lunedì 24 febbraio 2025

Intervista di Monica Mondo ad Erik Varden, Vescovo di Trondheim, su TV 2000

 



https://www.tv2000.it/soul/2025/02/17/erik-varden/


"La secolarizzazione è compiuta, però l'anima rimane assetata di senso, di bellezza, di verità. C'è una nuova ricerca, una nuova apertura"

domenica 23 febbraio 2025

ERIK VARDEN, Castità, ed. S.Paolo

 

Un monaco e un vescovo nella terra più a nord del nord, a Trondheim, in Norvegia. Erik Varden ha voluto essere cattolico, cresciuto in una famiglia di tradizione luterana, e introdotto al Mistero di Gesù grazie all’ascolto della sinfonia numero 2 di Mahler. Prima studioso in un monastero, poi chiamato ad essere pastore di genti diverse, in un tempo di rinascita della fede in quella che si crede la parte più scristianizzata d’Europa. L’ultimo libro si intitola ‘Castità’: un titolo impegnativo e quasi provocatorio, quando la religione è stata ridotta ad etica.


https://www.tv2000.it/soul/2025/02/17/erik-varden/#:~:text=Erik%20Varden,ridotta%20ad%20etica.

giovedì 20 febbraio 2025

FOGGIA. Ucraina, emergenza umanitaria


 

Foggia: Ucraina, emergenza umanitaria

 08 Marzo 2025

   

Sabato 8 marzo 2025, alle ore 20.00, presso il Teatro “Iolanda Favorito” della Parrocchia Regina della Pace (Via G. Caggianelli, 2) a Foggia, si terrà un importante incontro dal titolo “Ucraina: L’emergenza umanitaria”, nell’ambito della Campagna Tende AVSI 2024/2025 dal tema “Educazione è speranza”.

 

L’evento si propone di raccontare la storia del popolo ucraino attraverso tre anni di resistenza e undici anni di lotta per la difesa dell'indipendenza, tracciando il cammino verso la libertà.

 

Interverranno, tra gli altri, Olena Nazarenko dell’Associazione culturale Terre di Confine e del Centro di cultura ucraina; Roberto Parisi, responsabile del Centro culturale italo-ucraino dell’Università delle Dogane e delle Finanze di Dnipro; padre Vitalii Perih, dell’Esarcato Apostolico per i cattolici ucraini di rito bizantino residenti in Italia.

 

L’incontro sarà coordinato da Lorenzo Scillitani dell’Università di Foggia.

 

L'ingresso è libero. Al termine dell’evento seguirà un momento conviviale a contributo libero, il cui ricavato sarà destinato ai progetti AVSI - Emergenza Ucraina.

 

L’iniziativa è promossa dal Centro Culturale Archè, dal Dipartimento Relazioni Internazionali dell’Università delle Dogane e delle Finanze, dall’Unione delle Comunità di Migranti in Italia e dal Centro Culturale Italo-Ucraino.

 

Per ulteriori informazioni:

Centro Culturale Archè

Via A. Gramsci 39 sc. A - 71121 Foggia

centroculturalearche@tiscali.it


domenica 16 febbraio 2025

Taranto, una piazza nel nome di don Giussani

UN ANNO FA MORIVA NAVAL’NYJ


  

UN ANNO FA MORIVA NAVAL’NYJ

(……) https://lanuovaeuropa.org/testimoni/2025/02/16/un-anno-fa-moriva-navalnyj/#:~:text=A%20un%20anno,davanti%20a%20Dio.

 

Pasqua 2021

Recluso nel campo di lavoro di Pokrov, Naval’nyj indice uno sciopero della fame perché non gli concedono la visita di un medico. Lo sciopero si protrae dal 31 marzo 2021 fino al 23 aprile, quando la visita medica ha luogo. In seguito, ha dovuto seguire un lungo periodo di rialimentazione.

 

2 maggio 2021

 

Urrà, Cristo è risorto! La vita e l’amore hanno vinto.

Com’è tradizione, faccio i miei auguri a tutti per la più grande delle feste: ai credenti (quale sono oggi), ai non credenti (quale sono stato) e agli atei militanti (sono stato anche quello).

