sabato 28 febbraio 2015

Presentazione libro Savorana palazzo dei Celestini (Manfredonia)
























Presentazione Libro Savorana Palazzo dei Celestini (Manfredonia)
















Lucia Polito: l'istante è qui



CENTRO  CULTURALE  SIPONTINO  " FONTANA  VIVACE "


COMUNICATO STAMPA A SEGUITO DELLA PRESENTAZIONE DEL LIBRO
" VITA  DI  DON  GIUSSANI "    in data   31 gennaio 2015
 PALAZZO DEI CELESTINI A MANFREDONIA (FG)
---------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------

I  SUOI  OCCHI  INCONTRANO I MIEI:  L’ ISTANTE  E’  QUI

     Guardando con lo sguardo della mente, si può solo dire che è stata una serata ENTUSIASMANTE, STORICA, RIVELATRICE, per la presentazione del libro di Alberto Savorana “VITA DI DON GIUSSANI”, incontro proposto dal Centro Culturale Sipontino “FONTANA VIVACE” e dal Movimento Comunione e Liberazione di Manfredonia. Relatori dell’incontro l’eminente Don Michael Konrad ed il Prof. Antonio Nasuto, mentre moderatrice della serata la Prof.ssa Gemma Barulli.
     Si è potuto vivere un attimo di eternità, non come estensione di tempo, ma come profondità dell’ISTANTE. Un umile servo di Cristo, Don Giussani, ” era lì con noi”,  per farci comprendere che l’uomo è niente e che,  tutta la sua grandezza consiste nel rapporto con l’Infinito. Il Cristianesimo è nato precisamente come passione per l’uomo: Dio si è fatto “CARNE” per rispondere all’esigenza drammatica – che ognuno avverte, credente o no – di un significato per vivere o morire.
     Don Giussani scopre la sua missione a seguito di una esperienza concreta, quando in treno, viaggiando verso Rimini, incontra un gruppo di studenti liceali e, parlando di Cristianesimo si rende conto che hanno  una spaventosa ignoranza in fatto di religione. L’ESPERIENZA umana diviene così il punto di partenza di un METODO d’azione e, insegna loro la GRATUITA’ del gesto, la CARITATIVA a imitazione di Cristo. L’uomo deve vivere intensamente il REALE e, intendere il Cristianesimo non come progetto, ma come ESPERIENZA tale, da arricchire il proprio percorso di vita. La fede infatti, è proposta come suprema razionalità di un incontro e i giovani crescono cervellotici se non viene loro proposto, adeguatamente, il passato, educandoli alla critica e alla verifica personale, perché così facendo, la propria personalità maturi realmente e, la libertà si giochi in tutta la sua potenza.  Il suo entusiasmo è così forte che fa desiderare di vivere la vita come la vive Lui, e ci insegna ad accettare e a vivere, anche la malattia, come un dono di Dio. 

venerdì 27 febbraio 2015

Perché diventavano cristiani? Intervista a mons. Francesco Braschi

Doninelli: prevale la vita


DOPO PARIGI

L'esperienza umana dove prevale la vita

di Luca Doninelli
27/02/2015 - I fatti francesi e l'articolo di don Carrón sul "Corriere della Sera". Un amico di Tracce, scrittore e intellettuale milanese, racconta cosa lo colpisce. E da dove può partire quel «vero dialogo» di cui l'Europa ha bisogno
Ho letto tre volte l’articolo «La sfida del vero dialogo» di don Julián Carrón uscito sul Corriere della Sera lo scorso 13 febbraio. Le prime due volte - una da solo e una in compagnia - l’ho letto perché l’aveva scritto Carrón. La terza volta l’ho letto e basta, e solo in quel momento mi sono accorto della sua importanza.

