giovedì 31 marzo 2016

Savorana a Buenos Aires presenta la biografia di don Giussani

ARGENTINA

"Su vida" continua a pulsare

di Horacio Morel
31/03/2016 - Il paragone con il "Danubio" di Magris e la riscoperta del metodo cristiano. Ecco il racconto della presentazione della biografia di don Giussani a Buenos Aires con Alberto Savorana e il filosofo Carlos Hoevel 
(www.tracce.it)
L'Aula Magna della Facoltà di Medicina dell’Università di Buenos Aires ha fatto da straordinaria cornice a un'autentica festa. Un incontro tra amici vecchi e nuovi, tutti attratti dalla generosa testimonianza di un grandissimo uomo che ha mobilitato il cuore e la vita di migliaia di persone.

I posti dell'imponente aula universitaria si sono a poco a poco riempiti. Saluti cordiali, abbracci affettuosi e l'evidente bellezza di un ordine studiato e curato nel particolare per la buona riuscita del gesto, hanno accolto coloro che arrivavano. Qualcuno da lontano, con alle spalle molte ore di viaggio.

Era la presentazione di un libro, ma perché introdurla con un canto? Perché nelle quasi milletrecento pagine di Luigi Giussani. Su vida (Ed. Encuentro) di Alberto Savorana, e prima e dopo di esse, c’è una vita straripante che valeva la pena celebrare. E, il canto che hanno offerto Claudia e Julio, era l’espressione umana più adeguata per farlo.

mercoledì 30 marzo 2016

Taiwan: Chou Young-mei scopre Cristo attraverso il piccolo schermo

DA ASIANEWS.IT

Taiwan, scoprire Cristo mandando in onda il Papa

di Xin Yage
30/03/2016 - Chou Yong-mei è una famosa produttrice TV. Le chiedono un programma per spiegare Francesco ai cinesi. Lei inizia a documentarsi. E incontra cristiani in carne e ossa. Fino alla veglia di Pasqua...
Anche quest’anno, la Veglia pasquale di Taiwan ha visto un bel gruppo di catecumeni che nelle varie parrocchie hanno ricevuto il battesimo. Con età molto diverse – neonati, giovani e persone già adulte – e da molte strade diverse sono giunti alla più importante liturgia dell'anno a compiere questo importante passo. Tra le tante "chiamate", una ci è parsa particolare per come è nata.

Si tratta di Chou Yong-mei, autrice di numerosi sceneggiati per il piccolo schermo, che negli ultimi due anni ha lavorato in maniera ininterrotta – da non credente – a una ricerca sulla vita di papa Francesco per la creazione di una lunga serie televisiva che andrà in onda a partire dal prossimo mese.

Yong-mei, oltre ad avere una famiglia ed essere una mamma, ha lavorato in una importante emittente televisiva taiwanese per più di 20 anni, poi è approdata al Kuangchi Program Service per lavorare ad una famosa campagna pubblicitaria sui valori della società e della democrazia taiwanese a partire dal gennaio 2014. Dopo averne fatto un prodotto di successo (come suo solito, vista la sua esperienza e il suo talento) le è stato chiesto di iniziare a pensare a un sostanzioso programma su papa Francesco da mettere in onda su un altro canale nazionale.

Come è cominciata questa esperienza? “All'inizio sono stata contattata per stendere una bozza per una serie di video della durata di sette minuti su papa Francesco. Ho cominciato a leggere i suoi messaggi, la sua biografia e ad ascoltare alcuni contenuti. Ho capito subito che non si poteva fare una cosa ridotta, così ho chiesto alla presidente di progettare un programma serio con puntate di mezz'ora ciascuna. I contenuti di papa Francesco erano troppo importanti da presentare nella loro integrità, con esempi vissuti da persone reali nella vita reale”. (...)


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martedì 29 marzo 2016

Satuto di Carron al Triduo di Gioventù Studentesca

«Vi ho chiamato amici» (Gv 15,15). Saluto di Julián Carrón all’inizio del Triduo pasquale di GS

Julián Carrón Saluto all’inizio del Triduo pasquale di GS

25/03/2016 - Rimini, 24 marzo 2016


Carissimi,
commuove che Gesù ci chiami amici.
Che cosa significa questo?
Amico è uno che ama la mia vita, il mio compimento, la mia pienezza.
È questa pienezza che voglio, che attendo segretamente da quando il desiderio di felicità ha cominciato a balenare dentro di me.
Tuttavia, malgrado questo desiderio sia così impellente – ogni fibra del nostro essere lo grida −, che fatica assecondarlo nella vita quotidiana! A volte, infatti, ci sembra addirittura contro di noi, tanto è lancinante. Altre volte ci domandiamo se non sarebbe meglio per noi che non fosse così incalzante.

Tutti sappiamo per esperienza che non è facile trovare chi vive all’altezza del proprio desiderio.
Allo stesso modo sappiamo che senza la presenza di un amico grande ci arrenderemmo presto davanti alle urgenze della vita.
È a questo punto che si rende palese il significato dell’amicizia di Gesù.
Senza un amico come Gesù, che ci accompagna e ci sostiene, sarebbe quasi impossibile non gettare la spugna. Perciò comprendiamo la verità delle Sue parole: «Senza di me non potete fare nulla» (Gv 15,5); e allora Gli diciamo: «Senza di Te non possiamo fare nulla».
È il Suo abbraccio che ci salva. Con Lui accanto la vita è diversa, più piena.
Come Lo avranno percepito amico i discepoli per rispondere a Gesù, come ha fatto Pietro: «Signore, da chi andremo? Tu solo hai parole di vita eterna» (Gv 6,68), Tu solo hai parole che riempiono la vita.
In questo Anno Santo della misericordia e in questi giorni della Sua passione, morte e risurrezione, vi auguro che diventi sempre più vostra la domanda che sorge nel cuore di chi è raggiunto dal Suo sguardo amico: Chi sei tu, Cristo, chi sei tu che non possiamo fare a meno di Te, una volta che Ti abbiamo incontrato?