Abbraccio tutti, voglio bene a tutti.

Quanto ho aspettato questa Pasqua!

 

Sì, beh, quest’anno ho avuto una Quaresima difficile. Purtroppo, oggi non posso condividere un vero pranzo pasquale: sono ancora nella prima metà della mia affascinante trasformazione da «scheletro che trascina a malapena i piedi a uomo semplicemente affamato». Ma i pochi cucchiai di kaša che mi sono concessi li mangerò con eccellente spirito pasquale.

Perché in un giorno come questo io so e ricordo con certezza che tutto sarà per il bene.

 

Piccole feste quotidiane

20 maggio 2021

 

Allora, parliamo di come raggiungere la felicità.

Rubrica: Spunti di riflessione di Aleksej Naval’nyj.

 

In effetti, il carcere esalta notevolmente la percezione della felicità. Percezione fugace, ma pur sempre… Basta semplicemente sapersi inventare una festa.

 

Non appena mi hanno rinchiuso, ho deciso che sarebbe stato molto importante avere qualcosa da festeggiare e commemorare, affinché i giorni non diventassero una routine. Ho deciso di celebrare le domeniche: molto semplicemente le ho trasformate in una festa. Il fatto è che mi piace molto il pane. Moltissimo. Se mi chiedessero di mangiare un solo cibo per il resto della vita, io sceglierei il pane. Inoltre, il pane è importante in carcere, senza il pane non ci si sazia.

 

Ecco perché ho deciso di non prendere pane per tutta la settimana. Poi, la domenica mattina prendo un panino, ci spalmo del burro, quando c’è, preparo il caffè e faccio una colazione divina, come non avrei mai fatto da libero.

 

Capite dove voglio arrivare?

 

23 giorni di sciopero della fame + 23 giorni di rialimentazione molto rigida. Non ho mai sgarrato. Mi sono sorpreso della mia forza di volontà. A quanto pare, la convinzione di essere nel giusto mi ha aiutato. In più, dall’11 marzo non ho più mangiato nulla di dolce (di questo scriverò a parte).

 

Così, quando ho cominciato a uscire dallo sciopero della fame, sapevo esattamente cosa avrei fatto la mattina del 16 maggio. E ho scritto subito nel mio diario: «Una buona giornata: pane, burro, caffè. Prima volta dopo 46 giorni».

 

Ma il piano è quasi andato a monte. Qui al mattino danno il pane e il burro, ma il caffè non ce l’avevo. Fortunatamente, un detenuto vicino è «venuto a trovarmi» nella mia cella con un vasetto di caffè istantaneo.

 

Ed ecco arrivato il 16 maggio. Di solito in questi momenti si prova una leggera delusione, la realtà è un po’ più noiosa di quello che hai aspettato a lungo.

Ma non nel mio caso. Il tempo era perfetto, ho aperto la finestra – e al diavolo le sbarre – ho preparato il caffè, ho imburrato un pezzo di pane bianco. Mi sono seduto sulla cuccetta. Ho dato un morso e bevuto un sorso dalla tazza.

 

Vi dico che se ci fosse un dispositivo che misura la felicità, nessun oligarca che fa colazione sullo yacht, nessun avventore di ristorante stellato avrebbe provato un decimo della felicità che ho provato io.

Un sorso l’ho fatto alla vostra salute, a tutti coloro che mi hanno aiutato e sostenuto.

 

Quindi, ecco la ricetta (breve) della felicità: scegliere qualcosa che si ama molto, privarsene per un po’ e poi riprenderla.

