TRAGEDIA GAZA/ Amos Oz contro gli “ebrei neonazi” che
portano Israele al suicidio
Luigi Campagner Pubblicato 10 Agosto 2025
Amos Oz, il maggiore scrittore di Israele, amico e possibile
successore di Shimon Peres, aveva intuito la deriva omicida della rabbia
israeliana
La guerra a Gaza si è presto trasformata da guerra difensiva
in guerra di spopolamento, termine con il quale Graccus Babeuf ne La Guerra di
Vandea e il sistema di spopolamento (1794) aveva anticipato il termine
genocidio o “populicidio”. Un vecchio sistema di conquista, mai passato di
moda, ora attuato anche da Israele, con conseguenze tutte da valutare per la
tenuta stessa delle fondamenta dello Stato.
La voce di cui in molti hanno sentito acutamente la mancanza
in questi due anni di guerra è sicuramente quella di Amos Oz (1939-2018), il
maggiore degli scrittori israeliani, che nella sua opera principale Una storia
di amore e di tenebra (2002) ha ricapitolato la storia contemporanea del popolo
ebraico attraverso le vicende di innumerevoli famiglie e di individualità
straordinarie, iniziando dalla sua. Il valore dell’opera è tale da prestarsi
alla duplice lettura di documento storico e opera autobiografica: anche
invertendo l’ordine dei fattori il risultato non cambia.
Fondatore di Peace Now, Oz è stato un propugnatore convinto
della possibilità di creare la pace tra arabi e israeliani anche nel bel mezzo
della nakba, la parola araba che significa catastrofe, purtroppo sempre
attualissima dal 1947 ad oggi.
Da giovane kibbutzino, Oz ha conosciuto personalmente David
Ben Gurion, fondatore di Israele, leader politico e militare a cui si deve, tra
l’altro, la scelta della Stella di David come simbolo – unico richiamo biblico
– del nascente Stato. Da adulto, Oz è stato a lungo intimo di Shimon Peres:
anch’egli leader politico e militare, Premio Nobel per la pace nel 1994.
Peres fu una personalità di spicco, uno leader politico e
militare: pronto alla guerra, ma con “le lampade accese” per la pace. Così come
lo sono stati i primi ministri Golda Meir e Yitzhak Rabin. Tutti appartenevano
a una razza strana, una sorta di “lanzichenecchi di pace”, per rubare una
geniale espressione di Giacomo B. Contri (Think!, 2010). Una razza purtroppo
estinta, che ha lasciato il passo agli odierni “lanzichenecchi e basta”.
Oz fu indicato dallo stesso Peres come suo possibile
successore politico. Una prospettiva che non si concretizzò e non sapremo mai
se il leader politico sarebbe stato all’altezza dello scrittore. Tuttavia,
alcune delle sue visioni politiche (sostenute anche da altri) per raggiungere
la pace con gli arabi, come ad esempio rinunciare alla West Bank, ossia il
territorio coincidente con la Cisgiordania e i territori occupati nella Guerra
dei sei giorni del 1967, e spostare il baricentro dello Stato nel deserto del
Negev, trasformandolo nella Silicon Valley israeliana, avrebbero meritato di
cimentarsi sul banco di prova della storia.
Peres consegnò come omaggio a Papa Francesco e all’allora
presidente dell’Autorità Palestinese Abu Mazen Una storia di amore e di tenebra
in occasione dell’incontro che si tenne in Vaticano l’8 giugno 2014. Lo
consegnò come auspicio di pace e come uno scrigno in grado di contenere e di
far comprendere al mondo i tormenti, le aspirazioni, le gioie, i sogni, gli
incubi e le contraddizioni del popolo ebreo contemporaneo.
Nei giorni successivi all’infame atto di guerra di Hamas del
7 ottobre 2023 che ha innescato la risposta bellica di Israele, Fania Oz,
figlia di Amos e Nily Zuckerman, rilasciò un’intervista al Corriere della Sera,
dove dichiarava: “mio padre, Amos Oz, per sua fortuna è scomparso cinque anni
or sono. Tanti di noi si consolano, oggi, al pensiero che i propri genitori, la
generazione fondatrice di Israele, i suoi combattenti, sognatori e pacifisti
(corsivo mio) non sono più tra noi per assistere alla tragedia che si è
abbattuta sul nostro popolo”.
Parole traboccanti di pietà filiale che fanno quasi
dimenticare che Oz, il cognome che Amos aveva scelto a 15 anni dopo il suicidio
della madre, significa “forza”. Forza anche di attraversare le tenebre e
guardare fino in fondo al baratro dell’orrore. Non solo quando l’orrore viene
dall’esterno, dal “nemico”, ma anche quando l’orrore viene dall’interno, quando
il peggior nemico di te stesso sei tu.
Oz aveva avuto il coraggio oltre dieci anni fa di guardare
attraverso le tenebre l’orrore che viene dall’interno, e non esitò a creare
quello che allora sembrava un pesantissimo ossimoro, ossia “ebrei neonazi”.
“Ebrei neonazi” è un nome, un giudizio e un capo d’accusa rivolto contro i
coloni responsabili di ritorsioni indiscriminate nei confronti dei villaggi
palestinesi, un capo d’accusa che oggi il maggiore degli scrittori ebrei
contemporanei non esiterebbe a rivolgere al governo Netanyahu. (…)
https://www.ilsussidiario.net/news/tragedia-gaza-amos-oz-contro-gli-ebrei-neonazi-che-portano-israele-al-suicidio/2869193/#:~:text=ESTERI-,TRAGEDIA%20GAZA/%20Amos%20Oz%20contro%20gli%20%E2%80%9Cebrei%20neonazi%E2%80%9D%20che%20portano%20Israele,%E2%80%94%20%E2%80%94%20%E2%80%94%20%E2%80%94,-Abbiamo%20bisogno%20del