martedì 29 dicembre 2015

Scoprire che il dolore è lavoro

Scoprire che il dolore è lavoro e ci insegna «chi è il padrone»

di Fabrizio Sinisi

«Cosa vuole da me questa malattia? O sono io che voglio qualcosa da lei? L’interrogativo non aveva alcuno scopo pratico, eppure l’unico motivo della sua esistenza era questa continua ricerca del significato mancante. Se avesse tenuto un diario del dolore, l’unica voce sarebbe stata una parola: io»
Philip Roth

L’autore è Philip Roth, romanziere vivente (classe 1933); la citazione è da La lezione di anatomia, del 1983. Un romanzo la cui trama si raccoglie in due battute: un uomo - lo scrittore Nathan Zuckerman - è tormentato da una dolorosa e apparentemente incurabile malattia. La sua storia consiste nel tentativo di reagire, e infine vivere questa malattia. Sembrerebbe banale; banale come può sembrarlo la vita quando non la si guarda da vicino, dal di dentro. Una malattia, anche il malessere più trascurabile, è un fatto serio: non solo per quello che comporta, ma per quello che significa. Il dolore, a qualunque misura, è un imprevisto, un contraccolpo - costringe a fare i conti con se stessi come cosa misteriosa.
L’io - fino alla sua intimità fisica - si dimostra allora un luogo che non solo non conosciamo, ma che ci contraddice e interroga, che ha una sua inesorabile irriducibilità: noi non siamo quello che vogliamo, né quello che pensiamo. In questo romanzo Roth dimostra quasi con ferocia come il nostro stesso corpo sia un limite, ma anche un argine dell’egotismo; a un individuo che vuole e tenta di farsi da sé, il corpo oppone una resistenza. «Cosa ci insegna il dolore cronico? Il dolore cronico ci insegna: primo, cos’è il benessere; secondo, cos’è la codardia; terzo, un po’ di quello che significa essere condannati ai lavori forzati. Il dolore è lavoro. Che altro, Nathan, soprattutto? Ci insegna chi è il padrone».

lunedì 28 dicembre 2015

Braschi: il mondo pagano e la misericordia inconcepibile

ARCHIVIO

«Che è mai questa preferenza concessa ai peccatori?»

di Francesco Braschi SULLE VIE DELL'IMPERO
La misericordia, prima di Cristo, era del tutto inconcepibile. E davanti ai cristiani, nel pagano celso nasceva una domanda...
(www.tracce.it)

Siamo ormai alle porte del Giubileo della Misericordia, sulla quale papa Francesco chiede che si fissi l’attenzione di tutti, poiché essa - come scrive nella Bolla Misericordiae Vultus - è come la sintesi del mistero della fede cristiana, «condizione della nostra salvezza... atto ultimo e supremo con il quale Dio ci viene incontro…» (n.2).
Siamo dunque posti davanti a una realtà dalla ricchezza inesauribile tanto quanto la stessa profondità del Mistero. Non è affatto scontato che ci si “accorga” del valore della misericordia, perché siamo abituati a considerare tale realtà - il più delle volte riducendola moralisticamente o sentimentalmente - come “normale”, abituale compagna della condizione umana.
Ma davvero è così? Ci accade di pensare che la misericordia possa magari essere esclusa come scelta personale, ma non negata come realtà. Ma non sempre è stato così. Prima della venuta di Cristo, la misericordia non era semplicemente disprezzata o rifiutata: piuttosto, era negata quale principio logico e ragionevole, mediante il quale interpretare la realtà.

Ce lo testimonia nel II secolo, il pagano Celso, che, nel suo Contro i cristiani, così si esprime: «Non sto per nulla rivolgendo ai cristiani accuse più aspre di quanto la verità richieda. Infatti, tutti coloro i quali invitano ad abbracciare una religione pongono come pregiudiziale necessaria che uno sia puro di mano e saggio di parola e abbia una vita buona e giusta... Sentiamo ora chi mai i cristiani invitano. Essi dicono: chiunque sia peccatore, sciocco, stolto e, per dirla in una sola parola, chiunque sia sciagurato, questi sarà accolto nel regno di Dio». Un tale atteggiamento, secondo Celso, è del tutto contrario alla natura di Dio e irrispettoso nei suoi confronti: «Che è mai dunque questa preferenza concessa ai peccatori? Con questo loro insegnamento i cristiani bestemmiano Dio e mentono contro di Lui».

Borgna: intervista di Corrado Zucchetti


DSM-V intervista con Eugenio Borgna


Riporto questa intervista di Francesca Sironi  ad Eugenio Borgna in relazione alla nuova edizione del DSM-5 borgna

http://espresso.repubblica.it/visioni/scienze/2014/03/21/news/giu-le-mani-dalla-psiche-il-dsm-5-tutto-sbagliato-1.158037

Giù le mani dalla psiche

Ecco perché il Dsm-5 sbaglia
«La fame di ricette semplici trova nel Dsm-5 la sua epifania più sconvolgente». Così Eugenio Borgna, uno dei più grandi psichiatri italiani, studioso della “dimensione profonda e soggettiva del disagio psichico”, come ricorda su di lui la Treccani, commenta la quinta edizione del manuale di riferimento per la salute mentale nel mondo: il cosiddetto “Dsm”. Firmato dall’ American Psychiatric Association , il tomo che classifica l’animo umano in oltre 300 potenziali disturbi arriverà in Italia il 28 marzo, tradotto da Raffaello Cortina .
Dopo tredici anni di lavoro e decine di migliaia di esperti coinvolti in studi e conferenze, i guru statunitensi della mente hanno stabilito «un linguaggio comune» per definire i nuovi «standard» con cui «la vita di milioni di individui» può essere compresa nelle sue patologie (parole del presidente del progetto, David Kupfer) mettendo nero su bianco quali sofferenze possono essere chiamate «disturbi» e quali no, da quali avvisaglie possiamo capire se un bambino è iperattivo o un amico depresso, secondo quali test (sì, ci sono anche i questionari a crocette) la nostra ansia andrebbe curata con un blister oppure la timidezza che mostriamo in pubblico avrebbe bisogno di una terapia. Uno strumento apprezzato, utile, usato. Ma anche oggetto di profonde critiche.
«Come già aveva scritto Kafka, è più facile prescrivere delle ricette, fare delle diagnosi, che non invece ascoltare chi sta male, perché quest’ultima cosa esige tempo, esige attenzione, esige riflessione»: dal suo studio di Novara, Borgna commenta così queste «tavole della legge che presentano soltanto paradigmi esteriori», perché sconfessano in partenza, dice, quello che dovrebbe essere il fondamento della psichiatria.
Cosa c’è che non va nel manuale?

sabato 26 dicembre 2015

Omelia di don Giussani per la festa di Santo Stefano (Desio, 26-12-1944)

Santo Stefano ovvero dell'amicizia di Cristo

Luigi Giussani Omelia di Luigi Giussani per la festa di Santo Stefano
Desio, 26 dicembre 1944


Veni Sancte Spiritus.
Veni per Mariam.


Le sacre vesti che i ministri rivestono all’altare non han più il candore di ieri. Rosse sono: simbolo di sangue. Accanto alla dolcissima contemplazione di un Dio bambino riscaldato dall’amore della Madre, quale contrasto la visione di Stefano che muore fra il grandinare delle pietre, coperto di sangue! Con che raccapriccio il nostro pensiero passa dal canto degli angeli e dai volti affettuosi dei pastori alle figure urlanti e frementi d’odio dei lapidatori di Stefano!

Ma l’accostamento è denso di significato. Nel fulgore di luce che circonda la capanna di Betlem si delinea maestosa la figura della Croce.


venerdì 25 dicembre 2015

Natale 2015

Natale 2015. Il Volantone di Comunione e Liberazione


11/12/2015

Come ogni anno, il Movimento di Comunione e Liberazione propone un'immagine artistica e un testo come aiuto a vivere il mistero del Natale.

Quest'anno l'immagine è di V. Kandinsky, Linea curva libera verso il punto: suono simultaneo di linee curve geometriche, 1925. Metropolitan Museum of Art, New York (© The Metropolitan Museum of Art / Art Resource / Scala, Firenze).