Mi ha colpito la precisione con cui l’articolo identifica i problemi messi in luce dalla strage di Charlie Hebdo come problemi nostri, di tipo culturale, riguardanti cioè la concezione che anzitutto l’Europa ha di sé stessa. E mi ha colpito l’osservazione, capitale, che lega la missione e l’identità dell’Europa al recupero della sua radice popolare e al vero significato della laicità.

mercoledì 25 febbraio 2015

Andrea Tornielli: Papa Francesco, questa economia uccide


Il Papa: aver cura dei poveri non è comunismo, è Vangelo

Francesco
Francesco

L'intervista con Francesco in un libro sul suo magistero sociale: «Il Nuovo Testamento non condanna i ricchi, ma l'idolatria della ricchezza. Il nostro sistema si mantiene con la cultura dello scarto, così crescono disparità e povertà. Oggi i mercati contano più delle persone: è un'economia malata»

andrea tornielli - giacomo galeazzi Città del Vaticano
«Papa Francesco. Questa economia uccide» è il libro sul magistero sociale del Pontefice scritto di Andrea Tornielli, coordinatore di «Vatican Insider», e Giacomo Galeazzi, vaticanista de «La Stampa». Il volume, edito da Piemme (pag. 228, 16,90 euro), in libreria da martedì 13 gennaio, raccoglie e analizza i discorsi, i documenti e gli interventi di Francesco su povertà, immigrazione, giustizia sociale, salvaguardia del creato. E mette a confronto esperti di economia, finanza e dottrina sociale della Chiesa - tra questi il professor Stefano Zamagni e il banchiere Ettore Gotti Tedeschi - raccontando anche le reazioni che certe prese di posizione del Pontefice hanno suscitato. Il libro si conclude con un'intervista che Francesco ha rilasciato agli autori all'inizio di ottobre 2014. Ne riproduciamo un ampio stralcio, pubblicato questa mattina sul quotidiano La Stampa.

«Marxista», «comunista» e «pauperista»: le parole di Francesco sulla povertà e sulla giustizia sociale, i suoi frequenti richiami all'attenzione verso i bisognosi, gli hanno attirato critiche e anche accuse talvolta espresse con durezza e sarcasmo. Come vive tutto questo Papa Bergoglio? Perché il tema della povertà è stato così presente nel suo magistero?

Santità, il capitalismo come lo stiamo vivendo negli ultimi decenni è, secondo lei, un sistema in qualche modo irreversibile?

«Non saprei come rispondere a questa domanda. Riconosco che la globalizzazione ha aiutato molte persone a sollevarsi dalla povertà, ma ne ha condannate tante altre a morire di fame. È vero che in termini assoluti è cresciuta la ricchezza mondiale, ma sono anche aumentate le disparità e sono sorte nuove povertà. Quello che noto è che questo sistema si mantiene con quella cultura dello scarto, della quale ho già parlato varie volte. C'è una politica, una sociologia, e anche un atteggiamento dello scarto. Quando al centro del sistema non c'è più l'uomo ma il denaro, quando il denaro diventa un idolo, gli uomini e le donne sono ridotti a semplici strumenti di un sistema sociale ed economico caratterizzato, anzi dominato da profondi squilibri. E così si "scarta" quello che non serve a questa logica: è quell'atteggiamento che scarta i bambini e gli anziani, e che ora colpisce anche i giovani. Mi ha impressionato apprendere che nei Paesi sviluppati ci sono tanti milioni di giovani al di sotto dei 25 anni che non hanno lavoro. Li ho chiamati i giovani "né-né", perché non studiano né lavorano: non studiano perché non hanno possibilità di farlo, non lavorano perché manca il lavoro. Ma vorrei anche ricordare quella cultura dello scarto che porta a rifiutare i bambini anche con l'aborto. Mi colpiscono i tassi di natalità così bassi qui in Italia: così si perde il legame con il futuro. Come pure la cultura dello scarto porta all'eutanasia nascosta degli anziani, che vengono abbandonati. Invece di essere considerati come la nostra memoria, il legame con il nostro passato e una risorsa di saggezza per il presente. A volte mi chiedo: quale sarà il prossimo scarto? Dobbiamo fermarci in tempo. Fermiamoci, per favore! E dunque, per cercare di rispondere alla domanda, direi: non consideriamo questo stato di cose come irreversibile, non rassegniamoci. Cerchiamo di costruire una società e un'economia dove l'uomo e il suo bene, e non il denaro, siano al centro».