Buona Pasqua!
Il vostro amico Julián
(www.tracce.it)

Aleppo: Cristo è risorto

DA AVVENIRE.IT

Aleppo, la fede e il coraggio

di Andrea Avveduto
29/03/2016 - «Davvero è risorto». Gli auguri di Pasqua nella città siriana, dove tra le bombe e la speranza di una fragile tregua sono rimaste solo cinque chiese. E dove tra melchiti, latini, ortodossi e altri a messa c'erano oltre duemila persone...
«Cristo è risorto. Davvero è risorto». Ad Aleppo gli auguri di Pasqua si fanno così, con questa formula antica e solenne. E la certezza di quel 'davvero' sembra quasi sfidare la presunzione di chi – a pochi metri di distanza – vorrebbe rubare a questa festa cristiana gioia e significato. La città dei suq millenari devastata dalla guerra civile respira finalmente la prima aria primaverile dopo un inverno freddo e violento. Sotto il porticato della chiesa latina, la sera del sabato santo, si fatica a camminare tra gli abbracci festosi della gente. Il giorno prima, durante la via Crucis, c’erano quasi tutti. Alla veglia pasquale però la chiesa dedicata a san Francesco fatica a tenere un popolo intero. Molti stanno in piedi, con la candela in mano, assorti in preghiera, aspettano quella luce che sola può scaldare cuori e menti. Il silenzio che si respira è quasi surreale.
I cristiani di Siria aspettano la Risurrezione, ultimo significato alle sofferenze interminabili, di chi sembra chiamato a «vivere sempre il Venerdì Santo». «Io proteggo coloro che credono in me e mi amano», forse solo il salmo recitato prima della Messa da padre Eduardo riesce a spiegare cosa sta accadendo sotto i nostri occhi. La gioia, la festa, i canti. Aleppo guarda con cauto ottimismo alle notizie di questi giorni. «Questa maledetta guerra finirà. Inshallah». «Se Dio vuole», ripetono. Solo il giorno prima nessuno poteva nemmeno immaginarselo. A Messa ci sono quasi 2.000 persone, di tutti i riti e confessioni. «Mai vista una chiesa così», si mormora tra i banchi. Latini, melchiti, ortodossi, maroniti. Qui lo chiamano "ecumenismo di sangue", un’unione dettata un tempo dalle circostanze e divenuta nel tempo amicizia sincera. E sarà forse merito della fragile tregua in vigore da qualche settimana, ma anche di una città che vuole tornare a vivere. E in fretta. Neanche questo però riesce a spiegare quel fiume in piena che in ordine scorre lentamente tra le navate della basilica ottocentesca. Perché il coraggio e la fede dei cristiani aleppini sono difficili da spiegare


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giovedì 24 marzo 2016

Carron sul Corriere della sera: solo la misericordia salva l'uomo dallo smarrimento, dal dolore e dalla rabbia



la profondità del nostro bisogno di qualcuno che si prenda cura delle nostre ferite

Manifestazioni di cordoglio in Place de la Bourse a Bruxelles (Getty Images) Manifestazioni di cordoglio in Place de la Bourse a Bruxelles (Getty Images)

Caro Direttore, ancora una volta il dolore straziante bussa alla nostra porta, sconvolgendo tutto. In Spagna la fragilità di un colpo di sonno finisce in tragedia. In Belgio il vuoto mostra di nuovo la sua faccia violenta e spietata, la sua «cieca violenza», come ha detto Papa Francesco.
Come potremmo guardare questi fatti, da uomini, senza soccombere allo smarrimento o alla rabbia? Solo se non blocchiamo tutta l’urgenza di un significato, di un perché, che questi eventi provocano in ciascuno di noi. Più lacerante è il dolore, più sconfinata è la domanda che ci sentiamo addosso anche solo per un istante, prima di cercare una via di fuga nella distrazione e nella dimenticanza per il sentimento di impotenza che ci invade davanti a una tale domanda. Dietro la facciata con cui noi, uomini senza legami, ostentiamo sicurezza, si impone ai nostri occhi tutta la profondità del nostro bisogno, il bisogno di qualcuno che si prenda cura delle nostre ferite, che ci risollevi dalla nostra afflizione.
La liturgia della Settimana Santa viene in aiuto alla nostra incapacità di risolvere il dramma: «Guarda, Dio onnipotente, l’umanità sfinita per la sua debolezza mortale, e fa’ che riprenda vita per la passione del Tuo unico Figlio» (Orazione delle Lodi del Lunedì Santo nella Liturgia delle Ore secondo il Rito romano). «È un urto per la vita quello con cui Egli percuote la nostra sfinitezza e la nostra debolezza mortale: fa’ che riprenda vita attraverso il sacrificio, il dolore e la morte Sua (del Tuo unico Figlio)» (don Giussani).
Così Cristo si offre come risposta all’altezza della domanda sconfinata di un perché e nello stesso tempo ci comunica quella energia senza la quale non possiamo riprenderci né possiamo imboccare l’unica strada per sconfiggere la violenza. La stessa misericordia che serve a noi è quella di cui hanno bisogno anche gli altri.
Di recente Benedetto XVI ci ricordava la ragione dell’insistenza di Papa Francesco in questo Anno della Misericordia: «La misericordia è l’unica vera e ultima reazione efficace contro la potenza del male. Solo là dove c’è misericordia finisce la crudeltà, finiscono il male e la violenza».
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ALTRE NOTIZIE SU CORRIERE.IT-%20Corriere.it" />

La grande arte itinerante

VILLA REALE DI MONZA

L'agnello mansueto di Caravaggio

(ww.tracce.it)


16/03/2016 - Uno dei grandi capolavori del Merisi, la "Flagellazione di Cristo" del Museo di Capodimonte di Napoli, sarà esposto nel capoluogo brianzolo fino al 17 aprile per l'iniziativa del Cittadino. Un'occasione da non perdere durante il periodo di Pasqua
Sarà a Villa Reale di Monza fino al 17 aprile la straordinaria Flagellazione di Cristo di Caravaggio (1607-1610), proveniente dal Museo di Capodimonte di Napoli grazie all’iniziativa del Consorzio di Villa Reale e del Cittadino di Monza e Brianza. Una tela imponente, quasi tre metri di altezza, che raffigura uno dei momenti più drammatici della vita di Cristo e che sarà visibile proprio durante il periodo pasquale.

L’anno scorso era arrivato da Palazzo Barberini a Roma il Francesco in meditazione del 1605, una delle più recenti attribuzioni al genio del Seicento. La Flagellazione, invece, è una delle immagini più note del catalogo del Merisi e appartiene a uno dei suoi periodi più felici e intensi.

martedì 22 marzo 2016

Strage all'areoporto di Bruxelles

BRUXELLES

«Ho pensato ad Auschwitz»

(www.tracce.it)

di Luca Fiore
22/03/2016 - Riccardo Ribera D’Alcalà, alto funzionario del Parlamento Europeo, vive e lavora nella capitale belga. Racconta le ore di tensione. L'incertezza sulla sorte dei colleghi. E come una telefonata ha aperto uno squarcio nell'orrore degli attentati
È metà pomeriggio a Square de Meeûs, nel quartiere europeo di Bruxelles. Sono passate nove ore dagli attentati dall’aeroporto di Zavantem e alla metropolitana della capitale belga. Riccardo Ribera D’Alcalà, capo della Direzione Generale delle Politiche Interne del Parlamento europeo, non ha ancora la certezza che nessuno dei suoi colleghi e collaboratori sia tra le vittime. La giornata è passata a seguire gli aggiornamenti, con l’indicazione di non abbandonare l’edificio.
Sugli schermi passano le immagini della gente che fugge, delle macerie lasciate dalle bombe. Tornano alla mente le parole di Julián Carrón dopo gli attacchi a Parigi lo scorso 13 novembre: «Davanti ai nostri occhi c’è un’evidenza: la vita di ciascuno è appesa a un filo, potendo essere uccisi in qualsiasi momento e ovunque».