«È come un pezzo di ghiaccio entro cui brucia una fiamma». Così scriveva Vasily Kandinsky nel 1925, lo stesso anno in cui realizzava questo disegno a inchiostro su carta, oggi conservato al Metropolitan Museum di New York. Sono trascorsi oltre quindici anni dal suo primo celebre acquerello astratto del 1909. L’arte di Kandinsky si è fatta in apparenza più fredda e calcolata: sono gli anni in cui insegna al Bauhaus, la celebre scuola tedesca di architettura e design legata al razionalismo e al funzionalismo. Scrive anche un saggio di teoria artistica intitolato Punta, linea e superficie. Questo disegno è la perfetta esemplificazione del suo intento: rendere in modo chiaro e puro una dinamica pienamente reale ed umana. Questa dinamica è l’attrazione esercitata sulla linea (la nostra vita) da un punto (l’altro, l’ospite inatteso). Un qualcosa che, per quanto smaterializzato nella rappresentazione di Kandinsky, produce, come lui stesso aveva scritto, «una vibrazione del cuore». E forse le curve accompagnano la traiettoria potrebbero essere proprio lette come la rappresentazione di questa vibrazione...
(Giuseppe Frangi, controcopertina di Tracce, dicembre 2015)


Il testo è costituito da due brani. Il primo, di papa Francesco, è tratto dal Discorso al Centro di Rieducazione Santa Cruz - Palmasola. Santa Cruz de la Sierra (Bolivia), 10 luglio 2015.
Il secondo brano, di Luigi Giussani, è tratto dal libro L’avvenimento cristiano, BUR, Milano 2003, pp. 14-15.
Ecco i due brani:

«Per te, per te, per te, per me. Un amore attivo, reale. Un amore che guarisce, perdona, rialza, cura. Quando Gesù entra nella vita, uno non resta imprigionato nel suo passato, ma inizia a guardare il presente in un altro modo, con un’altra speranza. Uno inizia a guardare se stesso, la propria realtà con occhi diversi. Non resta ancorato in quello che è successo. E se in qualche momento ci sentiamo tristi, stiamo male, abbattuti, nel suo sguardo tutti possiamo trovare posto».
(Papa Francesco)

«Dio, il destino, il mistero, l’origine di tutte le cose, è diventato un volto umano: così è apparso Dio nel mondo. Chi lo incontrava diceva: “Nessuno ha mai parlato come quest’uomo” oppure: “Quest’uomo sì che parla con autorità”. Dio, il mistero, il destino fatto uomo, si rende presente ora a me e a te, e a tutti gli uomini che sono chiamati a vederlo, ad accorgersene, in un volto: un volto umano nuovo in cui ci si imbatte».
(Luigi Giussani)

giovedì 24 dicembre 2015

Carron a Bari: il vuoto, la persona, il popolo

BARI

«Per tornare a un'autentica domanda sull'io»

di Fabrizio Sinisi
23/12/2015 - Non è bastata la sala del cinema Showville, ieri sera. Con l'autore, l'editore Alessandro Laterza, il rettore Corrado Petrocelli e il filosofo Costantino Esposito hanno dialogato su "La bellezza disarmata" di don Julián Carrón
«La questione è come affrontare una grande crisi antropologica»: così esordisce Alessandro Laterza, editore, durante la presentazione de La bellezza disarmata, ultimo libro di Julián Carrón, in una sala così gremita da rendere necessario l’uso di un’altra sala, videocollegata: si riempirà anche quella.

Oltre a Laterza, con l’autore è sono presente anche Corrado Petrocelli, rettore dell’Università di San Marino e per anni guida dell’Università degli Studi di Bari. Già dall’introduzione Costantino Esposito, filosofo all’università della città pugliese chiamato a moderare la serata, imposta il livello del lavoro comune. Cita l’intervista a un sopravvissuto del Bataclan: «Abbiamo scoperto che la nostra vita è appesa a un filo». A questo livello si colloca il dialogo, ed è a questo livello che Laterza imposta il suo intervento, più sulle domande che sulle risposte o le considerazioni.

mercoledì 23 dicembre 2015

Carron presenta 'La bellezza disarmata' a Catania ed è subissato di domande dal pubblico

CATANIA

Dal paragone di un testo con la vita...

di Mario Tamburino
22/12/2015 - La presentazione de "La bellezza disarmata" nella città siciliana. Questa volta è il pubblico a porre le domande a don Julián Carrón: qual è il compito del cristiano in questa terra di contraddizioni? E come stare di fronte alla libertà dei figli?
«Per un uomo. Tutti premurosi, tutti allegri per vedere un uomo». La scoperta stupita, e persino un po’ stizzita, dell’Innominato ne I promessi sposi sarebbe forse, ancor oggi, l’unica in grado di spiegare il senso della strana allegria che fa convergere tutto un popolo verso la città ai piedi dell’Etna da ogni angolo della Sicilia orientale. La presentazione a Catania de La bellezza disarmata di don Julián Carrón, sceglie una formula diversa da quella degli incontri precedenti, affidati al dialogo tra l’autore ed alcuni interlocutori d’eccezione. Le domande - spiega Enrico Jansiti introducendo la serata - sono state, infatti, selezionate tra le tante arrivate da quanti, leggendo il libro, «hanno tentato un paragone tra il testo e la vita» così com'è, nella sua «imperfezione».

Carron: Natale, gesti di umanità che muovono il cuore

DOCUMENTI

Il Natale dei credenti, gesti di umanità che muovono il cuore

di Julián Carrón
23/12/2015 - «Misericordia. L’amore ci raggiunge attraverso facce sconosciute che con il loro esultare ci restituiscono la nostra vita e il disegno di Dio». La lettera del Presidente della Fraternità di CL al Corriere della Sera (23 dicembre 2015)
Caro Direttore, è sempre più frequente che la gente si stupisca di gesti semplici di umanità a cui non diamo quasi più valore, tanto ci sembrano normali, abituali. In un centro di accoglienza un volontario chiama per nome un profugo pachistano, alla domanda se preferisce pasta in bianco o al sugo, carne o pesce, quello scoppia a piangere per la commozione.

Una giovane manda un sms a un bulgaro appena incontrato: «Come stai?»; l’uomo è stupito che una persona quasi sconosciuta si interessi di lui. Potrei raccontare all’infinito episodi di questo genere. Possono essere gesti semplici, come quelli accennati, oppure eclatanti: pensiamo a quei tedeschi e austriaci che sono corsi ad accogliere i profughi alla frontiera e ai tanti che ogni giorno soccorrono coloro che sbarcano sulle coste italiane. Sembra niente di fronte alla enormità dei problemi, eppure il loro effetto è tanto dirompente in coloro a cui capitano, quanto può apparire banale, insignificante e scontato a noi che vediamo accadere questi episodi.

domenica 20 dicembre 2015

A Bari la presentazione de “La bellezza disarmata”, il nuovo libro di Juliàn Carron

A Bari la presentazione de “La bellezza disarmata”, il nuovo libro di Juliàn Carron

Il prete spagnolo, responsabile del Movimento di Comunione e Liberazione, mette a tema la crisi della cultura occidentale, con un affondo sui temi di attualità come immigrazione, famiglia, nuovi diritti, Europa, terrorismo, politica ed economica

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È in programma martedì 22 dicembre a Bari alla Multisala Showville in via Giannini 9 la presentazione de “La bellezza disarmata”, il primo libro di Julián Carrón, responsabile del Movimento di Comunione e Liberazione da dieci anni, dopo la scomparsa del fondatore, mons. Luigi Giussani.
«Non c’è altro accesso alla verità se non attraverso la libertà. La storia è lo spazio del dialogo nella libertà»; e ancora: «Nessuno può stare in piedi senza qualcosa per cui valga la pena vivere», scrive l’Autore. L’editore Alessandro Laterza e il Rettore dell’Università di San Marino Corrado Petrocelli si confrontano con don Julián Carrón su queste provocazioni e numerose altre che il sacerdote spagnolo lancia con il libro. Coordina l’incontro Costantino Esposito, Ordinario di Storia della Filosofia all’Università di Bari e membro del consiglio nazionale di Comunione e Liberazione.
Tra le personalità che hanno confermato la loro presenza all’incontro, anche il Presidente della Regione Puglia Michele Emiliano, il Sindaco Antonio Decaro e i Rettori dell’Università di Bari e del Politecnico Antonio Uricchio e Eugenio Disciascio.
Il volume, uscito a metà settembre per Rizzoli, mette a tema la crisi della cultura occidentale, con un affondo sui temi di attualità come immigrazione, famiglia, nuovi diritti, Europa, terrorismo, politica ed economia. Attraverso il percorso del libro, l’autore rimette al centro l’uomo, con le sue domande e le sue esigenze di verità e di libertà. La “bellezza disarmata” della fede si fa strada come possibile risposta alle sfide del presente.

sabato 19 dicembre 2015

Papa Francesco: Dio ci dia la grazia di sentirci 'scartati'

Papa: Dio ci dia la grazia di sentirci "scartati"

Francesco apre la Porta Santa della Carità di un centro Caritas di Roma. Dio "ci dà la misericordia e la grazia e per avvicinarsi a quella grazia dobbiamo avvicinarci agli scartati, ai poveri, a quelli che hanno più bisogno, perché su quell’avvicinamento tutti noi saremo giudicati”.