martedì 24 febbraio 2015


DON GIUSSANI - IL VIDEO

«Da lui ho imparato a vivere la mia tradizione»


23/02/2015 - Musulmano egiziano, ormai da anni amico del movimento. Non ha mai incontrato il fondatore di CL. Wael Farouq, docente di Lingua araba, ha visto il video del "Corriere della Sera". E spiega perché a Roma, il 7 marzo, ci sarà anche lui

(la trascrizione dell'intervista)

Che cosa ti ha colpito di più di questo video?Con tutti i diversi luoghi, le diverse facce, le diverse età e le diverse occasioni in cui ha parlato don Giussani, ha fatto un unico discorso con lo stesso entusiasmo.

Chi è don Giussani per te, oggi?Uno che ha parlato a me, anche se non l’ho mai incontrato.

E cosa puoi dire di aver imparato da lui o di stare imparando, adesso, da lui?La centralità della persona, la responsabilità. La responsabilità di ognuno di noi, come lui ha parlato a ognuno di noi. È una responsabilità personale, di testimoniare il bene che viviamo e che incontriamo nella nostra vita.

Tu hai detto più volte che, incontrando il carisma di don Giussani, sei andato più a fondo nella tua esperienza e nella tua fede di musulmano, perché?Non in senso morale, diciamo. Non nel senso della pratica. Ma del capire il significato, veramente. Io sono stato sempre colpito dal fatto che don Giussani ha cominciato negli anni Cinquanta. Negli anni Cinquanta in Italia non è mancato il cristianesimo. Le chiese erano piene di gente e anche a livello politico l’Italia era più orientata a una politica cristiana. Ma, in quel momento, perché un uomo così comincia questo cammino? È questa per me la risposta, la mia risposta: vivere una religiosità senza incontrare il significato, il vero significato, il significato personale, il migliore significato di questa religiosità, non è giusto. È questo che io ho imparato da don Giussani. È questo che voglio dire quando dico che sono diventato un migliore musulmano. Perché adesso sono in una ricerca di questo significato nella mia tradizione.

Il 7 marzo il movimento di Comunione e Liberazione va in udienza da papa Francesco. Ci sarai anche tu?Sì. A parte che sono affascinato da papa Francesco, una figura molto amata anche nel mondo musulmano, perché non parla ai cristiani, ma parla anche per i cristiani. Nel dramma dell’Iraq, non ha mai detto “cristiani d’Iraq”, ha sempre ha parlato delle vittime, delle minoranze religiose. Così è anche lui a parlare a tutti, noi tutti dobbiamo rispondere. A parte questo, io sono stato accompagnato in un cammino con degli amici che guardano a questa figura come un modello da seguire, e anche io voglio accompagnare loro in questo cammino verso Roma.

Carron: in attesa dell'udienza con Papa Francesco


«Una gratitudine che cresce col passare degli anni»

di Alessandro Gisotti
23/02/2015 - Il decimo anniversario della morte di don Giussani, l'attesa per l'Udienza del 7 marzo, il ringraziamento a papa Francesco per il suo «richiamo alla nostra storia». Un'intervista a don Julián Carrón, presidente della Fraternità di Comunione e Liberazione
«Questo decimo anniversario lo accogliamo con una grande gratitudine che cresce con il passare degli anni, perché più andiamo avanti più ci rendiamo conto di che cosa ci ha lasciato, della sua eredità, perché la sua eredità, il suo carisma, la sua visione, il suo sguardo sul cristianesimo si comprende di più quando più uno entra e cerca di seguirlo perché non si può capire il cristianesimo senza partecipare ad esso».