Meditazioni per la Via crucis del Papa

MAGISTERO

«Dio è misericordia»

(www.tracce.it)


22/03/2016 - Le meditazioni scritte dal cardinale Gualtiero Bassetti, arcivescovo di Perugia, per la Via Crucis presieduta dal Papa. La misericordia è il tema centrale, perché «canale della grazia che da Dio giunge a tutti».
Sia benedetto Dio, Padre del Signore nostro Gesù Cristo, Padre misericordioso e Dio di ogni consolazione! (2 Cor 1,3).

In questo Giubileo straordinario, anche la Via Crucis del Venerdì Santo ci attrae con una forza particolare, quella della misericordia del Padre Celeste, che vuole riversare su tutti noi il suo Spirito di grazia e di consolazione.

La misericordia è il canale della grazia che da Dio arriva a tutti gli uomini e le donne di oggi. Uomini e donne troppo spesso smarriti e confusi, materialisti e idolatri, poveri e soli. Membra di una società che sembra aver rimosso il peccato e la verità.

«Guarderanno a me, colui che hanno trafitto» (Zc 12, 10): si adempiano anche in noi, questa sera, le parole profetiche di Zaccaria! Lo sguardo si sollevi dalle nostre infinite miserie per fissarsi su di Lui, Cristo Signore, Amore Misericordioso. Allora potremo incontrare il suo volto e udire le sue parole: «Ti ho amato di amore eterno» (Ger 31, 3). Egli, col suo perdono, cancella i nostri peccati e ci apre il cammino della santità, sul quale abbracceremo la nostra croce, insieme a Lui, per amore dei fratelli. La fonte che ha lavato il nostro peccato diventerà in noi «una sorgente d’acqua che zampilla per la vita eterna» (Gv 4, 14).

(continua a leggere sul sito della Santa Sede)

lunedì 21 marzo 2016

Omelia di Papa Francesco alla Messa della Domenica delle Palme

MAGISTERO

La Sua sorprendente tenerezza

(www.tracce.it)


21/03/2016 - Omelia di papa Francesco alla messa della Domenica delle Palme e della Passione del Signore (Piazza San Pietro, 20 marzo 2016)
«Benedetto colui che viene nel nome del Signore» (cfr Lc 19,38), gridava festante la folla di Gerusalemme accogliendo Gesù. Abbiamo fatto nostro quell'entusiasmo: agitando le palme e i rami di ulivo abbiamo espresso la lode e la gioia, il desiderio di ricevere Gesù che viene a noi. Sì, come è entrato a Gerusalemme, Egli desidera entrare nelle nostre città e nelle nostre vite. Come fece nel Vangelo, cavalcando un asino, viene a noi umilmente, ma viene «nel nome del Signore»: con la potenza del suo amore divino perdona i nostri peccati e ci riconcilia col Padre e con noi stessi. Gesù è contento della manifestazione popolare di affetto della gente, e quando i farisei lo invitano a far tacere i bambini e gli altri che lo acclamano risponde: «Se questi taceranno, grideranno le pietre» (Lc 19,40). Niente poté fermare l'entusiasmo per l’ingresso di Gesù; niente ci impedisca di trovare in Lui la fonte della nostra gioia, la gioia vera, che rimane e dà la pace; perché solo Gesù ci salva dai lacci del peccato, della morte, della paura e della tristezza. Ma la Liturgia di oggi ci insegna che il Signore non ci ha salvati con un ingresso trionfale o mediante potenti miracoli. L'apostolo Paolo, nella seconda Lettura, sintetizza con due verbi il percorso della redenzione: «svuotò» e «umiliò» sé stesso (Fil 2,7.8). Questi due verbi ci dicono fino a quale estremo è giunto l’amore di Dio per noi. Gesù svuotò sé stesso: rinunciò alla gloria di Figlio di Dio e divenne Figlio dell’uomo, per essere in tutto solidale con noi peccatori, Lui che è senza peccato. Non solo: ha vissuto tra noi in una «condizione di servo» (v. 7): non di re, né di principe, ma di servo. Quindi si è umiliato, e l’abisso della sua umiliazione, che la Settimana Santa ci mostra, sembra non avere fondo... (continua a leggere sul sito della Santa Sede)

venerdì 18 marzo 2016

Mostra #meeting16: Migranti la sfida dell'incontro

Le lettere di S.Ambrogio: un matrimonio contrastato che apre alla misericordia

ARCHIVIO 

(www.tracce.it)

Quel legame che non si spezza tra perdono e verità

di Francesco Braschi
SULLE VIE DELL'IMPERO
Dalle lettere di Ambrogio spunta la vicenda di un matrimonio contrastato. Che fa capire molto su cosa sia la misericordia...

Scorrendo le lettere di sant’Ambrogio, troviamo (libro IV, ep. 35) una vicenda familiare che, pur nella diversità di usanze e cultura, è esemplare per il metodo di giudizio sulla misericordia.
Un giovane si era sposato senza il consenso del padre, Sisinnio. Alcuni parenti avevano aggravato la situazione insinuando che la decisione del figlio nascesse dal disprezzo verso l’autorità paterna (l’uso dell’epoca voleva che fosse il padre a scegliere la moglie per il figlio). Dopo la riconciliazione, Sisinnio scrive ad Ambrogio che teme di essersi mostrato troppo debole e poco attento al valore dell’autorità paterna. Rispondendo, il Vescovo non esita a deplorare le nozze senza consenso paterno, ma approva che il perdono sia arrivato solo dopo l’ammissione della colpa: «Hai fatto ciò che fanno i buoni genitori: hai perdonato prontamente, ma dopo essere stato supplicato. Prima, non sarebbe stato un perdonare, ma un approvare l’accaduto».

