Il giovane favoloso
Scheda
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Il giovane favoloso (Id.)
Italia 2014, 137'
Genere: Biografico
Regia di:
Mario Martone
Cast principale:
Elio Germano, Massimo Popolizio, Isabella Ragonese, Michele Riondino, Valerio Binasco, Anna Mouglalis, Paolo Graziosi, Iaia Forte
Tematiche: poesia, realizzazione, libertà, padri-figli, amore, malattia, progresso
Target: da 14 anni
Interessante
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La vita di Giacomo Leopardi: gli studi, la famiglia, gli amori, le amicizie
Recensione
Avvicinatosi da anni al poeta di Recanati con l’opera teatrale tratta dalle
Operette Morali,
Mario Martone ha dedicato a Giacomo Leopardi il suo sesto film,
presentato in concorso alla Mostra di Venezia. Film diviso nettamente in
due parti,
Il giovane favoloso nel “primo tempo” si concentra
sul periodo degli “studi matti e disperatissimi” nella biblioteca
paterna a Recanati (il regista napoletana ha potuto davvero girare lì,
tra i libri della collezione leopardiana), sotto lo sguardo severo e al
contempo amorevole nella sua ansia iperprotettiva del padre Monaldo e
con la vicinanza affettuosa dei fratelli Carlo e Paolina. In questa
parte, decisamente la più convincente, un Leopardi ben interpretato
dall’ottimo Elio Germano soffre, spera, si inquieta, studia, si accinge
alle prime composizioni poetiche (evocate in modo un po’ didascalico:
l’ermo colle su cui Giacomo mormora a se stesso i versi dell’Infinito,
la triste vicenda di Silvia…); e non è da meno un sontuoso Massimo
Popolizio nei panni del padre Monaldo, figura contraddittoria e
felicemente caratterizzata. Tra delusioni e sofferenze, il giovane
Leopardi inaspettatamente riceve conforto dal carteggio con il letterato
Pietro Giordani, che ne esalta le qualità poetiche e lo incita ad
abbandonare la gabbia di Recanati.
Poi, dopo uno stacco brusco, il racconto fa un salto di dieci anni
quando il poeta è ormai libero e autonomo dalla famiglia (la madre
arcigna è figura solo accennata, ma evidentemente schiacciante con la
sua incapacità affettiva) ed è attrazione di salotti letterari, mondani e
liberali che frequenta a Firenze con l’amico Antonio Ranieri; in vero,
quest’ultimo, più attirato dalle bellezze femminili che dalle idee di
progresso che vanno per la maggiore nella borghesia illuminata
dell’Ottcocento italiano. Qui la narrazione si fa più povera, figure
come Fanny Targioni Tozzetti e lo stesso Ranieri sono troppo
schematiche, ma si fa spazio quella battaglia delle idee che fa di
Leopardi un pessimista cosmico che deride causticamente le “magnifiche
sorti e progressive”. Un uomo che non accetta che le proprie sofferenze
amorose e fisiche (entrambe sempre più dure da sopportare) condizionino
il giudizio sulla propria infelicità, ben più radicale. Poi il finale,
dolorosissimo, in una Napoli luminosa ma segnata dal colera; con il
commiato dalla vita simboleggiato dalle parole della lirica
La ginestra.
Il Leopardi di Martone è più il filosofo (con grande utilizzo dei testi delle
Operette morali e dello
Zibaldone,
nonché delle Lettere) della seconda parte della vita che il poeta, e la
scelta rischia di limitare lo sguardo a una parte, pur importante,
dell’opera di uno dei più grandi letterati italiani. Ma se può non
convincere tale scelta, come quella di liquidare in pochi accenni opere
come
Il canto notturno di un pastore errante dell’Asia o scene
infelici come quella in cui Ranieri costringe il poeta a una tragicomica
disavventura in un bordello, colpisce però la qualità complessiva
dell’opera: soprattutto, come detto, la prima parte, a Recanati,
emozionante e scenograficamente rigorosa; e in generale la cura del
linguaggio, filologicamente corretto, ma anche di scenografie e
ambienti; e perfino certi azzardi, come una colonna sonora che mescola
elementi classici e musiche moderne. Come desta rispetto, nella seconda
parte meno felice narrativamente, l’onesta rappresentazione di un
gigante del pensiero moderno nella sua infelicità senza sconti e senza
compromessi con l’ottuso ottimismo liberale. Un’opera interessante
(inutile dirlo, anche per le scuole), pur nella sua parzialità. Ma che
ha l’indubbio merito di aver riproposto una figura capitale della
cultura italiana all’attenzione generale (non ricordiamo altri film
dedicati a Giacomo Leopardi) E di far riaccendere il desiderio di
rileggere le sue opere.
Antonio Autieri