Nell’omelia per il funerale nel Duomo di Milano, l’allora cardinale Joseph Ratzinger, sottolineò che don Giussani aveva testimoniato che il cristianesimo «non è un sistema di dogmi, un moralismo, ma un incontro con il Signore, un avvenimento». Questo messaggio, che è poi al cuore della testimonianza di don Giussani, come è continuato in questi anni?
Noi abbiamo provato con la nostra fragilità e nei nostri limiti a vivere di questo, perché per noi non c’è altra modalità di vivere il cristianesimo se non quello che lui ci ha testimoniato e che ci ha introdotto quasi in ogni fibra dell’essere: il cristianesimo, prima di tutto, non è la riproposizione formale dell’annuncio cristiano, una serie di verità o un moralismo, ma è l’incontro con una presenza con cui la vita va giocata, perché l’unica cosa è una presenza così, una presenza affettivamente attraente – diceva lui – che può veramente guadagnare il cuore dell’uomo tutto desideroso della felicità, della pienezza, di quel senso del vivere, di quell’intensità del vivere che soltanto qualcuno presente può veramente rendere possibile. Nessuna dottrina, nessuna etica può veramente attrarre la totalità dell’uomo come l’attrae una presenza.

mercoledì 18 febbraio 2015

Olivier Rey: Sul buon uso dei Lumi


DA LE HUFFINGTON POST

Sul buon uso dei Lumi

di Olivier Rey
18/02/2015 - Dopo i fatti di Parigi, come leggere quello che è accaduto? "Charlie Hebdo" dalla parte della ragione e gli attentatori dalla parte oscurantista? Per Olivier Rey, matematico e filosofo francese, questo schema illuminista è inadeguato e riduttivo
«Sapere aude! Abbi il coraggio di servirti del tuo proprio intelletto! Questo è il motto dell'illuminismo», ci dice Kant. Oggi succede che un intelletto utilizzato correttamente ci faccia dubitare che il duello tra Lumi e oscurantismo, così come fu pensato nel XVIII secolo, sia la cosa migliore, in grado di farci comprendere le poste in gioco attuali. Il mese scorso, la Francia è stata sconvolta dal selvaggio attentato di cui la redazione di Charlie Hebdo è stata il bersaglio. Applicata a questo avvenimento, la griglia Lumi/oscurantismo ci dà il giornale Charlie Hebdo dalla parte dei Lumi, gli uccisori dalla parte delle tenebre medievali. L’idea ha il vantaggio di essere semplice, e l’inconveniente di essere inadeguata.

martedì 17 febbraio 2015

Intervista a Padre Samir


Intervista integrale a padre Samir Khalil Samir
PER AIUTARE L'ISLAM SERVE UN'AMICIZIA
di Alessandra Stoppa

L’islam nasce dal deserto. «E il deserto è vita o morte». Quando era ragazzo, padre Samir Khalil Samir passava la notte tra il sabato e la domenica dietro le Piramidi, da solo. Questo ha approfondito in lui il senso del Mistero, della presenza di Dio, e la sua vocazione. Nato al Cairo 77 anni fa, è entrato nell’Ordine dei Gesuiti a 17. Profondo conoscitore dell’islam, oggi è docente all’Università San Giuseppe di Beirut e al Pontificio Istituto Orientale di Roma. «Il deserto è un’esperienza radicale. È nudità totale. Solo sabbia, e le stelle sopra di te. Sei tu in presenza della Superpotenza. L’islam è nato lì, è nato desertico. Allora si capisce l’estremismo. Pronti a dare la vita, senza calcolo, spinti dal Creatore sopra di noi».
L’attentato alla redazione di Charlie Hebdo è solo il dramma a noi più “vicino”, ma richiama ad un male che incombe, globale, dalla Nigeria al Medioriente al Pakistan... E a un terrorismo che, a varia intensità, porta la bandiera islamica. «L’islam è in crisi. E non può guarire da solo. Dobbiamo capire chi può aiutarlo». È l’affondo che padre Samir offre nell’ampio dibattito di oggi. Partendo da un aspetto, quello della libertà di espressione, che in queste settimane si è consumato tra slogan e contrapposizioni.
«C’è, innanzitutto, una lacuna in una cultura che non accetta la libertà di parola e pensiero. In alcuni Paesi musulmani, in particolare in Pakistan, esiste un delitto passibile di morte che è la blasfemia, cioè dire qualcosa contro il profeta dell’islam. E questo è inammissibile: mettiamo che io sbagli del tutto, tu mi correggi. La libertà di pensiero e di parola è fondamentale, secondo il concetto moderno della Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo, adottata il 10 dicembre 1948, alla presenza anche di Paesi musulmani. Ma si pone una domanda altrettanto decisiva: la libertà di espressione fin dove può arrivare?»

