venerdì 27 ottobre 2017

Liliana Cavani: sul set la mia prima opera teatrale

CAVANI
Il viaggio di Liliana

Intervista
Da san Francesco a Eduardo la dimensione religiosa e umana della regista «Rourke? Sul set recita la sua vita»
«Sì, la mia prima regia teatrale: un mondo per me nuovo, del tutto diverso da quello del cinema, il mio». Il “suo” da sempre, da quando Liliana Cavani adolescente fu sollecitata dalla madre alla passione del cinema e, dopo una laurea in letterature classiche a Bologna, entrò nella Settima Musa come regista, sceneggiatrice, divenendo presto uno dei grandi registi italiani di cui andar fieri nel mondo, un autore di cultura, più e prima ancora che internazionale, comparatistica e visione profonda. È un’ispirata quando filma e quando parla, anche solo al telefono, ha la semplicità e la forza del Maestro.

Ora per la prima volta realizza una regia teatrale, la celebre Filumena Marturanodi Eduardo De Filippo, regia tesa, nutrita dal dinamismo del cinema, coadiuvata da interpreti eccellenti (Mariangela D’Abbraccio e Geppy Gleijeses, i protagonisti) e da un felice concorso di energia di tutti gli attori in scena (fino al 29 ottobre al Teatro Carcano di Milano). La prima annotazione della regista è sul mondo del teatro, così diverso dal suo, dove gli attori girano, e poi restano nella pellicola.
«Qui sono sempre in scena – dice la grande regista –, gli attori teatrali sono la carovana che si sposta anche per due serate in una cittadina o un paese. Sono i continuatori della prima forma di recita e interpretazione dell’uomo. Il teatro, la culla dello spettacolo. Li ammiro umanamente e, dal punto professionale, il loro continuo ambulare è un modello morale. Non si fermano mai, portano sempre se stessi, in qualunque condizione climatica e ambientale ». Non ho mai avuto il minimo dubbio che Liliana Cavani fosse una persona fuori del comune. Dal suo film d’esordio sentii un’energia strana e inconsueta. Ma, non conoscendola di persona, sentendola ora per la prima volta al telefono, ho realizzato che è ancora più straordinaria di quanto immaginassi. Non parlo di eccezionalità in senso professionale: per ogni artista, poeta, scrittore, attore, regista, è obbligatoria. Se non hai un segno tatuante, lascia perdere. Ma questo non basta. In Liliana Cavani si sente l’emanazione di una intensa energia spirituale, placante e inebriante insieme.
Parla serenamente e con forza, intuisco il segreto dei suoi film memorabili, la sua cifra espressiva creante immagini e volti incancellabili, da Portiere di Notte ai due Francesco, ma, per semplificare, sempre, in ogni sua opera.
Come è nata l’idea di una regia teatrale, e di questa nello specifico?
«Non è stata una mia idea, io penso sempre al cinema. Mi è stata proposta, e siccome ero amica di Eduardo, che stimo molto, mi è parsa un’occasione felice».
Quindi inutile cercare relazioni strette tra la storia e il senso di questa pièce e le storie della Cavani, santi, mistici, o perduti, temi alti, visione registica laicamente estatica…
«Non ci sono relazioni tematiche strette ma certo non avrei potuto dedicarmi a questo testo se non vi avessi trovato (non da ieri, sono estimatrice di Eduardo) temi forti e momenti di tensione profonda. Filumena è una sorta di Mater Matuta, una di quelle donne…».
Le Grandi Madri, che precedono il cristianesimo e anche l’età classica della Grecia…
«Sì, questa povera disgraziata è una Mater Matuta, e nel divenire dello spettacolo raggiunge una dimensione di eroismo degli umili. Insegna a Domenico, il marito, o compagno… ».
Diciamo non il deuteragonista, per un’ora e mezzo l’antagonista, siamo su un ring…
dire «Insegna a quell’uomo che ha avuto per anni in lei, ex prostituta, una compagna fedele e generosa come poche mogli sanno essere, insegna a quell’uomo che cos’è la paternità. Paternità estesa anche a chi non è tuo figlio naturale… No, non potevo di no».
Ed è stato facile? Su queste pagine un’attrice di valore, Anna Buonaiuto, che si cimenta tanto nel teatro quanto nel cinema, sosteneva che non vi è differenza. Ma Anna Buonaiuto fa l’attrice. Liliana Cavani invece è regista. Il discorso cambia…
«Cambia del tutto, sono perfettamente d’accordo. Ho sempre fatto cinema, e per me i tempi teatrali sono irresistibilmente lunghi. In questo caso ho dato un’accelerata dinamica, in fondo è quello che ci si aspetta da me, regista cinematografica».
E avrà rivisto…
«Certo che ho visto e rivisto il film di De Sica, con Mastroianni…E la Loren…».
E va davvero detto che Liliana Cavani ha portato in scena lo spirito del cinema, senza snaturare lo specifico del teatro. Forse Eduardo ispira operazioni del genere, anche Martone ha fatto teatro cinematografico dal Sindaco del drammaturgo… Ma ho urgenza di tornare a lei, alla grande Cavani. Le dico subito che non ho mai condiviso l’accoglienza tiepida al suo Francescocon Micky Rourke. Già la scelta dell’attore rivelava in lei la misericordia caravaggesca di capire tutto in un volto, dolore, pietà, debolezza, incapacità di sostenere il tempo quotidiano…
«Sono felice di quella scelta – continua Liliana Cavani –. Quando lo incontrai, poi mi accorsi che non era nemmeno un po’ mattarello come immaginavo. È una persona di bontà estrema, fragile. Micky Rourke appartiene a quella categoria di attori che non sono attori, ma viventi speciali che sembrano attori. Anche Lou Castel, il primo Francesco, era un po’ così. Questi non si rendono conto che stanno recitando. Vivono il film come un’esperienza della loro vita. E questo viene fuori. Pensi che dopo il Francesco con Micky ho conosciuto tre uomini che, dopo aver visto il film, divennero francescani. Gli attori, anzi, i “viventi attori” così sono: accendini. C’è bisogno di loro».
Lei accende molte luci. Fa brillare molti accendini. È stata il primo e l’unico regista italiano (e comunque sono pochissimi nel mondo) ad affrontare il tema della religione come realtà antropologica, non istituzionale. Milarepa, misticismo orientale e Francesco. E, sempre, la riflessione sul sacro come realtà congenita dell’uomo…
«Dal “conosci te stesso” di Apollo a Delfi, la religione è la ricerca di sé. Ineludibile. Dove vado, chi sono, perché? La religione è la verità più profonda, l’abbiamo dentro, come il cuore e il fegato. La vita è un dono».
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FILUMENA. Una scena della commedia di Eduardo con la regia di Liliana Cavani Al Carcano di Milano in scena “Filumena Marturano”. «Non avrei mai potuto dedicarmi alla prosa se non avessi trovato in questo testo temi così forti e tensione profonda. La protagonista, benché povera e disgraziata, è una sorta di grande madre che insegna a tutti a vivere e ad amare»
La regista Liliana Cavani