta di muovere il cuore, mettere il cuore in cammino. Pensate al giovane Samuele. Stava giorno e notte nel tempio, eppure era in continuo movimento, perché non stava immerso nei suoi affari, ma era in ricerca. Se tu vuoi ascoltare la voce del Signore, mettiti in cammino, vivi in ricerca. Il Signore parla a chi è in ricerca. Chi cerca, cammina. Essere in ricerca è sempre sano; sentirsi già arrivati, soprattutto per voi, è tragico. Capito? Non sentitevi mai arrivati, mai! A me piace dire, riprendendo l’icona della poltrona, mi piace dire che è brutto vedere un giovane in pensione, pensionato. E’ brutto! Un giovane dev’essere in cammino, non in pensione. La giovinezza ti spinge a questo, ma se tu vai in pensione a 22 anni, sei invecchiato troppo presto, troppo presto!

giovedì 30 agosto 2018

A. Spadaro: Bergoglio, La sfida dell'educazione

BERGOGLIO
La sfida dell’educazione
Anticipazione
Per Francesco «educare è una delle arti più appassionanti dell’esistenza, e richiede incessantemente che si amplino gli orizzonti» Su “La Civiltà Cattolica” padre Spadaro esamina sette “colonne” del pensiero educativo del Papa maturato prima di diventare pontefice
La sfida educativa è al centro dello sguardo dell’attuale Pontefice da sempre. Come egli stesso ha rivelato in una nostra intervista del 2016, da parroco a San Miguel si occupava di pastorale giovanile e di educazione. Quotidianamente ospitava i ragazzini negli spazi molto grandi del Collegio annesso: «Io dicevo sempre la Messa dei bambini e il sabato insegnavo il catechismo». E lo faceva anche organizzando spettacoli e giochi, che in quella intervista descrive nel dettaglio. Da qui viene la sua capacità spontanea di stare con i bambini. Ma già da studente gesuita in formazione Bergoglio ebbe un’esperienza scolastica che ha lasciato il segno. Fu inviato dai suoi superiori a insegnare letteratura in due licei dei gesuiti. Egli tuttavia non si fermava alle lezioni in cattedra: al contrario, spingeva i suoi ragazzi alla composizione creativa - fino a coinvolgere il grande Jorge Luis Borges nelle sue attività -, ma anche al teatro e alla musica. L’azione educativa allora era legata all’esperienza artistica e creativa, e proprio da questa Bergoglio riusciva a far emergere la dimensione più ampiamente umana e spirituale. Un esempio inedito per comprendere meglio: José Hernàn Cibils, oggi musicista in Germania e allora alunno del ventottenne Bergoglio, conserva ancora oggi il commento del professore di allora a una sua esercitazione sulla Hora undécima della scrittrice Marja Esther de Miguel. L’alunno riteneva che il messaggio finale dell’opera fosse che la negazione di sé e la mortificazione portino a Dio. Bergoglio commentava elogiando il lavoro fatto dallo studente, ma proponeva un cambiamento nella formulazione del messaggio finale che gli sembrava troppo negativo; e annotava: «La dedizione è frutto dell’amore», non della mortificazione.

venerdì 3 agosto 2018

MEETING PER L'AMICIZIA DEI POPOLI 2018

Giovedì, 23 Agosto - ore 20.00

La voce delle pietre di Enza Armiento, Smasher
Inizio anni Settanta. Uno specchio. Una ragazza guarda il suo corpo fasciato di nero. È stata abbandonata e non ne comprende la ragione. Sente la necessità di trovare una strada che le permetta di stare nel mondo.
In un gioco di rimandi, il suo bisogno si dilegua nei ricordi dei vicoli del rione, tra le case, le tradizioni, la miseria, la vita semplice della gente. Riemerge il passato attraverso le storie che racconta, in una sorta di rappresentazione catartica.
La voce narrante è quella di una bambina, con il suo modo di raccontare le storie anche se con un linguaggio più evoluto, poiché cambia man mano che cresce. La bambina racconta della perdita della sua amica di giochi, dei poveri che si fanno scherno di chi è ancora più povero di loro, dell’orfana costretta a raccogliere gli escrementi di chi non ha fogna in casa, degli emigranti che partono e vanno a nord, con il Treno del Sole.
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domenica 15 luglio 2018