Roma (AsiaNews) – Le strade delle ricchezze, della vanità, dell’orgoglio, non sono strade di salvezza, perché quando ci sarà il Giudizio nostro, Gesù, per aprirci la porta del Cielo ci dirà “ero affamato e mi hai dato da mangiare; ero senzatetto e mi hai dato una casa; ero così, ero ammalato e sei venuto a trovarmi; ero in carcere, sei venuto a trovarmi”. Sono parole che papa Francesco ha rivolto, oggi pomeriggio, a 200 persone, riunite nella mensa san Giovanni Paolo II, accanto alla stazione Termini, la stazione centrale di Roma, in rappresentanza di tutti i centri di accoglienza della Caritas diocesana.
In questo centro Caritas che comprende l'Ostello don Luigi Di Liegro – il direttore della Caritas che lo fondò nel 1987 - e la Mensa san Giovanni Paolo II, Francesco è arrivato poco dopo le 16 per aprire la Porta Santa della Carità (nella foto). Il Papa l’ha aperta  guidando una processione che intonava le litanie dei santi. Tra questi alcuni legati alla misericordia e importanti per Roma, come san Filippo Neri, santa Fabiola, santa Giacinta, san Damiano di Molokai e san Giovanni Paolo II, accanto ai “martiri della giustizia e della carità”, il beato Oscar Romero e la beata Madre Teresa di Calcutta.
Alla messa celebrata subito dopo l’apertura della Porta Santa sono stati ammessi  esclusivamente persone delle strutture di accoglienza e i loro parenti. A loro Francesco ha dedicato l’omelia, interamente a braccio, nella quale ha chiesto la grazia  “di sentirci scartati, perché noi non abbiamo alcun merito: soltanto Lui ci dà la misericordia e la grazia e per avvicinarsi a quella grazia dobbiamo avvicinarci agli scartati, ai poveri, a quelli che hanno più bisogno, perché su quell’avvicinamento tutti noi saremo giudicati”.

venerdì 18 dicembre 2015

Messaggio di Papa Francesco per la giornata della pace

MAGISTERO

Vinci l’indifferenza e conquista la pace

Messaggio di papa Francesco per la Giornata mondiale della pace (1 gennaio 2016)
16/12/2015
Dio non è indifferente! A Dio importa dell’umanità, Dio non l’abbandona! All’inizio del nuovo anno, vorrei accompagnare con questo mio profondo convincimento gli auguri di abbondanti benedizioni e di pace, nel segno della speranza, per il futuro di ogni uomo e ogni donna, di ogni famiglia, popolo e nazione del mondo, come pure dei Capi di Stato e di Governo e dei Responsabili delle religioni. Non perdiamo, infatti, la speranza che il 2016 ci veda tutti fermamente e fiduciosamente impegnati, a diversi livelli, a realizzare la giustizia e operare per la pace. Sì, quest’ultima è dono di Dio e opera degli uomini. La pace è dono di Dio, ma affidato a tutti gli uomini e a tutte le donne, che sono chiamati a realizzarlo.

Custodire le ragioni della speranza
Le guerre e le azioni terroristiche, con le loro tragiche conseguenze, i sequestri di persona, le persecuzioni per motivi etnici o religiosi, le prevaricazioni, hanno segnato dall’inizio alla fine lo scorso anno moltiplicandosi dolorosamente in molte regioni del mondo, tanto da assumere le fattezze di quella che si potrebbe chiamare una “terza guerra mondiale a pezzi”. Ma alcuni avvenimenti degli anni passati e dell’anno appena trascorso mi invitano, nella prospettiva del nuovo anno, a rinnovare l’esortazione a non perdere la speranza nella capacità dell’uomo, con la grazia di Dio, di superare il male e a non abbandonarsi alla rassegnazione e all’indifferenza. Gli avvenimenti a cui mi riferisco rappresentano la capacità dell’umanità di operare nella solidarietà, al di là degli interessi individualistici, dell’apatia e dell’indifferenza rispetto alle situazioni critiche... (continua a leggere sul sito della Santa Sede)

martedì 15 dicembre 2015

Joshua Stancil: la giustizia dà ordine, la misericordia ricrea

Joshua Stancil in Italia

"La giustizia dà ordine e struttura alle cose ma solo la misericordia ricrea"- Questa frase di Romano Guardini pronunciata da Joshua Stancil durante le sue testimonianze è la sintesi dell'itinerario di fede che ha voluto condividere con le centinaia di persone che lo hanno ascoltato commosse. A Magenta, Varese, Giussano, Milano, Torino, Cambiago, i centri culturali locali hanno organizzato eventi per ascoltare l'uomo che dopo 18 anni di carcere in North Carolina ha viaggiato in Italia per un invito in occasione del Giubileo della Misericordia indetto da Papa Francesco.

Dice Papa Francesco in una recente intervista quando gli chiedono quale sia stato il moto del cuore che l'ha spinto a mettere in risalto il tema della misericordia: "Mi è venuto da dentro, lo spirito santo vuole qualcosa. Il Signore vuole mostrare la sua Misericordia., il mondo ha bisogno di compassione, di patire con ..ha bisogno di scoprire che Dio è padre, che la misericordia esiste".

Il Giubileo ad Aleppo

SIRIA

Ad Aleppo la speranza si spalanca

di Andrea Avveduto
14/12/2015 - La chiesa è ancora danneggiata, dall'ultimo attacco del 25 ottobre. Eppure, era strapiena di cristiani e non solo, quando l'altro ieri il parroco, padre Ibrahim, e il vescovo Abou Khazen hanno aperto la Porta Santa
La chiesa era ancora danneggiata dai bombardamenti del 25 ottobre scorso. La luce di un pallido sole invernale filtrava dall’abside, tra le crepe pericolanti che un missile aveva lasciato a testimonianza di una guerra che non risparmia nessuno, tanto meno i luoghi di culto.

Alla vigilia c'era la apprensione, si respirava la paura di un nuovo attacco che avrebbe potuto rovinare la festa. Eppure, nella parrocchia di San Francesco, ad Aleppo, sabato 12 dicembre «c’era una pace celeste, un silenzio mai visto». Nessuno si era fatto vincere dall’angoscia. Al telefono padre Ibrahim Alsabagh, parroco di Aleppo, è visibilmente commosso. Monsignor George Abou Khazen, il vescovo latino, ha appena aperto la Porta Santa. Proprio in quella chiesa, simbolo di una città lacerata, colpita durante una messa domenicale e ancora rovinata. Niente da fare, erano di nuovo tutti lì i suoi parrocchiani, pronti per la grande messa d’apertura.

Bologna, La bellezza disarmata

BOLOGNA

Un "punto infiammato" nella persona

di Gianni Varani
11/12/2015 - Al Teatro Manzoni, nel cuore del capoluogo emiliano, giovedì scorso oltre mille persone hanno affollato la platea per la presentazione del libro di don Carrón. Con lui, sul palco, il giornalista Antonio Polito
Qual è il vero fondo della crisi che stiamo vivendo? È ruotato attorno a questo quesito cruciale e alle possibili risposte il dialogo a Bologna tra don Julián Carrón e il giornalista Antonio Polito, il 10 dicembre al teatro Manzoni, dove sono stati entrambi chiamati per presentare La bellezza disarmata, l’ultima fatica editoriale del Presidente della Fraternità di CL.

La risposta, di fronte a più di mille persone, è contenuta di fatto in un’altra domanda rilanciata dallo stesso Carrón: «Siamo di fronte a un conflitto tra religioni o un vuoto a cui non siamo in grado di rispondere?». È questo vuoto che genera nichilismo o noia - cita Gianni Vattimo - e che mette alla prova, per Carrón, tanto il cristianesimo quanto gli atei o i musulmani. Non basteranno, per questa sfida radicale, mere riproposizioni verbali o rituali del cristianesimo. Ma anche per la “polis”, la comunità degli uomini, affrontare questo vuoto è il tema chiave, la verifica delle varie filosofie e culture, per la sua stessa sopravvivenza.

lunedì 14 dicembre 2015

La misericordia in atto in Thailandia

THAILANDIA

«Come è facile seguire Gesù»


14/12/2015 - La lettera di suor Maria Angela Bertelli, missionaria saveriana a Bangkok. All'ultimo Meeting di Rimini ha raccontato della Casa degli Angeli, in cui accoglie i bambini disabili e le loro mamme. E dove ora è arrivato Jawlamoo...
Carissimi amici,

buon inizio del Giubileo della Misericordia, buona preparazione al Santo Natale di Gesù! Quanti doni ci fa il Signore, quanta consolazione ci viene da Lui in un momento in cui ancora troppe persone nel mondo soffrono per tante violenze, persecuzioni, ingiustizie, sfruttamenti, e tante altre sono vittime della forza del male che li spinge a compiere queste azioni di morte.