Antonio Sicari, come muoiono i santi

Il nuovo libro di SICARI sui Santi (Associazione Italiana Centri Culturali)

In prossimità della Pasqua esce per Ares il nuovo libro di padre Antonio Maria Sicari, il più celebre agiografo italiano, che ha raccontato la morte e l’incontro con Dio di 100 santi, dai martiri del nostro tempo come Pino Puglisi e Oscar Romero, agli uomini che hanno testimoniato il Vangelo «morendo di fatiche apostoliche» come Francesco Saverio o Padre Pio. Dall’Introduzione di padre Antonio Maria Sicari: «I santi non hanno temuto la morte. Alcuni l’hanno incontrata prematuramente, in giovane età, quasi consumati da un amore impaziente per Dio e anche, oserei dire, da parte di Dio. Altri l’hanno quasi provocata – ma senza arroganza – per l’urgenza martiriale di dover testimoniare Cristo: la sua Vita e la sua Verità. Alcuni l’hanno desiderata, in un impeto mistico del cuore che li spingeva a pregare perché lo Sposo Cristo affrettasse la sua venuta. Altri l’hanno attesa e vissuta con estremo dolore, ma perché erano chiamati dall’amore a rivivere le ore drammatiche del Venerdì Santo. Alcuni l’hanno quasi “cercata” nello spasimo di consumarsi interamente in “opere e opere” di carità e di missione. Altri l’hanno gustata a tarda età, “sazi di giorni”, felicemente stanchi per un lunghissimo lavoro condotto nella vigna del Signore.
Possiamo dire che questo corteo di santi cristiani che si approssimano in pace alla morte è stato aperto – quando Gesù aveva ancora pochi giorni di vita – dal santo vecchio Simeone che ha pregato di potersene andare in pace, dopo che le sue braccia avevano potuto stringere il Santo Bambino e i suoi occhi avevano potuto finalmente “vedere la salvezza”. Così è fatta la speranza cristiana: andare incontro alla morte, con la certezza gioiosa di abbracciare la Vita, dopo che in terra si è potuto umanamente contemplare il Germe della Salvezza».

Il libro
Padre Antonio Sicari presenta un'impressionante «galleria» di santi «fotografati» negli ultimi istanti della loro vita. Per tutti loro la morte è la tenerezza di un abbraccio. È l'incontro con l'Amato lungamente inseguito. Conosciamo così la morte del mistico, del martire, dell'anziano logorato dagli anni come del giovane che ha imparato il segreto dell'amore nel giro di una vita breve ma irreperibilmente intensa. Da questi suggestivi «ritratti» l'autore aiuta a riscoprire la vita come un viaggio verso una felicità più grande, quella della Casa del Padre.

Antonio Maria Sicari
Come muoiono i santi
100 racconti di risurrezione

mercoledì 16 marzo 2016

Una casa per i bambini a Bangkok

THAILANDIA

Una mamma a Bangkok

di Alessandra Stoppa
16/03/2016 - Bambini “maledetti”, in una cultura dove la sofferenza è frutto di una colpa. Ma c’è una casa che accoglie loro e le madri. E stravolge tutti i principi della mentalità del posto: innanzitutto, che Dio non esiste. Da "Tracce" di febbraio
(www.tracce.it)
Per il buddhismo theravada le circostanze che vivi sono castigo o premio per quello che hai fatto in una vita precedente. Vale tra i grattacieli di Bangkok, figurarsi nelle sue baraccopoli fangose o tra chi è malato. «La povertà e la sofferenza sono karma negativo», spiega suor Maria Angela Bertelli, missionaria saveriana: «E il karma è una colpa da compensare con altre vite». Legge spietata. Soprattutto per i bambini in queste foto, che vivono nella sua casa d’accoglienza. Piccoli nati storti, attorcigliati, senza parola, senza gesti. Quante volte dovrebbero nascere, per salvarsi?

Bastano le immagini dalla Casa degli Angeli per capire che questa legge è stata capovolta, e non sui libri o con una teoria opposta, ma in un rapporto. Suor Maria Angela tra pochi mesi farà rientro in Italia, dopo quindici anni di missione in Thailandia. Anni di «grattuggiamento e grazia», dice con dolcezza. Ha sofferto tanto, ha ricevuto tutto. Innanzitutto da questi bimbi con i nomi che sono sillabe e suoni: Tum, Tam, Ep, Po-Po, Muk, Wan. La Casa è un centro di riabilitazione, ma soprattutto una famiglia, nata nel 2008 a Nonthaburi, venti chilometri a nord di Bangkok. Un seme impensabile in un Paese dove non esistono opere per bambini così, se non orfanotrofi. Oggi i piccoli ospiti sono quindici e il lavoro quotidiano va dalla fisioterapia alla cucina. Ma lo scopo di questo luogo è «uno solo», dice la missionaria: «Essere l’occasione perché la presenza del Signore s’incarni ancora».

martedì 15 marzo 2016

Don Gnocchi, La corrispondenza con amici e bambini

LIBRI

Don Gnocchi: la santità dell'umiltà

di Stefano Zurlo
08/01/2016 - Interlinea pubblica le lettere del beato milanese a Giorgio Buccellati, allora bambino. Scritti carichi dell'umanità del "papà dei mutilatini". Nella Milano degli anni Quaranta e dela Seconda Guerra mondiale: «La precedenza assoluta è per te»
(da Tracce.it)
Lettere. Messaggi. Biglietti. Una corrispondenza affettuosa e a tratti pure ironica. Don Carlo Gnocchi, il papà dei mutilatini, non finisce di stupire. A quasi sessant’anni dalla morte, avvenuta nel 1956, spuntano ancora suoi scritti inediti. Il problema è che il piccolo carteggio che ora Interlinea pubblica non è con un vescovo o con un dotto teologo o con qualche medico, magari impegnato sulla prima linea della riabilitazione. No, l’inesauribile don Carlo dialoga con un bambino di quattro anni e mezzo: sì, uno scricciolo conosciuto solo perché i quattro fratelli, più grandi, frequentavano l’istituto Gonzaga ed erano suoi allievi nell’ora di religione.

Il tutto nella Milano degli anni Quaranta: è qui che don Carlo incontra Giorgio Buccellati che poi da adulto farà carriera come archeologo, scoprirà in Siria l’antica città di Urkesh e diventerà professore a Los Angeles. Ma quella è un’altra storia. Questa è all’apparenza una vicenda piccola piccola ma sorprendente, anzi sbalorditiva: il giovane sacerdote è stracarico di impegni e responsabilità; in quel fatidico 1941 lascia pure Milano e va come cappellano con gli alpini della Julia sul fronte greco-albanese. Insomma, si trova immerso nella tragedia immane della Seconda guerra mondiale.

