sabato 28 maggio 2016

Davide Prosperi: un giudizio sulle prossime elezioni amministrative

Al cuore della democrazia (www.tracce.it)

di Davide Prosperi
ITALIA - ELEZIONI/1
L’appartenenza alla Chiesa come principio. L’ideale del pluralismo. La posizione del movimento verso la politica. In vista delle Amministrative, il vicepresidente della Fraternità di CL suggerisce alcuni criteri per favorire un metodo utile alla convivenza

Un anno fa CL ha diffuso un volantino di giudizio sulle elezioni amministrative che si sono svolte in diverse Regioni e Comuni in Italia, intitolato “Ripartire dal basso”. Questo giudizio rimane attuale in occasione di questa nuova tornata elettorale che coinvolge anche Milano, la città dove il movimento è nato ed è tuttora maggiormente presente. Per questo, vorrei provare ad articolare alcuni elementi che esprimono sinteticamente la nostra posizione nei confronti della politica.

Una tensione ideale. Oggi risvegliare in tutti i cittadini una tensione ideale autentica, quale che sia l’ideale per cui si vive, è quanto mai necessario, in un momento in cui la politica stessa ha perso di interesse per il popolo, se non di credibilità.
Come dicevamo già nel volantino del 2015, «quello che ha determinato la crisi della Prima Repubblica e l’incapacità della Seconda di risolvere i problemi non è solo il fallimento di un progetto politico, ma soprattutto e prima ancora il crollo di una tensione ideale, il venir meno di una continua ricerca ed educazione, di un’azione che pescasse le sue motivazioni nella coscienza profonda della persona, e non in meccanismi pragmatici e di utilità immediata. L’impegno politico si è quasi del tutto svincolato da quel percorso educativo che ogni uomo deve fare per non privare la sua azione di ragioni adeguate».

Costruire la comunità cristiana. La Chiesa è un luogo in cui la persona è introdotta a questa esperienza integrale, pertanto ha un grande compito verso tutti gli uomini: educare a un ideale per cui valga la pena vivere. Per questo «il primo livello di incidenza politica di una comunità cristiana viva è la sua stessa esistenza, in quanto questa implica uno spazio e delle possibilità espressive». Essa, «per propria natura, non chiede la libertà di vita e di espressione come solitario privilegio, ma piuttosto di riconoscimento a tutti del diritto di tale libertà. Quindi, per il solo fatto di esistere, se sono autentiche, le comunità cristiane sono appunto garanti e promotrici di democrazia sostanziale» (don Giussani).
Nell’imminenza delle elezioni amministrative, resta per noi decisivo il punto di vista espresso da don Giussani a metà degli anni Settanta: «Una comunità cristiana autentica vive in costante rapporto con il resto degli uomini, di cui condivide totalmente i bisogni, e insieme coi quali sente i problemi. Per la profonda esperienza fraterna che in essa si sviluppa, la comunità cristiana non può non tendere ad avere una sua idea e un suo metodo d’affronto dei problemi comuni, sia pratici che teorici, da offrire come sua specifica collaborazione a tutto il resto della società in cui è situata».
Questa frase di don Giussani ha determinato fin dall’inizio del movimento il nostro giudizio sull’interesse per la politica, fino all’impegno diretto di tanti che condividono la nostra esperienza. CL ha sempre tratto dall’appartenenza alla Chiesa il criterio per offrire un contributo alle altre realtà sociali e politiche presenti nella costruzione di un bene comune. In tale appartenenza, infatti, si definisce per noi il principio di unità dei cattolici in politica, che non si identifica necessariamente in un’unità di partito. In questo senso, CL non dà indicazioni di voto, ma suggerisce alcuni criteri che possono favorire un’idea e un metodo di affronto dei problemi utile alla convivenza civile.