Amelia e gli orfani del Ruanda

La pensionata Amelia che salvò gli orfani del Ruanda 
 
sulle strade del mondo «S e devo morire, io morirò. Ma insieme a loro. Senza di loro, io non parto». Era rimasta. Con 'loro', ma anche con solo qualche chilo di latte in polvere, venti uova, tanta fame arretrata e circondata da un Ruanda messo a ferro e fuoco dalla violenza. Settantasei anni aveva Amelia Barbieri. Una donna minuta, ma con una forte fibra, capace di rinunciare a una salvezza sicura in elicottero, per mettersi al volante di un fuoristrada Toyota e guidarlo per 600 chilometri, sobbalzando su tutta pista di terra e sassi per raggiungere l’Uganda. Strade terribili, cercando di scansare i posti di blocco dei 'demoni' armati, assetati di violenza, per portare in salvo 'loro'. Amelia in Italia era nonna e bisnonna; in Africa 'mamma' di 50 e più orfani, da pochi giorni di vita a dieci anni d’età. Un giorno d’aprile del 1994, in piena guerra civile ruandese, militari delle forze speciali internazionali, tra cui paracadutisti italiani della 'Folgore', si presentano da lei per evacuarla dalla 'Casa di accoglienza san Giuseppe' di Muhurura, novanta chilometri dalla capitale Kigali, costruita con la carità e il sostegno dei suoi compaesani.
La guerra sta massacrando il Paese e i machete insanguinati non si fermano davanti a niente e a nessuno. Una morte atroce. C’era da augurarsi di essere finiti al primo colpo di rasoio piuttosto che agonizzare per ore con le braccia e le gambe mozzate. Bisognava andare via, al più presto. Ma i bambini no, sono ruandesi e devono restare dentro l’inferno. La loro condanna a morte è sicura. Amelia è cocciuta più dei parà, resta anche lei. Lei che, prima di tutta questa storia, raccontava: «Se da pensionata fossi rimasta a fare niente, a 76 anni ero buona solo per l’ospizio». Per 'dare un senso alla vita' di un’ostetrica in pensione, vedova, scelse l’Africa, salutando figli, nipoti, bisnipoti e il suo paese, San Vito di Leguzzano, in provincia di Vicenza. La svolta avviene per caso nel 1983, con un appello apparso su 'Famiglia Cristiana'. Si cerca una levatrice volontaria per il Ruanda: «Eccomi, sono io, Amelia, la pensionata di Leguzzano».

Qualcuno la paragona a Madre Teresa di Calcutta per la sua immensa carità dedicata al prossimo: «Per favore, no. Io conto quanto uno zero». Il suo sogno era «poter vedere quei pensionati italiani, abbandonati su una panchina, che hanno imparato un mestiere da elettricista, meccanico, saldatore, falegname, qui con me. A insegnare i loro mestieri, per far crescere il futuro dell’Africa per l’Africa». In Italia monta la preoccupazione. Dal Ruanda giungono notizie terribili di massacri cui non sfuggono neppure gli stranieri. Cosa fare? È un miracolo di solidarietà: scatta l’'Operazione cicogna'.
L’associazione 'Insieme per la pace' di Maria Pia Fanfani, la Compagnia di San Paolo-Opera cardinal Ferrari di Milano, che mette a disposizione un Boeing della compagnia aerea 'Tea', volontari della Croce rossa di Varese e dottori del Niguarda di Milano si giocano le ferie: andiamo a prenderli tutti. Scatta un ponte aereo che in 24 ore porta mamma Amelia e i suoi bambini in Italia. Dopo l’orrore si risvegliano i sorrisi. Finita la guerra civile, l’ostetrica Barbieri ritornerà in Ruanda per rimanervi fino al 2012, quando la malattia la costringe a rientrare a Leguzzano. Dove si spegnerà nel 2016. Questa è la storia della pensionata Amelia. Italiana qualsiasi, ma eroica nel bene. Ricordata nel centenario della sua nascita, che cade oggi, 15 luglio 2018.
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giovedì 12 luglio 2018