Eppure, fra battaglie, imboscate e fucilazioni, non dimentica il piccolo Giorgio, figlio di amici carissimi, e gli scrive: «Ti do l’alpino più piccolo del battaglione perché tu gli mandi le tue care parole di conforto - noi qui lo chiamiamo il Balilla. – tu digli chi sei e mandagli se puoi la tua fotografia...».

Si direbbe un’adozione a distanza, fra terra e cielo. Semplicità e limpidezza. Discorsi carichi di umanità, ma senza voli pindarici e gorgheggi retorici. Piuttosto, adatti alla mente fervida e ingenua di un fanciullo. E ancora: «Mio caro Giorgino... La precedenza assoluta è per te. Desidero che appena fatta l’operazione del naso (forse è diventato troppo lungo e devono tagliarne una fetta) ti giunga la mia risposta».

Pagine strepitose. La santità dell’umiltà.

Don Carlo Gnocchi, a cura di Giovanni Santambrogio
Caro Giorgio, tuo don Carlo
Interlinea
pp. 88 - € 12

domenica 13 marzo 2016

Basilica paleocristiana a Siponto (Manfredonia)

A Manfredonia è stata costruita una basilica fatta interamente di rete metallica

L’autore è l’artista Edoardo Tresoldi, l’opera verrà inaugurata l’11 marzo. Lo abbiamo intervistato
Architettura
di Sandro Giorello facebook 10 marzo 2016 11:51

Tresoldi ppan.it/ - La basilica di Edoardo Tresoldi

Il prossimo 11 marzo sarà inaugurata a Siponto, una frazione del comune di Manfredonia, l’importate basilica di Edoardo Tresoldi. L’artista romano, noto per riuscire a realizzare grandi strutture trasparenti attraverso intricati reticolati di fili metallici, ha ricostruito interamente una balistica paleocristiana partendo dalla pianta della sua struttura originale.

Marta Busani, l'origine di Gioventù Studentesca

Quattro anni di lavoro, tra fonti inedite e nuove ricostruzioni. MARTA BUSANI, dottore di ricerca in Storia contemporanea, ha studiato la vicenda di Gioventù Studentesca. E la sua originalità
(www.tracce.it)

«Soprattutto un fenomeno sottende l’arco vibrante della vita umana, un fenomeno soprattutto è l’anima comune di ogni interesse umano, un fenomeno è la molla di ogni problema: è il fenomeno del desiderio. Il desiderio che ci spinge alla soluzione dei problemi, il desiderio che è l’espressione della nostra vita di uomini. In ultima analisi, è l’attrattiva profonda con cui Dio ci chiama a sé».
Così don Luigi Giussani parlava del desiderio nei primi anni della storia del movimento. Era il 1955. La centralità, nella sua proposta educativa, di quello che più tardi chiamerà senso religioso è uno degli aspetti più singolari del fondatore di CL, che emerge dal volume Gioventù Studentesca. Storia di un movimento cattolico dalla ricostruzione alla contestazione (in uscita per i tipi di Studium). «Si tratta di un tentativo di approfondire la vicenda storica di GS nel contesto sociale ed ecclesiale di quegli anni, la cui conoscenza mi pare imprescindibile per comprenderne i tratti fondamentali», spiega l’autrice, Marta Busani, dottore di ricerca in Storia contemporanea all’Università Cattolica di Milano.
Il libro è il frutto di quattro anni di lavoro, per mettere in sinergia una mole poderosa di documentazione archivistica, per lo più inedita, e di fonti a stampa come periodici, quotidiani e opuscoli. Non è uno studio sul pensiero di Giussani, ma una ricerca che sorprende il sacerdote e i giessini in azione.

Che cosa emerge dai documenti sull’origine di GS?
Spesso, quando si parla di Gioventù Studentesca, si ha l’idea di una realtà che fin dall’inizio si è concepita come un movimento ecclesiale tout court. In realtà non sembra che questo rientri nell’orizzonte di don Giussani quando GS inizia a muovere i primi passi. Semmai tra i suoi modelli di riferimento ci sono i movimenti di ambiente dell’Azione Cattolica belga e francese. In sostanza, senza voler mettere in discussione il modello parrocchiale dell’AC italiana, don Giussani manifesta il desiderio di incontrare gli uomini là dove sono. Si accorge infatti che, a fronte di un’élite cattolica molto formata, c’è tutto un mondo giovanile non più toccato dalla Chiesa.

venerdì 11 marzo 2016

Milano, come cambia una città: incontri della CdO

MILANO

Come cambia una città

di Paolo Perego
11/03/2016 - A tre mesi dalle elezioni amministrative, il primo di quattro incontri organizzato da Cmc, Fondazione per la Sussidiarietà e CdO per indagare le trasformazioni e le sfide del capoluogo lombardo, tra metropoli e comunità
Mancano tre mesi, e le elezioni amministrative milanesi possono dirsi alle porte. Una marcia di avvicinamento già partita, quindi, in cui si inserisce anche un ciclo di incontri dedicato al capoluogo lombardo, partito ieri sera, 10 marzo, nella sala di via Sant’Antonio 5 a Milano. A tema: “Città della comunità. La citta metropolitana, svolta e cambiamento”. Organizzato dal Centro culturale di Milano con la Fondazione per la Sussidiarietà e la CdO Milano, il primo dei quattro appuntamenti in calendario - cinque, con il preannunciato confronto tra i candidati a pochi giorni dall’apertura delle urne - ha portato a confrontarsi Alberto Meomartini, vicepresidente della Camera di Commercio, Giovanni Azzone, rettore del Politecnico, Stefano Boeri, architetto e docente di Storia dell’architettura al Politecnico, e Luca Doninelli, scrittore.

giovedì 10 marzo 2016

La collana di libri di don Giussani del Corriere della Sera

L'INIZIATIVA DEL CORRIERE

«Una risposta all'altezza»

di Paolo Perego
10/03/2016 - Sabato con il quotidiano esce "Alla ricerca del volto umano", quarto appuntamento della collana sul fondatore di CL. Luciano Fontana, direttore di via Solferino spiega: «Entrare nel mondo di Giussani è fondamentale per ragionare sulla crisi di oggi»
Dieci volumi, inseriti nella collana “I maestri del Corriere della Sera”. Partita tre settimane fa, l’iniziativa editoriale del quotidiano milanese vedrà sabato prossimo la sua quarta uscita con Alla ricerca del volto umano. Di che si tratta è presto detto: partendo da Il senso religioso, il Corriere ha deciso di proporre ai suoi lettori alcuni testi “fondanti” del pensiero e dell’opera di don Luigi Giussani, unendoli a prefazioni, di volta in volta, di importanti esponenti - laici e non - della cultura di oggi. «Ci sono almeno due ragioni fondamentali dentro questa scelta», spiega Luciano Fontana, direttore dello storico giornale, che a ottobre ha avuto modo di confrontarsi anche con La bellezza disarmata di Julián Carrón presentando il libro a Milano: «La prima, non per importanza, di carattere editoriale. Già lo scorso anno, per il decimo anniversario della morte di don Giussani, avevamo allegato al giornale un dvd inedito sul fondatore di CL, cogliendo un grande e positivo interesse tra i lettori. Ma non avevamo dubbi su questo. I suoi libri sono sempre stati tra i più importanti nel catalogo Rizzoli, sono una tradizione della nostra storia editoriale. Consideriamo la sua opera come una parte importante della nostra natura, della nostra attività e del dialogo coi lettori in generale. Ma come dicevo, le motivazioni che ci hanno spinto hanno a che fare anche con il contenuto del suo messaggio».