Solo ricordatevi che questo non si applica alle persone: dimostrate sempre amore alle persone che vi sono care.

mercoledì 12 febbraio 2025

Silvio Cattarina: I nostri ragazzi e il vero bene

 


I nostri ragazzi e il «vero bene»

Le parole del presidente de “L’imprevisto”, Silvio Cattarina, alla cerimonia per la dimissione dei giovani che hanno terminato il cammino di recupero e rinascita

 

11.02.2025

Silvio Cattarina

L’8 febbraio, al Teatro Rossini di Pesaro, “L’imprevisto” – storica realtà di accoglienza per ragazzi in difficoltà – ha festeggiato una decina di loro che terminavano il cammino di recupero e rinascita. In platea, alla presenza degli altri ragazzi che stanno ancora affrontando il percorso e di tanti che hanno finito da più o meno tempo, dei genitori, di molte autorità e di tanti amici venuti da ogni dove, i “dimissionari” festeggiati hanno reso testimonianza, con i loro racconti, delle fatiche, degli inciampi, dei successi e dei traguardi raggiunti durante il cammino di comunità. Qui l’intervento di Silvio Cattarina, presidente de “L’imprevisto”.

 

Ancora, dopo tanti anni – 45 per me, 35 per “L’imprevisto” –, ci anima il desiderio di capire perché vi è tanto male, tanto dolore nei ragazzi, nella gioventù: perché queste ultime generazioni di giovani si portano addosso una cifra così alta e vasta di sofferenza? È la prima volta nella storia che assistiamo ad un fenomeno di così vasta proporzione e novità.

Non possiamo tollerare – anzi occorre ribellarsi, insorgere – l’ineluttabilità di questa deriva, di questa sconfitta, del tesoro più grande di un popolo, di una nazione, i suoi giovani, lasciato andare alla malora in questo modo. Ancora, dopo tanti anni, ci anima anche il desiderio di capire il bene, di capire qual è il vero bene per i ragazzi, il bene che serve ai giovani.

Lisa, una ragazzina cinese. Un giorno disse: «Io mi sono lasciata andare, ho cominciato a cambiare quando ho visto che qui in Comunità mi volevano bene, cioè volevano il mio vero bene!». Cosa è il vero bene? I ragazzi pensano sia l’affetto. No. È di più, è un’altra cosa. Occorre saperlo, incontrarlo, vederlo, capirlo…      

Quando chiedo ai ragazzi: «Cosa speri per la tua vita?», loro rispondono: «Una morosa, un lavoro, essere capace di metter su una bella famiglia». Io mi arrabbio: «Non basta, non è sufficiente! Ci vuol qualcosa di più grande che tiene su queste cose, che fa vivere tutte queste pur belle cose!». Il vero bene... Non è facile conoscerlo, saperlo. È una grande scoperta da fare, un grande lavoro da intraprendere. Occorre andare a scuola da grandi maestri per apprenderlo, non è scontato esserne capaci. Insomma, è un compito, una responsabilità, un’avventura, un ideale… Occorre dargli un nome! È la cosa più importante e preziosa da sapere, la più indispensabile. Più del pane e del lavoro…

Abbiamo scoperto che con i ragazzi è importante interrogarsi e lavorare su tre grandi direttrici: il valore della persona; il valore della vita, della realtà; il motivo, la ragione, del perché siamo al mondo. Per questo dico ai ragazzi: «Non siamo qui per la droga, per la depressione, per l’anoressia, per l’autolesionismo, per la legge… C’è altro, molto di più!».

Col passare degli anni, sempre più ci è stato dato di capire che ai ragazzi bisogna chiedere tanto, chiedere tutto. Altrimenti è come se non dessimo valore ai giovani e non credessimo in loro. È come se non dessimo valore al dolore, alla sofferenza che hanno patito.

«Se la vita ti ha fatto passare attraverso prove di così grande sofferenza forse c’è dentro un senso, uno scopo. Per te, proprio per la tua vita: affinché tu possa essere di più, chiedere di più, sperare di più, fare di più. Il dolore porta a un di più! Sennò la vita è una “sfiga”, come dite voi. Ma non è così, non può essere così. Dentro il dolore c’è un segno, una chiamata».

