sabato 24 marzo 2007

Dall'utopia alla presenza: resoconto

Domenica 10 marzo, alle ore 19.00, il Palazzo dei Celestini ha ospitato la presentazione del libro di Luigi Giussani “Dall’utopia alla presenza”, iniziativa voluta e predisposta dal Centro Culturale Sipontino “Fontana Vivace”.
Ha introdotto il momento la prof.ssa Gemma Barulli, Presidente del Centro Culturale, che ne ha esplicitato il significato di omaggio a don Giussani, grande figura di sacerdote e di educatore scomparso due anni fa. Il libro, riferito ad un arco temporale brevissimo (1975-1978), delinea il dialogo tra don Giussani e gruppi di universitari coinvolti nell’esperienza di Comunione e Liberazione, un dialogo impegnativo e intenso, all’interno del quale i giovani mostrano se stessi fino alle loro debolezze e all’incapacità di far fronte agli eventi drammatici di quegli anni (gli “anni di piombo”), mentre don Giussani li sfida in continuazione ponendo domande radicali alla ragione e al cuore di tutti coloro che parlano con lui. Non di un semplice “parlare” si tratta, perché il sacerdote milanese coinvolge se stesso senza risparmiarsi, e i giovani rispondono con l’entusiasmo e la freschezza della loro età.
Sono stati quindi introdotti i relatori: il prof. Paolo Cascavilla, Docente nel Liceo Scientifico di Manfredonia, e l’ing. Achille Fonzone, ricercatore al Politecnico di Bari.

Il prof. Cascavilla ha proposto una interpretazione analitica e critica del testo, ponendo nel contempo alcune domande. Molto interessante l’inizio, quando ha “tradotto” l’espressione “conversione continua”, che è uno dei motivi ricorrenti del discorrere di don Giussani, come uno stimolo a trovare un centro all’esistenza e a pensare l’esperienza, e si è chiesto che cosa direbbe oggi don Giussani di fronte alla frammentazione totale dell’esperienza stessa che giovani e adulti subiscono. Il professore ha poi posto l’attenzione sulla parola “presenza”, intesa come fedeltà nella vita quotidiana, e ha notato che spesso questo termine si accompagna all’”ironia”, che impedisce alla presenza di fossilizzarsi, e alla “verifica”, che evita che la presenza diventi puro attivismo.
Il terzo tema, molto problematizzato dal prof. Cascavilla, è stato il binomio tra autorità e sequela; il relatore ha poi accennato alla sottolineatura del peccato originale, inteso esistenzialmente come incapacità di seguire i propri ideali, e si è soffermato infine sulla questione posta nel titolo del libro, la dialettica tra utopia e presenza. Nel suo discorrere ha proposto una differenza tra utopismo (inteso negativamente) e utopia, chiedendosi e chiedendo se il lasciare il mondo migliore rispetto a come lo abbiamo trovato non sia un’utopia necessaria, sottolineando che senza progetto non vi sarebbe nulla, e lanciando un’ultima provocazione, che l’assenza di progettualità sia il rischio di Comunione e Liberazione, il movimento iniziato da Don Giussani.

L’intervento successivo dell’ing. Achille Fonzone ha espresso un punto di vista diverso.
Il relatore si è dichiarato entusiasta del libro, dando ragione della sua posizione: a suo parere la figura di don Giussani che emerge dalle conversazioni, infatti, è quella di un uomo più giovane dei giovani a cui parla, perché capace di farsi sorprendere dall’esperienza e di porsi e porre domande non scontate e radicali. Nella lettura si è trascinati come in un turbine, come se si fosse protagonisti in prima persona di quei dialoghi. L’ing. Fonzone ha quindi letto brani del libro, evidenziando il filo d’oro che lega il discorrere del sacerdote milanese, e facendo ben percepire al pubblico il suo entusiasmo e la profonda razionalità che emerge in tutti i temi trattati.

L’aspetto più interessante, comunque, è stato il dibattito successivo ai due interventi.
La maggior parte del pubblico non aveva letto il libro, ma i temi sollevati hanno suscitato una molteplicità di considerazioni e di domande. Molte questioni poste riguardavano Il Sessantotto e gli anni Settanta, che avevano visto lo svanire di ogni presenza pubblica della Chiesa e dei cristiani: vivissimo il ricordo di quegli anni in molte delle persone intervenute, che senza volerlo hanno concretizzato il tema principale del libro che era stato presentato. Altre questioni riguardavano uno dei nervi scoperti della nostra società, quello dei giovani, e la trasmissione di valori validi per l’esistenza; ci si è chiesto, per esempio se oggi è ancora possibile richiamare i ragazzi a un’unità della vita, e in che modo. Il prof. Cascavilla, rispondendo ad una delle domande, ha sottolineato un’altra questione purtroppo molto attuale, che il problema cioè non sono i giovani, ma gli adulti che non trasmettono loro nulla.
Il tempo ormai brevissimo a disposizione ha costretto la prof. Barulli ad una sintesi estremamente stringata, nella quale si è dato ragione degli aspetti più problematici, e si ricordato soprattutto che don Giussani intendeva educare i giovani a diventare se stessi perché poi fossero in grado di affrontare la vita e tentare di rendere il mondo migliore di come l’avevano trovato, e che in questo è sempre consistita la sua progettualità: nell’educare.