sabato 20 maggio 2017

Manfredonia: Dalla liturgia vissuta, una testimonianza







"Un'idea, un concetto, un'idea, finchè resta un'idea, è soltanto un'astrazione; se potessi mangiare un'idea avrei fatto la mia rivoluzione"

Sulle note della canzone di Giorgio Gaber "L'idea" il prof. Giuseppe Fidelibus ha introdotto il pubblico presente nell'Auditorium  del Palazzo dei Celestini alla comprensione del testo di don Luigi Giussani "Dalla liturgia vissuta, una testimonianza". Un libro particolarissimo, redatto in forma di appunti da parte di coloro che, in un arco di tempo abbastanza lungo, coinvolti in una vita completamente nuova rispetto a quella che erano soliti praticare in precedenza, ne sorpresero la forma e la sostanza. Don Giussani diede a tale forma e a tale sostanza un nome antico e solenne, che i giovani ignoravano: liturgia.

Il prof. Fidelibus ha sottolineato il divario sperimentato tra la percezione della liturgia prima di partecipare ad un avvenimento di fede percepito come affascinante e conveniente per sè e la nuova modalità descritta dal libro: senza una vita le parole cristiane suonano ostili o almeno indifferenti, ieri come oggi.



Don Giussani, annunciando ai giovani che la persona è rapporto con Dio, e che perciò ha un valore infinito, introduce un invito, l'invito a togliersi finalmente la maschera per poter cogliere la corrispondenza di sè alla realtà. Ma c'è di più. Il mistero della vita liturgica, si legge nel libro, è paradigma della vita, occasione di incontro con una vita diversa. Essa è radice che produce i suoi frutti. E, infine, fa zampillare la speranza nell'adempimento di una promessa, promessa non di parole, ma di un fatto che deve ancora svelarsi compiutamente. Invito, radice, promessa: tre grandi parole di cui sono stati scandagliati i connotati antropologici che più attraggono il cuore dell'uomo.

Ogni epoca ha le sue liturgie. I sistemi totalitari hanno avuto le parate oceaniche e l'esaltazione dei capi di Stato. Oggi assistiamo all'esaltazione della propria squadra o del cantante di turno. Come conosceva don Giussani il cuore dell'uomo, per proporre un cammino educativo che non esaltasse le banalità in tutti ci appagheremmo, ma sfidasse i ragazzi con una proposta adeguata alla grandezza dell'io!

Si racconta che il barbaro re Vladimiro si sia convertito quando i suoi uomini ebbero modo di ascoltare una liturgia officiata dai monaci. Tornando, riferirono al re: "Era uno spettacolo di tale bellezza che non sapevamo se eravamo in terra o in cielo". Possano i nuovi barbari di oggi incontrare una bellezza tale da commuovere il loro cuore.

Gemma Barulli