lunedì 20 ottobre 2014

Leopardi: Il giovane favoloso


Il giovane favoloso

Scheda

Il giovane favoloso  
Il giovane favoloso (Id.)
Italia  2014, 137'
Genere: Biografico
Regia di: Mario Martone
Cast principale: Elio Germano, Massimo Popolizio, Isabella Ragonese, Michele Riondino, Valerio Binasco, Anna Mouglalis, Paolo Graziosi, Iaia Forte
Tematiche: poesia, realizzazione, libertà, padri-figli, amore, malattia, progresso
Target: da 14 anni
Interessante
La vita di Giacomo Leopardi: gli studi, la famiglia, gli amori, le amicizie

Recensione



Avvicinatosi da anni al poeta di Recanati con l’opera teatrale tratta dalle Operette Morali, Mario Martone ha dedicato a Giacomo Leopardi il suo sesto film, presentato in concorso alla Mostra di Venezia. Film diviso nettamente in due parti, Il giovane favoloso nel “primo tempo” si concentra sul periodo degli “studi matti e disperatissimi” nella biblioteca paterna a Recanati (il regista napoletana ha potuto davvero girare lì, tra i libri della collezione leopardiana), sotto lo sguardo severo e al contempo amorevole nella sua ansia iperprotettiva del padre Monaldo e con la vicinanza affettuosa dei fratelli Carlo e Paolina. In questa parte, decisamente la più convincente, un Leopardi ben interpretato dall’ottimo Elio Germano soffre, spera, si inquieta, studia, si accinge alle prime composizioni poetiche (evocate in modo un po’ didascalico: l’ermo colle su cui Giacomo mormora a se stesso i versi dell’Infinito, la triste vicenda di Silvia…); e non è da meno un sontuoso Massimo Popolizio nei panni del padre Monaldo, figura contraddittoria e felicemente caratterizzata. Tra delusioni e sofferenze, il giovane Leopardi inaspettatamente riceve conforto dal carteggio con il letterato Pietro Giordani, che ne esalta le qualità poetiche e lo incita ad abbandonare la gabbia di Recanati.
Poi, dopo uno stacco brusco, il racconto fa un salto di dieci anni quando il poeta è ormai libero e autonomo dalla famiglia (la madre arcigna è figura solo accennata, ma evidentemente schiacciante con la sua incapacità affettiva) ed è attrazione di salotti letterari, mondani e liberali che frequenta a Firenze con l’amico Antonio Ranieri; in vero, quest’ultimo, più attirato dalle bellezze femminili che dalle idee di progresso che vanno per la maggiore nella borghesia illuminata dell’Ottcocento italiano. Qui la narrazione si fa più povera, figure come Fanny Targioni Tozzetti e lo stesso Ranieri sono troppo schematiche, ma si fa spazio quella battaglia delle idee che fa di Leopardi un pessimista cosmico che deride causticamente le “magnifiche sorti e progressive”. Un uomo che non accetta che le proprie sofferenze amorose e fisiche (entrambe sempre più dure da sopportare) condizionino il giudizio sulla propria infelicità, ben più radicale. Poi il finale, dolorosissimo, in una Napoli luminosa ma segnata dal colera; con il commiato dalla vita simboleggiato dalle parole della lirica La ginestra.
Il Leopardi di Martone è più il filosofo (con grande utilizzo dei testi delle Operette morali e dello Zibaldone, nonché delle Lettere) della seconda parte della vita che il poeta, e la scelta rischia di limitare lo sguardo a una parte, pur importante, dell’opera di uno dei più grandi letterati italiani. Ma se può non convincere tale scelta, come quella di liquidare in pochi accenni opere come Il canto notturno di un pastore errante dell’Asia o scene infelici come quella in cui Ranieri costringe il poeta a una tragicomica disavventura in un bordello, colpisce però la qualità complessiva dell’opera: soprattutto, come detto, la prima parte, a Recanati, emozionante e scenograficamente rigorosa; e in generale la cura del linguaggio, filologicamente corretto, ma anche di scenografie e ambienti; e perfino certi azzardi, come una colonna sonora che mescola elementi classici e musiche moderne. Come desta rispetto, nella seconda parte meno felice narrativamente, l’onesta rappresentazione di un gigante del pensiero moderno nella sua infelicità senza sconti e senza compromessi con l’ottuso ottimismo liberale. Un’opera interessante (inutile dirlo, anche per le scuole), pur nella sua parzialità. Ma che ha l’indubbio merito di aver riproposto una figura capitale della cultura italiana all’attenzione generale (non ricordiamo altri film dedicati a Giacomo Leopardi) E di far riaccendere il desiderio di rileggere le sue opere.

Antonio Autieri