Ovvero?
Riguardano il pensiero forte e importante di don Giussani, e il modo in cui ha interpretato la sua attività di pastore. E con cui ha saputo parlare ai giovani fin dagli anni Cinquanta, rendendo la sua esperienza coi ragazzi, il rapporto educativo, un tratto caratteristico di tutta la sua vita. Questo è un elemento importante e decisivo anche oggi, in una situazione, un mondo in cui come adulti non sappiamo più dare il rilievo giusto a questa funzione. Dove spesso rinunciamo alla trasmissione dei valori, al dialogo “forte” coi figli, per abbandonarci magari a un relativismo o ad un permissivismo che ci fa rinunciare al nostro essere genitori. Solo che questo riguarda il futuro della nostra società.

mercoledì 9 marzo 2016

Suor Cyrene, Missionaria della Carità: "Offriamo la nostra vita a Dio per i poveri"

YEMEN

Piccoli semi di un amore più grande

di Antonella Palermo
09/03/2016 - Suor Cyrene, madre provinciale per l'Italia delle Missionarie della Carità, parla della morte delle consorelle ad Aden. «Offriamo la nostra vita a Dio per i poveri». E la violenza subita? «Si può rispondere solo col perdono». (Da Radio Vaticana)
Nello Yemen non ci sono ancora certezze sulla matrice del commando che nei giorni scorsi ha attaccato la Casa di cura per anziani e disabili di Aden, gestito dalle suore di Madre Teresa di Calcutta. Gli assalitori hanno ucciso quattro religiose e altre 12 persone che lavoravano nella struttura. È sopravvissuta solo la superiora, suor Sally, mentre padre Tom, un salesiano, è stato sequestrato dai jihadisti: di lui si sono perse le tracce. Suor Cyrene, provinciale per l'Italia delle Missionarie della Carità, racconta come sta vivendo la sua comunità questa drammatica vicenda, che ricorda il martirio di altre tre suore nello Yemen, nel 1998: «Con la comunità stiamo vivendo nel silenzio, nella preghiera, nell’ascolto della Parola di Dio, della sua volontà. Certo nella sofferenza, ma anche nella speranza che tutto questo sia un seme per una vita nuova, per un amore più grande».

Sono state donne che hanno dato vita, restituendo molte persone ad una vita dignitosa, offrendo il loro aiuto e hanno dato la vita…
Come Missionarie della Carità, offriamo la nostra vita a Dio per i più poveri tra i poveri. Madre Teresa direbbe: «Sono Gesù per noi» e i loro occhi sofferenti sono lo sguardo di Cristo che sulla Croce grida: «Ho sete! Ho sete del tuo amore». Quindi le suore avevano già offerto la loro vita. E allo stesso tempo essere ai piedi della Croce con Maria, assistere Gesù che è in agonia. E questo è stato anche il motivo per cui le suore sono rimaste lì, ad Aden, a servire i poveri, nel nascondimento, nel silenzio… Una vita quotidiana fatta di piccole cose: questo è vivere ai piedi della Croce. Anche durante i bombardamenti di questi ultimi mesi, le suore erano ben consapevoli che stavano rischiando la loro vita. E poi dobbiamo parlare dei collaboratori: di quelle persone che sono state uccise e hanno lasciato le loro famiglie.

Abramo. La nascita dell’io

lunedì 7 marzo 2016

Carron: Una presenza originale

DOCUMENTI

Una presenza originale

di Julián Carrón
07/03/2016 - La Pagina Uno di marzo 2016, gli appunti dall’intervento di Julián Carrón all’Assemblea con i Responsabili di Comunione e Liberazione in Italia. Pacengo di Lazise (Verona), 27 febbraio 2016 (in formato PDF)
(www.tracce.it)

È evidente a tutti che siamo in un momento di grandi cambiamenti e che non è facile orientarsi nell’attuale contesto culturale. Siamo di fronte a una grande svolta che richiede pazienza e tempo per capire, senza pensare che possiamo risolvere i problemi solo discutendo. Le pagine che seguono intendono offrire un contributo al cammino di ciascuno, per il dialogo tra di noi.
Due settimane fa, durante l’incontro con un gruppo di sacerdoti del Nord Italia, uno di loro diceva che quello che stiamo vivendo è «un momento veramente esaltante». Io penso che sia proprio così, perché tutto ciò che il Mistero non ci risparmia, come ci ha detto sempre don Giussani, è per la nostra maturazione. Anche se non sappiamo ancora come possa farci maturare e siamo un po’ confusi, siamo tuttavia certi che questa circostanza, legata al dibattito sulle sfide etiche e antropologiche rappresentate dal proliferare dei “nuovi” diritti, con tutte le domande che sono sorte e con tutti i dialoghi a volte accesi che ci è capitato di affrontare, può essere un’occasione preziosa: solo quando la realtà ci sfida emerge, infatti, davanti ai nostri occhi, a noi stessi prima che a tutti gli altri, che cosa abbiamo di più caro, dove è la nostra speranza. Quanto più siamo sfidati, tanto più si documenta il punto di vista sintetico con cui affrontiamo la vita.
Ora, questa situazione è sì per la nostra maturazione, ma non lo è meccanicamente. Dunque, occorre che ci impegniamo a comprenderla, lasciandoci sfidare da essa. Poiché ha toccato tutti, ciascuno può scoprire come si è posto, come ha reagito - tutti, in un modo o nell’altro, abbiamo reagito -, quale ipotesi ha difeso nell’affrontarla e quale verifica ha fatto. Ciascuno di noi deve compiere una verifica: non per il fatto che ci vengono delle idee, queste sono necessariamente giuste. Io per primo non mi tiro fuori dalla mischia. Tante volte ci sono venute idee che la vita ha poi dimostrato non essere così intelligenti come pensavamo. Per questo dovremo darci uno spazio di serenità per un dialogo che sia veramente costruttivo.

