IL GIOVANE FAVOLOSO
Un'opera di Genio
di Mario Elisei
29/10/2014 - Con il suo ultimo film, Mario Martone «restituisce Leopardi all'uomo comune. Dalla casalinga all'operaio». Ecco cosa ne pensa Mario Elisei, recanatese e studioso dell'opera del poeta e autore del libro "Il mio amico Leopardi"
Il film di Mario Martone è un'opera impegnativa sulla vita di Giacomo
Leopardi. Un film bello, a detta di tutti, e che produce già un esito:
il popolo (non l'intellettuale, che avrà sicuramente da obiettare)
riprende in mano Leopardi. L'uomo comune: la casalinga, l'operaio,
l'anziano che ne ha sempre sentito parlare in storia e in letteratura, e
poco altro. Per me che da tempo osservo i suoi testi, li
sfoglio, li giro e li medito, li metto lì e poi ci ritorno, per il mio
modo di sentire, il film è molto bello e ne elenco le ragioni.
Al di là di alcune scene di pura invenzione che comunque non tolgono nulla alla storia, l'opera permette una immediata immedesimazione con la pena, il dolore e la solitudine vissute dal Leopardi reale. A chi si avvicina al Genio può capitare di fare astrazione, come una cesura tra la bellezza terribile della poesia e Giacomo. Il film invece colma il gap e produce un valore aggiunto. Evita il limite di considerare la poesia un esercizio immaginativo di un uomo che non ha i piedi per terra, di sogno, irreale, privo di presa nel contingente. Le scene ci mostrano infatti come la poesia nasca nell'ambito di una esperienza umana, reale e pratica.
Il secondo aspetto che colpisce è lo stupore della fotografia; che «cara beltà» è quella degli spazi infiniti, dei sovrumani silenzi, della finestra col poeta che guarda la luna, di Silvia in secondo piano, della greggia, dei nodi quasi di stelle! Martone qui eccelle e incanta, indice di un lavoro rigoroso sulle fonti ed adeguata interiorizzazione. In più parti, in vari frangenti, mi viene da dire: è un’opera di genio.
Il terzo aspetto rilevante è "il parlato". I dialoghi, i pensieri espressi, pescano quasi tutti da fonti leopardiane: lettere, poesia, Zibaldone, Operette morali, componimenti di varia natura e perfino un accenno ai Paralipomeni. Mi ha colpito molto ascoltare due espressioni di Leopardi che mi ritornano spesso in mente: «Avant de mourir, je vais protester contre cette invention de la faiblesse e de la vulgarité, et prier mes lècteurs de s’attacher à détruire mes observation et mes raisonements plutôt que d’accuser mes maladies» (Lettera al De Sinner del 24 maggio 1832), vale a dire: «Distruggete, attaccate pure la mia filosofia e non date la colpa del mio pessimismo alle mie malattie». Questo di Leopardi è un invito rivolto anche a noi oggi.
L'altra invece è un brano de La Ginestra declamato mentre da Villa Ferrigni a Torre del Greco (location che toglie il fiato per quanto è bello il guardo) viene mostrato un cielo terso pieno di stelle e nebulose: «Sovente in queste rive,/ Che, desolate, a bruno/ Veste il flutto indurato, e par che ondeggi,/ Seggo la notte; e sulla mesta landa/ In purissimo azzurro/ Veggo dall'alto fiammeggiar le stelle,/ Cui di lontan fa specchio/ Il mare, e tutto di scintille in giro/ Per lo vòto / Seren brillar il mondo. […] e quando miro/ Quegli ancor più senz'alcun fin remoti/ Nodi quasi di stelle,/ Ch'a noi paion qual nebbia, a cui non l'uomo/ E non la terra sol, ma tutte in uno,/ Del numero infinite e della mole,/ Con l'aureo sole insiem, le nostre stelle/ O sono ignote, o così paion come/ Essi alla terra, un punto/ Di luce nebulosa; al pensier mio/ Che sembri allora, o prole/ Dell'uomo?»
Qui Leopardi sembra riprendere il Salmo 8 della Bibbia dove l'antico autore con la stessa levità poetica del Nostro dice: «Signore […]/ quando vedo i tuoi cieli, opera delle tue dita,/ la luna e le stelle che tu hai fissato,/ che cosa è mai l'uomo perché di lui ti ricordi,/ il figlio dell'uomo, perché te ne curi?»
Un grazie allora a Mario Martone, regista coraggioso, e a tutti i finanziatori e sponsor che hanno creduto in questo progetto. Grazie perché ci avete causato un grande turbamento, quello dell' "effetto contrario". Come scrisse Francesco De Sanctis in un suo saggio del 1958: «Perché Leopardi produce proprio l'effetto contrario a quello che si propone. È un grande mistero. Non crede al progresso, e te lo fa desiderare. Non crede alla libertà, e te la fa amare. Chiama illusioni l'amore, la gloria, la virtù, e te ne accende in petto un desiderio inesausto. È scettico, e ti fa credente.»
