I familiari di Rolando Rivi perdonano chi lo uccise
Domenica scorsa il gesto di riconciliazione verso la figlia di uno dei due omicidi
REGGIO EMILIA
Domenica pomeriggio nella pieve di San Valentino a Castellarano
(Reggio Emilia) dove la Messa presieduta dal vescovo Massimo Camisasca
celebrava il 73° anniversario della morte del beato Rolando Rivi, si è
verificato un commovente gesto di riconciliazione: l’abbraccio di pace
tra i parenti del seminarista martire fra i quali la sorella Rosanna e i
cugini Alfonso e Sergio - e la signora Meris Corghi, figlia di uno dei
due partigiani comunisti che nell’aprile 1945 strapparono la vita in odium fidei a quel ragazzo che si ostinava a indossare la veste talare e a dire «Io sono di Gesù », sognando di diventare missionario.
L’antica chiesa, da oggi ufficialmente santuario del beato Rolando
Rivi martire, era gremita in ogni angolo, con centinaia di fedeli
raccolti anche sul sagrato e in altri ambienti videocollegati. Erano
presenti alla liturgia il sindaco di Castellarano, Giorgio Zanni, e
quello di Sassuolo Claudio Pistoni. «Siamo tutti fratelli e nella
guerra tutti perdiamo: avete perso Rolando e s’è perduto mio padre, ma
Cristo ha salvato tutti gli uomini; prima di spirare sulla croce, usò
il suo ultimo fiato solo per perdonare i suoi carnefici», ha detto Meris
al termine dell’Eucaristia, leggendo un testo scritto al termine di un
percorso di conversione nel quale è stata accompagnata da un padre
domenicano, dopo che aveva appreso da adulta, attraverso i racconti di
una zia, la verità dei fatti riguardanti suo padre, reo confesso, e
quel seminarista quattordicenne freddato a colpi di pistola in un bosco.
«Arrendiamoci a Dio nel perdono, diventiamo fiamme di luce, esempi
della Grazia», ha detto ancora la donna, che ha proposto la stretta di
mano ai parenti di Rivi con questo auspicio: «Che il sorriso di Rolando
possa risplendere su tutti voi e, accanto a lui, anche quello di mio
padre. Ciò che l’odio del separatore ha diviso, possa riunirsi
nell’amore del Sacro Cuore di Gesù. E nel nome del Padre imploro, a
nome di tutte le vittime di tutte le guerre: pace, pace, pace!».
Nell’intervento successivo Alfonso Rivi, che definisce Rolando «l’amico
prediletto per ogni gioco, ma anche il maestro che ci ha introdotto a
ciò che veramente conta, la fede in Dio», ha ricordato la letizia della
beatificazione, avvenuta nel 2013, aggiungendo che nei cuori dei
familiari ri- maneva tuttavia una segreta
speranza, «che cioè anche la violenza usata contro Rolando fosse in
qualche modo redenta, perché la vittoria del bene sul male potesse
giungere alla sua pienezza. Per questo oggi – ha concluso – abbiamo
accolto con gioia la presenza di Meris Corghi tra di noi, come fosse una
sorella, e alla sua domanda di perdono rispondiamo di cuore con il
dono del perdono».
Nell’omelia il pastore aveva ricordato l’alto tributo di sangue pagato
dalla Chiesa di Reggio Emilia-Guastalla tra il 1944 e il 1946, periodo
in cui oltre al piccolo seminarista vennero uccisi undici sacerdoti.
Il senso della giornata è stato colto dal presule fin dalla prima
lettura, dagli Atti degli Apostoli, là dove Pietro afferma: «Avete
ucciso l’autore della vita, ma Dio l’ha risuscitato dai morti: noi ne
siamo testimoni». E a San Valentino, domenica, si è certamente stati
testimoni di una Pasqua, un sorprendente passaggio dall’odio
all’amore: con l’aiuto del beato, dal buio della violenza e
dell’indottrinamento ideologico il Risorto ha saputo far sprigionare
una luce di misericordia. «La presenza di Cristo, assieme alla pace,
dona la forza del perdono. Il perdono, umanamente impossibile, diventa
realtà sotto l’azione dello Spirito. L’Eucaristia è veramente la
medicina che guarisce le nostre radici di male e ci porta dentro la
vita di Dio», ha affermato monsignor Camisasca. «Il perdono che oggi
avviene - ha concluso - è il segno che Dio è presente, che sta in mezzo a
noi così come stava in mezzo ai suoi discepoli. Egli agisce per
l’intercessione di Rolando».