Bassetti: accogliere come san Benedetto
Il richiamo del presidente della Cei «La paura dell’altro? Ci paralizza»
FIRENZE
«San Benedetto ci insegna che nei confronti degli altri, chiunque
essi siano, che siano profughi che vengono dalle piaghe dell’Africa o
qualunque altra persona, vale la parabola del Samaritano: “ebbe cura
di lui”. Gli uomini si distinguono in due categorie: chi ha cura
dell’altro e chi considera l’altro qualcuno che mi fa paura, da cui mi
devo difendere. La paura paralizza. Bisogna ripartire dal Vangelo e da
quello che dice il Papa: accogliere, proteggere, promuovere, integrare.
Certo, con criteri di equità, di giustizia, tenendo conto delle
situazioni in cui uno si trova». Il cardinale Gualtiero Bassetti spiega
così l’attenzione che il padre del monachesimo europeo aveva per il
tema l’accoglienza. Lo fa nella sua Firenze dove il presidente della
Cei è tornato ieri per partecipare ai festeggiamenti per i mille anni
dell’abbazia di San Miniato al Monte. Lo fa nel giorno in
cui la Chiesa celebra san Benedetto da Norcia, patrono d’Europa. E a
chi gli chiede cosa ha da dire oggi il santo al continente, risponde
così: «Credo che Benedetto abbia ancora molto da dire dopo 1600 anni.
L’Europa non può dimenticarsi le sue radici cristiane, benedettine. Nel
primo millennio Benedetto ha insegnato all’Europa la preghiera, il
rapporto con Dio, ma anche l’arte del lavoro. Se prendiamo una carta
d’Europa del primo millennio, vediamo che è costellata di abbazie benedettine».
Ricordando la Regola di san Benedetto, Bassetti sottolinea l’invito a
«non anteporre nulla all’amore di Cristo, perché Cristo non ha anteposto
nulla all’amore per noi». A questo si aggiunge il secondo monito:
ogni uomo va onorato in quanto persona. L’arcivescovo di Perugia-Città
della Pieve cita a questo proposito uno scritto del cardinale
Gianfranco Ravasi su Avvenire: «La civiltà ha fatto un passo decisivo, forse il passo decisivo per eccellenza, il giorno in cui lo straniero, da nemico ( hostis), è divenuto ospite ( hospes)
». «Sappiamo – aggiunge Bassetti – quanto san Benedetto insistesse
perché i monasteri fossero aperti agli ospiti, e addirittura nella
Regola esiste un intero paragrafo dedicato a loro: quando giungono in
monastero, scrive, siano ricevuti come Cristo, poiché un giorno egli
dirà: “Sono stato ospite e mi avete accolto ”».
Nell’omelia, durante la Messa celebrata nella cripta della splendida
basilica che sovrasta Firenze, il presidente della Cei evidenzia «quale
ruolo determinante svolga la cultura per l’annuncio cristiano, e come
l’Europa - di cui il santo Benedetto è patrono - abbia ancora bisogno
dei valori cristiani, gli unici capaci di governare davvero i popoli
verso la pace e il bene». La celebrazione si apre con il saluto
dell’abate di San Miniato, dom Bernardo Gianni, che pone l’accento sulla
volontà, per la comunità monastica, di non avere valore museale ma di
essere luogo di promozione di tutto ciò che di buono, di vero, di bello
viene dalla fede nel Signore. Al termine della
Messa un pensiero su Giorgio La Pira, pronunciato proprio sulla
terrazza di San Miniato, da cui il “sindaco santo” ammirava la
bellezza “biblica” di Firenze. Bassetti ricorda che La Pira, appena
dichiarato venerabile, è stato il primo a parlare della necessità di
«abbattere i muri e costruire ponti», coniando una formula poi usata da
Giovanni Paolo II e oggi da papa Francesco. «Sono parole dette da un
santo – osserva il cardinale – e per questo hanno sapore di Vangelo».
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Nel giorno della festa del patrono d’Europa il porporato a Firenze per
i mille anni dell’abbazia di San Miniato al Monte. Il ricordo di La
Pira: facciamo nostra la sua intuizione di abbattere i muri

FIRENZE. Bassetti nell’abbazia di San Miniato al Monte (Siciliani)