02-05-2014
Premesso che i sondaggi vanno presi per quello che sono e che nelle ultime elezioni hanno sbagliato anche di molto, questo 27,4% attribuito al Movimento è comunque un dato che merita un’analisi, perché riflette un’ondata di indignazione, disillusione e scetticismo che è ben visibile, non solo sul Web e sui social network, ma anche nelle relazioni reali, nella cosiddetta “vox populi”, nei movimenti di piazza (come i Forconi) e in tutti i talk show. Nell’immediato si possono individuare almeno tre cause di questa ascesa. La prima è sicuramente la paura dell’euro e dell’Unione Europea in generale, a cui viene attribuita (molto spesso a torto) la causa dell’impoverimento degli italiani, della disoccupazione, della perdita del potere d’acquisto. La seconda è la tendenza a non fidarsi più dei partiti dell’arco costituzionale e una generale disaffezione per la democrazia, rafforzata anche dall’arrivo al potere di ben tre governi consecutivi (Monti, Letta e Renzi) eletti da nessuno. Infine c’è una causa ancor più impalpabile, ma ben visibile, ed è la sfiducia nei confronti degli organi di informazione “ufficiali”, quali giornali, televisioni e organi di comunicazione istituzionali. Si tende a non credere più a nulla di quel che viene vista come una informazione teleguidata dai partiti o da variabili “poteri forti” finanziari e internazionali. E di conseguenza si tende a dar più retta a siti online di informazione “alternativa” o “antagonista”, infarciti delle più bizzarre teorie della cospirazione, senza neppure fare la fatica di andare a verificare le fonti.
Ci sono proposte, avanzate da Beppe Grillo, specialmente in queste elezioni europee, che esercitano un fascino irresistibile per tutti gli italiani disillusi e delusi dalla politica tradizionale. Ma non si riescono a capirne i pesanti effetti collaterali. Il piatto forte è l’uscita dall’euro. Attribuendo tutta la causa della crisi all’euro e alle “politiche di austerity” dettate soprattutto dalla Germania, la base elettorale di Grillo tende a vedere nell’uscita dalla moneta unica, dal patto di stabilità e dalle istituzioni europee una chiave di volta nella nostra economia, trascurando però fattori tutt’altro che secondari quali il volume ormai insostenibile della spesa pubblica, la tassazione da record, il livello soffocante della burocrazia in Italia. Grillo è sensibile ai problemi della tassazione, affronta solo indirettamente quello della burocratizzazione (promettendo solo più trasparenza tramite Internet), ma non è un mistero la sua proposta di aumentare la spesa pubblica. «Noi siamo i conservatori – aveva esclamato Grillo nel suo colloquio con Matteo Renzi – sanità, acqua, trasporti… vogliamo tutto pubblico!». Più il reddito di cittadinanza, che essendo universale, andrebbe a sussidiare anche chi ha un lavoro, percepisce uno stipendio e non è in condizione di indigenza. Oltre al costo immenso, stimato a 19 miliardi di euro all’anno, il reddito di cittadinanza risulterebbe anche un forte disincentivo al lavoro: se ho già una base di reddito garantita, chi me la fa fare di cercare di guadagnarmi uno stipendio?
Non c’è una vera e propria proposta di politica economica e monetaria del Movimento 5 Stelle, nel caso in cui si debba realmente uscire dall'euro. Ma i blogger più ascoltati dai militanti del partito di Grillo, come Paolo Barnard, propongono soluzioni che lasciano più di un dubbio: nella Modern Monetary Theory, molto popolare nel M5S, si restituisce al governo la facoltà di stampare moneta a piacimento, per coprire ogni richiesta dei cittadini, senza alcun vincolo. Pochi ricordano che fu proprio questa (e non le riparazioni chieste dai vincitori) la causa della grande inflazione tedesca dei primi anni ’20. Se dovesse vincere la proposta di Grillo e tornare a questo tipo di “sovranità monetaria”, prepariamoci le carriole: serviranno per portare i miliardi di nuove lire necessarie a comprare il pane. Il Movimento, nella sua crociata contro l’euro e il Patto di Stabilità non affronta il problema del debito pubblico. Se non, appunto, con la deliberata svalutazione della moneta, che permetterebbe di svalutare anche il debito stesso, ma indurrebbe nuovi ceditori a non comprarne di nuovo.
Infine quel che attrae del messaggio di Grillo, è la democrazia diretta. Ma in questo anno di opposizione si è potuto toccare con mano che di democrazia ce n’è molto poca. Basta vedere solo quanti deputati e membri del Movimento sono stati espulsi perché non allineati e quanti pochi elettori hanno partecipato alle votazioni interne. La democrazia diretta si sta, dunque, rivelando una foglia di fico per coprire l’estremo autoritarismo di Beppe Grillo nel partito. L’ex comico punta in alto, nel momento in cui dice che il Movimento 5 Stelle “sarà lo Stato” e in quel momento si scioglierà perché non vi sarà più bisogno di un gruppo organizzato che generi il cambiamento nella classe dirigente. Ma questo non vuol dire democrazia diretta, bensì uno Stato gestito da persone direttamente scelte dal loro leader, dietro uno schermo opaco di “voti” online.
La crescita del Movimento 5 Stelle è dovuta anche al fatto che non si sappia cosa vuole Grillo, quale sia l’ideologia a cui si ispira. La Nuova BQ aveva già analizzato l’ispirazione esoterica, apocalittica del “guru” del movimento, Gianroberto Casaleggio. La fuga in avanti verso l’utopia è una caratteristica fondamentale anche della classe parlamentare grillina, sempre in prima fila nello sponsorizzare i nuovi diritti gender, la lotta alla famiglia naturale, le leggi più ecologiste e quelle più anti-clericali. L’obiettivo finale è Gaia, un governo mondiale votato direttamente dai cittadini del mondo, che in futuro, passando per una guerra batteriologica globale, si ridurranno a 1 miliardo o poco più, secondo la profezia di Gianroberto Casaleggio . Non vi saranno più religioni, né governi nazionali, né capitalismo, né libri: solo un'unica grande tribù globale che prende le decisioni votando a maggioranza. Quello che vediamo oggi, nei programmi dei grillini, è solo una tappa nel percorso verso questa meta finale. Un terzo di italiani gli darebbe il voto. Ma ne sono consapevoli?