Lei cosa risponde?
Che non è assoluta. La libertà è sempre in relazione. Deve rispettare i sentimenti delle persone, deve essere veritiera. Quindi, c’è un limite. Detto questo, non c’è violenza che si giustifichi. Noi stiamo parlando di assassinii, di stragi umane. È inammissibile. Ma il tema della libertà è importante: è un’esigenza enorme la libertà, la libertà di coscienza. Anche la religione si confronta con essa: io non posso negare a nessuno il diritto di rifiutare Dio, di non riconoscerne l’esistenza, se no la religione sarebbe un’ideologia e una dittatura. Ma come conciliare dunque queste due realtà: la libertà e il rispetto dell’altro e della verità? Non può avvenire se non attraverso un confronto, scritto e orale. Se io credo che qualcuno abbia detto qualcosa di falso su di me, devo poterlo dire e dimostrarlo. È esigente la libertà. Esige anche molto studio.

Wael Farouq: 'Non volevo più partecipare all'incontro, ma poi ho visto gli occhi di quel ragazzo copto'

RIMINI

«Ciò che serve è la nascita di un "io"»

di Alessandro Caprio
17/02/2015 - Non voleva più partecipare all'incontro sui fatti di Parigi. Poi Wael Farouq ha visto una foto. Lunedì 16, a Rimini, si è parlato di Isis, di islam, di conoscenza. E di speranza negli occhi di quel condannato a morte, poco prima di essere ucciso
Wael Farouq aveva deciso di non partecipare più all’incontro in programma ieri sera, a Rimini, sui fatti di Parigi. Troppo grande la tristezza per quanto accaduto in Libia in questi giorni, con l'assassinio di 21 cristiani egiziani copti, suoi connazionali, per mano dei terroristi dell’Isis. A fargli cambiare idea è stata, però, l’immagine di uno dei condannati (qui a fianco) che, proprio nel momento prima di morire, «ha avuto uno sguardo di speranza, senza paura. Io sono qui per questa speranza», ha esordito. Perché il problema non è «cosa facciamo con l’Isis, ma cosa facciamo qui dove siamo. Dobbiamo aiutare il bene a venire fuori da ciascuno di noi». Come ha fatto quella insegnante, racconta Farouq, di fronte alla decisione del preside di non fare il presepe vivente a scuola, per non "offendere" 18 alunni musulmani: «Mi è venuta a chiedere cosa dice l’islam su questo. E io: "Non ti preoccupare di cosa dice l’islam, ma di cosa dicono i loro genitori". Hanno detto tutti di sì. Anzi, le hanno detto: "Se tu ci vuoi così bene grazie a questo, vogliamo partecipare anche noi"». Alla fine il Bambino Gesù l’ha fatto un musulmano.

venerdì 13 febbraio 2015

Carron: un mese dopo gli attentati a Parigi

La sfida del vero dialogo dopo gli attentati di Parigi

Julián Carrón Corriere della Sera

13/02/2015

Caro direttore, si è parlato molto dei fatti di Parigi, da quando sono accaduti. Nessuno ha potuto evitare un contraccolpo di smarrimento o paura. Le molte analisi hanno offerto spunti di riflessione interessanti per capire un fenomeno così complesso. Ma un mese dopo, quando il tran tran della vita quotidiana ha preso di nuovo il sopravvento, che cosa è rimasto? Che cosa può impedire che questi fatti, pur così sconvolgenti, siano rapidamente cancellati dalla memoria? Per aiutarci a ricordare occorre scoprire la vera natura della sfida che gli attentati di Parigi rappresentano.
Noi europei abbiamo ciò che i nostri padri hanno desiderato: un’Europa come spazio di libertà, in cui ciascuno può essere ciò che vuole. Così il Vecchio Continente è diventato un crogiuolo di culture, religioni e visioni del mondo le più diverse.