Poi, ancora, abbiamo compreso che l’esperienza di educazione e di vita che conduciamo a “L’imprevisto” ha da essere precisa, seria, esigente, severa. Occorre tenere alla bellezza, alla pulizia, all’ordine, al linguaggio, al vestiario, al comportamento. Quanta trasandatezza, quanta trascuratezza nei giovani d’oggi… Come possiamo tollerare certi modi, certi atteggiamenti, comportamenti di così evidente bruttura e insensatezza tra i ragazzi? Di aggressività, violenza, cattiveria… Come sono sporchi certi luoghi pubblici, certi piazzali, angoli delle città, quartieri, scuole.

(…..)

https://www.clonline.org/it/attualita/articoli/cattarina-imprevisto-dimissioni-ragazzi#:~:text=SOCIET%C3%80-,I%20nostri%20ragazzi%20e%20il%20%C2%ABvero%20bene%C2%BB,Non%20perderti%20il%20meglio,-Uno%20sguardo%20curioso

 

 


martedì 11 febbraio 2025

CL Toscana: la vita è un diritto, non la morte

 


CL Toscana: «La vita è un diritto, non la morte»

 

«Consapevoli della delicatezza del tema, e del potenziale impatto che le decisioni future potranno avere circa la prospettiva di chi è curato e di chi cura, siamo coscienti che la cura fino alla fine, lo “stare con” il malato, accompagnandolo, ascoltandolo, facendolo sentire amato e voluto, è ciò che può evitare solitudine, paura della sofferenza, sconforto». Inizia così il volantino di Comunione e Liberazione Toscana sul tema del fine vita alla vigilia dell’esame, in Consiglio Regionale, della proposta di legge dell’Associazione Luca Coscioni, riguardante il cosiddetto “suicidio assistito”. Un documento che, come giudizio e contributo al dibattito, condivide e rilancia il contenuto della nota dei Vescovi toscani, prendendo le mosse da una citazione di papa Francesco: «La vita è un diritto, non la morte, la quale va accolta, non somministrata».

 

Scarica e leggi il volantino di CL Toscana:  clonline.org

 

 


lunedì 3 febbraio 2025

Come nasce l'interesse per la conoscenza nei ragazzi

 



Oggi, nel nostro tempo, che cosa può far nascere una passione per la conoscenza e quindi un interesse per lo studio?

Emilia Guarnieri Pubblicato 3 Febbraio 2025

 

Che le scuole oggi siano troppo spesso luoghi dove si scaricano violenza, frustrazioni, delusioni, è fin troppo noto. E questo riguarda non solo gli studenti, ma anche gli adulti, genitori e insegnanti. Purtroppo le cronache non ci risparmiano l’amarezza di tali episodi. Studenti sempre più ansiosi, episodi di bullismo, solitudine, disinteresse crescente per la scuola e lo studio, sono fenomeni che tristemente abitano le aule scolastiche. Certo, non tutte. Certo, non sempre. Ma in numero sufficiente per fare notizia, per indurci a guardare alla scuola come ad un problema grave da affrontare e risolvere, un’ emergenza da contenere, una somma di comportamenti da sanzionare. “Pensano che basti riempire il vuoto con l’ordine”, canta Marracash.

 

Al di là dei tanti problemi che, spesso giustamente, angustiano dirigenti e legislatori, è innegabile che se si vuole mettere seriamente a tema la questione scuola bisogna avere il realismo di riconoscere che il senso della scuola è di essere un luogo dove gli studenti vanno per imparare e che l’oggetto dell’apprendimento è la conoscenza della realtà.

 

C’è un canto della Divina Commedia, il XXIV del Paradiso, in cui più che nelle diafane trasparenze celesti, sembra di entrare in un’aula, forse universitaria più che scolastica, dove un giovane discepolo viene interrogato da un autorevole maestro che con severo rigore lo incalza per verificarne appunto le conoscenze. Il discepolo è Dante stesso che viene messo alla prova da S. Pietro sulla conoscenza della fede. È interessante notare quali sono i fattori che vengono messi in campo nella prova che Dante deve sostenere. La ragione innanzitutto, di cui il discepolo “si arma” per essere pronto a rispondere e a mostrare quella capacità di ” sillogizzare”, cioè di argomentare ragionevolmente, che ogni conoscenza esige . Ma ciò che è conosciuto va posseduto per esperienza, bisogna cioè averlo “nella borsa” come il maestro suggerisce. Uso della ragione, dunque, ed esperienza di ciò che si conosce. Ma a questi fattori fondamentali nel conoscere, Dante ne aggiunge un altro, la forza dell’evidenza che si sprigiona dalla realtà. Il poeta infatti afferma che la prova più grande della conoscenza della fede consiste in una evidenza, quella del miracolo della sua diffusione.