Invito di Carron aigiovani: andiamo dal Papa a Roma

Carrón ai giovani di CL: «A Roma dal Papa come mendicanti»

L'11 e il 12 agosto papa Francesco incontrerà i giovani italiani per pregare in vista del Sinodo di ottobre. Il Presidente della Fraternità ha scritto ai 740 studenti che parteciperanno a un pellegrinaggio di preparazione a quei giorni. Ecco le sue parole
Julián Carrón
L'11 e 12 agosto papa Francesco incontrerà, prima alla Veglia di preghiera al Circo Massimo e poi alla Messa in piazza San Pietro, i giovani italiani in vista del Sinodo di ottobre ("I giovani, la fede e il discernimento vocazionale"). Per l'occasione, Comunione e Liberazione ha organizzato un pellegrinaggio di cinque giorni lungo il percorso delle Basiliche papali di Roma, a cui parteciperanno 740 tra maturati e laureandi. A loro don Julián Carrón ha scritto questo messaggio.


Perché andare a Roma nel cuore dell’estate? Perché qualcuno ci ha convocato, il Papa; non è qualcosa che abbiamo tirato fuori noi dal cilindro. Ci ha invitato qualcuno di cui ci fidiamo.
Quali ragioni abbiamo per fidarci? Dobbiamo guardare alla nostra esperienza. Ce lo ha ricordato papa Francesco con «le parole che Gesù disse un giorno ai discepoli che gli chiedevano: “Rabbì […], dove dimori?”. Egli rispose: “Venite e vedrete” (Gv 1,38-39). Anche a voi Gesù rivolge il suo sguardo e vi invita ad andare presso di lui. Carissimi giovani, avete incontrato questo sguardo?» ( Lettera ai giovani in preparazione del Sinodo, 13 gennaio 2017).

Il postulatore: ecco perchè Moro sarà santo

«Moro? Ecco perché sarà santo»
Il postulatore: nel leader della Dc carità, giustizia e prudenza
«Aldo Moro, ucciso dalle Brigate rosse 40 anni fa, era un laico appartenente all’Ordine dei frati predicatori (domenicani). Potrebbe essere il santo della politica che ancora manca alla Chiesa». A confermare un fatto privato poco noto, riguardante l’ex presidente della Dc, è padre Gianni Festa, postulatore generale dei domenicani, cui recentemente è stata affidata la causa di beatificazione di Aldo Moro. Incontriamo il religioso con l’abito bianco nel suggestivo chiostro duecentesco del complesso monumentale di Santa Sabina all’Aventino, nel cuore della Capitale. È all’inizio del suo lavoro ma ha già una visione chiara sulla pratica esemplare delle virtù cristiane di Moro. «Credo che la santità dello statista pugliese possa essere ravvisata nello stile umile ed esemplare di una vita cristiana vissuta senza compromessi al servizio della politica e della società. Attualmente non c’è ancora un politico 'puro' elevato alla gloria degli altari. Penso che la figura di Aldo Moro potrà risplendere nel panorama della santità come il 'politico' santo, o il santo della politica».
Arrivarci non sarà facile, Moro è una figura ingombrante e non priva di detrattori. Quali saranno le sue prime mosse?
Anzitutto dobbiamo “ricercare”, attraverso la raccolta di testimonianze, l’esistenza della fama di santità per poi evidenziare l’alta qualità della sua vita cristiana, che si palesa nell’“eroica” pratica delle virtù teologali e cardinali. La virtù nella quale Moro ha eccelso è il servizio nella politica, definita da Paolo VI «la forma più alta della carità». L’agire politico di Moro è stato non solo il frutto maturo di una maestria intellettuale e giuridica, che tutti gli riconoscono, ma anche la fioritura di un’autentica pratica di vita santa. Mi riferisco alla sua intensa vita di preghiera, alla pratica quotidiana dei sacramenti, alla vita modesta, discreta, tutta tesa all’edificazione del bene dei cittadini e del Paese. E poiché di un futuro beato bisogna far emergere la qualità cristiana in cui ha eccelso, posso dire che in Moro le virtù che appaiono eloquenti di questa santità sono: la carità, la giustizia e la prudenza.

