venerdì 14 febbraio 2014

Bergoglio & Borges

BERGOGLIO & BORGES. Realtà e imprecisioni di un rapporto. Un contributo al “Cortile dei Gentili” che si terrà a Buenos Aires sul più celebre scrittore Argentino

Bergoglio y Borges en 1965, cuando el escritor fue invitado a hablar a los alumos del profesor Jorge Mario Bergoglio. Foto “El Litoral”/Santa Fé
Bergoglio y Borges en 1965, cuando el escritor fue invitado a hablar a los alumos del profesor Jorge Mario Bergoglio. Foto “El Litoral”/Santa Fé
Oggi tutti parlano del rapporto di Sua Santità Francesco con il più importante degli scrittori argentini e la maggioranza suole definirlo amicizia. Associare immagini senza prendere in considerazione la loro cronologia ci può condurre a conclusioni erronee. È vero che Jorge Mario Bergoglio S.J. ha conosciuto Jorge Luis Borges, che in un determinato momento lo ha frequentato e ha avuto la possibilità di un contatto più stretto che la gran maggioranza della gente, però per valutare un rapporto di qualsiasi tipo o stabilire una amicizia di qualsiasi genere, è essenziale ubicarsi in tempo e spazio.
Nel 1965 lo scrittore aveva 66 anni, il gesuita 28. Borges era mondialmente conosciuto e Bergoglio era solo un giovane “maestrino” della Compagnia di Gesù, responsabile di due gruppi di studenti liceali ai quali insegnava Letteratura e Psicologia.
Probabilmente la chiave che gli permise di tener accesso al maestro fu aver conosciuto, attraverso un programma di Radio Nazionale, Maria Esther Vázquez, una scrittrice che era stata alunna e segretaria di Borges. Possiamo supporre che il fatto di “essere gesuita” non sia stato un dato indifferente. Migliaia di professori di Letteratura, e non appena di liceo, ma anche di importanti cattedre universitarie, avrebbero voluto avere tale fortuna e sicuramente un numero impossibile da definire lo ha tentato invano. Per questo torno alla mia supposizione, credo che ciò che ha motivato la condiscendenza dello scrittore sia stato il fatto che era gesuita, più che professore. Voglio immaginare che questa possibilità dell’ineffabile incontro tra l’agnosticismo e la fede possa aver costituito la ragione che indusse lo scrittore ad accettare.
Indubbiamente, a Borges non sfuggirono la dialettica e la simpatia del suo giovane interlocutore, e la proposta di fare alcune lezioni di letteratura gauchesca ad alunni dell’ultimo anno del liceo – cosa che in altri momenti sarebbe parsa una pazzia –, ebbe piuttosto l’aria di un invito all’avventura. Dico questo perché l’ho pubblicato qualche tempo fa.
Arrivò Borges. Bergoglio lo andò a prendere alla vecchia stazione della via Mendoza di fronte alla Posta. Nessun aereo. Le sei lunghe ore di autobus da Buenos Aires sicuramente gli avevano massacrato le reni. Io rimasi un po’ stupito, perché pensavo che un uomo già piuttosto anziano avrebbe dovuto venire in aereo. Bah! Vecchi a metà e vecchi interi viaggiano in autobus, ma io pensavo che non era un mezzo di trasporto appropriato per un candidato al Nobel. Da un altro punto di vista, suppongo che per lui dovette avere molto l’aspetto di un’avventura. Solo, in mezzo al nulla, durante sei lunghe ore. Cosa avrà detto a sua madre? Mezzo cieco tra la gente comune che viaggiava attraverso le province argentine. Cosa avrà detto sua madre a lui? Chi si sarà seduto al suo fianco senza mai saperlo? Un’ avventura da ricordare, senza dubbio. Non so quale fosse il suo cachet, ma sembra strano che non includesse un biglietto aereo. Credo – sinceramente – che Borges guadagnò molto: viaggiare all’interno del paese, in provincia, da solo, deve aver costituito una specie di sfida. Avrà sognato che quell’autobus era quasi come il calesse su cui “il generale Quiroga va in carrozza verso la morte”.
