venerdì 10 luglio 2015

Josè Medina: la recente decisione della Corte Suprema USA sui matrimoni dello stesso sesso

Una chiamata alla conversione

José Medina echoes.thebostonpilot.com

07/07/2015

La forza dell’annuncio cristiano è la capacità di rinnovare l’uomo e di fargli riscoprire una pienezza di vita, a prescindere dalle circostanze favorevoli o avverse.

Sulla scia della recente decisione della Corte suprema statunitense sui matrimoni tra persone dello stesso sesso, in cui cogliamo ulteriori segni di una società che ha ripudiato una autentica mentalità cristiana, dobbiamo domandarci come ci poniamo di fronte a un simile rivolgimento. Qual è la nostra risposta ora, nella nuova situazione legislativa e in questo clima che è per noi una provocazione? Per rispondere a questa domanda crediamo che sia utile rifarsi a come le comunità cristiane sono state chiamate a vivere nel corso della storia e nel momento attuale.
Oggi, come ai tempi dei Romani, la fede si diffonde come risultato dell’incontro con persone che vivono in una maniera inattesa, ma affascinante, che non è l’esito di un’azione politica o militare. La forza dell’annuncio cristiano è la capacità di rinnovare l’uomo e di fargli riscoprire una pienezza di vita, a prescindere dalle circostanze favorevoli o avverse.


I primi convertiti al cristianesimo incontrarono una umanità nuova che li portò a “sperimentare ogni cosa” delle loro tradizioni e a “ritenere ciò che è buono”. Come conseguenza di questo radicale cambiamento di mentalità, essi influenzarono società e nazioni, plasmandone i valori e le regole. Tuttavia, in assenza di una vita cristiana dove uomini e donne si concepiscono costantemente in rapporto col Padre, queste regole e valori appaiono oppressivi. In particolare poiché le persone finiscono per non vedere più questi valori morali come legati al proprio compimento personale. È proprio questo ciò a cui stiamo assistendo oggi. Molti nostri fratelli cristiani in Medio Oriente ci ricordano costantemente che il cristianesimo prospera nonostante le condizioni sociali e politiche più pesanti. Un’intervista con l’arcivescovo Amel Shamon Nona di Mosul rivela che la loro speranza e serenità nasce da “l’aver capito che è possibile vivere, persino qui […]. Nonostante il rischio di essere uccisi tra un’ora o tra un minuto, è possibile vivere ogni istante pieni di speranza e di gioia”. Quando si trova ad affrontare una lotta, la chiesa richiama le persone a un rinnovamento della fede, cioè a riscoprire cosa significa vivere la vita centrati in Cristo. Continua l’arcivescovo Nona: “Ho cominciato anch’io a vivere così, e… col tempo, mi sono accorto che anche le altre persone cambiavano; i fedeli avevano bisogno di questa certezza. Erano loro a dirmi che sentivano il bisogno di essere più attaccati alla nostra fede. Erano loro a dirmi che avevano ricominciato a vivere in mezzo alle tante difficoltà… Ciò è stato reso possibile da una comprensione più profonda della fede. È questo che ci dona una visione più chiara della vita, anche se viviamo in un’epoca piena di difficoltà. Questa “più profonda comprensione della fede”, che nasce dal vivere la vita in rapporto con Dio nel presente, in questo istante, ha anche l’eccezionale potere di generare una pienezza di vita e una speranza duratura.
Perciò non dobbiamo guardare alla situazione attuale in termini apocalittici, ma piuttosto vederla come un invito a dare un giudizio critico su noi stessi. Se le regole della nostra società che un tempo erano radicate nella tradizione cristiana ora stanno cambiando, è perché noi stiamo proponendo un cristianesimo che si è ridotto solo alla scelta di uno stile di vita tra i tanti, in cui sembra sia diventato prioritario combattere per affermare i valori morali piuttosto che incontrare e seguire persone la cui vita è eccezionalmente piena di significato. La legalizzazione dei matrimoni tra persone dello stesso sesso da parte della Corte Suprema non dovrebbe essere vissuta come una chiamata all’azione in difesa dei valori cristiani, ma piuttosto intesa come un invito alla conversione, a riscoprire il metodo col quale Cristo conquista il cuore dell’uomo e trasmette la capacità storicamente provata di costruire civiltà.
La proposta cristiana non ha perso il suo fascino o la sua capacità di comunicare una pienezza di vita. Lo vedo nell’esperienza con un carcerato del North Carolina, che mentre sta scontando la sua pena incontra un gruppo di persone e da allora riesce a vivere con letizia la condanna a lungo termine che sarebbe altrimenti insopportabile. Vedo questa pienezza di vita nel volto sereno di una madre che tiene tra le braccia il suo bimbo morente. Aveva scelto di farlo nascere, piuttosto che interrompere la sua gravidanza, pur sapendo che la sua condizione genetica gli avrebbe consentito di vivere per qualche ora al massimo. Vedo quella pienezza di vita nel modo in cui uno studente liceale abbraccia e accompagna suo padre tossicodipendente, che l’ha abbandonato e maltrattato per anni. La sento nelle parole commoventi di perdono di una madre in lutto, che assiste alla sentenza di condanna dell’assassino di suo figlio. Le leggi non possono né costringere né tutelare persone che vivono la realtà in modo paradossale: pienamente umano e tuttavia impossibilmente divino.
La legalizzazione dei matrimoni tra persone dello stesso sesso da parte della Corte Suprema non dovrebbe provocare una difesa militante dei valori cristiani. Non siamo chiamati a tenere in piedi i resti di una società che era un tempo radicata nell’esperienza cristiana, ma a riviverla ancora, e nel tempo a ricostruirla. Dire alle persone quali valori debbano abbracciare non è cosa buona e nemmeno efficace. Siamo chiamati invece a vivere e condividere una pienezza di vita apertamente con ciascuno, in ogni circostanza, più o meno favorevole. Per questo motivo il richiamo alla conversione non significa ritirarsi da un ambiente ostile. Anzi, significa l’esatto contrario. Sebbene alcuni giudichino la testimonianza pubblica dei nostri fratelli e sorelle come inefficace o ingenua, essa è proprio la funzione della Chiesa nella storia dell’uomo: testimoniare incessantemente che la pienezza della vita si può raggiungere solo nella totale dipendenza dal Mistero. Dopo tutto, come cristiani, non siamo chiamati a difendere la Verità come un insieme di valori, ma piuttosto a incarnarla.

Padre José Medina ha dedicato gran parte della sua carriera professionale al mondo dell’educazione, prima come insegnante di matematica e scienze e poi preside a Washington e a Boston. Di origine spagnola, è membro della Fraternità Sacerdotale dei Missionari di San Carlo Borromeo. Laureato in ingegneria civile alla Universidad Politécnica de Madrid, ha conseguito un dottorato in Teologia Sacra presso la Pontificia Università Lateranense a Roma, e un master in Educazione alla Harvard Graduate School of Education. Attualmente padre Medina è il responsabile nazionale del Movimento ecclesiale cattolico di Comunione e Liberazione negli Stati Uniti.