sabato 5 marzo 2016

Mauro-Forte: Contro la Croce

LIBRI

Il "terzo incomodo" nel deserto insanguinato

di Giorgio Paolucci
03/03/2016 - Nella guerra in atto in Medio Oriente, le prime vittime sono le minoranze cristiane, colpite in quanto portatrici di una diversa concezione dell'altro. Come difenderle? Con l'invito del Papa, a ricordarci che il vero obiettivo è «iniziare processi»
In copertina, la fotografia di un miliziano dell'Isis che rimuove la croce dal campanile della chiesa di San Giorgio a Mosul, Iraq, per sostituirla con la bandiera nera del califfato, esprime in un’immagine plastica e drammatica quello che si sta consumando in varie regioni del Medio Oriente: il tentativo di eliminare una presenza che per secoli è stata protagonista di una convivenza tra differenti identità e che spesso ha fatto da ponte tra loro, favorendo il dialogo e testimoniando la possibilità di una riconciliazione dove troppo spesso si è consentito che prevalesse la logica della sopraffazione.

In quello che appare sempre di più come un conflitto tra diverse fazioni del mondo islamico (nel quale peraltro giocano il loro ruolo e coltivano i loro interessi le grandi potenze) le minoranze cristiane - con le opere sociali, educative e caritative da esse originate, ma più profondamente con la loro stessa presenza - rappresentano un intralcio per qualsiasi progetto egemonico e totalitario. Un "terzo incomodo" irriducibile a logiche di potere - inassimilabile, e per questo da neutralizzare - che testimonia un tesoro di umanità nuova e una concezione dell’altro come parte di sé, come qualcosa di necessario alla propria vocazione.

Perciò la mobilitazione per la permanenza dei cristiani nelle terre dove il cristianesimo è nato - ora più che mai necessaria, specie da parte di un Occidente che ha responsabilità non piccole nella genesi e nella gestione delle situazioni di crisi in Medio Oriente - non può essere ridotta a una battaglia identitaria, ma coincide con la difesa di spazi di libertà e di sviluppo per tutti coloro che le abitano. Compito dei cristiani, come ricorda papa Francesco, è quello di iniziare processi più che di possedere spazi. Offrendo una testimonianza nuda e insieme affascinante che la pace è possibile, e coltivando fiori di vita nuova in un deserto insanguinato. Con la certezza che non sarà il deserto a prevalere.

Mario Mauro, Matteo Forte
Contro la croce. Il martirio dei cristiani in Medio Oriente
Itaca
pp. 128 - €12,50

venerdì 4 marzo 2016

Papa Francesco: Discorso all'Assemblea della Pontificia Accademia per la vita

La virtù di scegliere il bene

Discorso di papa Francesco all'Assemblea della Pontificia Accademia per la Vita (Sala Clementina, 3 marzo 2016)
04/03/2016
Cari fratelli e sorelle, porgo il mio benvenuto a tutti voi, convenuti per l’Assemblea generale della Pontificia Accademia per la Vita. Mi fa piacere particolarmente incontrare il Cardinale Sgreccia, sempre in piedi, grazie! Questi giorni saranno dedicati allo studio delle virtù nell’etica della vita, un tema di interesse accademico, che rivolge un messaggio importante alla cultura contemporanea: il bene che l’uomo compie non è il risultato di calcoli o strategie, nemmeno è il prodotto dell’assetto genetico o dei condizionamenti sociali, ma è il frutto di un cuore ben disposto, della libera scelta che tende al vero bene. Non bastano la scienza e la tecnica: per compiere il bene occorre la sapienza del cuore. In diversi modi la Sacra Scrittura ci dice che le intenzioni buone o cattive non entrano nell’uomo dall’esterno, ma scaturiscono dal suo “cuore”. «Dal di dentro - afferma Gesù -, cioè dal cuore degli uomini, escono i propositi di male» (Mc 7,21). Nella Bibbia il cuore è l’organo non solo degli affetti, ma anche delle facoltà spirituali, la ragione e la volontà, è sede delle decisioni, del modo di pensare e di agire. La saggezza delle scelte, aperta al movimento dello Spirito Santo, coinvolge anche il cuore. Da qui nascono le opere buone, ma anche quelle sbagliate, quando la verità e i suggerimenti dello Spirito sono respinti. Il cuore, insomma, è la sintesi dell’umanità plasmata dalle mani stesse di Dio (cfr Gen 2,7) e guardata dal suo Creatore con un compiacimento unico (cfr Gen 1,31). Nel cuore dell’uomo Dio riversa la sua stessa sapienza. Nel nostro tempo, alcuni orientamenti culturali non riconoscono più l’impronta della sapienza divina nelle realtà create e neppure nell’uomo. La natura umana rimane così ridotta a sola materia, plasmabile secondo qualsiasi disegno. La nostra umanità, invece, è unica e tanto preziosa agli occhi di Dio! Per questo, la prima natura da custodire, affinché porti frutto, è la nostra stessa umanità. Dobbiamo darle l’aria pulita della libertà e l’acqua vivificante della verità, proteggerla dai veleni dell’egoismo e della menzogna. Sul terreno della nostra umanità potrà allora sbocciare una grande varietà di virtù. La virtù è l’espressione più autentica del bene che l’uomo, con l’aiuto di Dio, è capace di realizzare. «Essa consente alla persona, non soltanto di compiere atti buoni, ma di dare il meglio di sé» (Catechismo della Chiesa Cattolica, 1803). La virtù non è una semplice abitudine, ma è l’attitudine costantemente rinnovata a scegliere il bene. La virtù non è emozione, non è un’abilità che si acquisisce con un corso di aggiornamento, e men che meno un meccanismo biochimico, ma è l’espressione più elevata della libertà umana. La virtù è il meglio che il cuore dell’uomo offre. Quando il cuore si allontana dal bene e dalla verità contenuta nella Parola di Dio, corre tanti pericoli, rimane privo di orientamento e rischia di chiamare bene il male e male il bene; le virtù si perdono, subentra più facilmente il peccato, e poi il vizio. Chi imbocca questo pendio scivoloso cade nell’errore morale e viene oppresso da una crescente angoscia esistenziale. (Continua a leggere sul sito della Santa Sede)

Meeting 20016: Tu sei un bene per me

Tu sei un bene per me


03/03/2016 - La settimana riminese inizia il 19 agosto, ma intanto è stato presentato il suo manifesto. Un foglio di carta e una scritta. Come un appunto da portare sempre dietro, per non dimenticarlo
«L'uomo ha bisogno dell’altro, per condividere desideri, progetti, fatiche, sacrifici, paure, dolori: per condividere il motivo per cui esiste. La comunità si forma e si crea esattamente per questo». Questa una delle riflessioni nella scheda di approfondimento della XXXVII edizione del Meeting per l'amicizia dei popoli, che si terrà a Rimini Fiera dal 19 al 25 agosto 2016. E di cui oggi viene presentato il manifesto.