novecento a teatro

CONEGLIANO VENETO

Il "sangue nuovo" nel corpo della Chiesa

di Eugenio Andreatta
13/02/2015 - Dal Duomo al teatro per l'anniversario dalla morte di don Giussani. Presenti il Vescovo, il sindaco e don Carrón, che al rischio di «una fede inutile o dannosa» lascia spazio alla storia del fondatore di CL. Tutto inizia con Leopardi...
Ci saranno, sì e no, cento metri tra il Duomo di Conegliano Veneto e il Teatro Accademia, in piazza Cima. Tra queste due sedi, nella serata di giovedì 12 febbraio, si è mosso don Julián Carrón, invitato dal vescovo di Vittorio Veneto, monsignor Corrado Pizziolo. Prima, la santa Messa. Poi, l’incontro in teatro. Entrambi per ricordare don Giussani a dieci anni dalla morte. Un ricordo che, però, come lo stesso Vescovo ha ricordato più volte, «non è nostalgia». Zero enfasi celebrativa nelle parole di Pizziolo. E un’idea ben chiara: ricordare il sacerdote brianzolo non significa andare ai bei tempi passati, ma interrogarsi sull’attualità del movimento che da lui è nato, «sangue fresco che circola oggi nel corpo della Chiesa».

In teatro i novecento posti sono esauriti, tanta gente è in piedi. Un anno fa, proprio qui, il vescovo Pizziolo fu tra i presentatori del libro Vita di don Giussani di Alberto Savorana. Oggi, come allora, c’è anche il sindaco Floriano Zambon, amico della «non nutritissima ma straordinariamente vivace» comunità ciellina locale. Scusandosi di non potergli offrire le chiavi della città, reca in dono a Carrón i preziosi antichi statuti cittadini.

È il Vescovo, introdotto dal moderatore Graziano Debellini, a porre due domande secche al Presidente della Fraternità di CL: «Se il movimento è il frutto di don Giussani, qual è l’identità e l’attualità oggi del vostro carisma?». E, andando ulteriormente a fondo: «Come si pone il rapporto tra umano e cristiano nel movimento?». Troppo spesso, annota, si parla di fede come di qualcosa che si aggiunge in un secondo momento a un umano già compiuto in se stesso, «diventando così pura sovrastruttura, del tutto inutile e dannosa».

Don Julián non si fa pregare. E da qui in poi, verrebbe da dire, "è solo don Giussani". Come se Carrón, prendendo di petto l’invito di Pizziolo, volesse lasciare che sia Giussani stesso a raccontarsi, a svelare i passaggi nodali del suo percorso. Cita l’impronta lasciata nel giovane Luigi dai genitori. E poi, a 13 anni, il primo incontro decisivo, quello con Leopardi: «È lui stesso a dirci che non trovava altro compagno al suo itinerario religioso». Singolare compagnia per un seminarista tredicenne. Un poeta materialista per il quale la maggiore nobiltà consisteva nel «patire mancamento e vóto». E Luigi letteralmente divora i Canti, li impara a memoria nel giro di un mese.

