Il Rosario di un agnostico
Il «significato prezioso» del volantino di CL nella lettera
dello scienziato spagnolo Juan José Gómez Cadenas, fisico delle particelle e
scrittore
01.11.2025
Juan José Gómez Cadenas
Fisico delle particelle e scrittore
Cari amici di CL,
la lettura del testo “La speranza della pace” mi ha
particolarmente commosso per il significato, prezioso soprattutto nei tempi
attuali, delle due proposte che presenta: preghiera e testimonianza.
Potrebbe sembrare scioccante che uno “scienziato agnostico”
– se così si può definire – dia valore a un gesto apparentemente così
“settario” e “inutile” come recitare il Rosario. La Palestina sanguina e i
cristiani non hanno niente di meglio da fare che sgranare un Rosario recitando
delle Ave Maria?
(….)
In questi giorni siamo testimoni di un enorme frastuono,
un’esplosione di rumore e furia che emula metaforicamente le bombe che cadono
su Gaza. Assistiamo a dichiarazioni, manifestazioni, boicottaggi, proteste e
ogni tipo di azione, se non violenta, spesso al limite dell’isteria. È
difficile sottrarsi all’impressione che coloro che tanto protestano e
rivendicano stiano, in fondo, interpretando un ruolo in cui sono loro, e non
coloro che soffrono a Gaza, i protagonisti.
(….)
Ci sarà chi sosterrà che la preghiera ha senso solo se
crediamo che qualcuno ci ascolti. Io credo che non sia così. Per cominciare, il
cristiano, quando prega, si basa su una speranza, una fede, una promessa, non
su una certezza assoluta. E l’agnostico, a sua volta, ha l’opportunità di
formulare quella preghiera per se stesso, per coloro che lo accompagnano, per
coloro che soffrono, o per quello stesso Dio di cui non percepisce la presenza,
tranne quando guarda negli occhi i suoi figli.
Un paio di anni fa, io e la mia famiglia abbiamo partecipato
a una gita estiva organizzata da Javier Prades e altri amici, durante la quale
siamo saliti fino al paradiso di un azzurro cielo pirenaico, mentre le nostre
ginocchia scendevano all’inferno. Il cammino è iniziato con un’ora di silenzio,
senza ordini precisi, ma con un chiaro suggerimento di preghiera, in quanto
pregare è, soprattutto, guardare dentro di sé. Il giorno dopo abbiamo
partecipato a una bella Messa all’aperto, che ha commosso me, mia moglie e mio
figlio, che mi accompagnavano. Un rito, sì, una semplice (semplice?)
ripetizione di gesti e parole, un uomo che alza le braccia al cielo tenendo in
mano un pezzo di pane azzimo e pronuncia una formula magica. I miei amici
cristiani ritengono che questo atto trasformi la sostanza del pane e del vino.
Io non arrivo a tanto, ma la mia anima si sentiva più leggera alla fine della
Messa.
Oggi, leggendo “La speranza della pace”, mi sono ricordato
di quella mattina, di quel cielo azzurro e di quelle preghiere silenziose, e
non posso fare a meno di offrire anche le mie affinché le sofferenze in Terra
Santa finiscano il prima possibile.
Tempo fa, Javier Prades mi ha chiesto di recitare un’Ave
Maria per aiutare sua madre a riprendersi da un grave intervento chirurgico. Ho
obiettato che forse la preghiera di un agnostico non avrebbe avuto valore. Lui
mi ha risposto: vale il doppio.
Vi mando un forte abbraccio.
(Questo testo è stato scritto prima che entrasse in vigore
la tregua a Gaza)
(sussidiario.net)






