mercoledì 24 settembre 2014

Un volantino a scuola come contraccolpo di fronte ai fatti iracheni: e noi per chi diamo la vita?

LETTERE

Per chi diamo la nostra vita?


24/09/2014 - Il volantino di un gruppo di liceali di Milano, che ritornano tra i banchi dopo l'estate. E la loro presa di posizione davanti a un fatto che inchioda: il massacro dei cristiani in Medio Oriente. Con una domanda: la scuola cosa c’entra?
Abbiamo lasciato solo l’uomo. Con queste parole il giornalista Domenico Quirico raccontava al Meeting di Rimini la grave situazione mediorientale, che negli ultimi anni è precipitata attraverso rivoluzioni, guerre e orrori, e che in particolare negli ultimi giorni ha portato al massacro in Iraq di centinaia di cristiani e yazidi da parte dei combattenti jihadisti dell’Isis.

«La nostra colpa – spiega Quirico – è stata di dimenticare quegli uomini». Cesare Pavese si chiedeva: «Che cosa importa di vivere con gli altri, quando di tutte le cose veramente importanti per ciascuno ciascun altro s’infischia?» Noi non possiamo accettare quest’indifferenza: ecco perché oggi – all’avvio dell’anno scolastico – desideriamo ricordare i fratelli che ovunque, dalla Libia alla Nigeria, dall’Afghanistan alla Siria, stanno morendo per non rinnegare la loro fede.

L’attenzione è una domanda. Non si tratta di una pietà sentimentale e altruistica, ma piuttosto di una “bontà egoista”: il momento che stanno vivendo i cristiani perseguitati interroga la nostra quotidianità con una potenza tale che noi non possiamo tacere. Questi fatti scuotono la nostra abituale indifferenza, chiedono attenzione, destano in noi delle domande: che rapporto c’è tra il nostro inizio di scuola e il momento drammatico che il mondo attraversa? Cosa dicono a noi che studiamo questi uomini che muoiono?

Affermare l’altro. «Quello che sta avvenendo in Medio Oriente – continua Quirico – non è la nascita di una nuova dittatura, ma l’avvento di un totalitarismo», è il totalitarismo è «la negazione dell’altro in quanto altro». Questa è la prima provocazione: la crisi irachena rivela, portandola alle estreme conseguenze, un’esperienza che anche noi viviamo: infatti, in ogni istante di quest’anno saremo chiamati a scegliere se affermare l’altro come un bene – indipendentemente da qualsiasi fattore – o se riconoscere in ciò che è diverso un ostacolo. E l’altro, tra le mura di una scuola è il compagno di banco, il professore, la materia di studio che può diventare una ricchezza per noi, da scoprire, o un nemico da odiare.

Morire, cioè dare la vita. La seconda provocazione è il sacrificio dei cristiani, a cui assistiamo ogni giorno ormai da mesi: uomini che accettano di morire per non rinnegare la loro fede, la loro appartenenza a Gesù. Offrire la propria morte significa donare la vita, ogni giorno, in ogni attimo. Per questo l’esempio dei fratelli martiri in tutto il mondo pone anche noi, che non siamo perseguitati, di fronte alla medesima scelta: per cosa siamo disposti a dare la nostra vita? All’inizio di un nuovo anno di scuola, i fatti che accadono ci rivolgono questa domanda: per chi vivremo le ore di lezione, lo studio, le amicizie e i rapporti, i momenti di gioia e le fatiche? Non possiamo astenerci dal dare una risposta. Buon anno.

Giuseppe, Ilaria, Luca, Maria, Paolo, Riccardo, Tiziana, Riccardo dall'Istituto "Sacro Cuore", Milano.