Una chiara identità. Al tempo della Prima Repubblica, la Chiesa italiana invitava tutti i cattolici a sostenere la Democrazia Cristiana, almeno per la sua ispirazione ideale. CL, come le altre realtà appartenenti alla Chiesa cattolica in Italia, aderì a quella indicazione.
Ma la ragione di allora è la stessa per cui oggi continuiamo ad affermare la necessità di una presenza dei cattolici in politica che tragga l’origine del proprio giudizio e della propria azione nell’esperienza cristiana. L’appartenenza ecclesiale non limita il proprio campo di azione ai temi morali o etici, ma più radicalmente pretende di trarre i propri criteri da una storia di presenza e di esperienze che hanno costruito il nostro Paese e l’Europa, incarnandone i valori e i principi ideali. Questo per noi ha sempre coinciso con un servizio alla realtà della Chiesa, come soggetto capace di contribuire alla costruzione di una società più umana e libera, tanto da metterci talvolta in polemica anche all’interno della stessa Democrazia Cristiana.
Anche in questa tornata elettorale ci saranno candidati cattolici nelle diverse liste. Del resto, è proprio l’appartenenza ecclesiale che apre a espressività diverse, tanto più in una circostanza come questa nella quale dovrebbero dominare i bisogni delle persone e della comunità civile piuttosto che le strategie politiche. Ma dentro la pluralità delle scelte quello che identifica la presenza dei cattolici in politica è ancora l’unità intorno all’esperienza ecclesiale.
Per questo, continuiamo a sostenere che muoversi a partire dalla chiarezza della propria identità che nasce dall’appartenenza alla vita della Chiesa non è corporativismo, è piuttosto il contributo positivo ad una democrazia. Questa, infatti, dovrebbe avvalersi del valore che emerge da tutte le esperienze sociali che la compongono, laddove esse sappiano dare ragione della loro propria identità.
Scriveva don Giussani già nel 1963: «Un governo della cosa pubblica che s’ispiri al concetto cristiano di convivenza avrà come ideale il pluralismo. Le trame cioè della vita sociale dovranno rendere possibile l’esistenza e lo sviluppo di qualunque tentativo d’espressione umana. Per la nostra mentalità cristiana la democrazia è convivenza, cioè è riconoscere che la mia vita implica l’esistenza dell’altro, e lo strumento di questa convivenza è il dialogo. Ma il dialogo è proposta all’altro di quello che io vivo e attenzione a quello che l’altro vive, per una stima della sua umanità e per un amore all’altro che non implica affatto un dubbio di me, che non implica affatto il compromesso in ciò che io sono. La democrazia, perciò, non può essere fondata interiormente su una quantità ideologica comune, ma sulla carità, cioè sull’amore dell’uomo, adeguatamente motivato dal suo rapporto con Dio».

Cosa chiediamo alla politica. Quello che oggi come ieri chiediamo ai politici è che si riprenda coscienza di essere strumento per aiutare i singoli e le realtà sociali a costruire risposte adeguate ai loro problemi reali. Occorre ripartire da quella spinta ideale che diede origine a una proposta politica popolare, che con don Sturzo partì proprio dalle elezioni amministrative locali per formare un’intera nuova classe politica che costruì il nostro Paese dalle macerie del Dopoguerra. Oggi c’è bisogno di una politica che superi gli schemi dei vecchi vestiti partitici in favore di una rinnovata ricerca del bene comune. Come scrisse don Carrón nel 2013, in un momento critico della politica italiana, di fronte all’aumentata conflittualità tra gli schieramenti: «Anche in politica l’altro è un bene».
Proprio davanti alle dimensioni dei problemi crescenti che una società sempre più pluralistica come la nostra pone, ci auguriamo che ciascun candidato - qualunque sia lo schieramento a cui è legato - sappia incarnare nella sua azione i criteri ideali necessari per collaborare al bene di tutti, specialmente valorizzando in una logica sussidiaria le esperienze concrete di tutti i soggetti che già contribuiscono ad affrontare in modo intelligente i problemi della collettività, in particolare le famiglie, le scuole e le altre realtà educative e formative, così come i molti soggetti che agiscono nel welfare sociale.
Queste opere sono state e rimangono un mattone decisivo per la costruzione della casa comune e la politica ha il compito di riconoscerlo, indicarne gli esempi positivi e sostenerne pazientemente lo sviluppo per il bene di tutti.