Quando nacque Gesù non era poi così diversa la situazione. Ogni epoca, ogni generazione si ritrova a lottare contro il male e deve trovare la strada che Dio traccia nella vita di ciascuno come un sentiero umile appena battuto, come quello percorso dal Buon samaritano. Sentiero che rischia di sparire davanti alle superstrade dove tutti corrono via veloci, senza accorgersi di chi è mendicante e ferito al bordo della strada.

Doninelli: Le cose semplici



l'ultimo romanzo di Luca Doninelli

domenica 13 dicembre 2015

Anno della Misericordia: In my country

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Perdonare, ai tempi dell'apartheid

di Luca Marcora
09/12/2015 - Sudafrica, 1996. La Commissione per la Verità e la Riconciliazione istituita da Mandela raccoglie le testimonianze di violenza di quegli anni. Qui, il giornalista Langston incontra Anna, poetessa. Ma non è la classica storia d'amore hollywoodiana...
Nel 1996 in Sudafrica la Commissione per la Verità e la Riconciliazione, istituita da Nelson Mandela, raccoglie le testimonianze delle violenze perpetrate durante gli anni di apartheid. Il giornalista americano Langston Whitfield (Jackson), inviato del Washington Post, conosce in quell’occasione la poetessa Anna Malan (Binoche)…

«Sono stato in Sudafrica negli anni 70 - ricorda il regista John Boorman - durante il peggior periodo dell’apartheid. Ho viaggiato nei villaggi ed è stata un’esperienza davvero commovente. Sono diventato amico di molte persone, sia nere che bianche, che combattevano contro l’apartheid rischiando di essere incarcerate e torturate. Mi sono emozionato molto quando Mandela è riuscito a cancellare tutto questo senza alcun bagno di sangue. Antjie Krog ha poi scritto il libro Country of my Skull, che parlava di come lei aveva seguito i lavori della Commissione per la Verità e la Riconciliazione. Lei stessa, una afrikaner, aveva dovuto confrontarsi con gli orrori che erano stati compiuti in nome della razza. E l’enorme dramma umano era dettagliato in questo esperimento che non era mai stato fatto prima».

lunedì 7 dicembre 2015

Misericordiae vultus

MISERICORDIAE VULTUS

«L'atto con cui Dio ci viene incontro»

di Ezio Prato
04/12/2015 - Dopo Bangui, l'8 dicembre Francesco apre la Porta Santa in Vaticano. Ecco una breve antologia dalla Bolla di indizione dell'Anno Santo. Per aiutarci a seguire il Papa nel Giubileo che comincia
Con la bolla Misericordiae Vultus (Il volto della Misericordia), papa Francesco indice il Giubileo Straordinario della Misericordia. Mentre precisa le modalità fondamentali di svolgimento dell’Anno Santo, il Papa offre una prima riflessione d’insieme sul tema (che riprendiamo parzialmente con una breve antologia del documento).


L’Anno Santo si aprirà l’8 dicembre 2015, solennità dell’Immacolata Concezione, una data che assume particolare significato per la storia recente della Chiesa: ricorre infatti in tale giorno il cinquantesimo anniversario della conclusione del Concilio Vaticano II. La domenica successiva, la Terza di Avvento, si aprirà la Porta Santa nella cattedrale di Roma, la Basilica di San Giovanni in Laterano. La conclusione, con la chiusura della Porta Santa, sarà invece il 20 novembre 2016, nella solennità liturgica di Gesù Cristo Signore dell’Universo. L’Anno santo non sarà celebrato solo a Roma, ma anche nelle Chiese particolari: nella Cattedrale o anche in altre Chiese e Santuari.


Nella Misericordiae Vultus, sono richiamati alcune modalità, atteggiamenti e gesti nei quali si esprimerà l’esperienza della misericordia, come risposta all’invito ad essere Misericordiosi come il Padre (cfr. Lc 6,27), «il “motto” dell’Anno Santo» (n. 7).
Per essere capaci di misericordia, il Papa raccomanda innanzitutto di porsi in ascolto della Parola di Dio, per contemplare la misericordia di Dio e assumerla come stile di vita (n. 13). Un segno peculiare dell’Anno Santo è il pellegrinaggio, icona dell’esistenza dell’uomo, segno che anche la misericordia è meta da raggiungere, con impegno e sacrificio (n. 14). L’invito è poi ad «aprire il cuore a quanti vivono nelle più disparate periferie esistenziali, che spesso il mondo moderno crea in maniera drammatica» (n. 15), attraverso l’esercizio delle opere di misericordia corporale e spirituale. Non si deve, inoltre, dimenticare la ricchezza, anche per l’oggi, delle parole del profeta Isaia che Gesù richiama nella sinagoga di Nazaret: «Portare una parola e un gesto di consolazione ai poveri, annunciare la liberazione a quanti sono prigionieri delle nuove schiavitù della società moderna, restituire la vista a chi non riesce più a vedere, perché curvo su se stesso, e restituire dignità a quanti ne sono stati privati» (n. 16). Un tempo forte per riscoprire la misericordia è quello della Quaresima. Papa Francesco richiama a viverla intensamente e, in questo contesto rimanda alle pratiche tradizionali della preghiera, del digiuno e della carità, ricorda l’iniziativa “24 ore per il Signore” (celebrata nel venerdì e sabato che precedono la IV domenica di Quaresima), insiste perché i confessori siano un vero segno della misericordia del padre e invita i Vescovi e il popolo di Dio ad accogliere i Missionari della Misericordia che lui invierà (nn. 17-18). La parola del perdono è per tutti e a tutti deve giungere, specialmente a quanti sono lontani dalla grazia di Dio per la loro condotta di vita (in particolare sono ricordati coloro che appartengono a gruppi criminali o sono fautori e complici di corruzione): «Rimanere sulla via del male è solo fonte di illusione e di tristezza. La vera vita è ben altro» (n. 19). Il Giubileo, da ultimo, porta con sé il dono dell’Indulgenza, nel quale risplende il mistero della comunione della santità nella Chiesa (n. 22).

venerdì 4 dicembre 2015

La rivoluzione culturale dello sguardo: la bellezza disarmata

LA BELLEZZA DISARMATA


Una rivoluzione culturale dello sguardo

di Stefano Andrini
04/12/2015 - C'era l'autore e guida di CL, don Julián Carrón. E c'era l'ex presidente della Camera, Fausto Bertinotti. Tra loro, ieri sera alla fiera di Rimini, Andrea Simoncini, moderatore dell'incontro di presentazione del volume della Rizzoli
«Dalla catastrofe incombente ci può salvare solo una rivoluzione culturale dello sguardo. Fondata sul recupero di un imprevisto che renda visibile quello che fino a un attimo prima non lo era». Lo ha detto Fausto Bertinotti, presidente della Fondazione “Cercare ancora” in occasione della presentazione a Rimini del libro di don Julián Carrón La bellezza disarmata. Fiera stipata, il saluto di Manlio Gessaroli, responsabile diocesano della Fraternità di CL, che legge il messaggio di monsignor Francesco Lambiasi, vescovo di Rimini. Colonna sonora iniziale con La mente torna di Mina e il Villa Lobos eseguito dal maestro Piero Bonaguri. E poi parte il dialogo, che non tradisce le attese, moderato da Andrea Simoncini, docente di Diritto costituzionale all’Università di Firenze.

mercoledì 2 dicembre 2015

E' possibile oggi nascere un'altra volta? Testimonianza di J.Stancil

particolare_rembrandt Anno misericordia (tagliando la figura a destraciclo
”Alla scoperta
del volto
della Misericordia”

Giovedì 10 Dicembre ore 18,30
presso la sala Sant’Antonio
Via Sant’Antonio 5 Milano
Interviene Joshua Stancil, North Carolina

Coordina Giorgio Vittadini
A pochi giorni dall’apertura del Giubileo straordinario della misericordia indetto da papa Francesco, l’esperienza di conversione di Joshua Stancil, detenuto per 18 anni nel carcere di Nash County, North Carolina.

martedì 1 dicembre 2015

Perù, nuovi beati

UCCISI DA SENDERO LUMINOSO, SABATO SARANNO BEATI. Il cardinal Amato, che beatificò Romero, in viaggio verso la località peruviana di Chimbote per i tre missionari

I sacerdoti polacchi Michael Tomaszek e Zbigniew Strzalkowski
I sacerdoti polacchi Michael Tomaszek e Zbigniew Strzalkowski
Il giorno è arrivato e il Perù si prepara per la beatificazione dei tre missionari martiri, i francescani polacchi Michael Tomaszek e Zbigniew Strzalkowski, ed il sacerdote diocesano italiano Alessandro Dordi, uccisi dai guerriglieri di Sendero Luminoso il 9 e il 25 agosto 1991 in una sperduta località delle sierre del Perù. Il Papa ha inviato il cardinale Angelo Amato, Prefetto della Congregazione per le cause dei santi, a presiedere la cerimonia solenne, come già fece a maggio con monsignor Romero in Salvador, il cui decreto venne firmato da Francesco contemporaneamente a quello delle tre vittime della guerriglia peruviana di stampo filo maoista. Davanti all’altare eretto nello stadio della città di Chimbote ci sarà anche il presidente del Perù, Ollanta Humala e, naturalmente, la Chiesa del paese andino al gran completo.

