Quelli che vogliono restare: Evo, Dilma e Santos; quelli che
vogliono tornare, Vázquez, e quelli che vogliono arrivare, Larrañaga,
Neves e Zuluaga. Foto: Illustrazione Ippoliti
Sette
paesi del continente latinoamericano apriranno le urne ai loro
concittadini per eleggere il presidente nel corso del 2014. Un numero
considerevole, per estensione e popolazione coinvolta. In ordine di
apparizione, i sette paesi sono: El Salvador, Costa Rica, Panama,
Colombia, Brasile, Bolivia e Uruguay.
I primi ad andare alle urne, dunque, saranno i salvadoregni, domenica 2 febbraio.
La continuità politica del governo degli ex-guerriglieri del FMLN è in
discussione; le inchieste realizzate a gennaio da diversi istituti di
sondaggio danno sostanzialmente favorito il partito ARENA con il 35.3
per cento contro il 32.7 del FMLN, mentre la terza coalizione, chiamata
“Unidad”, occupa la terza posizione nel gradimento dei salvadoregni con
il 14.4 per cento di consensi. Quanto ai candidati individualmente
presi, cioè separati dal partito di appartenenza, Norman Quijano
dell’oppositore ARENA raccoglie sostanzialmente la stessa percentuale
(35.3%), Salvador Sánchez Cerén un punto meno rispetto ai voti del FMLN
(31.8%), e Tony Saca di “Unidad” il 16%.
Costa Rica e Panama voteranno rispettivamente il 2 febbraio e il 4 maggio, in Colombia le elezioni saranno invece il 25 maggio
e si decideranno tra Juan Manuel Santos, attuale primo cittadino, e
Oscar Iván Zuluaga, candidato di Álvaro Uribe, già presidente dal 2002
al 2010. Molto dipenderà dai negoziati in corso a Cuba, il cui esito,
anche parziale, lancerà il presidente in carica verso il secondo
mandato.
Il Brasile fa continente a sé. Il vento di poppa non
spinge più come prima l’economia del gigante latinoamericano ma anche
così Dilma Rousseff, del Partito dei lavoratori, resta favorita nelle
elezioni del 5 ottobre anche se il margine si è ridotto
considerevolmente dopo le proteste di piazza di giugno scorso, alla
vigilia della visita papale a Rio de Janeiro per la Giornata mondiale
della gioventù. L’erede di Lula ha di fronte Aécio Neves, del Partido della Social Democracia Brasileña (PSDB), e Eduardo Campos o Marina Silva, del Partido Socialista che per il momento precede con una intenzione di voto favorevole del 50 per cento circa.
Evo Morales tenterà di essere confermato per un terzo mandato dai boliviani il 5 ottobre,
grazie ad una discussa sentenza del Tribunale costituzionale che l’ha
abilitato a presentarsi derogando al limite costituzionale che ne
stabilisce due consecutivi. Il grimaldello che ha consentito a Morales
di ottenere la deroga è tutto nel suo primo mandato, iniziato nel 2006,
che, appunto, ha riformato la costituzione tre anni dopo e che Evo
Morales ha richiesto e ottenuto che non venisse computato come concluso e
consumato. I sondaggi lo danno come favorito, ancor più dopo la “doppia
tredicesima” erogata in novembre ai lavoratori boliviani per celebrare
la crescita del 6,5 per cento del prodotto nazionale bruto (PBI).
L’Uruguay chiuderà la maratona elettorale latinoamericana il 26 ottobre.
La coalizione di sinistra Frente Amplio è saldamente al timone della
piccola nazione sudamericana dal 2004, prima con il socialista Tabaré
Vázquez, poi con l’ex-tupamaro José Pepe Mujica. Il primo è tornato
prepotentemente in pista ed i sondaggi indicano che al momento è il
favorito degli uruguayani che lo preferiscono a Jorge Larrañaga, il
rivale del Partito nazionale.