(continua su Tracce.it)

mercoledì 11 febbraio 2015

Noi e l'Islam: la ragione assente

NOI E L'ISLAM

La ragione assente o il vero Adamo

di Wael Farouq
10/02/2015 - Gli attacchi terroristici. La paura e la rabbia. Slogan e collera non ci cambiano. A cosa dobbiamo tornare? Il percorso di un musulmano che vuole «consultare il cuore» (da "Tracce" di febbraio)
I volti degli amici sono tornati ad affacciarsi dai profili dei social network, dopo essersi nascosti per giorni dietro ad un quadrato nero con la scritta “Je suis Charlie”, oppure “Je suis Ahmed”. Charlie, che tanto ha tenuto occupato il mondo, ora non interessa più. La sua presenza nella nostra memoria si affievolirà via via, fino a depositarsi sul fondo dell’oblio accanto ad altri slogan. “Bring back our girls”, “Io sono nazareno”... Tutti slogan che riempiono la nostra vita come una falsa gravidanza, perché finiscono nel nulla.

Con “nulla”, qui, non intendo l’incapacità di cambiare il corso degli eventi, bensì - ed è ciò che addolora - l’incapacità di cambiare qualcosa dentro di noi, come se fossimo un corpo inerte insensibile alle pugnalate. Ci caliamo con entusiasmo nel contesto degli eventi, volgiamo il nostro sguardo incollerito in tutte le direzioni, tuttavia non riusciamo a calare questi eventi nel contesto della nostra esperienza umana. In altre parole, non siamo dei soggetti agenti, perché restiamo prigionieri della reattività ben descritta da don Luigi Giussani ne Il senso religioso: «Come è superficiale lo spessore di un’azione che nascesse come pura reattività dell’istante! (...) Dialogo e comunicazione umana hanno radici nella esperienza: infatti l’aridità, la flaccidità della convivenza, della convivenza delle comunità, da che cosa dipende se non dal fatto che troppo pochi possono dire di essere impegnati nella esperienza, nella vita come esperienza? È il disimpegno della vita come esperienza che fa chiacchierare e non parlare. (...) La reattività taglia i ponti con la tradizione, la storia, inaridisce l’impeto verso il futuro come fecondità (può rimanere come rabbia, una rabbia a vuoto: “Flegïàs, Flegïàs, tu gridi a vòto”)» (Dante, Inferno, canto VIII, v. 19). Questa reattività riduce la capacità di dialogo e di comunicazione, perché dialogo e comunicazione hanno radici nella esperienza, custodita e quindi maturata nella memoria e giudicata dalla intelligenza, giudicata cioè secondo i caratteri, le esigenze costitutive della nostra umanità».
(...CONTINUA SU TRACCE.IT)

domenica 8 febbraio 2015

'La strada bella' in TV

L'APPUNTAMENTO

La strada bella che passa in tv


06/02/2015 - Mercoledì, 11 febbraio, il video per i sessant'anni di Comunione e Liberazione sarà nei palinsesti di una trentina di televisioni legate all'associazione Corallo. Un'occasione per vedere, o rivedere, cosa sia il movimento oggi
La strada bella, in versione integrale, sbarca in tv. La data da segnare sul calendario è l’11 febbraio, giorno della Madonna di Lourdes e 33° anniversario del riconoscimento pontificio della Fraternità di Comunione e Liberazione. A promuovere l’iniziativa, l’associazione Corallo, circuito televisivo che raccoglie 33 emittenti cattoliche italiane. Tele Vita, Nettuno Tv, Reteversilia, Tele Pace, TeleclubItalia, Telenova... Queste alcune delle reti che mercoledì prossimo proporranno il video per i 60 anni di CL nel loro palinsesto, in orari differenti a seconda delle programmazioni.

A pochi giorni dal decennale della morte di don Giussani, il 22 febbraio, e dall'udienza in Piazza San Pietro, il 7 marzo, l'appuntamento sul piccolo schermo rappresenta una bella occasione per vedere, o rivedere, gli 84 minuti del lavoro curato da Roberto Fontolan, Monica Maggioni e dall’art director Dario Curatolo. E per fare spazio ai tanti volti del filmato che raccontano, da New York a Kampala, cosa sia il movimento oggi. Una vita che in sessant'anni non ha mai smesso di crescere e costruire.