Cristiani perseguitati, la UE agisca

Cristiani perseguitati, la Ue agisca
Giovanni Maria Del Re

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L'Europa dovrà far valere i propri valori, opporsi alla sempre più dilagante persecuzione dei cristiani nel mondo, anche questo è cruciale nella lotta al terrorismo. Nel corso di una conferenza di alto livello sulla persecuzione dei cristiani nel mondo, organizzata a Bruxelles dal primo vice presidente del Parlamento Europeo Antonio Tajani, responsabile per il dialogo interreligioso, il messaggio è stato chiaro, condito dai numeri da brivido su un fenomeno sempre più allarmante.

Un evento che ha visto tra gli altri la partecipazione di Andrea Riccardi, fondatore della Comunità di Sant'Egidio e le testimonianze dell'arcivescovo di Sarajevo, il cardinale Vinko Puljic, dell'attivista per i diritti umani del Pakistan Paul Bhatti, di Alganesh Fessaha, presidente dell'ong Gandhi (India), padre Musa Yaramis, iracheno, e rappresentante della Chiesa caldea in Belgio, e l'eritrea Helen Berhane, che ha cantato un brano gospel al termine della conferenza.

Dio ci sorprende, e l'Africa con Lui

MAGISTERO

«Dio ci sorprende, e l'Africa con Lui»

lunedì 30 novembre 2015

L'attesa di Francesco a Kampala

LETTERA/IL PAPA IN UGANDA

«Con te l'attesa non è vuota»


30/11/2015 - L'hanno aspettato per ore, fin dall'alba. Con la certezza di essere "preferiti". E quando è arrivato, mentre cantavano "È bella la strada", si sono trovati a tu per tu con Francesco col cuore commosso. Poche parole: «Ti vogliamo bene»
C’è una sola parola che descrive bene i tre giorni in cui il Papa è stato tra noi: attesa. Il mio cuore è stato dominato in ogni istante dall’attesa di un padre. Tutti i volti che ho incontrato manifestavano quest’attesa colma di certezza. Solitamente in me l’attesa genera un filo di angoscia, agitazione, dubbio. Ma questa volta nulla di tutto ciò mi ha sfiorato. Il cuore era in pace. L’ho intuito quando la mia amica Rose mi ha detto alcuni giorni prima dell’arrivo del Papa: «Stiamo aspettando il Padre della nostra umanità». Che gratitudine poter incontrare chi mi richiama in modo così radicale alla sorgente della mia umanità.

Da qui l’esperienza di una preferenza su di me senza “se” e senza “ma”. Una preferenza che ha raggiunto anche tutti i miei amici e studenti e che ha generato il fiore di un’unità imprevedibile, non per fare cose o per l’organizzazione dell’evento, ma per attendere insieme.

Abbiamo vissuto un’unità di sguardo perché di fronte a noi c’è stato un punto che dominava il nostro orizzonte, il nostro cuore.

Per questo è stato semplice ritrovarsi tutti i tre giorni, a orari improbabili, fuori dalla Nunziatura a cantare per ore, per poter salutare, anche se solo per qualche secondo, Francesco. Un popolo multicolore, composto di famiglie, Memores Domini, studenti e donne del Meeting Point International. E lui ci ha guardato, salutato, sorriso. Difficile passare inosservati con uno striscione di 10 metri con la scritta “Communion and Liberation. With You we never walk alone”. Con te non camminiamo soli, con te l’attesa non è vuota, perché ci riconosciamo figli preferiti. E mentre cantavamo È bella strada, ci siamo ritrovati, per qualche secondo, a tu per tu con Francesco. In silenzio siamo riusciti a dire solo poche parole, che sono l’espressione sintetica di un cuore commosso: «Francesco, noi ti vogliamo bene».

Un bene che abbiamo percepito anche nei vari eventi che abbiamo avuto la fortuna di seguire, come a Kololo, durante l’incontro con i giovani, quando lo abbiamo sentito dire che con Gesù i muri si trasformano in orizzonti e le difficoltà in Cristo diventano fonte di speranza. Oppure quando. di fronte al clero e ai religiosi. il Papa ha affermato che la bellezza della nostra vita sta nella fedeltà alla memoria di Chi ci ha conquistato e quindi alla fedeltà alla propria vocazione. Queste le uniche condizioni per non far sfiorire la bellezza della “perla d’Africa”, questa la condizione per non perdere la consapevolezza che la vera perla d’Africa è ciascuno di noi.

Matteo, Kampala

La realtà della Resurrezione

PARIGI

Dopo cinque anni Dio è tornato a urlarmi in faccia

di Luca Fiore
23/11/2015 - Camilla ha perso un amico negli attentati. Ma quel che è successo ha cambiato la sua vita. All'inizio quella strana letizia. Poi il desiderio di essere perdonata per poter perdonare. Fino alla festa per il proprio compleanno. Alla quale invita Silvio...
«Un collega è venuto a chiedermelo: “Come fai a ridere? Hai perso un amico, stai aspettando la data dei funerali, come fai a essere così?”. L'ho guardato e ho risposto: “Perché c’è Uno che la morte l’ha vinta. E dopo cinque anni è tornato a urlarmi in faccia che le cose non le faccio io».

Camilla è nata a Bologna 26 anni fa. Lavora in uno dei locali più in di Parigi, il Candelaria, numero 12 dei 50 migliori cocktail bar del mondo. Abita in un appartamento sopra Le Petit Cambodge, uno dei ristoranti in cui i terroristi hanno fatto strage il 13 novembre. Lei quella sera non si trova a casa, ma è con un amica a 20 minuti di distanza. Il fidanzato dell’amica le passa a prendere e porta tutti fuori città. Iniziano tre giorni che le cambiano la vita.

Ma prima di raccontare come la sua vita è cambiata, Camilla fa una premessa: «Erano cinque anni che non avevo più a che fare con CL. Cinque anni in cui mi sono fatta da me. Ed è stata una vita pienissima: sono diventata responsabile commerciale di un grande locale, mi sono sposata, ho avuto un figlio, ho divorziato scegliendo di farlo...». Il movimento l’aveva incontrato a sedici anni. A diciotto è arrivata a Parigi per studiare alla Sorbona. «Ero in una situazione catastrofica, umanamente allo sbando...». Fine della premessa.

giovedì 26 novembre 2015

Colletta alimentare 2015

#COLLETTA15

Lo spettacolo della carità


26/11/2015 - Sabato 28 novembre torna nei supermercati di Italia l'appuntamento organizzato dalla Fondazione Banco alimentare. Ecco come prepararsi (e cosa c'è da sapere) per dare l'aiuto di cui c'è bisogno
Cinque milioni di persone che, per un giorno intero, fanno la spesa non solo per sé, ma anche per chi ne ha più bisogno. Sabato 28 novembre torna la Colletta alimentare, in oltre 11mila supermercati di tutta la penisola. L’appuntamento nasce nel 1997 dalla Fondazione Banco alimentare, ed è ormai diventato una tradizione che, dopo diciannove anni, non smette di crescere. I numeri parlano: solo lo scorso anno sono state raccolte oltre novemila tonnellate di alimenti, destinate ai più poveri.

«Questo gesto di generosità è piccolo, quasi banale, ma mette in moto una predisposizione che cerca spazio per esprimersi», ha ricordato don Julián Carrón, il 12 novembre, all'incontro di presentazione della Colletta, con Giuseppe Guzzetti e Fausto Bertinotti: «Non c’è solo risposta al bisogno, ma educazione di un popolo. Il gesto della Colletta alimentare è un gesto riuscito. È un gesto educativo perché non finisce lì» (guarda il video dell'incontro).