Dovrebbe bastare questo panorama per mostrare le differenze iniziali tra Borges e Bergoglio. E lo dico perché, oggi, molta gente stabilisce quasi una contemporaneità tra l’uno e l’altro, quando in realtà li separavano quasi quattro decenni.
Non stupisce lo zelo con cui Jorge Mario Bergoglio S.J. affrontò questo compito. Qualcosa di sommamente comprensibile in qualsiasi professore che avesse avuto una tale occasione. Ma in lui, come gli è abituale, non fu il prodotto di un raptus o di un’improvvisazione, ma di una preparazione metodica. Noi, i suoi alunni tartassati, già da tempo avevamo a che fare con Borges, i suoi racconti e le sue poesie. Fu forse questa la carta vincente. Borges lo disse in varie occasioni, e anche a me personalmente: quello che lo aveva sorpreso, quasi affascinato, era che adolescenti come noi avessero letto tanto della sua opera. Non c’è da stupirsi del fatto che Borges si rendesse conto che solo grazie a una conduzione sistematica, organizzata, un gruppo di giovani poteva accedere a una lettura di questo tipo. Credo che per lui questo dovesse essere un motivo di particolare soddisfazione perché era prevedibile che lo leggessero, lo studiassero o lo discutessero in ambienti accademici, ma che una manciata di alunni di un liceo di periferia accedesse a quel mondo immetteva qualcosa di misterioso nella loro educazione. Forse questa esperienza poteva, in qualche modo, avvicinare la sua letteratura a quella di Kipling, Stevenson, o altri i cui lettori non avevano limiti di età.
Senza dubbio, durante la visita di Borges a Santa Fe entrambi ebbero più tempo per il dialogo che in qualsiasi momento posteriore. In seguito Bergoglio si sarebbe occupato di soddisfare la richiesta di Borges, di mettere insieme “alcuni scritti di questi ragazzi” per mandarglieli e perché se li facesse leggere. Alcuni giorni dopo arrivò il ringraziamento per la cortesia di cui era stato oggetto durante il suo soggiorno a Santa Fe e l’inattesa richiesta di “scrivere il prologo di questo libro”, un libro che esisteva solo nella mente di Borges e per il quale avrebbe scritto – probabilmente – la sua prefazione più generosa: “Questo prologo non solo lo è di questo libro, ma anche di ciascuna delle ancora indefinite serie possibili di opere che i giovani qui riuniti possono, in futuro, redigere”.
Poi, il tempo. Si sono incontrati di nuovo? Suppongo che sia possibile, ma le circostanze devono essere state molto diverse.
Si può parlare di amicizia tra Borges e Bergoglio? È qualcosa di relativo. Dipenderà dal concetto di amicizia che ciascuno ha. In un mondo in cui l’amiconeria è moneta corrente, il concetto di amicizia sembra esser stato svalutato. Borges aveva amici pubblicamente noti e di certa fama, ma di numero ridotto. Bergoglio ha amici poco noti, e noi non siamo famosi. Però, entrambi li hanno sempre considerati come un circolo raccolto. Chi potrebbe stabilire se in qualche momento essi abbiano incluso l’altro nel proprio circolo? È improbabile, e da qui deriva che l’idea di una amicizia tra loro appaia fittizia. Quello che senza dubbio ci fu – altrimenti, il rapporto non sarebbe mai esistito – è che entrambi ebbero uno speciale rispetto umano e intellettuale per l’altro. Un riconoscimento che è diverso dall’amicizia, ma che – come essa – implica la stima e l’ammirazione.
Attualmente, lo stesso Papa Francesco ha chiesto che si organizzi un “cortile dei gentili” a Buenos Aires intorno alla figura di Jorge Luis Borges. La richiesta va oltre, non è finalizzata al salvataggio di una figura che si è ingigantita con il tempo, né a tessere elogi che si ripetono in ogni occasione. L’idea del Papa è assicurare, come dice Borges in “Everness”, che “Solo una cosa non c’è, ed è la dimenticanza”, e anche che “Dio, che salva il metallo, salva la scoria”, una promessa borgiana carica di speranza ai peccatori.
Traduzione dallo spagnolo di Francesca Casaliggi
– © TERRE D’AMERICA
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