giovedì 6 novembre 2014

Lucetta Scaraffia: il dibattito sull'eutanasia

"La morte per scelta di Brittany Maynard ha riproposto il problema su tutti i media, pronti a gettare sul campo le solite ragioni a favore dell’eutanasia, sen- za l’avvertenza di segnalare che la questione si sta velocemente allar- gando: dai casi di vita considerata come vegetativa, si è passati a so- stenere apertamente la scelta euta- nasica di persone che ancora sono in possesso di tutte le loro facoltà, ma hanno avuto una diagnosi in- fausta. La maggior parte dei com- menti sembrano infatti favorevoli alla scelta della giovane americana, la leggono come una prova di co- raggio e soprattutto la interpretano come un allargamento della sfera dei diritti umani. Scegliere quando e come morire sarebbe infatti un nuovo diritto conquistato, un’altra acquisizione ai fini del riconosci- mento della dignità umana.


Quin- di, all’opposto, chi esprime dubbi e critiche sarebbe solo un retrogrado, un oppositore di questo positivo allargamento, una persona che vuole condannare il suo paese a un vergognoso “ritardo”.
Questa storia del ritardo l’aveva- mo già sentita — per esempio a proposito dell’aborto — e si basa su un evidente disprezzo per chi pen- sa diversamente, a cui non si vuole neppure riconoscere la dignità di un pensiero differente, critico. In- vece di vedersi riconosciuta l’iden- tità di interlocutore che ha un’opi- nione diversa sulla natura umana, chi non condivide il pensiero do- minante si vede etichettato come un penoso “ritardatario”, a cui con- verrebbe adeguarsi in fretta al “progresso” per non diventare qua- si ridicolo. È chiaro che in queste condizioni il dialogo diventa im- possibile, e i sostenitori di una par- te, quella favorevole all’eutanasia, si avviano con prepotenza a una vittoriosa avanzata nell’opinione pubblica.
Per affrontare questo problema serve domandarsi come è nato, quando cioè l’eutanasia è diventata una proposta non solo legale, ma addirittura allettante. Dal momento che la sofferenza fisica non è mai mancata — anzi, in assenza di cure palliative veramente efficaci era molto più pesante di oggi — può stupire il fatto che in passato non sia stata presa in considerazione la scelta di morte come possibilità tranne che in rari casi, e quindi nessuno abbia mai chiesto di legi- ferare in proposito. Il problema di intervenire per decidere la morte di un essere umano si è presentato so- lo in tempi recenti perché nasce dai progressi della medicina: negli ulti- mi anni sono stati infatti scoperti farmaci e strumenti in grado di prolungare la vita umana di perso- ne che un tempo avrebbero avuto i giorni contati.
Ma subito è sorto il problema dell’accanimento terapeutico: quan- do questi interventi hanno il bene- fico potere di salvare una vita, e quando invece sono solo l’indebito prolungamento di una condizione sofferente? È in questo contesto che i medici hanno cominciato a intervenire spegnendo le macchine, sospendendo le cure: interventi quasi sempre motivati da pietà da- vanti all’inutilità delle cure, da giu- sta resa davanti alla morte. Ma che hanno abituato medici e pazienti all’idea della morte a comando, della possibile fuga dal dolore af- frettando la fine. Idea che viene continuamente presentata come una liberazione anche quando, co- me succede oggi, le terapie antido- lore hanno raggiunto risultati quasi sorprendenti. Il problema piuttosto è garantire l’accesso alle cure pal- liative a tutti.
Questo profondo cambiamento nel modo di vivere la morte deve ancora essere discusso, assimilato nella nostra vita quotidiana, sotto- posto a esame per capire cosa si- gnifica questa incursione della tec- nica nell’esistenza umana. Solo così potremo discutere serenamente del “diritto” di morire, e potranno es- sere ascoltate con rispetto e atten- zione anche le parole di chi si pro- nuncia in modo contrario alla mo- da del tempo."
Lucetta Scaraffia (facebok)