mercoledì 20 dicembre 2017

Wyszynnzi, il cardinale ora è venerabile

Wyszynski, eroe della Polonia Il cardinale ora è venerabile Riconosciute le virtù eroiche. Amico e modello di Wojtyla
ROMA
La celebre frase rivolta a Karol Wojtyla durante il secondo conclave del 1978 è diventata profezia. «Se ti eleggeranno, non rifiutare, perché sarai tu a introdurre la Chiesa nel terzo millennio». La calma fermezza con cui si oppose al regime comunista in Polonia, difendendo la nazione e scontando anche tre anni di prigionia, è ormai senza più ombre. Ma è soprattutto la profonda spiritualità mariana (tra l’altro ispiratrice del Totus tuus wojtyliano) il tratto distintivo, ignoto ai più, che sta venendo fuori nella causa di beatificazione del cardinale Stefan Wyszynski, giunta ieri a una svolta importante dell’iter. Del grande cardinale, primate polacco dal 1948 fino alla morte avvenuta nel 1981 (15 giorni dopo l’attentato a Giovanni Paolo II), è stato infatti autorizzato ieri il decreto che ne attesta le virtù eroiche. Il che in pratica significa che alla beatificazione manca solo il riconoscimento del miracolo attribuito alla sua intercessione (e già sotto esame il caso della guarigione di una giovane ventenne malata di cancro alla tiroide). Torna così in primo piano una figura fondamentale della Chiesa perseguitata dalle ideologie del XX secolo. Wyszynski, infatti, dovette prima nascondersi dalla Gestapo – che nonostante fosse allora un semplice sacerdote (era nato nel 1901, ordinato nel 1924 e sarebbe divenuto vescovo solo nel 1946) lo aveva inserito nell’elenco dei ricercati più 'pericolosi' –; e poi da arcivescovo di Gniezno e Varsavia si erse a difesa del suo popolo in un confronto con il regime teso da un lato ad assicurare la sopravvivenza della nazione e della Chiesa (entrambe uscite decimate dal II conflitto mondiale), dall’altro teso a mantenere un difficile equilibrio rispetto alle mire imperialistiche di Mosca, la cui costante minaccia di una invasione della Polonia pendeva come una spada di Damocle sulla testa dei suoi connazionali.

L’accusa, che talvolta gli fu mossa in vita, di una linea troppo morbida (nel 1957, quando finalmente potè venire a Roma per vedere Pio XII, dovette fare alcuni giorni di anticamera) si scontra ormai con il dato storico acquisito. Il governo polacco si era infatti rimangiato l’accordo del 1950 con il quale si impegnava a rispettare la libertà religiosa e l’autonomia della Chiesa. Così nel 1952 impedì al primate di recarsi a Roma per ricevere da Pio XII la berretta cardinalizia e l’anno seguente promulgò una legge che prevedeva il controllo delle nomine ecclesiastiche, al pari di quanto già avveniva in Urss. La lettera con cui Wyszynski e tutti i vescovi polacchi protestarono contro questa decisione – conosciuta con il nome di Non possumus e in cui si affermava: «Non possiamo sacrificare le cose di Dio sull’altare di Cesare» – segnò l’inizio della vera e propria repressione. Lo stesso cardinale fu arrestato la notte del 25 settembre 1953. Uscendo dal palazzo episcopale disse a una religiosa che stava preparandogli un bagaglio: «Sorella non porterò nulla. Sono entrato povero in questa casa e povero vi uscirò». Fu l’inizio di una prigionia che durerà tre anni, durante i quali sarà trasferito in diversi luoghi al fine di mantenere segreto il suo nascondiglio. Ma fu anche il periodo in cui con più forza emerse la sua fede mariana, dal momento che egli stesso impostò le proprie giornate in carcere sul ritmo della vita monastica: sveglia molto presto, orazione, studio e meditazione. «Oggi non posso servire la Chiesa e la patria col mio lavoro di sacerdote nel tempio, ma posso servirle con la preghiera», scrisse nei suoi Appunti dalla prigione.
Determinante fu anche la scelta, una volta liberato in seguito alla Rivolta di Poznan del 1956, di chiedere al nuovo leader polacco Gomulka il ritiro del decreto sulle nomine dei vescovi, la garanzia della libertà di culto e l’indipendenza tra Stato e Chiesa, condizioni che gli furono concesse con un nuovo accordo firmato l’8 dicembre 1956. Fu proprio questa linea – che negli anni seguenti sarebbe stata sposata anche dall’arcivescovo di Cracovia, Karol Wojtyla, suo figlio spirituale – a garantire alla Polonia margini di libertà per la Chiesa del tutto sconosciuti negli altri territori del blocco sovietico. Alla sua morte, avvenuta il 28 maggio 1981, Giovanni Paolo II, ancora ricoverato al Gemelli, scrisse una lettera ai polacchi in cui definì Wyszynski «la chiave di volta della Chiesa in Polonia ». E sicuramente lo fu, chiave di volta, in quel conclave del 1978 che portò per la prima volta un figlio della sua terra sulla Cattedra di Pietro. Con tutto ciò che accadde dopo, profezia inclusa.
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Ricercato dalla Gestapo durante la Seconda guerra mondiale, fu difensore della Chiesa durante il regime comunista