mercoledì 22 gennaio 2014

L'America Latina rinnova quest'anno i suoi Presidenti (Alver Metalli)

Quelli che vogliono restare: Evo, Dilma e Santos; quelli che vogliono tornare, Vázquez, e quelli che vogliono arrivare, Larrañaga, Neves e Zuluaga. Foto: Illustrazione Ippoliti
Sette paesi del continente latinoamericano apriranno le urne ai loro concittadini per eleggere il presidente nel corso del 2014. Un numero considerevole, per estensione e popolazione coinvolta. In ordine di apparizione, i sette paesi sono: El Salvador, Costa Rica, Panama, Colombia, Brasile, Bolivia e Uruguay.
I primi ad andare alle urne, dunque, saranno i salvadoregni, domenica 2 febbraio. La continuità politica del governo degli ex-guerriglieri del FMLN è in discussione; le inchieste realizzate a gennaio da diversi istituti di sondaggio danno sostanzialmente favorito il partito ARENA con il 35.3 per cento contro il 32.7 del FMLN, mentre la terza coalizione, chiamata “Unidad”, occupa la terza posizione nel gradimento dei salvadoregni con il 14.4 per cento di consensi. Quanto ai candidati individualmente presi, cioè separati dal partito di appartenenza, Norman Quijano dell’oppositore ARENA raccoglie sostanzialmente la stessa percentuale (35.3%), Salvador Sánchez Cerén un punto meno rispetto ai voti del FMLN (31.8%), e Tony Saca di “Unidad” il 16%.
Costa Rica e Panama voteranno rispettivamente il 2 febbraio e il 4 maggio, in Colombia le elezioni saranno invece il 25 maggio e si decideranno tra Juan Manuel Santos, attuale primo cittadino, e Oscar Iván Zuluaga, candidato di Álvaro Uribe, già presidente dal 2002 al 2010. Molto dipenderà dai negoziati in corso a Cuba, il cui esito, anche parziale, lancerà il presidente in carica verso il secondo mandato.
Il Brasile fa continente a sé. Il vento di poppa non spinge più come prima l’economia del gigante latinoamericano ma anche così Dilma Rousseff, del Partito dei lavoratori, resta favorita nelle elezioni del 5 ottobre anche se il margine si è ridotto considerevolmente dopo le proteste di piazza di giugno scorso, alla vigilia della visita papale a Rio de Janeiro per la Giornata mondiale della gioventù. L’erede di Lula ha di fronte Aécio Neves, del Partido della Social Democracia Brasileña (PSDB), e Eduardo Campos o Marina Silva, del Partido Socialista che per il momento precede con una intenzione di voto favorevole del 50 per cento circa.
Evo Morales tenterà di essere confermato per un terzo mandato dai boliviani il 5 ottobre, grazie ad una discussa sentenza del Tribunale costituzionale che l’ha abilitato a presentarsi derogando al limite costituzionale che ne stabilisce due consecutivi. Il grimaldello che ha consentito a Morales di ottenere la deroga è tutto nel suo primo mandato, iniziato nel 2006, che, appunto, ha riformato la costituzione tre anni dopo e che Evo Morales ha richiesto e ottenuto che non venisse computato come concluso e consumato. I sondaggi lo danno come favorito, ancor più dopo la “doppia tredicesima” erogata in novembre ai lavoratori boliviani per celebrare la crescita del 6,5 per cento del prodotto nazionale bruto (PBI).
L’Uruguay chiuderà la maratona elettorale latinoamericana il 26 ottobre. La coalizione di sinistra Frente Amplio è saldamente al timone della piccola nazione sudamericana dal 2004, prima con il socialista Tabaré Vázquez, poi con l’ex-tupamaro José Pepe Mujica. Il primo è tornato prepotentemente in pista ed i sondaggi indicano che al momento è il favorito degli uruguayani che lo preferiscono a Jorge Larrañaga, il rivale del Partito nazionale.
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Quelli che vogliono restare: Evo, Dilma e Santos; quelli che vogliono tornare, Vázquez, e quelli che vogliono arrivare, Larrañaga, Neves e Zuluaga. Foto: Illustrazione Ippoliti