Il giovane favoloso, 2014
diretto da Mario Martone con Elio Germano
29/10/2014 - Con il suo ultimo film, Mario Martone «restituisce Leopardi all'uomo comune. Dalla casalinga all'operaio». Ecco cosa ne pensa Mario Elisei, recanatese e studioso dell'opera del poeta e autore del libro "Il mio amico Leopardi"
La locandina ''Il giovane favoloso''.
Al di là di alcune scene di pura invenzione che comunque non tolgono nulla alla storia, l'opera permette una immediata immedesimazione con la pena, il dolore e la solitudine vissute dal Leopardi reale. A chi si avvicina al Genio può capitare di fare astrazione, come una cesura tra la bellezza terribile della poesia e Giacomo. Il film invece colma il gap e produce un valore aggiunto. Evita il limite di considerare la poesia un esercizio immaginativo di un uomo che non ha i piedi per terra, di sogno, irreale, privo di presa nel contingente. Le scene ci mostrano infatti come la poesia nasca nell'ambito di una esperienza umana, reale e pratica.
Il secondo aspetto che colpisce è lo stupore della fotografia; che «cara beltà» è quella degli spazi infiniti, dei sovrumani silenzi, della finestra col poeta che guarda la luna, di Silvia in secondo piano, della greggia, dei nodi quasi di stelle! Martone qui eccelle e incanta, indice di un lavoro rigoroso sulle fonti ed adeguata interiorizzazione. In più parti, in vari frangenti, mi viene da dire: è un’opera di genio.
Il terzo aspetto rilevante è "il parlato". I dialoghi, i pensieri espressi, pescano quasi tutti da fonti leopardiane: lettere, poesia, Zibaldone, Operette morali, componimenti di varia natura e perfino un accenno ai Paralipomeni. Mi ha colpito molto ascoltare due espressioni di Leopardi che mi ritornano spesso in mente: «Avant de mourir, je vais protester contre cette invention de la faiblesse e de la vulgarité, et prier mes lècteurs de s’attacher à détruire mes observation et mes raisonements plutôt que d’accuser mes maladies» (Lettera al De Sinner del 24 maggio 1832), vale a dire: «Distruggete, attaccate pure la mia filosofia e non date la colpa del mio pessimismo alle mie malattie». Questo di Leopardi è un invito rivolto anche a noi oggi.
L'altra invece è un brano de La Ginestra declamato mentre da Villa Ferrigni a Torre del Greco (location che toglie il fiato per quanto è bello il guardo) viene mostrato un cielo terso pieno di stelle e nebulose: «Sovente in queste rive,/ Che, desolate, a bruno/ Veste il flutto indurato, e par che ondeggi,/ Seggo la notte; e sulla mesta landa/ In purissimo azzurro/ Veggo dall'alto fiammeggiar le stelle,/ Cui di lontan fa specchio/ Il mare, e tutto di scintille in giro/ Per lo vòto / Seren brillar il mondo. […] e quando miro/ Quegli ancor più senz'alcun fin remoti/ Nodi quasi di stelle,/ Ch'a noi paion qual nebbia, a cui non l'uomo/ E non la terra sol, ma tutte in uno,/ Del numero infinite e della mole,/ Con l'aureo sole insiem, le nostre stelle/ O sono ignote, o così paion come/ Essi alla terra, un punto/ Di luce nebulosa; al pensier mio/ Che sembri allora, o prole/ Dell'uomo?»
Qui Leopardi sembra riprendere il Salmo 8 della Bibbia dove l'antico autore con la stessa levità poetica del Nostro dice: «Signore […]/ quando vedo i tuoi cieli, opera delle tue dita,/ la luna e le stelle che tu hai fissato,/ che cosa è mai l'uomo perché di lui ti ricordi,/ il figlio dell'uomo, perché te ne curi?»
Un grazie allora a Mario Martone, regista coraggioso, e a tutti i finanziatori e sponsor che hanno creduto in questo progetto. Grazie perché ci avete causato un grande turbamento, quello dell' "effetto contrario". Come scrisse Francesco De Sanctis in un suo saggio del 1958: «Perché Leopardi produce proprio l'effetto contrario a quello che si propone. È un grande mistero. Non crede al progresso, e te lo fa desiderare. Non crede alla libertà, e te la fa amare. Chiama illusioni l'amore, la gloria, la virtù, e te ne accende in petto un desiderio inesausto. È scettico, e ti fa credente.»
Il giovane favoloso, 2014
diretto da Mario Martone con Elio Germano