1) Tele Radio Buon Consiglio Frigento - Avellino (Campania)
2) Tele Spazio 1 Montoro Inferiore - Avellino (Campania)
3) TeleClubItalia Giugliano - Napoli (Campania)
4) TDS Tele Diocesi Salerno - Salerno (Campania)
5) TSTV - Benevento (Campania)
6) Icaro Rimini Tv - Rimini (Emilia Romagna)
7) Nettuno Tv - Bologna (Emilia Romagna)
8) Tele Pace Roma - Roma (Lazio)
9) Teleradio Pace TV Chiavari - Genova (Liguria)
10) Tele Liguria Sud - La Spezia (Liguria)
11) Bergamo TV- Bergamo (Lombardia)
12) Teletutto - Brescia (Lombardia)
13) Telenord - Brescia (Lombardia)
14) Telenova - Telesubalpina Alba - Cuneo (Lombardia)
15) Fano TV Fano - Pesaro Urbino (Marche)
16) Tele Ritmo - Novara (Piemonte)
17) Tele Dehon Andria - Bari (Puglia)
18)TRAI Teleradio Agricoltura Informazione - Brindisi (Puglia)
19) Tele Cattolica Lucera - Foggia (Puglia)
20) Tele Radio Padre Pio - Foggia (Puglia)
21) TeleRadio Maristella - Carloforte (Sardegna)
22) Tele Vita - Caltagirone (Sicilia)
23) Telemistretta Mistretta - Messina (Sicilia)
24) TSE Telescouteuropa Misilmeri - Palermo (Sicilia)
25) Videoregione/Blu Modica - Ragusa (Sicilia)
26) TSD - Arezzo (Toscana)
27) Tele Iride Barberino di Mugello - Firenze (Toscana)
28) Reteversilia Viareggio - Lucca (Toscana)
29) TVP - Prato (Toscana)
30) TVL - Pistoia (Toscana)

giovedì 5 febbraio 2015

'Solo Allah può punire con le fiamme'

Isis: l'ira del mondo arabo "solo Allah puo' punire con fiamme"

Isis l ira del mondo arabo  solo Allah puo  punire con fiamme
21:24 04 FEB 2015

(AGI) - Il Cairo, 4 feb - Il mondo arabo e' stato coeso nel condannare l'esecuzione del pilota giordano Moaz al Kasasbeh da parte dell'Isis. A partire dalle istituzioni islamiche. La prima reazione dell'Universita' al Azhar, cuore della cultura sunnita, e' stata una fatwa che permette "la crocifissione e l'uccisione" degli uomini del califfato di Abu Bakr al Baghdadi. Si tratta della citazione di un verso del Corano che indica la pena da applicare nei confronti di chi "uccide sfrenatamente gli innocenti senza peccato", come precisato dal Grand Imam Ahmed al Tayeb. Lo sceicco di al Azhar ha ricordato che in base ai precetti dell'Islam "solo Allah puo' punire con le fiamme", cosa che "non e' concessa agli esseri umani". Tayeb ha invitato dunque la comunita' internazionale a combattere contro "chi ha offeso l'Islam e il profeta Maometto".

martedì 3 febbraio 2015

EVENTI: PRESENTAZIONE DEL LIBRO 'VITA DI DON GIUSSANI' DI ALBERTO SAVORANA A MANFREDONIA

EVENTI: PRESENTAZIONE  DEL  LIBRO 'VITA  DI  DON  GIUSSANI'  DI  ALBERTO  SAVORANA  A  MANFREDONIA


Freddo da lupi, una sala (l'auditorium del Palazzo dei Celestini, al centro di Manfredonia), che pian piano si riscalda sempre più, e non solo per l'ottimo climatizzatore.
Sul palco, accanto a me che ho il compito di moderare l'incontro, ci sono Antonio Nasuto, un ex collega di Filosofia che ha una storia politica molto distante da quella di Comunione e Liberazione, e don Michael Konrad, sacerdote missionario della fraternità di S.Carlo Borromeo, docente di Etica e Filosofia Politica alla Pontificia Università Lateranense di Roma.