Proprio per questa "educazione", si può donare alla Colletta non solo con spesa e carrello, ma anche tramite il sito del Banco alimentare.

E, per seguire passo per passo la giornata del 28 novembre, sarà possibile interagire attraverso Facebook, Twitter e altri social network con l'hashtag #Colletta15.

Kenya: festa nazionale per l'arrivo del Papa

IL VIAGGIO DEL PAPA

«Perché andrò a vederlo e sentirlo parlare»


26/11/2015 - Kenya. Un popolo in festa accoglie Francesco. Oggi, la messa all'Università di Nairobi. Tra la folla c'è anche Daisy: «Attendo quell'uomo, per ricordarmi che è un Altro a cambiare la mia vita»
Oggi in Kenya è festa nazionale perché, per la prima volta dopo la sua elezione, il Papa viene in visita in Africa. La sua è una figura “simbolo”, che la maggior parte dei leader mondiali e delle autorità religiose di altre fedi, anche in Kenya, ascolta e riconosce.

Per noi è un privilegio e una grazia riceverlo, oggi che celebra la messa all’Università di Nairobi, a un chilometro da dove Giovanni Paolo II la celebrò durante il suo viaggio apostolico nel Paese, nel 1995. Accadeva vent’anni fa, e io ne avevo solo tre. Mia madre ricorda ancora con nostalgia la bellezza di quella messa a cui aveva partecipato. È stata lei a raccontarmelo.

martedì 24 novembre 2015

Colletta Alimentare 2015

Condividere i bisogni per condividere il senso della vita



Appuntamento giovedì 12 novembre alle ore 18 con l'incontro di lancio della 19esima edizione della Giornata Nazionale della Colletta Alimentare, dal titolo Condividere i bisogni per condividere il senso della vita.
Ospiti d’eccezione, Giuseppe Guzzetti, Presidente di Fondazione Cariplo, Fausto Bertinotti, Presidente emerito della Camera dei Deputati, e Don Julian Carron, Presidente della Fraternità di Comunione e Liberazione. Modera Marco Lucchini, Direttore Generale della Fondazione Banco Alimentare.
Per rivedere il video dell'incontro clicca qui.

www.bancoalimentare.it

lunedì 23 novembre 2015

L'apertura della porta santa in Africa

CENTRAFRICA

Il Papa presentato ai musulmani di Bangui


23/11/2015 - Monsignor Dieudonné Nzapalainga incontrerà la comunità musulmana locale presentando il video-messaggio di Francesco. Poco prima della visita del Pontefice nella capitale africana, un modo per sostenere il dialogo interreligioso (da Fides)
«Stiamo andando insieme ai giornalisti al Km5 per presentare il video messaggio del Santo Padre sul suo viaggio nel nostro Paese» dice, all'Agenzia Fides, Sua Ecc. monsignor Dieudonné Nzapalainga, Arcivescovo di Bangui e Presidente della Conferenza Episcopale della Repubblica Centrafricana, Paese che rientra nella visita che papa Francesco effettuerà questa settimana in Africa.

Il Km5 è il quartiere a maggioranza musulmana della capitale centrafricana, dove registrano tensioni e incidenti legati alla situazione politica che sta vivendo il Paese dal 2012. «Avremo un incontro per presentare il messaggio di papa Francesco con i miei amici della piattaforma religiosa per la pace, formata, oltre che dall'Arcivescovo di Bangui, dal Presidente del Consiglio islamico centrafricano, Imam Oumar Kobine Layama e dal Presidente della Alleanza Evangelica, il pastore Nicolas Guérékoyaméné-Gbangou. Insieme continuiamo ad invitare i nostri fedeli a coltivare l'unità, la coesione e a offrire il perdono ai nostri fratelli e sorelle» dice Mons. Nzapalainga che, insieme agli altri membri della piattaforma interreligiosa per la pace, ha sempre affermato come la religione sia stata strumentalizzata a fini politici.

CONTINUA A LEGGERE SU FIDES


Papa Francesco: educare è introdurre alla realtà totale

Discorso ai partecipanti al Congresso mondiale promosso dalla Congregazione per l'educazione cattolica

Francesco vatican.va

21/11/2015 - Aula Paolo VI

Prof. Roberto Zappalà, dirigente scolastico dell’Istituto Gonzaga di Milano
Le istituzioni educative cattoliche sono presenti in una grande diversità di nazioni e contesti: nazioni più ricche, nazioni in via di sviluppo, nelle città, nelle zone rurali, in nazioni a maggioranza cattolica e in Paesi in cui il cattolicesimo invece è una minoranza. In questa grande varietà di situazioni, che cosa, secondo Lei, fa sì che una istituzione sia veramente cristiana?

Papa Francesco
Anche noi cristiani siamo in minoranza. E mi viene in mente quello che ha detto un grande pensatore: “Educare è introdurre nella totalità della verità”. Non si può parlare di educazione cattolica senza parlare di umanità, perché precisamente l’identità cattolica è Dio che si è fatto uomo. Andare avanti negli atteggiamenti, nei valori umani, pieni, apre la porta al seme cristiano. Poi viene la fede. Educare cristianamente non è soltanto fare una catechesi: questa è una parte. Non è soltanto fare proselitismo – non fate mai proselitismo nelle scuole! Mai! – Educare cristianamente è portare avanti i giovani, i bambini nei valori umani in tutta la realtà, e una di queste realtà è la trascendenza. Oggi c’è la tendenza ad un neopositivismo, cioè educare nelle cose immanenti, al valore delle cose immanenti, e questo sia nei Paesi di tradizione cristiana sia nei Paesi di tradizione pagana. E questo non è introdurre i ragazzi, i bambini nella realtà totale: manca la trascendenza. Per me, la crisi più grande dell’educazione, nella prospettiva cristiana, è questa chiusura alla trascendenza. Siamo chiusi alla trascendenza. Occorre preparare i cuori perché il Signore si manifesti, ma nella totalità; cioè, nella totalità dell’umanità che ha anche questa dimensione di trascendenza. Educare umanamente ma con orizzonti aperti. Ogni sorta di chiusura non serve per l’educazione.

venerdì 20 novembre 2015

Uomini di Dio - la scena più bella e commovente del film

WWW.TERAMOWEB.IT - La Cattedrale di Teramo ospita una mostra su Don Gius...

L'anno della misericordia: la confessione nella testimonianza di un anziano cardinale

La cura d'anime non va in pensione
Roberto I. Zanini

«Non sono uno psicologo e preferisco non parlare degli effetti del perdono degli uomini. Il perdono di Dio, invece, mi toglie dalla disperazione, mi ridona la serenità della vita». È così importante e necessario che «precede la confessione. Già nel momento in cui desidero di confessare i miei peccati, Dio mi dona il suo perdono».

Il cardinale Luigi De Magistris è ormai prossimo ai 90 anni. Vive con una nipote e un nipote nella vecchia casa di famiglia in una via dello storico quartiere Castello a Cagliari. Le sue parole sono poche ed efficaci. Giungono dirette al cuore prima ancora che all’intelletto. Sempre riferite a se stesso non hanno bisogno di fronzoli, di argomentazioni decorative. Si affidano a una sapienza pastorale che sa di antico, di umiltà edificata su una fede rocciosa e schiva. Forgiata in una famiglia in cui il padre, medico, per la sua dichiarata fede cattolica, nella Cagliari di inizio Novecento, fortemente segnata dall’ideologia massonica, era stato escluso da ogni forma di carriera e aveva scelto di esercitare la professione in favore dei più poveri ricevendo in un ambiente della sua casa. Una fede e una fedeltà alla Chiesa, quella della famiglia di don Luigi (vuole essere chiamato così), che può essere agevolmente sintetizzata da un’espressione che il cardinale ama ripetere in dialetto cagliaritano: «Su Papa s’ascurtara e no si discutiri», il Papa si ascolta e non si discute.

giovedì 19 novembre 2015

Il Papa: "Togliete le sbarre dalla porta"

DOPO PARIGI

«Togliete le sbarre dalla porta»

di Alessandro Banfi
19/11/2015 - Le parole di papa Francesco all'Udienza generale del 18 novembre, a cinque giorni dalle stragi francesi, ricordano quelle che pronuncia Tommaso Becket nel dramma teatrale di T.S. Eliot, "Assassinio nella cattedrale". Vale la pena rileggerle
La sintesi giornalistica ieri è stata questa: il Papa dice che il Vaticano non può blindare le sue porte. Nei giorni drammatici e cupi, seguiti ai fatti di Parigi, fra allarmi dell’Fbi e insistenze isteriche sui rischi rappresentati dal Giubileo, in realtà ieri Francesco ha offerto una bellissima meditazione sul tema, a lui caro, dell’apertura delle porte della Chiesa (chi non si ricorda Giovanni Paolo II nello storico discorso di intronizzazione «Spalancate le porte a Cristo?»), prendendo spunto proprio dall’Anno Santo della Misericordia.