 

Dante! Più di 700 anni fa, roba di altri tempi! Forse. Certamente non vogliamo tornare alle aule medioevali, ma non possiamo evitare una domanda: “Oggi nelle nostre aule scolastiche si respira un interesse alla conoscenza?”. Un interesse tale da provocare il gusto di argomentare, da far desiderare l’esperienza di ciò che si conosce, da stupirsi di fronte alla grandezza e all’evidenza di una realtà tutta da scoprire?

 

Oggi, nel nostro tempo, che cosa può far nascere una passione per la conoscenza e quindi un interesse per lo studio? O siamo noi adulti i primi a non credere che la scuola possa essere un luogo dove si impara per passione, dove ci si può anche innamorare dei contenuti che si apprendono? Siamo in un tempo di crisi, di malessere, di vuoto , un tempo che ha ormai messo in discussione gran parte delle certezze antiche. Un tempo di sviluppo e di cambiamenti, ma anche un tempo che invoca disperatamente la sostenibilità a ogni livello (ambientale, economico, sociale). E in tale drammatica situazione la questione della scuola e dell’istruzione è centrale. Prova ne è il fatto che l’Agenda 2030 per lo Sviluppo Sostenibile delle Nazioni Unite ha tra i suoi obiettivi “Garantire un’istruzione di qualità inclusiva ed equa e promuovere opportunità di apprendimento continuo per tutti”. Conferma meno istituzionale, ma sicuramente non meno convincente è quanto detto dal Cardinale Pizzaballa, dopo la sua visita pastorale in occasione del Natale alla striscia di Gaza (dove certo le persone non hanno né tempo, né energie, né mezzi per porsi falsi problemi!). Diceva il Cardinale: “Naturalmente sono esausti, ma chiedono scuole, le chiedono più dell’acqua, più dell’alloggio. Pensano ai bambini e la scuola è una necessità”.

 

Questa scuola riconosciuta come necessaria, una scuola dove imparare a conoscere, nessuno riuscirà mai a realizzarla senza passare attraverso la libertà di chi la vive. Non ci sarà una scuola così senza studenti interessati a conoscere e senza insegnanti desiderosi di insegnare, perché certi che i ragazzi che hanno di fronte possano imparare. Ma che cosa può muovere i giovani oggi? Da dove può nascere l’interesse per la conoscenza?

 

L’esistenza di ognuno di noi documenta che ci si interessa a una persona, a un avvenimento, a un’esperienza, quando qualcuno di questi fattori ci raggiunge, ci tocca, ci mette in movimento. L’interesse scatta se nell’orizzonte del vivere quotidiano accade qualcosa. Alain Finkielkraut in un’intervista del 1992 aveva individuato il “metodo supremo della conoscenza” nella parola “avvenimento”. “Un avvenimento è qualcosa che irrompe dall’esterno. Un qualcosa di imprevisto”. Deve accadere qualcosa che colpisca, che coinvolga affettivamente, che risvegli l’umano. E la prima cosa che in una scuola, in una classe, può succedere come avvenimento imprevisto è il rapporto tra insegnante e studente. Ma noi adulti quanto stimiamo oggi questi ragazzi ,forse così diversi da come li vorremmo?

 

(…) https://www.ilsussidiario.net/editoriale/2025/2/3/scuola-e-conoscenza-tra-dante-e-finkielkraut/2797467/#:~:text=EDUCAZIONE-,Scuola%20e%20conoscenza%2C%20tra%20Dante%20e%20Finkielkraut,%E2%80%94%20%E2%80%94%20%E2%80%94%20%E2%80%94,-Abbiamo%20bisogno%20del