Eugenia Scabini. L’amore inaspettato
Il suo significato, le cause della crisi, la cura dei
legami, l’importanza del perdono: alle radici della famiglia. La psicologa:
«Un’avventura di comprensione affettiva che dura tutta la vita»
01.01.2025
Paola Bergamini
Eugenia Scabini (© Paola Cuppoletti)
1 | Gennaio 2025
«È stato per le spiegazioni di mio marito che mi sono
appassionata alla pittura di William Congdon», mi dice Eugenia Scabini,
professore emerito di Psicologia sociale e presidente del comitato scientifico
del Centro di ateneo studi e ricerche sulla famiglia all’Università Cattolica
del Sacro Cuore, vedendomi ferma davanti al quadro del pittore americano appeso
nel suo salotto. «L’amore genera anche questo: la scoperta di qualcosa di
inaspettato». E proprio il verbo “generare” sarà il punto nevralgico del nostro
dialogo.
Proviamo a raccontare la famiglia.
La famiglia è un corpo sociale, non una forma sociale
qualunque: l’espressione corpo rende l’idea di un’appartenenza fra persone.
Diciamo meglio: la famiglia è quel corpo sociale che, unico, ha la funzione di
generare e lo fa attraverso il legame tra uomo e donna, che a loro volta sono
stati generati: generare ed essere generati non si possono scindere nell’umano.
Tutti noi siamo figli, non siamo degli “io” autonomi. Questo è un punto
importante: il piccolo dell’uomo acquisisce la sua identità a partire dal
riconoscimento di essere generato da quel padre e da quella madre e di occupare
un posto nella storia familiare. La famiglia è un luogo generativo. Da questo
punto di vista, le odierne tecnologie riproduttive, specie eterologhe, rendendo
anonimo uno o entrambi i generanti, rappresentano un serio rischio nello
sviluppo della identità del bambino. La famiglia genera al bene per eccellenza,
di ciò che sta all’origine: il bene della vita, che si accompagna al bene della
cura dell’altro da un punto di vista affettivo ed etico, nello sviluppo della
persona. In questo senso, come dice bene don Giussani ne Il rischio educativo,
la funzione dei genitori «è originatrice; per il fatto di essere tale, essa è
immissione in un modo di concepire la realtà, in un flusso di pensiero e di
civiltà». Nel mondo animale questo non sussiste, si parla di riproduttività,
perché unico scopo è il proseguimento della specie. Il cucciolo di tigre è uno
dei tanti e non è in grado di risalire agli antenati; il piccolo dell’uomo,
invece, è un unicum, una persona insostituibile.
Dove affonda la crisi antropologica della famiglia?
È in crisi la coppia. All’origine dell’incontro tra uomo e
donna c’è un “trasporto” che ha le potenti caratteristiche emotive
dell’innamoramento, che fisiologicamente con gli anni possono venir meno e
allora si dice “basta”. È quello che accade oggi, ci si lascia dicendo: “Non ci
amiamo più”. Ma l’amore consiste in questo? Il legame di coppia ha
caratteristiche non solo affettive, ma anche di impegno, di promessa, di patto
ed è cruciale l’importanza di mantenerlo. Possiamo dire, un patto che interroga
quotidianamente ognuno dei coniugi, che richiede di essere continuamente
alimentato e anche rinnovato e che vive stagioni diverse di affetto (passione,
tenerezza, pura condivisione…).
In proposito, nel suo discorso alla Curia romana del
dicembre 2012, Benedetto XVI disse: «C’è innanzitutto la questione della
capacità dell’uomo di legarsi oppure della sua mancanza di legami. Può l’uomo
legarsi per tutta la vita? Corrisponde alla sua natura? Non è forse in
contrasto con la sua libertà e con l’ampiezza della sua autorealizzazione?». È
il “per sempre” che fa paura?
L’uomo moderno ha una difficoltà strutturale ad accettare i
vincoli. Viviamo in una società liquida dove l’ideale è entrare e uscire dai
legami a proprio piacimento. La parola “legame” viene vissuta in senso
negativo. Aggiungiamo un tassello che fa meglio comprendere: l’etica degli
affetti. Significa che accanto all’affetto c’è una promessa – è nella formula
del matrimonio –, un patto di fedeltà. In questa promessa, dai tutto te stesso,
compresa la tua fragilità. Il legame di coppia diventa un affidamento totale di
te all’altro. Per questo dico che in esso c’è sacralità. Sempre in quel testo,
Benedetto XVI aggiunge: «Con il rifiuto di questo legame scompaiono anche le
figure fondamentali dell’esistenza umana: il padre, la madre, il figlio; cadono
le dimensioni essenziali dell’esperienza dell’essere persona umana». Nel
matrimonio cristiano il rapporto di coppia è suggellato da un Altro, rimanda
alla Relazione trinitaria: l’abbraccio tra il Padre, il Figlio e lo Spirito.
E quando, dolorosamente, avviene la separazione?
Si tratta di una grande prova. È importante che dentro il
dramma e il dolore si riesca a intravedere anche quel che di positivo la
relazione ha dato e si mantenga a tutti i costi l’alleanza tra i genitori. Se
invece ci si ferma a dire “è andato tutto male”, si fuggiranno tutti i tipi di
legami significativi. O peggio, si diventerà schiavi dei legami e si sarà
portati a ripetere lo stesso copione della relazione precedente.
(….)
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