giovedì 30 marzo 2023

EDUCARE, Una passione per l'uomo: Presentazione dell'evento

 Buonasera a tutti!

L’iniziativa di questa sera, “Educare, una passione per l’uomo”, si inserisce in una serie di incontri ricordati con il logo #Giussani100, visibile nel manifesto di invito, e organizzati in tutto il mondo in occasione del centenario della nascita di don Luigi Giussani. Egli, oltre ad essere una figura fortemente carismatica, è stato uno dei più grandi educatori del XX secolo, tanto da essere denominato il San Giovanni Bosco dei nostri tempi. Migliaia di giovani (e, con il tempo, anche meno giovani), lo hanno ascoltato, seguito, si sono coinvolti con la proposta educativa che il sacerdote milanese ha instancabilmente rilanciato dagli anni ’50 fino alla fine della sua vita.

Aldilà del suo innegabile e acclarato carisma personale, egli ha individuato fin dai primi anni del suo sacerdozio il ‘vulnus’ educativo della sua epoca, e si è lanciato nell’agone dell’insegnamento della religione cattolica al Liceo Berchet di Milano per rispondere all’arsura di sete del significato che aveva sperimentato lui stesso da preadolescente e che riscontrava chiaramente nei suoi giovani interlocutori, per i quali aveva lasciato una sicura e promettente carriera teologica.

Negli anni ’50 (e ancor più nei decenni successivi) la mentalità sociale creata dal boom economico aveva permeato individui, famiglie e classi dominanti. I valori proposti e universalmente stimati erano connessi all’arricchimento, alla carriera, al benessere. Tale orizzonte di vita, ambìto da tutti, cristiani inclusi, aveva svuotato dall’interno ogni ideale precedentemente riconosciuto.

Don Giussani constatò il formalismo della proposta educativa cristiana, che era svuotata anch’essa della sua specificità ed era ridotta a puro moralismo, a dispetto del fatto che le chiese fossero ancora gremite; considerò che le pure parole o la ripetizione di iniziative e precetti morali non erano in grado di raggiungere l’attesa umana dei giovani e le loro domande, e rivoluzionò il suo modo di porsi entrando nell’ambiente scolastico e non limitandosi a invitare i ragazzi nelle parrocchie. Giudicando che l’ambiente scolastico era molto ideologicizzato, e che i ragazzi cristiani erano intimiditi, non avevano le ragioni e il rischio della fede, cominciò a porre se stesso in classe e a sfidare le obiezioni, amando la libertà e rispettando tutti, ma esortando altresì a usare fino in fondo la ragione. Da questo fuoco di domande e risposte, di invito alla verifica personale, di gite, incontri, iniziative nate dai ragazzi stessi, revisione dei contenuti di studio e mille altre proposte, segno di una vita spesa insieme, nacquero delle vere e proprie comunità. “Abbiamo cominciato così - ebbe a dire in una nota intervista – parlando di Cristo e mettendoci insieme”.

In che senso don Giussani è stato un educatore? Egli ha sempre sostenuto che, pur mortificato e ridotto in catene, l’io di ciascuno è inalienabile e, se opportunamente richiamato dall’avvenimento di un educatore appassionato, si risveglia. Educatore appassionato è stato don Giussani stesso, perché ha abbracciato l’orizzonte divino (che chiamava destino) di ognuno dei suoi interlocutori e, fissandolo, faceva sì che anche il giovane lo intravedesse e cominciasse ad amarlo e a camminare verso di esso, senza perdere la speranza anche quando, a causa di cadute ed errori, l’orizzonte diventava più confuso. Fissare l’orizzonte ultimo, conoscerne il nome, prenderne familiarità, creava legami non più occasionali con la realtà e con le persone, e favoriva il posizionamento degli obiettivi parziali in un cammino possibile e umano. Chi ha frequentato don Giussani sapeva con certezza assoluta che, a imitazione di Dio, egli non l’avrebbe abbandonato mai. Questo è il cuore dell’educazione.

Gemma Barulli