Oggi, nel nostro tempo, che cosa può far nascere una
passione per la conoscenza e quindi un interesse per lo studio?
Emilia Guarnieri Pubblicato 3 Febbraio 2025
Che le scuole oggi siano troppo spesso luoghi dove si
scaricano violenza, frustrazioni, delusioni, è fin troppo noto. E questo
riguarda non solo gli studenti, ma anche gli adulti, genitori e insegnanti.
Purtroppo le cronache non ci risparmiano l’amarezza di tali episodi. Studenti
sempre più ansiosi, episodi di bullismo, solitudine, disinteresse crescente per
la scuola e lo studio, sono fenomeni che tristemente abitano le aule
scolastiche. Certo, non tutte. Certo, non sempre. Ma in numero sufficiente per
fare notizia, per indurci a guardare alla scuola come ad un problema grave da
affrontare e risolvere, un’ emergenza da contenere, una somma di comportamenti
da sanzionare. “Pensano che basti riempire il vuoto con l’ordine”, canta
Marracash.
Al di là dei tanti problemi che, spesso giustamente,
angustiano dirigenti e legislatori, è innegabile che se si vuole mettere
seriamente a tema la questione scuola bisogna avere il realismo di riconoscere
che il senso della scuola è di essere un luogo dove gli studenti vanno per
imparare e che l’oggetto dell’apprendimento è la conoscenza della realtà.
C’è un canto della Divina Commedia, il XXIV del Paradiso, in
cui più che nelle diafane trasparenze celesti, sembra di entrare in un’aula,
forse universitaria più che scolastica, dove un giovane discepolo viene
interrogato da un autorevole maestro che con severo rigore lo incalza per
verificarne appunto le conoscenze. Il discepolo è Dante stesso che viene messo
alla prova da S. Pietro sulla conoscenza della fede. È interessante notare
quali sono i fattori che vengono messi in campo nella prova che Dante deve
sostenere. La ragione innanzitutto, di cui il discepolo “si arma” per essere
pronto a rispondere e a mostrare quella capacità di ” sillogizzare”, cioè di
argomentare ragionevolmente, che ogni conoscenza esige . Ma ciò che è
conosciuto va posseduto per esperienza, bisogna cioè averlo “nella borsa” come
il maestro suggerisce. Uso della ragione, dunque, ed esperienza di ciò che si
conosce. Ma a questi fattori fondamentali nel conoscere, Dante ne aggiunge un
altro, la forza dell’evidenza che si sprigiona dalla realtà. Il poeta infatti
afferma che la prova più grande della conoscenza della fede consiste in una
evidenza, quella del miracolo della sua diffusione.
Dante! Più di 700 anni fa, roba di altri tempi! Forse.
Certamente non vogliamo tornare alle aule medioevali, ma non possiamo evitare
una domanda: “Oggi nelle nostre aule scolastiche si respira un interesse alla
conoscenza?”. Un interesse tale da provocare il gusto di argomentare, da far
desiderare l’esperienza di ciò che si conosce, da stupirsi di fronte alla
grandezza e all’evidenza di una realtà tutta da scoprire?
Oggi, nel nostro tempo, che cosa può far nascere una
passione per la conoscenza e quindi un interesse per lo studio? O siamo noi
adulti i primi a non credere che la scuola possa essere un luogo dove si impara
per passione, dove ci si può anche innamorare dei contenuti che si apprendono?
Siamo in un tempo di crisi, di malessere, di vuoto , un tempo che ha ormai
messo in discussione gran parte delle certezze antiche. Un tempo di sviluppo e
di cambiamenti, ma anche un tempo che invoca disperatamente la sostenibilità a
ogni livello (ambientale, economico, sociale). E in tale drammatica situazione
la questione della scuola e dell’istruzione è centrale. Prova ne è il fatto che
l’Agenda 2030 per lo Sviluppo Sostenibile delle Nazioni Unite ha tra i suoi
obiettivi “Garantire un’istruzione di qualità inclusiva ed equa e promuovere
opportunità di apprendimento continuo per tutti”. Conferma meno istituzionale,
ma sicuramente non meno convincente è quanto detto dal Cardinale Pizzaballa,
dopo la sua visita pastorale in occasione del Natale alla striscia di Gaza
(dove certo le persone non hanno né tempo, né energie, né mezzi per porsi falsi
problemi!). Diceva il Cardinale: “Naturalmente sono esausti, ma chiedono
scuole, le chiedono più dell’acqua, più dell’alloggio. Pensano ai bambini e la
scuola è una necessità”.
Questa scuola riconosciuta come necessaria, una scuola dove
imparare a conoscere, nessuno riuscirà mai a realizzarla senza passare
attraverso la libertà di chi la vive. Non ci sarà una scuola così senza
studenti interessati a conoscere e senza insegnanti desiderosi di insegnare,
perché certi che i ragazzi che hanno di fronte possano imparare. Ma che cosa
può muovere i giovani oggi? Da dove può nascere l’interesse per la conoscenza?
L’esistenza di ognuno di noi documenta che ci si interessa a
una persona, a un avvenimento, a un’esperienza, quando qualcuno di questi
fattori ci raggiunge, ci tocca, ci mette in movimento. L’interesse scatta se
nell’orizzonte del vivere quotidiano accade qualcosa. Alain Finkielkraut in
un’intervista del 1992 aveva individuato il “metodo supremo della conoscenza”
nella parola “avvenimento”. “Un avvenimento è qualcosa che irrompe
dall’esterno. Un qualcosa di imprevisto”. Deve accadere qualcosa che colpisca, che
coinvolga affettivamente, che risvegli l’umano. E la prima cosa che in una
scuola, in una classe, può succedere come avvenimento imprevisto è il rapporto
tra insegnante e studente. Ma noi adulti quanto stimiamo oggi questi ragazzi
,forse così diversi da come li vorremmo?
(…) https://www.ilsussidiario.net/editoriale/2025/2/3/scuola-e-conoscenza-tra-dante-e-finkielkraut/2797467/#:~:text=EDUCAZIONE-,Scuola%20e%20conoscenza%2C%20tra%20Dante%20e%20Finkielkraut,%E2%80%94%20%E2%80%94%20%E2%80%94%20%E2%80%94,-Abbiamo%20bisogno%20del