Un'idea grafica che raffigura un appunto, una sorta di promemoria, qualcosa da portarsi sempre dietro e non dimenticarne il contenuto: «Tu sei un bene per me».

Un titolo quindi, con gli occhi puntati alle difficili sfide del presente, tra guerre, migrazioni, terrorismo e tensioni sociali. Ma anche al Giubileo della misericordia indetto da papa Francesco. È questa la prospettiva in cui si collocheranno le mostre, gli spettacoli e gli incontri con importanti personaggi della cultura e della società.

Per questo, quello del 2016 sarà un Meeting che cercherà di raccogliere «storie di integrazione e di perdono», dicono da Rimini, mettendo al centro le grandi emergenze di oggi. Con l'obiettivo di mostrare una bellezza capace di attrarre la libertà altrui e di generare un cambiamento in sé e nel mondo.

Ad approfondire il titolo, durante la settimana riminese, sarà Luca Doninelli, scrittore e amico di vecchia data del Meeting.

mercoledì 2 marzo 2016

La vita a Tibhirine, nel monastero algerino di Notre Dame

«Così a Tibhirine ha vinto la vita»

di Anna Pozzi
02/03/2016 - Stasera alle ore 21, al Pime di Milano, l'incontro con padre Jean Marie Lassausse, custode dal 2001 del monastero algerino. Dal ricordo delle stragi di vent'anni fa alla speranza per una nuova comunità. Il "giardiniere" di un luogo di vita
Nel marzo del 1996 sette monaci trappisti del monastero di Notre Dame de l’Atlas a Tibhirine, in Algeria, venivano rapiti e in seguito uccisi. Vent’anni dopo, il loro ricordo è ancora vivo, innanzitutto in Padre Jean Marie Lassausse, il religioso-giardiniere del monastero dell’Atlante. Una testimonianza della possibile convivenza tra cristiani e musulmani.

Le montagne dell’Atlante algerino, nei pressi di Medea, sono coperte da un manto di neve fresca, che rende il loro profilo ancora più morbido e dolce. Il paesaggio di questi giorni non dev’essere molto dissimile da quello di vent’anni fa, quando, nel marzo del 1996, vennero rapiti sette fratelli dal monastero trappista di Tibhirine, le cui teste mozzate furono ritrovate qualche mese dopo, alla fine di maggio. La neve, oggi come allora, rende questo luogo come sospeso nel tempo. Così come lo spirito di Tibhirine continua ad aleggiarvi.

«Per me che ci vivo da quindici anni, questo non è un luogo di morte, ma di vita. Qui ho trovato la pace, la fratellanza tra musulmani e cristiani, vissuta soprattutto attraverso il lavoro, e il senso di una vita donata, come ripeteva spesso il priore, frère Christian de Chergè». Padre Jean Marie Lassausse, 65 anni, prete della Mission de France, è il custode di Tibhirine dal 2001. Da quando, cioè, i trappisti decisero di mettere fine per sempre alla loro presenza in Algeria, trasferendo i due sopravvissuti nel monastero di Midelt in Marocco. Padre Jean Marie – che stasera alle 21 sarà al Pime di Milano, in via Mosè Bianchi, 94 – è anche l’unico erede sul posto di una testimonianza cristiana orante in un contesto esclusivamente musulmano. «Nel solco dei monaci che avevano aperto qui una possibilità di dialogo di vita e spirituale, cerco di continuare a rendere fecondo questo luogo ».

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martedì 1 marzo 2016

Ancona: il desiderio e una presenza che toglie la paura

ANCONA

Una presenza che toglie la paura

di Nicola Campagnoli
01/03/2016 - Tappa nel capoluogo marchigiano per la presentazione del libro di Julián Carrón. Con lui, all'Università Politecnica delle Marche, c'erano il cardinale Edoardo Menichelli, il rettore Sauro Longhi e Pietro Marcolini, professore all'Università di Urbino
(www.tracce.it)
Alle 18,30, nell’aula magna dell’Università Politecnica delle Marche e nelle altre aule collegate, c’erano solo posti in piedi. Quasi millecinquecento persone hanno partecipato alla presentazione de La bellezza disarmata. Carla Silenzi, responsabile del movimento ad Ancona, ha introdotto sottolineando come la gente stia vivendo quel crollo delle evidenze che don Giussani aveva già visto negli anni Cinquanta, quando sembrava che i valori e la tradizione cristiana fossero forti e stabili. Quello che don Giussani aveva chiamato “effetto Chernobyl” è una realtà visibile oggi. Dopo i saluti, il sindaco della città dorica, Valeria Mancinelli, ha sottolineato le due cose che ha sentito più sue: l’emergenza educativa e il fatto che l’avvenimento cristiano va sempre rivissuto, senza dare per scontato nulla. Che una trasmissione di valori avvenga attraverso l’esperienza sembra un’ovvietà, ma non è così. Ha ricordato che i suoi veri maestri sono stati i genitori, perché vivevano quotidianamente quello che dicevano. Ha concluso chiedendo a Carrón cosa intendesse nel libro per «realtà totale».

Sauro Longhi, ingegnere e rettore dell'Università Politecnica delle Marche, ha ripreso la questione educativa. «I tempi di oggi che definiamo negativi, sono i tempi dei ragazzi», ha affermato: «Per loro non c’è un confronto col passato. Per loro questi sono i tempi migliori. Occorre avvicinarsi cercando di cogliere cosa desiderano, cosa cercano. È importante educare la libertà. Cosa c’è di più importante della libertà? Io non vedo un momento critico. Vedo un’opportunità». Si è commosso poi davanti a una slide con la foto di alcuni migranti: «Anche le migrazioni sono un’occasione. La società ha bisogno di incontrare altre persone, altre culture. Perché queste persone vogliono raggiungere le nostre terre? Non è un problema. È un’opportunità. I migranti vogliono crescere, vogliono conoscere, hanno un desiderio fortissimo che li spinge. Ci testimoniano questo desiderio». L’educatore deve valorizzare l’espressione di questo desiderio. Ma cosa aiuta a percorrere questa strada?