UOMINI DI DIO/ Al Meeting di Rimini il film sui
monaci di Tibhirine, martiri per amore
Vincenzo Sansonetti Pubblicato 23 Agosto 2025
Oggi al Meeting di Rimini (alle 21:00 in Sala Neri) verrà
proiettato il film "Uomini di Dio" che racconta una storia vera,
accaduta nel 1996
Ha vinto nel 2010 il Grand Prix Speciale della Giuria del
63esimo Festival di Cannes, e a suo tempo riscosso un successo inaspettato in
Francia, il film Uomini di Dio, di Xavier Beauvois, che ha confezionato
un’opera di profonda religiosità, affascinante e commovente, anche se lui si
dichiara non credente.
Viene proposto al Meeting di Rimini di quest’anno, dal
titolo Nei luoghi deserti costruiremo con mattoni nuovi, in un contesto in cui
si sottolinea l’urgenza di una testimonianza coraggiosa, in un mondo svuotato
di senso e di amore.
In effetti, la storia vera dei monaci di Thiberine mostra
che sono stati chiamati due volte: la prima quando hanno rinunciato a tutto, la
propria famiglia, il proprio Paese, la donna e i figli che avrebbero potuto
avere, per vivere in un monastero nell’Atlante algerino; la seconda quando
hanno deciso di restare insieme con la popolazione musulmana, che hanno sempre
amato e aiutato, non abbandonandola nei momenti tragici delle incursioni
terroristiche del Gruppo islamico armato. A costo di morire decapitati, come
accadde nel maggio del 1996 a sette di loro.
Il titolo italiano della pellicola, Uomini di Dio, non rende
ragione pienamente del vero intento del regista francese: “In una società
egoista come la nostra è raro trovare persone che si interessano agli altri…
Persone che costruiscono una chiesa cristiana tra i musulmani e si occupano di
loro”. (…)
Proprio in questa prospettiva si comprendono le prime
immagini che introducono i protagonisti nella loro quotidianità di vita.
Ritmata dal suono delle campane, è fatta di preghiera, di studio (sulla
scrivania del priore Christian si trovano sia i Fioretti di san Francesco che
una copia del Corano), di lavoro nell’orto o nella produzione di miele, di
servizi necessari in cucina o in lavanderia e di tanta sollecitudine nei
confronti della gente del villaggio.
Qui spicca la bellissima figura di frère Luc, anziano medico
che cura le ferite del corpo e dell’anima delle persone più semplici, donne e
bambini, che a lui si rivolgono ogni giorno. Una ragazza gli chiede persino
consiglio per capire come ci si accorge di essere innamorati, proprio lei che
proviene da un contesto familiare in cui sono i padri a decidere chi devono
sposare le loro figlie. E lui con serena tranquillità e senza alcun imbarazzo
racconta alla giovane di essersi innamorato varie volte nella sua vita, ma di
aver però trovato un amore ancor più grande, a cui ha deciso di rispondere.
(…)
Dopo che una ragazza è stata pugnalata su un pullman perché
non indossava il velo e vengono uccisi perfino degli imam, la stessa
popolazione del villaggio è in allarme, soprattutto quando addirittura vengono
barbaramente assassinati degli operai croati che lavoravano in un cantiere.
Anche i monaci a questo punto si sentono in pericolo e forse vorrebbero
accettare la protezione militare offerta dal prefetto. Ma il priore, senza
neppure consultarli, rifiuta con decisione una proposta che snaturerebbe la scelta
di pace e di amore che hanno compiuto.
Emerge qui tutta la fragilità umana dei religiosi e le loro
comprensibili paure. Quasi contestano il priore che non li ha interpellati.
Quando ci sarà un’irruzione dei terroristi nel monastero, la notte di Natale,
per chiedere medicine e l’aiuto del medico, ammireranno però la risposta ferma
di Padre Christian. Non ammette la presenza delle armi nella casa di Dio e
riesce a fermare la violenza dei guerriglieri, recitando anche parole del
Corano che invitano alla tolleranza e alla pace. “Niente esiste salvo l’amore…
salvo l’amore che si manifesta”, canteranno poi tutti insieme nella
celebrazione del Natale che avviene proprio quella notte.
La coscienza del pericolo incombente sul monastero trasforma
lentamente il cuore dei confratelli, che continuano nelle loro attività
quotidiane. Dapprima incerti sull’opportunità di restare, scelgono di attendere
e di pregare intensamente, prima di prendere una decisione. Addirittura il
prefetto, vista la gravità della situazione, chiede con durezza al priore di
riportare i suoi monaci in Francia. Ma la gente del luogo considera il
monastero la sua protezione, malgrado la titubanza di qualche religioso: “Siamo
come gli uccelli su un ramo, non sappiamo se dobbiamo andarcene”. Il capo del
villaggio però ribatte: “Gli uccelli siamo noi, il ramo siete voi. Se ve ne
andate, dove ci poseremo?”.
(…)
C’è una commovente ultima cena con il vino portato da Luc,
da condividere con gioia, ma anche con la consapevolezza e il tremore che
traspare dai volti segnati dal dramma che stanno vivendo e dallo sguardo
intenso di chi attende il proprio destino con fede incrollabile. La notte in
cui i terroristi irrompono nel monastero per portare via sette degli otto
monaci, i confratelli non oppongono resistenza.
Mentre scompaiono nella nebbia, camminando faticosamente
sulla neve, si ascoltano le parole vertiginose del priore Christian, il suo
testamento spirituale. Il suo desiderio finale è immergere lo sguardo in quello
del Padre, per contemplare con Lui i suoi figli dell’Islam così come tutti i
fratelli. Perché siamo tutti figli dello stesso Padre, nella diversità delle
religioni e degli uomini, come ci ricorda il titolo originale del film.
(…)
Ai martiri d’Algeria (i sette monaci più altri 12 religiosi
uccisi dai terroristi islamici tra il 1994 e il 1996) sono dedicati l’incontro
Vite donate. L’eredità viva dei martiri d’Algeria (sabato 23 agosto alle 12,
Auditorium Isybank D3) e la mostra Chiamati due volte. I martiri d’Algeria
(Piazza A7).
https://www.ilsussidiario.net/news/uomini-di-dio-al-meeting-di-rimini-il-film-sui-monaci-di-tibhirine-martiri-per-amore/2872868/#:~:text=CINEMA%20E%20TV-,UOMINI%20DI%20DIO/%20Al%20Meeting%20di%20Rimini%20il%20film%20sui%20monaci,SLIMELLA%20FIT,-La%20prostatite%20guarir%C3%A0