Morto Zygmunt Bauman,
filosofo della «società liquida»
Di formazione marxista, ha studiato il rapporto tra modernità e totalitarismo,
soprattutto la Shoah e il passaggio dalla cultura moderna a quella postmoderna
- La civiltà nasce dalle paure che oggi il potere trasforma in merce di Zygmunt Bauman
- Nella Shoah vide lucidamente il nesso tra orrore e modernità di Donatella Di Cesare
- Fede nei giovani e nella possibilità di una «terza via» di Maurizio Ferrera
- «Le risposte ai demoni che ci perseguitano» di Davide Casati
- «Che errore sovrapporre il terrorismo all’immigrazione» di Maria Serena Natale
Zygmunt Bauman (Effigie/Leemage)
Sono assai rare le star della cultura. Ma Zygmunt Bauman, scomparso
lunedì 9 gennaio all’età di 91 anni, ha goduto di un’immensa popolarità,
grazie alla sua capacità di parlare alla gente con un linguaggio
semplice e comprensibile, mai riduttivo. Lascia un vuoto incolmabile:
aumenterà la «solitudine del cittadino globale», privo della sua voce
indignata e rassicurante. Sempre defilato dalle sfere istituzionali, il
suo pubblico non erano i sociologi, né gli addetti ai lavori, ma le
persone comuni che si affollavano attorno a lui per ascoltare le parole
di un vecchio saggio che sapeva «vedere» i fenomeni generazionali. Fuori
dalla sua età, ma con la saggezza della sua età.
Testimone della crisi di passaggio tra il XX e il XXI secolo
L’insofferenza
all’ambiente accademico non gli ha impedito di essere riconosciuto come
il più acuto osservatore della modernità, autore della brillante
intuizione della «società liquida», efficace metafora della condizione
attuale, in cui regnano l’incertezza e l’individualismo. Né di offrire
un contributo fondamentale alla sociologia, risollevandola dalla
condizione di decadimento in cui era precipitata alla fine del secolo
scorso. Con una presenza critica che si è rafforzata a partire dagli
anni Novanta, è stato il più lucido testimone della crisi di passaggio
tra il XX e il XXI secolo. Una crisi profonda, radicata tra il crollo
delle ideologie degli anni Settanta e la recessione economica del 2008.
All’interno di questo mutamento epocale ha interpretato le molteplici
emergenze, come il passaggio dal lavoro materiale a quello immateriale,
le nuove tecnologie, la globalizzazione, la precarizzazione e le nuove
povertà, fino al fenomeno delle grandi migrazioni e del terrorismo. Con
l’idea della liquidità è riuscito a rappresentare l’essenza stessa del
mondo in cui viviamo: la sua rapidità, permeabilità e mutevolezza.
La solidità che aveva caratterizzato il mondo moderno, garantendo lo
sviluppo economico attraverso la pace sociale e la certezza del diritto,
si è venuta in parte vanificando a causa di quello stesso progresso che
la modernità aveva sostenuto.
Postmodernità e liquidità
Il
pensiero di Bauman, pur non essendo sistematico, ha elaborato
un’originale costruzione teorica, in grado di innovare le scienze
sociali con una decisiva svolta metodologica. La sociologia, spesso
ridotta a funzioni ancillari della politica e dell’industria, si è
limitata in passato a osservare passivamente la società, offrendone
un’immagine tanto realistica, quanto priva di ogni valutazione, secondo
l’impostazione «avalutativa» di Max Weber. Bauman ha restituito alla
società un ruolo attivo, mettendola in grado di agire efficacemente,
rendendola protagonista del suo futuro.
Questo secondo aspetto — pari, quanto a impatto nella coscienza collettiva, alla definizione di «società liquida» — modifica l’assetto tradizionale della sociologia: di una scienza che tendeva a prevedere il comportamento degli individui e, di conseguenza, anche a condizionarlo, di fatto rivelandosi uno strumento di controllo sociale.
Bauman invece esclude ogni finalità di controllo: non più una sociologia per indirizzare, ma per acquisire le conoscenze adeguate e utilizzarle al meglio. Si invertono così i prìncipi stessi della sociologia tradizionale: l’uomo e la collettività non sono più soggetti passivi, finalizzati a un’indagine statistica, ma attori il cui sapere permette di fare scelte consapevoli. La sua è una sociologia libera da condizionamenti politici, ma con una qualità in più: la capacità di farsi critica senza pregiudicare l’obiettività. Ciò facendo, Bauman è riuscito, con insuperabile maestria, a raggiungere un duplice obiettivo: da una parte mantenere un livello di analisi di assoluta correttezza e affidabilità; dall’altra eliminare quegli aspetti di criticità che impediscono alla società attuale di migliorarsi.
Il sociologo non è un capo o un trascinatore di folle, ma un imparziale osservatore della realtà, anche di quegli aspetti che non sono visibili in superficie o che sono stati occultati. La sua utilità universale è proprio quella di spiegare il presente.