Card. Bassetti:La paura dell'altro ci paralizza

Bassetti: accogliere come san Benedetto
Il richiamo del presidente della Cei «La paura dell’altro? Ci paralizza»
FIRENZE
«San Benedetto ci insegna che nei confronti degli altri, chiunque essi siano, che siano profughi che vengono dalle piaghe dell’Africa o qualunque altra persona, vale la parabola del Samaritano: “ebbe cura di lui”. Gli uomini si distinguono in due categorie: chi ha cura dell’altro e chi considera l’altro qualcuno che mi fa paura, da cui mi devo difendere. La paura paralizza. Bisogna ripartire dal Vangelo e da quello che dice il Papa: accogliere, proteggere, promuovere, integrare. Certo, con criteri di equità, di giustizia, tenendo conto delle situazioni in cui uno si trova». Il cardinale Gualtiero Bassetti spiega così l’attenzione che il padre del monachesimo europeo aveva per il tema l’accoglienza. Lo fa nella sua Firenze dove il presidente della Cei è tornato ieri per partecipare ai festeggiamenti per i mille anni dell’abbazia di San Miniato al Monte. Lo fa nel giorno in cui la Chiesa celebra san Benedetto da Norcia, patrono d’Europa. E a chi gli chiede cosa ha da dire oggi il santo al continente, risponde così: «Credo che Benedetto abbia ancora molto da dire dopo 1600 anni. L’Europa non può dimenticarsi le sue radici cristiane, benedettine. Nel primo millennio Benedetto ha insegnato all’Europa la preghiera, il rapporto con Dio, ma anche l’arte del lavoro. Se prendiamo una carta d’Europa del primo millennio, vediamo che è costellata di abbazie benedettine». Ricordando la Regola di san Benedetto, Bassetti sottolinea l’invito a «non anteporre nulla all’amore di Cristo, perché Cristo non ha anteposto nulla all’amore per noi». A questo si aggiunge il secondo monito: ogni uomo va onorato in quanto persona. L’arcivescovo di Perugia-Città della Pieve cita a questo proposito uno scritto del cardinale Gianfranco Ravasi su Avvenire: «La civiltà ha fatto un passo decisivo, forse il passo decisivo per eccellenza, il giorno in cui lo straniero, da nemico ( hostis), è divenuto ospite ( hospes) ». «Sappiamo – aggiunge Bassetti – quanto san Benedetto insistesse perché i monasteri fossero aperti agli ospiti, e addirittura nella Regola esiste un intero paragrafo dedicato a loro: quando giungono in monastero, scrive, siano ricevuti come Cristo, poiché un giorno egli dirà: “Sono stato ospite e mi avete accolto ”».

