L’occasione che viene dal disagio
La scorsa settimana a Seveso c'è stato un interessante
dibattito sui temi del della crisi dell'io nella nostra società
Cesare Maria Cornaggia Pubblicato 4 Aprile 2025
Le opere sociali e i professionisti che cercano di
rispondere ai disagi e alle malattie delle persone per essere efficaci non
possono semplicemente muoversi in nome di una capacità pratica e di un
volontarismo generico. Occorre un’adeguata concezione dell’uomo, La discussione
avvenuta a Seveso nel fine settimana va in questa direzione.
Nel corso dell’ultimo fine settimana si sono riuniti a
Seveso, presso il Centro Pastorale Ambrosiano, studiosi e professionisti
provenienti da estrazioni culturali differenti (filosofi, teologi, psicologi,
psichiatri, educatori della scuola e del sociale) per riflettere assieme sui
temi del della crisi dell’io nella nostra società e del conseguente disagio
psichico, sociale, individuale, educativo, psicologico che ne deriva. Quali
domande e quali suggerimenti operativi provoca questa situazione in generale e
in un’ottica multidisciplinare?
La prima constatazione è stata che il cuore della questione
non è il disagio psicologico, o educativo e neppure sociale. In altre parole il
disagio psichico è stato considerato non soltanto nell’ottica di un problema
immediatamente da risolvere, ma come fornitore di domanda e occasione di
approfondire la stessa dimensione ontologica dell’uomo. Infatti, ciò che
sottostà e origina questi problemi e produce patologie è il fatto che oggi la
cosa che è più negata, ancor più della realtà, è la verità, come afferma
Byung-chul Hanma.
Ne è testimonianza il dibattito sul nichilismo attuale: non
basta analizzare come sia fonte di perdita e di buio della persona e delle
istituzioni, ma occorre chiedersi in che misura possa essere occasione di presa
di coscienza e quindi occasione per una ripresa.
Non a caso sin dall’inizio è stato messo in luce come la
crisi possa fare grande l’uomo, perché essa in sé può servire soltanto a farlo
crescere, non a farlo morire, e proprio per questo la crisi attuale va vista
con uno sguardo di occasione e di speranza. Questo perché vi è la tentazione
che il momento di crisi, come scritto da Victor Frankl riprendendo la sua
esperienza nei lager, venga vista come la fine, non come il fine, cioè un punto
di limite che può essere luogo di incontro.
Un tale approccio genera una sintonia profonda tra i
“pensatori” e chi opera in realtà sociali attive nelle dipendenze, nella lotta
al disagio psichico e di comunità educative o sociali, come a confermare questa
possibilità e necessità di dialogo. Dialogo che è stato colto con lo stupore di
tutti, soprattutto dai giovani presenti, evidentemente perché desiderosi di un
sapere che andasse oltre le accademie.
Non a caso, in una serata dedicata al mettere in scena
proprio tutto questo, i giovani della redazione del Teatro del Lunedì, rassegna
del Teatro Oscar di Milano, hanno mostrato tutto il loro entusiasmo, traducendo
in opera teatrale i diversi discorsi e mostrando come tanti giovani oggi sono
portatori di una grande speranza e di una grande capacità di attenzione e di
intrapresa. In conclusione si è convenuto che la crisi dell’io, e la mancanza,
il malessere, il disagio che tante volte vediamo attorno a noi devono essere
primariamente intesi come espressione di un’ontologia più che di una patologia.
Ne deriva che, nelle diverse discipline e in generale, la
risposta necessaria alla crisi deve fondare la propria radice non su possibili
tecniche e strategie, ma sulla ripresa di un significato profondo di quel che
si fa. Ognuno deve mettere in gioco la propria posizione umana dinanzi al
disagio e innervarne le professionalità e le tecniche attraverso le quali
articola le risposte.
(….) https://www.ilsussidiario.net/editoriale/2025/4/4/loccasione-che-viene-dal-disagio/2819508/#:~:text=Nel%20corso%20dell%E2%80%99ultimo,in%20un%E2%80%99ottica%20multidisciplinare%3F