«Moro? Ecco perché sarà santo»
Il postulatore: nel leader della Dc carità, giustizia e prudenza
«Aldo Moro, ucciso dalle
Brigate rosse 40 anni fa, era un laico appartenente all’Ordine dei
frati predicatori (domenicani). Potrebbe essere il santo della politica
che ancora manca alla Chiesa». A confermare un fatto privato poco noto,
riguardante l’ex presidente della Dc, è padre Gianni Festa,
postulatore generale dei domenicani, cui recentemente è stata affidata
la causa di beatificazione di Aldo Moro. Incontriamo il religioso con
l’abito bianco nel suggestivo chiostro duecentesco del complesso
monumentale di Santa Sabina all’Aventino, nel cuore della Capitale. È
all’inizio del suo lavoro ma ha già una visione chiara sulla pratica
esemplare delle virtù cristiane di Moro. «Credo che la santità dello
statista pugliese possa essere ravvisata nello stile umile ed esemplare
di una vita cristiana vissuta senza compromessi al servizio della
politica e della società. Attualmente non c’è ancora un politico
'puro' elevato alla gloria degli altari. Penso che la figura di Aldo
Moro potrà risplendere nel panorama della santità come il 'politico'
santo, o il santo della politica».
Arrivarci non sarà facile, Moro è una figura ingombrante e non priva di detrattori. Quali saranno le sue prime mosse?
Anzitutto dobbiamo “ricercare”, attraverso la raccolta di
testimonianze, l’esistenza della fama di santità per poi evidenziare
l’alta qualità della sua vita cristiana, che si palesa nell’“eroica”
pratica delle virtù teologali e cardinali. La virtù nella quale Moro ha
eccelso è il servizio nella politica, definita da Paolo VI «la forma
più alta della carità». L’agire politico di Moro è stato non solo il
frutto maturo di una maestria intellettuale e giuridica, che tutti gli
riconoscono, ma anche la fioritura di
un’autentica pratica di vita santa. Mi riferisco alla sua intensa vita
di preghiera, alla pratica quotidiana dei sacramenti, alla vita
modesta, discreta, tutta tesa all’edificazione del bene dei cittadini e
del Paese. E poiché di un futuro beato bisogna far emergere la qualità
cristiana in cui ha eccelso, posso dire che in Moro le virtù che
appaiono eloquenti di questa santità sono: la carità, la giustizia e la
prudenza.
Quali altri aspetti mettere in luce?
Penso che il fondamento evangelico, cristiano, dell’agire politico di
Moro debba essere individuato nella consapevolezza che aveva della
propria identità di discepolo del Cristo. Non dimentichiamo che lui e
altri noti personaggi del dopoguerra, La Pira, Lazzati, Dossetti,
Giordani, sono stati discepoli di Paolo VI, che, in quegli anni come
assistente ecclesiastico della Fuci, formava i suoi ragazzi sui corposi
testi di Jacques Maritain, san Tommaso e di quella nouvelle théologie
che giungeva dalla Francia. Questi ragazzi si sono formati alla luce
dell’altissimo magistero del giovane Montini, divenendone figli
spirituali. E fu proprio Paolo VI ad
accennare alla santità di Moro quando, alle esequie ufficiali, nella
preghiera, lo definì «uomo buono, mite, saggio, innocente e amico».
C’è un Moro ancora da scoprire?
L’attenzione su Aldo Moro fino ad oggi è stata quasi esclusivamente di
tipo politico e indagatorio, legata ai fatti del sequestro e della
morte violenta. Ma raramente è stato fatto notare il suo atteggiamento
profondamente cristiano nel corso della prigionia, un atteggiamento
“Cristo-mimetico”, come ha affermato don Giuseppe Dossetti nell’omelia
della Messa che celebrò alcuni giorni dopo il ritrovamento del corpo
del leader Dc. In quei giorni drammatici Moro si comporta, a parere di
Dossetti, secondo quella immagine cara alla spiritualità ortodossa del
“portatore della Passione di Gesù”: il perdono, la preghiera,
l’affidarsi alla Provvidenza, lo testimoniano.
Sulle lettere si discute molto, in alcune Moro è duro con alcuni
politici di allora, persino verso Paolo VI, ma quali di esse possono
giovare alla sua causa?
Sono stupende le lettere ai propri cari, dalle quali si può operare una
lettura anche spirituale di ciò che stava accadendo. In una indirizzata
alla sua “Noretta”, Moro invita la moglie Eleonora a pregare e
definisce la propria prigionia una «prova assurda e incomprensibile »,
ma afferma anche «questa è la volontà del Signore». Come non leggere in
queste un’eco delle parole di Gesù che nell’Orto del Getsemani si
rivolge al Padre domandando in qualche modo conto di ciò che sta
accadendo ma rimettendosi alla sua volontà di Padre e donando la
propria vita nella piena adesione alla volontà del Padre.
Lei pensa che sia auspicabile, visti i tempi, l’apertura dell’inchiesta per la beatificazione di Aldo Moro?
L’apertura di un’inchiesta diocesana che possa portare alla
beatificazione di Moro è augurabile e necessaria. Oggi più che mai è il
caso che la Chiesa proponga un modello di santità ai politici
cattolici, perché ispirino la propria “azione” – nel rispetto della
laicità dello Stato – a quelli che sono i valori del Vangelo. Una
necessità, quest’ultima, rilevata più volte dal presidente della Cei, il
cardinale Gualtiero Bassetti. Già nel 2008 il vescovo emerito di
Caserta, Raffaele Nogaro, si domandava «come mai del ritardo, anche da
parte della Chiesa, nell’aprire la causa di beatificazione di Moro, di
questo uomo la cui memoria l’Italia non soltanto deve avere sommamente
cara ma deve diventare vita nella vita degli altri».
Per essere proclamato beato è necessario un miracolo. Ce ne sono attribuiti all’intercessione di Moro?
Per ora non ne ho notizie. Se dovessero esserci casi di guarigioni
scientificamente inspiegabili, allora si potrà aprire un’indagine, ma
mi sembra prematuro un discorso di questo tipo. Oggi dobbiamo lavorare
affinché l’apertura dell’inchiesta diocesana, ben impo-stata, giunga al suo scopo.
Possiamo ipotizzare una data per questo?
No, è presto.
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Tutto pronto per l’avvio della fase diocesana del processo di
beatificazione. Padre Festa: apparteneva all’Ordine laico dei
domenicani. Uomo di grande spiritualità, seppe perdonare e affidarsi
alla Provvidenza

Aldo Moro durante la prigionia
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