domenica 8 luglio 2018

Fede: la virtù per dialogare con Dio

FEDE
La virtù per dialogare con Dio
Fin dalle origini della Chiesa, nel cercare il senso della fede, è constante il riferimento alle Sacre Scritture,
leitmotiv di ogni riflessione giudeo-cristiana. Dobbiamo però ai pensatori medievali, arricchiti soprattutto dalla riflessione sul pensiero di sant’Agostino, il merito di inquisire il rapporto esistenziale tra la singola persona e Dio. Si trattò di interrogarsi sul come il dono della fede, dato a tutti, può essere recepito da ogni persona umana. Quando la Chiesa nascente, sostenuta dalle categorie del pensiero semitico, cominciò a misurarsi con il mondo greco, che fu la più proficua esperienza di inculturazione a noi conosciuta - anche se non l’unica -, l’insegnamento dei grandi pensatori aiutò non poco a cercare una conciliazione tra Dio, Totaliter aliter, e di per sé inconoscibile se non rivelato, e l’uomo, sempre affascinato dal mito di Ulisse, in cerca di superare le Colonne d’Ercole. Quando si andò ad analizzare in forma sistematica questa relazione, se cioè fosse essa possibile, e come superare, al di là del cognitum, il rapporto tra Dio e l’uomo, si avviarono tentativi che, di generazione in generazione, giunsero fino ai nostri tempi. Dobbiamo rifarci al concetto di interior instinctus di Tommaso d’Aquino: la prima Grazia che Dio fa all’uomo. È la facoltà, insita nella creatura umana, di tentare di porsi in relazione con il Creatore: « Ad tertium dicendum quod interior instinctus, quo Christus poterat se manifestare sine miraculis exterioribus, pertinet ad virtutem primae veritatis, quae interius hominem illuminat et docet ». L’intuizione tomista dette origine a una serie di riflessioni piene di fascino. L’Aquinate, figlio della sua epoca, affrontò la speculazione sul tema, soprattutto attraverso il principio di causalità. Causa - effetto è il nesso della Scolastica sulle cosiddette “5 vie” per dimostrare l’esistenza di Dio. Nella solare esperienza di Tommaso non andò perduta la riflessione di Agostino. Il decimo capitolo delle Confessiones esprime liricamente il rimpianto per la tardiva conoscenza di Dio, della libertà, del peccato e della Grazia. Qualche eco della gnosi antica risulta nella ricerca del rapporto con Dio attraverso la via della conoscenza, o quella antichissima dei Padri Apostolici della via dell’illuminazione. Mi piace ricordare, seppur con un fugace cenno, la svolta di Blaise Pascal, forse edotto dai mistici spagnoli del secolo che lo aveva preceduto, di indirizzare la ricerca su quel concetto che nella Scrittura è il
leb, identificato con la categoria del “cuore”. È un concetto non certamente estraneo a una sempre più profonda discesa nell’interiorità dell’uomo. Altra è la via dei grandi pensatori tedeschi dei due secoli successivi, che, ciascuno con un’indagine propria, approfondiscono la realtà umana, senza eludere una ricerca sull’interiorità, con gli approcci che appartengono a ciascuna filosofia. Queste ultime sono le radici del pensiero contemporaneo.

sabato 7 luglio 2018

Temperanza: la virtù del buon umore

TEMPERANZA
La virtù del buon umore
Scopo della temperanza è quello di governare nella persona umana gli slanci propri della sua natura. In tal senso, Aristotile insegnava che la temperanza «è una medietà relativa ai piaceri» ( Etica Nicomachea III, 10). Il termine greco cui egli ricorre è edoné, che vuol dire piacere, ma pure gioia; godimento, ma pure compiacenza. Nella forma plurale indica le passioni, ma anche i desideri.
Sofocle, nelle sue tragedie aveva fatto ricorso a edoné per dire che si può essere «pazzi per la gioia» ( Elettra 1153), ma pure ch’è possibile «buttar via il senno per la voluttà» ( Antigone 648). Ecco, allora, l’importanza del termine medietà, usato da Aristotile: la temperanza è intermedia fra due eccessi, che nei casi estremi sono l’insensibilità e la sfrenatezza. Sono due forze opposte che possono lacerare una persona. Lo abbiamo veduto per Medea. Altrettanto drammatica la vicenda di Mezio Fufezio, l’ultimo re di Alba Longa ( VII secolo a. C.), che da Tullo Ostilio, l’antagonista re di Roma fu fatto legare ad una quadriga per le braccia e ad un’altra per le gambe sicché i cavalli, spronati in direzioni contrarie, strapparono le sue membra (cfr.
Historiarum ab Urbe condita I, 28)! Così le passioni e i desideri possono rovinare gli uomini se non sono guidati dalla temperanza...
Tommaso condividerà sostanzialmente la tesi aristotelica, reinterpretandola ovviamente in senso cristiano e stabilendo che in ogni caso, come per le altre virtù umane, più importanti sono le virtù teologali.

