sabato 25 ottobre 2014

Il ricordo del Meeting di Rimini di Mons. Lorenzo Albacete

Il saluto del Meeting a Mons. Lorenzo Albacete


Si è spento all’età di 73 anni, dopo una lunga malattia, un grande teologo ed editorialista, ma soprattutto un caro amico del Meeting.
Ieri si è spento monsignor Lorenzo Albacete, un grande teologo ed editorialista del New York Times Magazine e New Republic, uno dei personaggi più influenti del mondo cattolico Usa degli ultimi decenni, nonché un caro amico del Meeting.

Ha partecipato come relatore dal 1996 al 2006, raccontandoci di sé, dell’esperienza della chiesa in USA e dibattendo sul grande tema della libertà. Un uomo di spiccata intelligenza (oltre che in teologia, aveva conseguito una laurea in ingegneria aeronautica ed un master in scienza e fisica applicata presso l’Università Cattolica di Portorico), di grande fede, una presenza viva sia sui giornali d’America, sia nei numerosissimi incontri con molte persone. Tra le sue ultime iniziative ricordiamo Crossroads, una rete di centri culturali cattolici. Conosciuto anche dagli ambienti liberal, ha portato al Meeting, negli anni scorsi, molti esponenti di quella cultura.

E’ stato inoltre una delle principali voci del New York Encounter, il Meeting tutto americano iniziato nel 2011. Lui stesso, poco prima che iniziasse la sua prima edizione, aveva raccontato in un articolo su IlSussidiario.net:

“Qualche anno fa accompagnai Peter Beinart, allora direttore di The New Republic, al Meeting per l’Amicizia fra i Popoli a Rimini, l’evento che trae ispirazione dal carisma di Mons. Luigi Giussani, fondatore di Comunione e Liberazione. The New Republic era, ed è tuttora, il giornale del progressismo intelligente negli Stati Uniti e, come suo direttore, in un certo senso Peter era la voce del pensiero progressista americano. Tornati negli Stati Uniti, gli chiesi di scrivere le sue impressioni sul Meeting da pubblicare su Traces. Peter scrisse un pezzo in cui concludeva che qualcosa di simile era impossibile negli Stati Uniti, a causa degli scontri culturali in atto nel nostro Paese. Ciò che lo aveva colpito nel Meeting era l’unione di tre dimensioni che in America sono considerate incompatibili. Prima di tutto, il Meeting era una chiara e aperta espressione di fede, in particolare di quella cattolica. Negli Stati Uniti, secondo Beinart, una simile proclamazione della fede viene associata a “revival” evangelici e carismatici, o a movimenti politici come la Christian Coalition, la Moral Majority e altri, impegnati nel salvataggio dell’identità cristiana del Paese. Il Meeting di Rimini, invece, mostrava una fede che non era in guerra con nessuno. Anzi, a livello intellettuale e accademico, il Meeting gli ricordava un convegno di studiosi appassionati di analisi letteraria, decostruzione ed ermeneutica. In questo contesto, la fede cattolica si mostrava del tutto non timorosa di fronte alla modernità e alla post-modernità. Peter concludeva che se si fosse riusciti a fare qualcosa di simile negli Stati Uniti, questo sarebbe stato veramente un contributo notevole alla cultura americana. Il “se” di Peter è diventato un fatto: si chiama “New York Encounter”…”.

Tre figure hanno inciso in modo decisivo sulla sua vita. L’amicizia con Karol Wojtyla, quella con il cardinale di Boston, Sean Patrick O’Malley e con il fondatore di Comunione e Liberazione, don Luigi Giussani. Proprio da loro aveva preso quel modo semplice e certo di portare lo sguardo su Gesù, un modo che trascinava tutti, dai piccoli ai grandi personaggi.

Non dimenticheremo mai quella sua ironia con cui sfidava i suoi interlocutori e quella sua genialità che ci aiutava ad andare al cuore della realtà.

Guarda i suoi interventi al Meeting

Guarda il suo incontro al New York Encounter con il cardinal O’Malley