India. Un premio al “seva” di Rose
La fondatrice del Meeting Point di Kampala, in Uganda, ha
ricevuto, davanti a duemila persone, un riconoscimento durante il One World One
Family World Cultural Festival 2025. «Rose, guidata dall’incontro con don
Giussani, ha potuto scoprire la sua chiamata ad aiutare le persone»
16.10.2025
Anna Leonardi
Rose Busingye riceve il premio da Sadhguru del "One
World One Family World Cultural Festival 2025"
Come un Festival in India, organizzato in occasione del
centenario della nascita di Sathya Sai Baba, uno dei più noti maestri
spirituali dell’India contemporanea, abbia scoperto e voluto premiare Rose
Busingye, l’infermiera ugandese che da trent’anni lavora con le donne
sieropositive e bambini orfani di Kampala, resta abbastanza un mistero. Eppure
lo scorso 23 agosto Rose, insieme ad una delegazione del suo Paese, è arrivata
a Muddenahalli, nel sud del Paese, ed è salita sul palco dell’enorme centro congressi
Sathya Sai Grama, per ricevere il premio per il suo “seva”, una parola in hindi
per indicare il servizio disinteressato come forma universale di amore.
«Quando mi hanno convocato non volevo crederci, pensavo a
uno scherzo, ho buttato via la mail. Poi mi hanno riscritto e fatte le
verifiche presso consolati e ambasciate, ho capito che avevano scelto proprio
me. E che l’evento non era proprio una cosa da niente. Alla fine sono partita»,
racconta Rose.
Il One World One Family World Cultural Festival 2025 ha una
durata complessiva di cento giorni - dal 16 agosto al 23 novembre - e vede la
partecipazione di nazioni provenienti da tutto il mondo. Il festival è
organizzato in collaborazione con il Ministero della Cultura del Governo
dell’India e con l’Indira Gandhi National Centre for the Arts. Il programma
comprende spettacoli culturali, celebrazioni spirituali oltre a promuovere
iniziative sociali di forte impatto, come l’apertura presso il Sathya Sai Grama,
di un ospedale gratuito da 600 posti letto concepito per offrire cure di alta
qualità a tutti, senza distinzione di reddito o provenienza. In questa
carrellata di eventi, ogni giorno vengono presentate e premiate persone
impegnate in progetti di nutrizione, istruzione, sanità e di benessere per la
comunità. Persone semplici e straordinarie che si sono distinte per un “amore
in azione” – come stabilisce il Corporate Social Responsibility, il comitato,
all’interno del festival, incaricato dell’assegnazione dei riconoscimenti.
Sulla targa del premio consegnato a Rose si legge: “Voce del
valore infinito e della speranza”. Ed è questo che ha raccontato al momento
della premiazione, quando, vestita con un sari di seta, si è trovata
inaspettatamente davanti a una platea di duemila persone. «Essendo riuscita a
partire all’ultimo e non avendo capito bene come si sarebbero svolte le cose,
non mi ero preparata un vero discorso», spiega. «Quando ho visto tutte quelle
persone mi sono sentita svenire. Ma ho pensato: “Gesù mi hai fatto arrivare fin
qui, adesso tocca a te!”». Rose, dopo qualche tentennamento di commozione,
inizia a parlare ripetendo ciò che ha sempre detto a chiunque abbia incontrato
sulla sua strada: «Tu, in qualsiasi condizioni ti trovi ora, hai un valore. Sei
prezioso. Povero, ricco, malato, moribondo non è la morte a definirti». Parole
che lei per prima si sentì dire da don Giussani, quando in crisi e schiacciata
dal peso delle opere che con lei erano nate, lui la guardava come a un tesoro
inestimabile. Chi era don Giussani e come abbia sostenuto il suo lavoro è la
presentatrice del festival a spiegarlo alla platea: «Rose, guidata
dall’incontro formativo con don Giussani, il sacerdote italiano che ha fondato
il movimento di Comunione e Liberazione, ha potuto scoprire la sua chiamata ad
aiutare le persone».
Chiamata che si è concretizzata nel tempo in alcune opere
come la Welcoming House, che raccoglie neonati abbandonati nelle pattumiere di
Kampala, la Luigi Giussani Primary e High School e il Meeting Point
International. Rose, continuando il suo discorso, ne descrive il cuore:
«Distribuiamo farmaci, paghiamo le rette, facciamo counseling, ma le cose
materiali sono solo degli strumenti perché ciascuno che arriva da noi si senta
accolto, riconosca la dignità infinita che ha. A chiunque diciamo: “Guarda che
sei di più di ciò che riesco a darti”».
La cerimonia si conclude con le parole di Sadhguru, uno dei
più popolari guru indiani contemporanei e discepolo di Sai Baba, che dopo aver
consegnato il premio a Rose, dice: «Ci sono persone a questo mondo mosse da un
amore puro e questo è il motivo per cui in un mondo sempre più diviso c’è
ancora la pace. Magari non si tratta di grandi organizzazioni, ma di persone
semplici, che spaccano le pietre e fanno collane per raccogliere soldi da
mandare a nazioni apparentemente più ricche di loro (si riferisce alle donne
del Meeting Point, ndr) perché riconoscono che l’altro ci appartiene, e se ne
fanno carico. È solo questo a tenere ancora il mondo insieme. Sono le donne e
gli uomini che fanno la volontà di Dio qui sulla terra».
Quando Rose, prima di far ritorno a Kampala saluta Sadhguru,
gli dice: «Non ho ancora capito come avete pescato proprio me in Uganda. Ma vi
ringrazio perché lontano da casa mi sono sentita a casa. C’è qualcosa nel tuo
volto che brilla. È la presenza del Mistero che fa me e te». Sadhguru le regala
la stola e il monile d’oro che ha al collo e le sussurra: «Puoi chiedermi
quello che vuoi. Ma una cosa te la chiedo io: l’anno prossimo voglio venire a
trovarti. Voglio venire a vedere».
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