Sèbastienne: la vita è un dono prezioso

DA BERGAMOPOST

«Le mie due ore da ostaggio al Bataclan»


19/11/2015 - Sébastien era uno degli ostaggi usati dagli attentatori dello Stato Islamico come scudi umani per negoziare con la polizia. Intervistato dalla radio francese Rtl, racconta quello che è successo venerdì notte a Parigi
Eravate dentro il Bataclan e avete discusso a lungo con gli attentatori, è vero?Sì, prima hanno discusso tra di loro, poi ci hanno fatto il loro discorso sul perché erano li.

E cosa vi hanno detto?
Ci hanno spiegato che erano le bombe che erano state sganciate in Siria a spingerli ad essere lì, per mostrare, far vedere a noi occidentali ciò che quegli aerei facevano là (in Siria). Quindi ci hanno portato nella sala, dove c’erano i feriti ancora agonizzanti, e ci hanno spiegato che non era che l’inizio. E che la guerra cominciava in quel momento e che erano lì a nome dello Stato Islamico. Poi ci hanno chiesto se eravamo d’accordo con loro, e vi lascio immaginare il silenzio che c’è stato in quel momento. Poi i più timidi hanno annuito con la testa e i più temerari hanno risposto a voce alta di sì. Ci hanno anche chiesto se avevamo un accendino, e quando ci hanno riportato nel corridoio dove ci hanno tenuto in ostaggio, ci chiedevano spesso di fare il palo o di gridare ai poliziotti dalla finestra di non avvicinarsi perché se no avrebbero fatto esplodere la loro cintura esplosiva, che non avevano paura. [...]

Che cosa avete imparato da questa cosa così straordinaria che vi è capitata? Ricordiamoci che voi avete salvato la donna incinta che si era appesa alla finestra per scappare, che avete parlato con gli attentatori, che avete passato un’ora con un kalashnikov puntato in faccia… Cosa avete imparato Sébastien?
Che la vita è appesa a un filo, e che c’è bisogno di apprezzarla, e che non c’era niente di più serio che il fatto che eravamo ancora vivi.

mercoledì 18 novembre 2015

Madre Teresa santa entro l'anno

SORPRESE GIUBILARI. Madre Teresa di Calcutta in corsa verso la santità. La guarigione di un fedele brasiliano potrebbe essere il miracolo per canonizzazione della suora albanese

Settembre 1997. Madre Teresa di Calcutta vegliata dalle sue suore prima dei funerali
Settembre 1997. Madre Teresa di Calcutta vegliata dalle sue suore prima dei funerali
La culminazione dell’anno giubilare indetto da papa Francesco non potrebbe essere più azzeccata, per dirla nel romanesco ormai divenuto famigliare al papa argentino. Sono in molti a sperare che l’evento culminante del Giubileo della Misericordia sia proprio la canonizzazione della suora albanese. Secondo alcune indiscrezioni di stampa già circolate nella primavera scorsa, il 4 settembre 2016, diciannove anni dopo la sua scomparsa, Madre Teresa di Calcutta potrebbe essere canonizzata da Papa Francesco in Piazza San Pietro proprio alla fine dell’Anno dedicato alla misericordia. Un anno fa padre Federico Lombardi, direttore della Sala Stampa Vaticana, provvide a gettare acqua sul fuoco, precisando come la causa di canonizzazione della missionaria, fondatrice della Missionarie della Carità e beatificata da Giovanni Paolo II nel 2003, fosse ancora in corso. Evidentemente l’acqua non ha spento la combustione.
Negli ultimi mesi sono arrivate in Vaticano numerose segnalazioni di miracoli attribuiti all’intercessione di Madre Teresa. E ora, una guarigione scientificamente inspiegabile attribuita alla sua intercessione, pare che abbia impresso il sigillo definitivo al processo di canonizzazione. È il caso di un fedele della diocesi di Santos, nello stato di San Paolo del Brasile, inspiegabilmente guarito da un tumore al cervello nel 2008. La notizia, diffusa dall’agenzia cattolica CNA, raccontava di un uomo ricoverato in condizioni molto gravi che doveva essere sottoposto a un intervento particolarmente delicato. Secondo un giornale brasiliano, “Presença Diocesana”, a suggerire di invocare Madre Teresa fu padre Elmiram Ferreira, un amico di famiglia e devoto della beata. In seguito, dall’esame delle tac i medici si accorsero che il carcinoma al cervello era scomparso del tutto.
Il miracolo dovrà essere esaminato dalla commissione medica a Roma e dalla commissione teologica com’è prassi. Dal civico 10 di Piazza Pio XII, sede della Congregazione della Cause dei Santi, trapela cautela oltre all’indiscrezione che in cuor suo anche il papa spera di poter canonizzare Madre Teresa durante l’anno giubilare. La sua testimonianza di carità non si è estinta e mai come oggi sembra sposarsi con il messaggio del pontificato di Francesco.

Lunedì mattina a Parigi

DOPO GLI ATTENTATI

Lunedì mattina a Parigi

di Luca Fiore
17/11/2015 - È stato il fine settimana della paura e dello smarrimento. Tanja, Lara e Silvio tornano alla vita di tutti i giorni. Devono fare i conti con quello che in loro è accaduto. Provando a lasciare spazio a un'ipotesi che possa riapre la partita...
Tanja è russa e si trova a Parigi per un dottorato su Paul Claudel. In questi giorni i volti tesi dei parigini gli ricordano quelli visti a Mosca dopo l’attentato al Teatro Dubrovka del 2002. Lei era solo una bambina, ma la paura a prendere la metropolitana se la ricorda. I cadaveri del Bataclan, le vetrine crivellate, le sirene della polizia. Le strade deserte il sabato mattina. Lei, come altri che hanno letto le parole di don Julián Carrón in occasione degli attentati si è trovata a ricominciare la settimana da quel lunedì: «Con questa Presenza negli occhi potremo guardare perfino la morte, offrire ai nostri figli un’ipotesi di significato per stare davanti a queste stragi e a ciascuno di noi una ragione per tornare al lavoro lunedì mattina continuando a costruire un mondo all’altezza della nostra umanità».

martedì 17 novembre 2015

"Non avrete il mio odio"



Attentati di Parigi, Antoine rimasto vedovo e la lettera ai terroristi su Facebook: «Non avrete il mio odio»

Hélène, da 12 anni compagna di Antoine, è morta venerdì sera. Lui, 34 anni e papà di un bimbo di 17 mesi, ha scritto una lettera aperta ai terroristi che ha fatto il giro del web: «Non avrete il mio odio e non sacrificherò la mia libertà per la sicurezza»

di Greta Sclaunich

Fino a lunedì mattina ha sperato che la sua Hélène non fosse tra la vittime degli attentati di venerdì sera. Poi dalla morgue lo hanno chiamato per identificarne il corpo: «L’ho vista stamattina. Finalmente, dopo giorni e notti d’attesa. Ed era così bella, bella come quando è uscita venerdì sera, bella come quando mi ha fatto follemente innamorare di lei 12 anni fa». Antoine Leiris, giornalista francese, ha deciso di condividere la sua storia in un lungo e toccante post su Facebook. La storia di un giovane di 34 anni, con un bimbo di 17 mesi, che di colpo si ritrova da solo. Ma che rifiuta ad ogni costo di provare odio. Ed è così, infatti, che intitola il suo post, una lettera aperta ai terroristi che in poche ore è già stata condivisa oltre 20mila volte: «Non avrete il mio odio».

lunedì 16 novembre 2015

L'umanesimo cristiano? e' Gesù

«La Chiesa che voglio»