domenica 1 luglio 2018

Libri da leggere per l'estate

Cinque libri (più due) per l'estate

Dal nuovo volume di don Giussani al Papa, fino alle proposte per i giovani, ecco i titoli che il movimento suggerisce per continuare un percorso, anche durante le vacanze (da "Tracce" di giugno)
Il 19 giugno è uscito La convenienza umana della fede, di don Giussani (Bur, 320 pagine, 14 euro, prefazione di Julián Carrón), il secondo testo della collana “Cristianesimo alla prova”. Raccoglie lezioni e dialoghi avvenuti agli Esercizi della Fraternità di CL tra il 1985 e l’87. Ed è uno dei cinque libri consigliati per l’estate da Comunione e Liberazione, come accompagnamento al lavoro svolto durante l’anno.

Si parla delle sfide che segnano la vita di tutti, sempre: la fragilità, l’incapacità, l’incoerenza. La paura di perdere qualcosa abbracciando un’altra misura, «l’ideale». Ma soprattutto si vede che cosa si guadagna quando a questo ideale – a Cristo – ci si affida, e la fede diventa vita facendoci sperimentare «una rivoluzione pacifica e piena di letizia», che ci consegna un compito: «Credete voi che il mondo abbia bisogno di qualcosa di diverso che la testimonianza o la luce o il calore di questa intensità assolutamente inconcepibile di vita, di questa redenzione del niente, del meschino, del contraddittorio, della morte?», domanda don Giussani: «Cristo è Dio perché ha vinto la morte».

giovedì 21 giugno 2018

Bielorussia: Festival Pamiezza

Bielorussia. La gioia di un'amicizia che libera

A Minsk la quarta edizione del Festival Pamiežža, promosso dal poeta Dmitry Strotsev. Una proposta originale nel panorama del Paese post-sovietico, nata dall'incontro di un gruppo di laici ortodossi con l'esperienza di CL. La cronaca di quei giorni
Luca Fiore
Il centro di Minsk sembra quello di una capitale del Nord Europa. Locali alla moda, affollati di hipster, che fai fatica a distinguere da quelli di New York. Unica differenza: invece di hamburger si servono i tipici bliny. Lo scorso fine settimana le strade del cuore della capitale bielorussa erano un fiume di giovani arrivati per il Great Britain Festival. Clima di festa in un weekend dal cielo incerto. Le ombre di una società non ancora uscita del tutto dall’era sovietica restano nascoste agli occhi del turista. Ma ci sono.

Così non è affatto scontato che, per il quarto anno consecutivo, negli stessi giorni, torni il “Festival Pamiežža, terra di confine”. Più discreto, meno appariscente e frequentato di quella dedicata all’Inghilterra, ma di certo una manifestazione unica e controcorrente nel panorama bielorusso. La promuove un gruppo di amici laici ortodossi, che desiderano comunicare a tutti la cultura nuova che nasce dell’esperienza cristiana. Detta così è una rarità in Occidente. Immaginatevi nel deserto culturale bielorusso.

Cassiano, dall'amore terreno all'amore di Dio (e viceversa)

CASSIANO
L’amore nasce dalla carne
Spiritualità
Il grande monaco che fra IV e V secolo portò in Occidente l’esperienza di Pacomio e Antonio spiegava che la castità trasforma l’istinto erotico in «spalancamento cosmico»
Spesso si dice che per educare davvero, come per crescere, bisogna puntare agli ideali più grandi. «Per aspera ad astra» dicevano gli antichi. Un concetto che la pedagogia e la società hanno da tempo abbandonato. Non sono le asprezze che ci interessano. Si ritiene che la felicità sia nel consumare beni per soddisfare bisogni. Così per il sesso: più se ne consuma più la vita sarà piena. Da qui l’idea che l’assenza di attività sessuale porti a squilibri e che sia quindi assurdo che preti e religiosi di entrambi i sessi se ne debbano privare.
In tanti ambienti ecclesiali questo dibattito è di grande attualità, soprattutto alla luce dei recenti scandali. È facile pensare che se i preti si potessero sposare ci sarebbero vocazioni diverse e più equilibrate. Ma se non fosse questo il problema? E se la carenza di vocazioni nella Chiesa (anche alla fedeltà e alla prolificità matrimoniale) dipendesse invece dalla mancata educazione a ideali grandi e quindi alla mancata comprensione che non è soddisfacendo gli istinti che si raggiunge la gioia e la pienezza dell’umanità? Era questa la convinzione di san Cassiano, uno dei padri del monachesimo occidentale e gran maestro d’anime, perché capace di scandagliarle nella loro intimità più profonda. Lo spiega bene un libro di Gianluca Attanasio che rilegge gli scritti di Cassiano per ragioni strettamente spirituali, ma finisce per smontare uno per uno tanti luoghi comuni della contemporaneità.