Per questo la sociologia formulata da Bauman è pervasa di umanità, si avvicina alla vita vissuta, alle esperienze individuali che, nel loro insieme — nella totalità dei piccoli e grandi eventi quotidiani che riguardano milioni di persone — assumono una valenza sociale.
Questo secondo aspetto — pari, quanto a impatto nella coscienza collettiva, alla definizione di «società liquida» — modifica l’assetto tradizionale della sociologia: di una scienza che tendeva a prevedere il comportamento degli individui e, di conseguenza, anche a condizionarlo, di fatto rivelandosi uno strumento di controllo sociale.
Bauman invece esclude ogni finalità di controllo: non più una sociologia per indirizzare, ma per acquisire le conoscenze adeguate e utilizzarle al meglio. Si invertono così i prìncipi stessi della sociologia tradizionale: l’uomo e la collettività non sono più soggetti passivi, finalizzati a un’indagine statistica, ma attori il cui sapere permette di fare scelte consapevoli. La sua è una sociologia libera da condizionamenti politici, ma con una qualità in più: la capacità di farsi critica senza pregiudicare l’obiettività. Ciò facendo, Bauman è riuscito, con insuperabile maestria, a raggiungere un duplice obiettivo: da una parte mantenere un livello di analisi di assoluta correttezza e affidabilità; dall’altra eliminare quegli aspetti di criticità che impediscono alla società attuale di migliorarsi.
Il sociologo non è un capo o un trascinatore di folle, ma un imparziale osservatore della realtà, anche di quegli aspetti che non sono visibili in superficie o che sono stati occultati. La sua utilità universale è proprio quella di spiegare il presente.
Per questo la sociologia formulata da Bauman è pervasa di umanità, si avvicina alla vita vissuta, alle esperienze individuali che, nel loro insieme — nella totalità dei piccoli e grandi eventi quotidiani che riguardano milioni di persone — assumono una valenza sociale.
«L’insicurezza è per sempre»
Bauman
ha attraversato il Novecento, vivendone le emergenze, le tragedie, le
difficoltà. L’utopia marxista, poi l’oltraggio nazista e la Shoah, la
militanza nell’esercito sovietico e l’epurazione dalla Polonia
comunista, l’esperienza d’Israele e il rifiuto del sionismo, le
delusioni e l’elaborazione di un pensiero critico che rifugge da ogni
ideologia, dai pregiudizi e dall’omologazione, ne hanno fatto un
testimone eccezionale del nostro tempo.
In uno degli ultimi colloqui esprimeva la differenza tra il periodo della guerra e il presente: «Allora la gente era ottimista, vedeva la luce alla fine del tunnel. Le insicurezze erano temporanee, perché se la guerra fosse finita, tutto sarebbe andato a posto. Ora invece ci rendiamo conto che l’insicurezza è per sempre». Non sono parole di rassegnazione, ma un invito ad affrontare la realtà del presente, perché niente sarà più come prima.
Nel consueto replicare a chi si preoccupava per lui, si coglie l’ultimo indizio di un carattere risoluto, con la pacatezza del gesto a sollevare l’inseparabile pipa: «Don’t worry! I had a long and interesting life!».
In uno degli ultimi colloqui esprimeva la differenza tra il periodo della guerra e il presente: «Allora la gente era ottimista, vedeva la luce alla fine del tunnel. Le insicurezze erano temporanee, perché se la guerra fosse finita, tutto sarebbe andato a posto. Ora invece ci rendiamo conto che l’insicurezza è per sempre». Non sono parole di rassegnazione, ma un invito ad affrontare la realtà del presente, perché niente sarà più come prima.
Nel consueto replicare a chi si preoccupava per lui, si coglie l’ultimo indizio di un carattere risoluto, con la pacatezza del gesto a sollevare l’inseparabile pipa: «Don’t worry! I had a long and interesting life!».
La biografia
Zygmunt
Bauman era nato a Poznanń (Polonia) il 19 novembre del 1925. Negli anni
Sessanta, dopo aver lasciato la cattedra dell’Università di Varsavia in
seguito a un’epurazione antisemita, si era trasferito a Tel Aviv.
Chiamato nel 1972 dall’Università di Leeds, vi ha insegnato sociologia
fino al 1990. Professore emerito, nel 1998 ha ricevuto il Premio Theodor
W. Adorno della città di Francoforte e nel 2010 gli è stato assegnato,
con Alain Touraine, il Premio «Príncipe de Asturias». Sempre nel 2010 è
stato fondato in suo onore il «Bauman Institute» presso la Scuola di
Sociologia e Politica Sociale dell’Università di Leeds. Tra i suoi
lavori più recenti: Modernità liquida (2000), Amore liquido (2003), Vite di scarto (2004), Paura liquida (2006), L’etica in un mondo di consumatori (2008), Cose che abbiamo in comune (2010), Danni collaterali (2011), La scienza della libertà. A cosa serve la sociologia? (2013), Stato di crisi (con C. Bordoni, 2015), Stranieri alle porte (2016).
9 gennaio 2017 (modifica il 10 gennaio 2017 | 20:44)
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