Incontro con i rappresentanti della Chiesa italiana (Santa Maria del Fiore, Firenze - martedì 10 novembre 2015)
10/11/2015
Cari fratelli e sorelle, nella cupola di questa bellissima Cattedrale è rappresentato il Giudizio universale. Al centro c’è Gesù, nostra luce. L’iscrizione che si legge all’apice dell’affresco è “Ecce Homo”. Guardando questa cupola siamo attratti verso l’alto, mentre contempliamo la trasformazione del Cristo giudicato da Pilato nel Cristo assiso sul trono del giudice. Un angelo gli porta la spada, ma Gesù non assume i simboli del giudizio, anzi solleva la mano destra mostrando i segni della passione, perché Lui «ha dato sé stesso in riscatto per tutti» (1 Tm 2,6). «Dio non ha mandato il Figlio nel mondo per condannare il mondo, ma perché il mondo sia salvato per mezzo di lui» (Gv 3,17). Nella luce di questo Giudice di misericordia, le nostre ginocchia si piegano in adorazione, e le nostre mani e i nostri piedi si rinvigoriscono. Possiamo parlare di umanesimo solamente a partire dalla centralità di Gesù, scoprendo in Lui i tratti del volto autentico dell’uomo. È la contemplazione del volto di Gesù morto e risorto che ricompone la nostra umanità, anche di quella frammentata per le fatiche della vita, o segnata dal peccato. Non dobbiamo addomesticare la potenza del volto di Cristo. Il volto è l’immagine della sua trascendenza. È il misericordiae vultus. Lasciamoci guardare da Lui. Gesù è il nostro umanesimo. Facciamoci inquietare sempre dalla sua domanda: «Voi, chi dite che io sia?» (Mt 16,15). Guardando il suo volto che cosa vediamo? Innanzitutto il volto di un Dio «svuotato», di un Dio che ha assunto la condizione di servo, umiliato e obbediente fino alla morte (cfr Fil 2,7). Il volto di Gesù è simile a quello di tanti nostri fratelli umiliati, resi schiavi, svuotati. Dio ha assunto il loro volto. E quel volto ci guarda. Dio – che è «l’essere di cui non si può pensare il maggiore», come diceva sant’Anselmo, o il Deus semper maior di sant’Ignazio di Loyola – diventa sempre più grande di sé stesso abbassandosi. Se non ci abbassiamo non potremo vedere il suo volto. Non vedremo nulla della sua pienezza se non accettiamo che Dio si è svuotato. E quindi non capiremo nulla dell’umanesimo cristiano e le nostre parole saranno belle, colte, raffinate, ma non saranno parole di fede. Saranno parole che risuonano a vuoto. Non voglio qui disegnare in astratto un «nuovo umanesimo», una certa idea dell’uomo, ma presentare con semplicità alcuni tratti dell’umanesimo cristiano che è quello dei «sentimenti di Cristo Gesù» (Fil 2,5). Essi non sono astratte sensazioni provvisorie dell’animo, ma rappresentano la calda forza interiore che ci rende capaci di vivere e di prendere decisioni. Quali sono questi sentimenti? (continua a leggere)

domenica 15 novembre 2015

Intervista a Wael Farouk sui recenti eventi di terrorismo

Wael Farouq: “L’Isis ha un’ideologia chiara, l’Occidente vive di contraddizioni”



Intervista al vicepresidente del Meeting del Cairo. Gli immigrati? “Chiudere le frontiere è sbagliato, chi vuole venire in Europa, lo fa perché è attratto dai nostri valori: chiudendogli la porta in faccia faremmo il gioco dello Stato islamico”

 

Wael
Vicepresidente del Meeting del Cairo, Presidente del Centro Culturale Tawasul e docente presso l’Istituto di Lingua Araba all’Università Americana del Cairo, Wael Farouq oltre ad essere coautore, assieme a Papa Benedetto XVI, del libro “Dio salvi la ragione” è uno dei più attenti osservatori delle dinamiche dell’islam in Occidente. Queste le sue riflessioni dopo gli attacchi di Parigi.
Professore come va letto questo drammatico 13 novembre?
Io credo che i fatti di Parigi ci dicano essenzialmente due cose. La prima è che l’isis ha un’ideologia e un obiettivo chiaro: cancellare quella zona grigia che rappresenta l’area di dialogo fra mondo cristiano e mondo musulmano. I terroristi non hanno colpito il palazzo del Governo francese hanno colpito un ristorante, uno stadio, un teatro. Quando spari in modo indiscriminato o ti fai esplodere in questo tipo di luoghi non puoi sapere se ucciderai un francese, un italiano, un musulmano o un cattolico. Perché questi sono appunto luoghi di massa dove la gente va per godere il bello del cibo, della musica e del calcio. Lì ci potrebbe essere chiunque. Quello di cui sei sicuro però è che colpirai uno spazio di relazione fra persone con culture e religioni diverse. La zona grigia, di cui dicevo prima. Tenga conto che la prima dichiarazione pubblica dell’Isis fu quella con cui richiamavo tutti i musulmani sparsi per il mondo ad andare nello stato islamico. Questa ideologia punta ad avere un mondo diviso fra bianco e nero. È questa la ragione che spiega anche il perché del loro accanimento verso i luoghi di bellezza, penso al museo iracheno o a Palmira. Distruggo il bello perché la bellezza è un formidabile collante che unisce le persone al di là della loro nazionalità o del credo religioso. Altrimenti sarebbero comportamenti inspiegabili. È uno strategia chiara. Tanto da averla dichiarata apertamente attraverso le pagine di Daqib,la rivista dell’Isis e in diversi statments: la zona grigia va cancellata. Noi invece quella zona grigia dobbiamo difenderla strenuamente.

sabato 14 novembre 2015

Preghiera unanime per la Francia



Una preghiera unanime domenica per il popolo francese così duramente provato. È l'invito che la Chiesa italiana rivolge a tutta la comunità cristiana, in risposta ai vili attentati di ieri notte. Ecco il comunicato della presidenza della Cei.

"La Chiesa italiana, profondamente colpita dagli attacchi terroristici che hanno insanguinato Parigi, si stringe solidale alla Chiesa che è in Francia e a tutto il suo popolo. Assicura che in tutte le comunità cristiane domani (domenica 15 novembre, ndr), giorno che fa memoria della Risurrezione del Signore, la preghiera si eleverà unanime in suffragio delle vittime e in segno di vicinanza fraterna ai feriti e alle loro famiglie, come a tutti i soccorritori.

Il Card. Angelo Bagnasco, Vice-Presidente del Consiglio delle Conferenze Episcopali d’Europa, nel condannare la strategia del terrore che si esprime in questo nuovo attentato all’umanità, rilancia l’impegno di tutta la comunità ecclesiale a contribuire fattivamente alla convivenza sociale, alla riconciliazione e alla pace".
© riproduzione riservata

#Parigi. Le parole di #PapaFrancesco dopo gli attentati in Francia

venerdì 13 novembre 2015

Bagnagno: Il pericolo per la Chiesa? La tiepidezza spirituale

FIRENZE 2015

Bagnasco: «Il pericolo per la Chiesa? La tiepidezza spirituale»

di Paolo Rodari
13/11/2015 - Si è chiuso oggi il Convegno ecclesiale nazionale promosso dalla Cei nel capoluogo toscano. Parla il Presidente dei Vescovi italiani. Dalle parole del Papa alle cronache degli ultimi tempi, un'evidenza: «Siamo chiamati a una continua conversione»
A chiusura del Convegno ecclesiale della Conferenza episcopale italiana a Firenze ha preso la parola il cardinale Angelo Bagnasco, arcivescovo di Genova e presidente della Cei. Egli, ripercorrendo l’intervento di papa Francesco di martedì scorso, ha ricordato come lo scopo del vivere e dell’esistere della Chiesa è da sempre uno: «Seguire e imitare Gesù, rendendolo presente agli occhi del nostro mondo». Per fare ciò, come Chiesa, ha detto Bagnasco, «siamo chiamati a vivere in uno stato di continua missione». Un compito da cui il presidente dei Vescovi italiani ha tratto cinque sottolineature: anzitutto «uscire, andare». Perché «non basta essere accoglienti: dobbiamo per primi muoverci verso l’altro, perché il prossimo da amare non è colui che ci chiede aiuto, ma colui del quale ci siamo fatti prossimi». Quindi «annunciare la persona e le parole del Signore, secondo le modalità più adatte perché, senza l’annuncio esplicito, l’incontro e la testimonianza rimangono sterili o quantomeno incompleti». La terza tappa è la missione: «Abitare, termine con il quale ci richiamiamo a una presenza dei credenti sul territorio e nella società, secondo un impegno concreto di cittadinanza, in base alle possibilità di ognuno». La comunità e i credenti sono poi chiamati «al compito di educare per rendere gli atti buoni non un elemento sporadico, ma virtù, abitudini della persona, modi di agire e di pensare stabili, patrimonio in cui la persona si riconosce». Tutti questi passaggi, infine, sono tesi «a trasfigurare le persone e le relazioni, interpersonali e sociali».