Camerun. Dalla strada a sarti e falegnami
A Yaoundé il Centro Edimar accoglie bambini e ragazzi senza
tetto offrendo assistenza medica, educazione e una seconda possibilità. Con il
sostegno di AVSI
30.01.2025
Maria Acqua Simi
Yaoundé, capitale del Camerun, è una città complicata, dove
migliaia di bambini vivono per strada. Sono minori fuggiti, a volte con le
famiglie altre da soli, dalle aree rurali e dalle zone dove infuriano
combattimenti e gruppi terroristici. Quando arrivano in città, però, non
trovano l’eldorado. Solo altra miseria. Qui, dal 2022, esiste il Centro Edimar,
un’opera nata su impulso di un missionario italiano, padre Maurizio Bezzi, che
offre rifugio, assistenza medica ed educazione a questi ragazzi. Mireille Yoga,
oggi direttrice del Centro, racconta come è nata questa realtà di accoglienza
sostenuta da Fondazione AVSI e come continua a crescere «grazie alla
Provvidenza».
Cosa è, per te, il Centro Edimar?
È una vita. Se guardo ai ragazzi che sosteniamo, che ogni
giorno incontriamo, posso solo essere piena di gratitudine. L’opera che padre
Maurizio ci ha lasciato tra le mani, dopo essere rientrato in Italia anni fa, è
maturata e per questo devo ringraziare tanto AVSI che ci ha accompagnato e
incoraggiato. Non solo economicamente, ma soprattutto formando i nostri
operatori che spesso sono uomini e donne che un tempo vivevano sulla strada e
che sono stati sostenuti dal Centro. Li ho in mente tutti, uno per uno: sono
persone che hanno fatto un incontro che ha cambiato la loro vita e che ora
desiderano restituire agli altri quello che loro per primi hanno avuto come
regalo nella vita: un’amicizia, una compagnia umana dove scoprire che tutti
siamo al mondo per un motivo e uno scopo. AVSI ha creduto in loro, li ha
aiutati a diventare educatori professionisti, strutturati per lavorare in
un’opera che sta crescendo. Era necessario, visto l’ingrandirsi del Centro, che
l’equipe capisse meglio che direzione prendere. Perché l’amore per l’incontro
fatto era ed è il motore di tutto, ma serviva una professionalizzazione e
Fondazione AVSI è stata determinante. Ora i nostri dipendenti sanno fare
rendicontazioni, scrivere progetti, È un gran passo che abbiamo fatto!
Un passo di
maturazione…
Sì, perché è così che si costruisce l’uomo. Qui c’è la
possibilità di costruire l’umano: non solo avendo cura del piano affettivo e
relazionale, ma anche di quello educativo e professionale. Vedere quei ragazzi
di strada che oggi sono educatori… è commovente per me. Quest’anno la nostra
opera rientra nella Campagna Tende di AVSI ed è importantissimo, perché gli
aiuti che stiamo ricevendo ci hanno permesso di fare tanti passi e quindi di
godere di più dell’eredità di padre Maurizio. Il Centro Edimar lascerà delle
tracce. E quando una opera lascia delle tracce, altri potranno mettere i propri
passi su quelle orme perché la strada è segnata. Questo luogo è una storia per
tutti! Anche per questo usciamo nel mondo più coraggiosi. Quando andiamo nelle
strade – a cercare i più fragili – spesso lavoriamo in sinergia con altre ong e
a loro trasmettiamo il nostro metodo educativo: quello dell’uomo al centro con
tutto il suo infinito mistero e valore! E questo metodo piace, attrae e gli
altri sono contenti di lavorare con noi.
Uno dei vostri primi interventi è a livello sanitario,
perché spesso i minori che arrivano al Centro sono molto malati. Come mai? Che
tipo di malattie hanno?
A livello sanitario le ferite sono tante. Fisiche
soprattutto, ma anche psicologiche. Per essere chiari: sono minori che dormono
per strada, nella spazzatura, dove contraggono pidocchi, tubercolosi, epatite,
aids. Molti sono affetti da malaria o da febbre gialla perché trascorrono le
giornate nelle fogne, dove prolificano le zanzare. Per non contare quelli che
iniziano a fare uso di droga e si feriscono, ma le ferite non curate diventano
infette. Qualcuno addirittura lascia che non si rimarginino per impietosire i
passanti e chiedere l’elemosina… In passato abbiamo avuto anche una epidemia di
colera, fu terribile. Mi trovai a gridare a Dio perché davanti ai miei occhi
quei bambini morivano come mosche. Ecco perché il nostro primo sostegno è
sanitario.
Un altro aspetto importante però è anche quello educativo.
Determinante. Le persone che incontriamo, bambini ma anche
adulti di strada, sono tutte molto povere, fuggite da contesti di povertà
estrema o dalla guerra. Noi al Centro ci occupiamo dei bambini dalla nascita ai
25 anni ma diamo anche la possibilità a persone di età più grande di venire a
fare la doccia, lavare i vestiti o curarsi se serve. Poco tempo fa è arrivato da noi un ragazzo
molto malato, ed è morto prima che potessimo portarlo all’ospedale. Per noi è
stato un colpo durissimo perché non possiamo sempre aiutare tutti, salvare
tutti. Allora la parte educativa diventa fondamentale perché bisogna guardare
al futuro, bisogna tenere conto della integralità della persona. L’educazione
può salvarli. Molti bambini portano le mucche in giro per vivere, magari sono
senza genitori, sono analfabeti e spesso cadono nelle mani di trafficanti o
bande armate. Come li strappi da tutto questo? Con l’educazione. Abbiamo
avviato corsi per insegnare loro a leggere e scrivere: è venuta fuori una
bellezza incredibile. Abbiamo mandato a scuola quest’anno 43 bambini, con
l’aiuto di AVSI. Altri sono stati avviati alla formazione professionale per
imparare a fare i falegnami o i meccanici o le sarte. Abbiamo anche ideato una
scuola di agricoltura e allevamento. Insomma, iniziative non ne mancano. Ogni
sabato noi operatori andiamo nelle strade per cercare i ragazzi, non smettiamo
di cercare chi ha bisogno.
Gli ultimi che avete
incontrato?
Ieri ho conosciuto un giovane che è arrivato a Yaoundé a 20
anni per cercare lavoro, ma non lo ha trovato e così dorme per terra. Ha
studiato, ha preso anche la maturità che è una cosa rara, ma non ha famiglia né
aiuto e così è finito in miseria. Mi ha fatto una tenerezza enorme, perché è
stato molto provato ma ha ancora il desiderio di bene. Ecco, noi lavoriamo per
ragazzi così, come lui. Spero di poterlo aiutare a studiare…
(…)
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