martedì 19 giugno 2018

Specola vaticana: l'osservazione dell'universo

Francesco, tra il cielo e il Vaticano

Anche se la conoscenza dell'universo ha raggiunto limiti vertiginosi, il 95% del cosmo ci è ancora ignoto. Eppure, il Papa intervenendo alla Summer School della Specola Vaticana...
Marco Bersanelli
Dal 4 al 29 giugno la Specola Vaticana – l’osservatorio astronomico della Santa Sede – ha organizzato a Castel Gandolfo la sedicesima edizione della Vatican Observatory Summer School, a cui ogni anno partecipano decine di studenti e giovani astrofisici provenienti da ogni parte del mondo. Fondata nella seconda metà del XVI secolo e guidata dai padri gesuiti, la Specola Vaticana è uno dei più antichi osservatori al mondo, a riprova della particolare attenzione che la Chiesa ha sempre riservato all’astronomia. Fra i numerosi contributi maturati nell’ambito di questa comunità scientifica sui generis spicca quello di padre Angelo Secchi, che a metà dell'Ottocento gettò le basi della spettroscopia astronomica classificando per la prima volta le stelle in base alle loro caratteristiche spettrali. Più recentemente, a partire dagli anni Novanta, la Specola Vaticana ha installato il Vatican Advanced Technology Telescope sul monte Graham, in Arizona, a 3200 metri di quota, il miglior sito astronomico del Nord America.

Come i suoi predecessori, papa Francesco ha fatto sentire tutta la sua vicinanza agli astronomi della Specola. L’ultima occasione è stata lo scorso 14 giugno, quando è intervenuto nel bel mezzo dei lavori della Summer School. Entrando nell’aula di Castel Gandolfo, di fronte a quel gruppo di giovani così evidentemente eterogeneo, il Papa ha esordito sottolineando come «la diversità possa unire per un obiettivo comune di studio, e come il successo del lavoro dipenda anche da tale diversità». È un aspetto tipico del mondo scientifico, ma non comune in altri ambiti dell’agire umano, e Papa Francesco lo coglie e lo valorizza: «È proprio dalla collaborazione tra persone di diversi retroterra che può venire una comprensione comune del nostro universo».

Olanda, i maestri della fede nell'arte

OLANDA
I maestri della fede
Arte
Per la storica statunitense Nora Hamerman non ci sono dubbi sul fatto che nel Secolo d’oro dei Paesi Bassi i maggiori pittori fossero tutti legati al cattolicesimo
Con espressione assorta e intensa la giovane osserva il bilancino che con cura solleva sopra il piano del tavolo. Il volto è illuminato da una finestra aperta in alto e sul tavolo stanno sparsi alcuni gioielli: «Si pensa che la signora, visibilmente incinta, ritratta nel dipinto detto
Donna con la bilancia, oggi nella National Gallery di Washington DC - riferisce Nora Hamerman - sia la sposa di Vermeer. Soprende che la bilancia, tenuta come se stesse pesando qualcosa, sia in realtà vuota. Sulla parete di destra un grande dipinto raffigura il Giudizio universale dove, sotto l’immagine di Cristo in gloria, avviene la drammatica scena in cui le anime sono valutate. E di fronte alla giovane sta uno specchio, espressione della riflessione su sé medesimi, ovvero della coscienza. Si tratta di uno dei dipinti dove più evidente risalta l’appartenenza di Vermeer alla fede cattolica».