mercoledì 1 ottobre 2014

Gianni Aversano: Miserere 'e me

MUSICA

Un miserere profondo e maturo

di Walter Muto
01/10/2014 - Nel suo ultimo lavoro, Gianni Aversano canta del Mistero che «nasce in mezzo alla strada, si sporca i piedi e le mani, e parla la lingua del popolo». Dai brani già famosi alle novità, il racconto di una «confidenza quasi eccessiva» tra Dio e gli uomini
Si può a buon diritto parlare di un’opera matura nel caso di questo Miserere 'e me di Gianni Aversano. Accanto ed insieme al progetto Napolincanto, Gianni si è sempre occupato della riscoperta del patrimonio religioso nella canzone partenopea, prima proponendo i brani più famosi in Napule, popolo e Ddio, e poi con questo nuovo lavoro, andando a riscoprire delle perle nascoste, oltre a proporre diversi brani di sua composizione.

Come per esempio la divertentissima Pullecenella 'o quarto Magio, in cui la maschera per eccellenza della tradizione napoletana, come al solito sgarrupata ed affamata, arriva alla grotta pensando di trovare un Re (e da mangiare!), ma alla fine regala a quel povero Dio anche l’asinello con cui era arrivato. Sì, perché il Mistero di Cristo in queste canzoni si fa vicino al popolo, finanche concedendo una confidenza quasi eccessiva agli uomini. Come quello che accade a san Giuseppe che, sentitosi tradito, è quasi pronto ad uccidere con la spada la sua sposa incinta. O come nella tenerezza di una ninna nanna cantata dai pastori al bambinello, in E nennillo mio si’ tu.

Presenza costante in tutte le canzoni è Alfonso Maria de’ Liguori, che con le sue liriche tradusse il Vangelo nel dialetto che anche il popolo poteva capire. In alcuni casi ad accompagnare le parole è musica di colore popolare, con tanto di tammorra e mandolino. Ma nella maggior parte dei brani sono presenti - e danno una zampata di alta classe - gli arrangiamenti di Maurizio Pica, chitarrista classico ed arrangiatore, ben conosciuto negli ambienti della musica partenopea per la sua mano delicata e sapiente. La voce di Aversano è accompagnata da arrangiamenti “ad incastro”, in cui fiati, archi e fisarmonica cesellano preziose pennellate, alternandosi negli interventi e tenuti insieme dalla chitarra classica di Pica, costante ed al tempo stesso discreta. Lo stesso arrangiatore ha confessato di non conoscere molti dei brani proposti, ed evidentemente, come appare all’ascolto, si è gettato in questo lavoro con entusiasmo, oltre che con la consueta professionalità.

Per citare qualche altro spunto, bello lo stupore iniziale di Che miracolo stammatina, in cui le liriche del poeta Salvatore Palomba (che ha revisionato anche tutti i testi del cd) si inseriscono perfettamente nel contesto dell’arrangiamento arioso e ben orchestrato. Interessante anche la versione in lingua partenopea della preghiera alla Vergine messa da Dante sulle labbra di san Bernardo alla fine del viaggio della Commedia.

A voler trovare un difetto, se di difetto si può parlare, la stragrande maggioranza dei brani proposti sono in minore, e solo pochi in maggiore, ma tant’è: si sa che la malinconia è una componente caratteristica del repertorio napoletano e spesso la tonalità minore connota anche in qualche modo un amore presente e possente per il Mistero, ma non ancora compiuto pienamente. Un lavoro pertanto ricco sia per la densità - ed al tempo stesso umanità - dei testi che per la bellezza della musica, impregnata di quel carattere melodrammatico e naturalmente spettacolare - soprattutto nella voce di Gianni - che si sa, fa parte del dna del popolo napoletano.